Procederò ora ad illustrare la parte empirica di questo lavoro di tesi.
L’obiettivo della ricerca è quello di evidenziare come vengono percepiti a livello amatoriale tutti i devices e le relative risorse nella pratica sportiva o più genericamente nella pratica del fitness e del self-tracking e come hanno contribuito a modificare le attività stesse.
Nella seconda parte della ricerca tenendo fermo il solito obiettivo, sono andato a raccogliere testimonianze di atleti professionisti o semi-professionisti in maniera tale da confrontarli con gli amatori presi in considerazione nella prima parte ed evidenziare eventuali elementi di interesse ai fini della ricerca.
Per analizzare ciò mi sono concentrato sullo svolgere una ricerca di tipo esplorativo che consentisse dunque di raccogliere informazioni secondo procedure destrutturate e informali.
Ho proceduto con una raccolta di dati sul campo che hanno dunque generato fonti primarie di dati andando a svolgere delle interviste in profondità, dunque tramite un questionario semi-strutturato il cui il wording non è stato fissato rigorosamente e le tracce di domande sono state adattate al rispondente o aggiunte o sottratte. Chiaramente vi può essere stato un vizio nelle risposte derivato dalla desiderabilità sociale poiché le tematiche dell’intervista hanno potuto influenzare il rispondente a dare risposte che potevano essere considerate socialmente più accettabili rispetto ad altre.
Questo fa sì che le persone cerchino di sembrare più ‘normali’ possibile, nel senso di maggiormente ‘adeguate alla norma’.
Sono stati eliminati invece i problemi di acquiescenza, ovvero la tendenza a rispondere sempre sì, vista l’assenza di domande dirette che richiedesse una risposta binaria ma anche la paura di ‘persuasori mascherati’ dato che i rispondenti
sono stati prima contattati e intervistati in un secondo momento, postumo al primo contatto.
Nel primo contatto sono stato molto attento a fare presente e rendere chiara la mia identità, l’argomento trattato dalla mia ricerca, la modalità di raccolta dei dati, la finalità dei dati stessi, il carico di risposta ed infine ho rassicurato il potenziale rispondente sulla privacy e sulle intenzioni ‘non-commerciali’ dell’intervista. Nella fase di raccolta dati ho proceduto in interviste del tipo face-to-face con il supporto delle domande traccia.
Per quando riguarda invece il target, mi sono concentrato sui consumatori giovani
e in salute in cui le misurazioni possono essere eseguite anche tramite l’utilizzo di uno smartphone tramite un’applicazione.
Gli oggetti dunque presi in considerazione sono i Fitness Wearable Devices, i quali aiutano a tracciare e monitorare le condizioni di fitness giornaliere come i piani saliti o scesi, la distanza percorsa, le calorie bruciate, il sonno, la dieta e lo stress. Sono andato a selezionare persone di ambedue i sessi i quali avessero esperienze riguardanti questi devices e/o applicazioni che svolgono funzioni di self-tracking. La popolazione più giovane utilizza dunque questi strumenti per monitorare le proprie attività fisiche a scopo informativo e di un self-improvement costante. Il lavoro si arricchisce come già detto anche di casi di professionisti o semi- professionisti che ci parlano come loro utilizzano questi strumenti e cosa pensano riguardo queste tecnologie all’interno delle discipline da loro praticate.
A riguardo dei professionisti sono andato a selezionare un atleta per gli sport individuali, uno per gli sport di squadra ed un ultimo per gli sport che prevedano l’utilizzo di un mezzo, in questo caso la bicicletta.
5.1 LE INTERVISTE
I rispondenti hanno dichiarato all’unanimità che il monitoraggio delle proprie attività è svolto nel momento in cui si allenano individualmente poiché, in presenza di una squadra, o comunque di un allenatore, il self-tracking risulta ridondante. Perciò i beni in questione, sono strumenti che vengono definiti memory marker poiché raccolgono prove delle nostre esperienze sportive passate diventando così i nostri testimoni e facendoci entrare all’interno di gruppi sociali virtuali e non. Inoltre, sia che abbiano, sia che non abbiano un supporto wearable per meglio monitorare l’attività, i rispondenti si portano tutti con sé durante le varie sessioni di allenamento i propri smartphone, si vanno incorporando così le pratiche di self- tracking nelle pratiche di tutti i giorni, come già detto nella trattazione teorica quindi, l’atto di avere a portata di mano numeri e statistiche che vengono traslati da un mondo digitale, che monitora il nostro corpo e che ne ignoravamo l’esistenza, ad un mondo reale e materiale costruendo su questi dati degli obiettivi perseguibili.
Risulta infatti di fondamentale importanza non tanto il possedere uno strumento che raccolga i dati come un wearable, quanto piuttosto l’avere lo smartphone per poter tenere sempre a portata i propri dati e progressi in maniera tale da essere consultati in diretta durante l’esercizio fisico.
Questo segnale ci fa capire come gli smartwatches possano in futuro avere la meglio sulle altre tecnologie indossabili.
Si viene così ad affermare ancora una volta quanto già detto, ovvero che gli output visivi, ovvero delle convenzioni visive, sono decisivi per rendere la pratica emozionalmente persuasiva e convincente a livello teleo-affettivo fornendo degli importanti fattori di organizzazione e coordinamento della pratica utili per l’utente e che vengono così singolarizzati e fatti propri.
Riporto qui di seguito alcune frasi annotate durante le interviste:
‘Analizzo il percorso con i vari dislivelli, le calorie bruciate ed i tempi tra una tappa e l’altra con la mia mountain-bike, soprattutto però memorizza il tragitto in modo che possa vederlo e capire quanto effettivamente ho pedalato.’
‘Mi sento incentivato perché è una continua sfida con me stesso vedendo i progressi mentre corro.’
‘Le mie attività sono monitorate e per questo sono incentivata a vederle durante l’esercizio, ma non sempre. Faccio sempre il confronto tra i giorni tramite i miei risultati e questo mi motiva ancor di più.’
‘L’attività con l’app è più stimolante vedendo le differenze ed i progressi di settimana in settimana e questo ti da forti incentivi.’
‘Le attività vengono migliorate perché cerchi sempre di battere il tuo intertempo, ti dice anche le calorie e i chilometri percorsi in mountain-bike. Prima utilizzavo un semplice contachilometri da bici, però ora che utilizzo questi strumenti riesco ad ottenere molte più informazioni accurate e complete.’
‘Le attività sono migliorate perché tracciando riesco a fare confronti tra le sessioni. Mi da incentivo l’utilizzo dell’oggetto per avere una più completa visione e raccolta dati sul mio corpo. Sono incentivato dal conoscere i miei risultati ogni giorno e solo facendo attività potrò conoscerli.’
‘La mia motivazione è aumentata nello svolgere le mie attività fisiche, vedere i risultati in grafici mi incentiva.’
‘Ti dice i segmenti che vengono messi a confronto con le altre persone e sei sempre stimolato a migliorarti ed a fare sempre meglio.’
‘Mi ha colpito molto il poter vedere tutto il percorso perché a volte non te ne rendi conto di quello che hai fatto.’
‘Le mie attività fisiche vengono migliorate in maniera notevole perché ti da anche gli incrementi km per km e ti puoi gestire meglio l’allenamento in maniera da paragonarti sempre con i tuoi allenamenti precedenti e sei sempre spronato a migliorare.’
Ulteriore spunto di riflessione si è messo in luce parlando delle notifiche, ovvero la maggior parte dei rispondenti ha dichiarato di non considerare affatto le notifiche come stimolo o incentivo a muoversi ma che fosse tutto frutto della propria motivazione personale.
Probabilmente qui si può essere presentato un vizio di desiderabilità sociale dato che difficilmente si ammetterebbe che non si ha la forza di volontà per fare attività fisica ed ‘alzarsi dal divano’.
Questo è un meccanismo che abbiamo già visto nella co-costruzione del sé digitale, ovvero gli individui cambiano il proprio comportamento non ritenuto in linea con il normale comportamento per meglio aderire al gruppo sociale del quale si vuole far parte.
‘Non davo retta alle notifiche, ero motivato di mio per andare a correre.’
‘Prima di tutto c’è la tua volontà e la voglia di muoversi, non mi faccio influenzare dalle notifiche.’
‘Le notifiche non le considero, è incentivante solo vedere il risultato per me.’ ‘Le notifiche non sono molto utili, cioè mi può dare una motivazione in più però è l’utilizzo stesso di questi strumenti che mi stimola ma anche vedere gli altri ed i miei amici che la usano.’
Inoltre è stato dimostrato che i risultati vengono condivisi con amici e parenti tramite messaggistica privata e più raramente vengono pubblicati.
Possiamo quindi notare come le persone abbiano già passato uno stadio in cui hanno affrontato la dematerializzazione delle loro performance atletiche creando una rappresentazione digitale di sé stessi, si siano immedesimati tramite dei device, ma ancora non riescono a far evolvere la propria self-narrative nonostante ci possa essere una paura di essere esclusi.
Qui di seguito alcune osservazioni a riguardo. ‘Raramente inviavo su whatsapp ai miei amici.’
‘Sono solita inviare risultati ai miei amici ed ai miei genitori per far vedere qualche risultato a cui tengo particolarmente.’
‘Non lo uso come social network e non condivido i risultati, lo suo solo per il self- improvement.’
‘Conosco persone che pubblicano i risultati online su FaceBook ma io pubblico solo su Strava per sfidarmi con i miei amici e rimanerci in contatto.’
‘Puoi anche pubblicare i tuoi segmenti, la tua corsa, puoi accettare le sfide e mi piace tutto questo perché lasci dei percorsi e dei record virtuali.’
Uno spunto interessante deriva dal fatto che chi utilizza questi strumenti può farne a meno ma quando svolgono attività se non si portano con sé questi dispositivi non risultano essere motivati e soddisfatti dall’allenamento e non riescono a percepire un miglioramento dagli allenamenti precedenti.
Qui possiamo dire che la pratica del self-tracking può essere intesa come praktik, ovvero come pratica che fa parte di un comportamento routinario e ripetuto. ‘Ormai è diventato un mio compagno fisso di allenamento, mi motiva molto.’ ‘Ne posso fare a meno del device però se non ce l’ho non riesco ad individuare il lato tecnico dell’attività fisica e non riesco a tracciare i miei progressi.’
‘Potrei fare a meno dell’app però quando ce l’ho riesce a motivarmi molto.’ ‘Ne posso fare a meno però è utile a motivarmi, tutto qui.’
‘A volte me lo scordo e mi sento un vuoto, non posso misurare cosa sto facendo.’ ‘Ormai tutto questo è diventato una prassi, un’abitudine, non riuscirei più a farne a meno. Può capitare che me ne dimentichi ma ormai è parte di me.’
Ultimo risultato interessante nella ricerca sono le sfide che si possono creare su segmenti prestabiliti dove si possono inserire delle nostre tempistiche che vanno a formare delle classifiche e fanno scaturire una dinamica di sfida e competizione con gli altri utenti.
Si può notare come ci sia una parziale condivisione dell’esercizio fisico il quale si avvale di beni materiali e immateriali e di un nostro account per farci sentire parte di un determinato gruppo sociale tramite il consumo che ne determina almeno simbolicamente l’appartenenza.
Di seguito le testimonianze che anche se non sono la maggioranza sono interessanti come spunto per un eventuale evoluzione del comportamento del consumatore.
‘Ritengo interessante il fatto che tracci il percorso e poi volendo ci sono le sfide da fare, è bello ma io non ho tempo per farle.’
‘Faccio le sfide su Runtastic e sono molto divertenti, mi piace questo aspetto ludico.’
‘La prima volta che ho corso 10 km l’ho fatto perché l’app mi dava questa sfida, ed io ho accettato.’
‘Un mio amico ha accettato la sfida della mezza maratona di 21 km che non avrebbe mai fatto altrimenti.’
‘Della applicazione mi piace molto il discorso dei segmenti e delle sfide che ne scaturiscono.’
5.2 I CASI
In questa sezione della ricerca empirica sono andato a raccogliere il parere di semi- professionisti riguardo ai devices ed alle piattaforme online da loro utilizzate. Si presentano dunque di seguito tre atleti di tre diversi sport, il primo sarà un judoka, dunque un professionista nel judo e negli sport da combattimento, il secondo sarà un calciatore ed il terzo un mountain-biker, esperto dunque nella bicicletta.
Un dato che ho riscontrato sin dall’inizio di ogni intervista è che la pratica di self- tracking, svolta non a livello amatoriale, richiede la partecipazione di un team
solito un preparatore atletico, riuscendo così a gestire l’atleta come una vera e propria macchina.
L’atleta ha così non solo performance sensibilmente migliori ma riesce a concentrarsi sull’allenamento senza rischiare di perdere la qualità e l’efficacia di ogni singolo allenamento o riposo.
I vantaggi percepiti dall’utilizzo di queste tecnologie è consistente per tutti gli atleti e quindi può essere ritenuta una condizione necessaria per lo svolgersi di qualsiasi sport a livello professionistico o semi-professionistico.
Il primo caso di cui vado a parlare ora è il caso di un judoka semi-professionista che utilizza ed ha utilizzato il self-tracking per i suoi allenamenti.
Del monitoraggio sottolinea l’importanza del chiarire quali fossero i tempi di recupero e di riposo per il corpo e dunque del ritorno ad uno stato ‘normale’ dello stesso.
Tramite il battito cardiaco capiva l’alternanza dei lavori aerobici e anaerobici e della creazione o meno dell’acido lattico in maniera tale da ottimizzare l’allenamento a seconda della caratteristica che desiderava allenare.
In maniera tale vengono ricreate delle ‘situazioni tipo’ da gara che simulino realmente le condizioni fisiche che vengono a crearsi durante una competizione. I devices da lui utilizzati erano una fascia toracica con l’ausilio di uno smartphone che monitorasse il tutto in remoto tramite bluetooth. La fascia toracica era l’unica alternativa possibile vista l’essenza dello sport, ovvero dove il contatto è tutto e solo la fascia toracica si può nascondere sotto il judogi, ovvero il vestito con il quale si fa Judo, non creando impedimenti nei movimenti.
Tutti i dati raccolti ed archiviati sul telefono venivano poi inviati dall’atleta al proprio preparatore il quale diceva come procedere negli allenamenti successivi. Tutto questo monitorando solo il battito cardiaco.
‘È una metodologia di allenamento che sta prendendo campo, ormai tutti i professionisti usano queste tecnologie’, ci dice, ‘basta vedere anche sport da
combattimento come l’M.M.A. (Mixed Martial Arts), esploso in America, dove i livelli sono ormai elevatissimi e il monitoraggio accurato fa la differenza tra una vittoria ed una sconfitta.’
Il controllo del battito cardiaco monitora anche il dispendio di ossigeno nei muscoli facendo così evitare molte lesioni muscolari che fino ad oggi si verificavano dovuti ad iper-allenamento.
Secondo l’atleta un amatore da solo non può vedere autonomamente questa mole di dati, serve sempre un preparatore che dica come funziona ogni parametro monitorato.
Tutti questi dati condivisi tramite internet farà da base per tutti gli atleti che decidono di intraprendere un percorso che tenda al professionismo, poiché si creerà una memoria condivisa di conoscenze base per allenarsi consultabile on demand.
Ci dice che molti monitorano anche l’alimentazione ed il sonno in maniera tale da avere un approccio più olistico che va a creare una macchina perfetta, l’Atleta. Infine sottolinea come tutte queste tecnologie riescono a prendere per tempo problemi cardiaci che non si sospettava nemmeno di avere, hanno dunque un grande risvolto a livello medico ed a scopo preventivo.
L’altro soggetto intervistato è un calciatore che utilizzava la fascia toracica per monitorare i battiti cardiaci e per tenere sotto controllo i livelli di acido lattico nei muscoli, parametro fondamentale per l’allenamento di qualsiasi calciatore.
Anche questo atleta ha utilizzato il device sempre con un preparatore atletico per ogni anno di allenamento al fine di scoprire i margini di miglioramento e per vedere la parte del corpo che rendesse di meno rispetto alle altre e che dovesse doveva essere per questa ragione potenziata.
Anche lui dichiara di quanto sia difficile per un amatore capire queste statistiche ed andare a gestire autonomamente un allenamento pianificandolo nel tempo al variare di ciascun parametro.
È interessante evidenziare come l’atleta in questione sia solito prendere solo il tempo ogni qualvolta si alleni da solo mentre quando si allena in squadra c’è sempre un allenatore che detta i tempi ed un preparatore che sta dietro a tutti i parametri che vengono rilevati, si parla dunque di un team.
Spesso tutto questo lavoro a livello agonistico va integrandosi con l’alimentazione e il monitoraggio del sonno per avere una visione d’insieme dell’atleta.
‘L’amatore lo utilizzerà sempre a livello marginale’, sostiene il nostro calciatore, ‘forse più a livello social, e funziona più sugli sport individuali rispetto agli sport di squadra’.
Vi sono anche altre tecnologie delle quali è a conoscenza, come chip che inseriti nelle scarpette monitorano perfino la potenza del tiro o del assaggio, come viene messo il piede durante gli spostamenti, in maniera tale da curare al millimetro imperfezioni altrimenti impercettibili ma che ad alti livelli fanno la differenza. Da ultimo ho contattato un ciclista di mountain-bike la cui specialità è il downhill che iniziò già nel lontano 2007 usare queste tecnologie ma al tempo si usavano solo per monitorare il battito cardiaco.
Utilizzava anche un contachilometri, strumento ritenuto fondamentale.
Anche qui l’allenamento veniva seguito dal preparatore atletico che dopo aver visto i parametri in un primo incontro conoscitivo decideva insieme all’atleta e pianificava un allenamento da dover seguire per il periodo a venire.
Per allenarsi non usava nessuna app direttamente, pensava a tutto l’allenatore ed il preparatore.
Conosce le app come Strava, ma vengono usate secondo lui solo dagli amatori. Ci dice che adesso tutti i device con gps che le aziende commercializzano possono essere collegati live a Strava in maniera tale da condividere in diretta i tutti gli allenamenti che una persona compie.
Strava viene usata anche come pubblicità per il turismo sportivo e il ciclista ci fa l’esempio di Fontana, un famoso mountain biker medaglia di bronzo alle olimpiadi
che ha creato con l’azienda RedBull dei percorsi in tutta Italia che sono stati pubblicati su Strava.
Chiunque riesca a battere il percorso ha il diritto a vincere dei premi oltre che la soddisfazione personale di essere riuscito a battere un campione.
5.3 CONSIDERAZIONI
Possiamo vedere tramite le interviste come il primo reclutamento degli utenti avvenga tramite la visualizzazione dei propri dati sotto forma di convenzione visiva.
Così facendo si promuove una auto-consapevolezza, attraverso il monitoraggio del nostro corpo, che ci fa scoprire statistiche che ignoravamo completamente. La pratica dunque diviene ad essere sempre più una costante, una routine grazie al fatto che incorporare il self-monitoring nelle nostre attività quotidiane è ritenuto fondamentale per poter permettere ai nostri strumenti di poter organizzare e stilare una serie di obiettivi, dinamici nel tempo a seconda delle nostre performance fisiche, che divengono fondamentali per un coinvolgimento durevole ed evolutivo nel tempo.
In una fase successiva ci si aspetta che la pratica del self-tracking che produce sempre più numeri e statistiche sia una pratica che si evolva facendo circolare proprio questi dati tramite l’utilizzo di piattaforme online studiate come dei veri e propri social network come già avviene ad esempio con Strava.
Ciò però è ancora in una fase primordiale perché le persone sono ancora diffidenti nel condividere le proprie informazioni, ritenute forse troppo sensibili e che possono ledere quella che è la loro privacy o comunque una delle parti più intime e delicate che una persona possiede, il proprio corpo e le sue prestazioni fisiche. Anche se questa fase di self-narrative condivisa stenta a prendere piede, sono invece dilagate queste pratiche poiché dematerializzando il nostro corpo e
immedesimazione all’interno di device e piattaforme online, gli individui stanno via via cambiando il loro comportamento ritenuto non in linea con quello che è il normale comportamento tenuto dalla società riguardo gli sport.
Così facendo, la co-costruzione del sé di ognuno di noi tramite queste pratiche