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Ricerca accademica e applicazione pratica

2. LE OPZIONI

2.2 Opzioni Reali

2.2.5 Ricerca accademica e applicazione pratica

Considerando che il termine venne coniato nel 1977 da Myers, è da oltre quaranta anni che è iniziato il dibattito sull’utilizzo dell’approccio delle opzioni reali.

La nascita e lo sviluppo di questo paradigma avvennero nello stesso florido periodo della rivoluzione nel pricing delle opzioni finanziarie, che fu innescata dalla soluzione in forma chiusa, di un modello in tempo continuo, fornita da Black, Scholes e Merton (1973) e fu alimentata da altri contributi fondamentali come l’approccio binomiale di Cox, Ross e Rubestein (1979).

Inoltre, altre pietre miliari del pricing delle opzioni finanziarie furono i lavori di Margrabe (1978) sull’opzione di scambiare un asset rischioso con un altro, di Stultz (1982) sull’opzione sul massimo/minimo di due asset rischiosi, nonché il lavoro di Geske (1979) sulla valutazione di opzioni composte.

Negli anni ’80, gli autori che diedero invece linfa alla ricerca accademica, riguardante un’applicazione della disciplina prettamente finanziaria alla valutazione degli investimenti, furono Brennan e Schwartz (1985), McDonald e Siegel (1985,1986), Trigeorgis e Mason (1987), Pindyck (1988), Carr (1988), Paddock (1988), Kutilatilaka (1988), Kester (1984, 1993).

Degli anni ’90 è invece la fissazione dei concetti cardine nei libri di:

• Trigeorgis, che pubblicò “Real Options” nel 1996;

• Dixit e Pindyck (D&P), che pubblicarono “Investment Under Uncertainity” nel 1994.

Questi due libri, altamente citati, costituiscono la base teorica rigorosa per intraprendere un approccio delle opzioni reali che consideri la teoria matematica avanzata, caratteristica della disciplina finanziaria.

Inoltre, Trigeorgis in quest’opera passa in rassegna tutti i contributi più importanti degli anni ’80, mentre l’opera di D&P è estremamente utile per provare ad immagazzinare i concetti matematici necessari a svolgere ottimizzazione dinamica quando c’è incertezza.

33 È chiaro quindi, che l’approccio delle opzioni reali prevede un approfondimento di una teoria matematica rigorosa, che non risulta essere banale per nulla e anzi ha “spaventato” in maniera importante i pratictioners. Essendo però, un approccio che vuole essere funzionale all’applicazione pratica, in quanto riguarda un filone di ricerca, come la valutazione degli investimenti, che ha un necessario bisogno di traduzione pratica dei concetti teorici, sorge un trade-off tra semplicità di applicazione e mantenimento di rigorosità non banale. Difatti, nel 2001 Copeland e Antikarov pubblicarono un libro, che ebbe un’ampia visibilità e un impatto molto positivo rispetto alla diffusione, tra i pratictioners, dell’approccio delle OR, partendo con questa premessa:

“sulla teoria delle opzioni reali sono stati scritti molti libri eccellenti e centinaia di articoli accademici innovativi. Eppure, si sente ancora il bisogno di una guida pratica, di un libro che si possa prendere dallo scaffale e consultare per capire come si possa applicare concretamente quella teoria ai problemi di decisione che s’incontrano nella pratica quotidiana5”.

In queste righe introduttive è evidente come venga segnalato un certo disallineamento tra i concetti esplicati nei paper accademici e la possibilità di diffonderli, e conseguentemente utilizzarli, tra i responsabili del processo decisionale in azienda.

Il principale ostacolo sembrerebbe essere l’approfondimento del Calcolo Integrale Stocastico. Questo strumento matematico è fondamentale per essere in grado di risolvere le equazioni differenziali stocastiche, che si assumono, nei modelli a tempo continuo, rappresentare gli andamenti dei prezzi quotati degli asset e che quindi possono essere utilizzate come proxy per l’andamento delle variabili primarie di un investimento. Sono quindi, componenti cruciali dell’equazione differenziale parziale che, se ben costruita, può rappresentare il valore dell’opportunità di investimento.

Ricordando quindi che le tecniche numeriche che vengono utilizzate per la valutazione delle opzioni sono generalmente distinguibili tra:

• approssimazione del processo stocastico sottostante, con metodi simulativi o approccio reticolare;

• approssimazione dell’equazione differenziale parziale risultante dal modello, con metodi di integrazione numerica.

34 Risulta, per le ragioni di Copeland e Antikarov, sicuramente più utile rimanere ad un livello di formalità non esagerato, essendoci, nella loro opera, un focus sull’approccio reticolare, nonché un’assunzione cruciale riguardante la proxy delle variabili primarie di un investimento:

“l’aspetto frustrante dell’approccio basato sul titolo gemello, è costituito dal fatto che è impossibile trovare un titolo quotato i cui rendimenti, in ogni stato e nell’intera vita del progetto, siano perfettamente correlati a quelli del progetto. [..] Adotteremo quindi l’assunto che il valore attuale dei flussi di cassa del progetto senza flessibilità (ossia il van tradizionale) sia il miglior stimatore non distorto del valore di mercato che il progetto avrebbe se fosse uno strumento negoziato6”.

Ad un livello accademico invece, il problema di trovare il processo stocastico che meglio sia calibrato rispetto all’andamento di un titolo quotato che possa fungere da proxy per le variabili primarie, è stato affrontato complicando la rigorosità della formulazione del problema.

Sono quindi stati diffusi, ad esempio, modelli a tre fattori stocastici per valutare investimenti in risorse naturali.

Inoltre, la ricerca accademica si è anche focalizzata sull’utilizzo di tecniche numeriche avanzate, che permettano di valutare le opzioni reali rilassando alcune delle ipotesi semplificatrici dei modelli più diffusi; sono stati quindi utilizzati:

1) Espansioni dei canonici alberi binomiali, quali alberi trinomiali e quadrinomiali, nonché trasformazioni per valutare opzioni multidimensionali.

2) Simulazioni montecarlo avanzate, come l’approccio Least Square.

Risulta quindi chiaro che esiste il rischio che il modello di valutazione per le opzioni reali diventi troppo complesso e quindi destinato solo all’utilizzo in ambito accademico. D'altronde, sarebbe fondamentale un compromesso tra rigorosità nell’impostazione del problema e dotazione di strumenti matematici per l’impostazione, dato che l’utilizzo di questo approccio sembra fondamentale per mantenere il passo con l’evoluzione dell’ambiente competitivo nell’ambito della valutazione degli investimenti.

Gli strumenti classici del capital budgeting, basati sul Discounted Cash Flow, non sembravano essere più adatti al contesto competitivo già a partire da fine anni ’70, è quindi naturale pensare che al giorno d’oggi siano decisamente obsoleti, se considerati come unica misura da utilizzare nel processo decisionale riguardante le scelte d’investimento.

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