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Ricerca, estrazione e perforazione petrolifere nel mar Adriatico

II. Croazia e aree naturali

II.5 Il Parco Nazionale delle Kornati

II.5.6 Specificità rispetto alla posizione d’insularità

II.5.6.1 Ricerca, estrazione e perforazione petrolifere nel mar Adriatico

Con l’ingresso della Croazia nell’Unione Europea, alla Croazia è richiesto di aprire il suo mercato, sancendo la fine del monopolio da parte della compagnia petrolifera nazionale INA, la quale detiene il controllo di tutte le attività di esplorazione e produzione in mare aperto. INA, acronimo di Industrija Nafte, consiste in un’impresa di proprietà dello Stato per il 44,84%, per il 49,08% della

77 compagnia ungherese Mol, mentre il rimanente 6,08% è di proprietà di investitori privati e istituzionali60.

In accordo con la legge sull’Esplorazione e Produzione di Idrocarburi61, la decisione del governo rispetto alla procedura di gara per il rilascio di licenze per l’esplorazione e lo sfruttamento di idrocarburi in Adriatico62, la decisione del governo rispetto la Regolazione della Procedura d’Offerta63

, la decisione governativa sul Contenuto, Termini e Condizioni e Criteri di Selezione dell’Offerta, il governo della repubblica croata annunciò il 2 aprile 2014 l’apertura del primo bando per il rilascio della licenza per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi in mare aperto64

; il bando è stato chiuso il 3 novembre 2014 (1st offshore licensing round for licence for the exploration and production of hydrocarbons). Nei primi giorni di dicembre, il governo croato ha terminato la gara, lasciando trapelare che le tre grandi multinazionali Eni (italiana), Marathon Oil (americana) e INA (governativa croata) hanno vinto la gara per la gestione di 15 lotti; per i restanti lotti 14 sarebbero in lizza anche la compagnia russa Gazprom, l’anglolandese Shell, la francese Total, la Noble Enegy, la Turkish Petroleum, l’Hellenic Petroleum, la Jp Nippon e la Petroceltica. Tra dicembre 2014 e marzo 2015, il governo e i soggetti risultati vincitori della licenza dovranno negoziare una bozza di accordo sulla partecipazione condivisa alla produzione di energia. Si presume che le trattative si concluderanno entro il 3 marzo65.

La repubblica balcanica autorizza la vendita delle sue risorse naturali in mare aperto al miglior offerente. La procedura di assegnazione prevede un periodo di sfruttamento di 25 anni.

Secondo i dati ufficiali trasmessi dal Ministero dell’Economia della repubblica di Croazia, una porzione della piattaforma continentale, che copre approssimativamente 36.823 km2, è stata suddivisa in 29 blocchi da esplorare al fine estrattivo. Ogni blocco ha una superficie compresa tra i 1000 e i 1600 km2. Karen Ayat, analista specializzata in geopolitica energetica, stima l’investimento necessario a sviluppare le ricchezze di idrocarburi nelle EEZ66 croate nel mar Adriatico in 2,5 miliardi di dollari67.

60 Dati raccolti da Natural Gas Europe (luglio 2014), organizzazione indipendente che fornisce informazioni e analisi in materia di gas naturali, da parte di contribuenti, corrispondenti e partner; con l’obiettivo di facilitare il dialogo in merito e la comprensione dell’argomento per quanto concerne l’esplorazione, l’ambiente, le normative e la sicurezza.

61

Gazzetta Ufficiale n. 94/2013 e 14/2014 (www.naturalgaseurope.com).

62 Decisione del governo croato o postupku provedbe javnog nadmetanja za izdavanje dozvola za istraživanje i

eksploataciju ugljikovodika na Jadranu, 27/03/ 2014 (classe: 022-03/14-04/98; reg: 50301-05/18-14-6).

63 Decisione del governo croato, 27/03/2014 (classe: 022-03/14-04/98; reg: 50301-05/18-14-4). 64

Prvo nadmetanje za izdavanje dozvola za istraživanje i eksploataciju ugljikovodika na jadranu. 65 www.energykeyfacts.com.

66 EEZ (acronimo di Exclusive Economic Zones) sono porzioni del mare adiacenti alle acque territoriali di uno Stato, in cui suddetto Stato costiero ha diritti sovrani per la gestione delle risorse naturali, giurisdizione in materia di installazione e uso di strutture artificiali o fisse, ricerca scientifica, protezione e conservazione dell’ambiente marino. 67 Natural Gas Europe.

78 Figura 5. Area coperta con la "Multi-Client 2D seismic acquisition survey offshore Croatia” (www.spectrumasa.com). Lo studio dell’area d’interesse è stato assegnato alla ditta norvegese Spectrum, mediante asta. La “Multi-Client 2D seismic acquisition survey offshore Croatia”, nome dell’indagine condotta dalla ditta citata, studia un’area pari alla maggior parte del mare aperto croato mediante una rete di 5 km per 5 km. L’acquisizione sismica68

è iniziata nel settembre 2013 e si è conclusa il 19 gennaio 2014; i risultati finali sono stati resi disponibili ad aprile dello stesso anno.

La nuova legislazione sullo sfruttamento degli idrocarburi, approvata il 12 luglio corrente (in vigore dal 22 luglio), venne formulata giusto in seguito alla visita negli Stati Uniti del Ministro dell’Economia croato, Ivan Vrdoljan. La Croazia sembrava andare in cerca di investitori americani: il Ministro dell’Economia, infatti, in seguito alla visita, annunciava che la statunitense ExxonMobil è interessata a partecipare all’offerta di sfruttamento e produzione di petrolio e gas nel mar Adriatico.

68 L’acquisizione sismica consiste nella registrazione delle informazioni trasportate da onde sismiche utilizzate per investigare il sottosuolo. Queste onde non sono generate da sorgenti naturali, ma vengono iniettate nel suolo in modo controllato mediante sorgenti artificiali, ad esempio vibratori meccanici a terra e compressori d’aria per la acquisizioni marine. Le vibrazioni prodotte in questo modo hanno intensità di parecchi ordini di grandezza inferiori a quelle generate da un terremoto e non comportano alcun rischio sismico. I dati sismici sono le registrazioni, effettuate in superficie con appositi sensori, delle onde riflesse dal sottosuolo. Le riflessioni si generano ogni volta che le onde, mentre si propagano allontanandosi dalla sorgente (quindi dalla superficie), incontrano brusche variazioni nelle proprietà fisiche del mezzo che attraversano, per esempio all’interfaccia tra due differenti formazioni rocciose. Le interfacce si comportano come specchi semi-trasparenti, riflettendo una parte dell’onda incidente e lasciandone passare una frazione, che prosegue la sua propagazione verso il basso. Le onde riflesse invece si propagano in direzione della superficie, trasportando le informazioni raccolte lungo il cammino; giunte in superficie queste informazioni vengono registrate con sensori (ed è questa la cosiddetta acquisizione sismica) e successivamente elaborate grazie alle tecniche di imaging sismico per ottenere l’immagine tridimensionale del sottosuolo.

79 Secondo le fonti governative sarebbero state individuate 8 aree nell’Adriatico settentrionale, parte considerata più promettente per quanto concerne il gas, e 21 nell’Adriatico centrale e meridionale, più interessante invece per le riserve di petrolio. Anche il vicino Montenegro è pronto a varare un’offerta per l’estrazione del petrolio lungo la sua linea di costa. L’area in questione è al confine tra la Croazia e il Montenegro, un’area le cui delimitazioni non sono ancora state ben definite. È probabilmente ancora troppo presto per dire se le attività esplorative in Croazia e in Montenegro avranno esito positivo; in ogni caso, sembra certo poter affermare che la corsa per il petrolio nell’Adriatico è iniziata.

Il presidente e amministratore delegato della Spectrum, Rune Eng, conferma che con il compimento dell’indagine sismica condotta, la Croazia dimostra di possedere tutti gli ingredienti per un’offerta di successo: sistemi d’idrocarburi collaudati, acque di profondità moderata, infrastrutture già esistenti, aperte superfici non ancora esplorate e tutte relativamente vicine ai maggiori mercati d’energia. Rune commenta che i dati finora raccolti “indicano una grande potenzialità (…). L’Adriatico orientale è senza dubbio molto attraente per le corporations internazionali dato che il mare non è molto profondo, fatto che riduce notevolmente il costo delle piattaforme per l’estrazione69”.

Lo sfruttamento delle risorse sottomarine nell’Adriatico non è un argomento nuovo. Attualmente esistono infatti 107 piattaforme in mare aperto dedicate all’estrazione di gas naturale, 68 delle quali operative nel nord Adriatico (costa romagnola), 33 in Centro Adriatico e 6 nel Mar Ionio di fronte alle coste crotonesi. Inagip, società mista al 50% tra INA e la compagnia italiana Eni, possiede attualmente 17 impianti di trivellazione al largo del nord dell’Adriatico, i quali producono in totale circa 3 milioni di metri quadrati di gas naturale al giorno. La Croazia, da parte sua, produce attualmente una quantità di gas naturale pari a soddisfare il 65% della domanda domestica, mentre per quanto concerne il petrolio produce il 20% dei bisogni nazionali. Vrdoljak ha dichiarato che in quattro o cinque anni il Paese produrrà una quantità ben maggior di petrolio e diverrà addirittura esportatore di gas.

Le operazione di esplorazione ed, eventualmente, successiva perforazione e commercio di idrocarburi nell’area in questione, comportano molti rischi in termini ambientali e, indirettamente, economici.

Barbara Doric, presidente della Croatian Hydrocarbon Agency, insiste che “uno dei requisiti di base delle gara (per il rilascio della licenza) era la maggior adesione possibile agli standard ambientali” (MacDowall, 2014). Tuttavia, i danni derivanti, per ora, dalla sola attività esplorativa sono già

80 evidenti, e non solo sul territorio croato. La scorsa estate, infatti, sono state rinvenute lungo la costa italiana carcasse di una sessantina di delfini e di un centinaio di tartarughe. I cetacei e le caretta sono morti in massa nelle acque croate e trasportati oltreconfine dalle correnti adriatiche. A causare la morte di questi animali sono state le onde sismiche generate dalle cariche esplosive della Spectrum. “La ricerca dei giacimenti viene fatta attraverso la lettura del rimbalzo di onde d’urto da 260 decibel causate dalle esplosioni”, dice il biologo marino Carlo Franzosini, “i cetacei hanno un apparato uditivo molto sensibile e a causa del rumore soffrono di emorragie interne che portano alla morte” (Antonini, 2014).

L’intero processo di perforazione in mare aperto crea inquinamento dannoso per la vita umana e animale. Le piattaforme d’oltre mare scaricano fluidi di perforazione e ritagli di metallo, che comprendono tossine come cromo pesante, mercurio e benzene direttamente in mare. Una piattaforma di perforazione può scaricare 90.000 tonnellate di fluidi di perforazione e di ritagli di metallo, danneggiando la vita marina e la qualità delle acque. In aggiunta alle piattaforme di perforazione, ogni commerciante di petrolio rischia d’inquinare le acque nell’attraversare il mare: ogni hanno 635.000 tonnellate di petrolio grezzo sono sparsi dalle barche nel mar Mediterraneo. “In una struttura morfologica chiusa come quella dell’Adriatico, la presenza di piattaforme petrolifere sarebbe disastrosa per l’ambiente, per il turismo e per la pesca”, spiega il senatore italiano del Partito Democratico Felice Casson, “proprio per questo abbiamo approvato al Senato a larghissima maggioranza una mozione per introdurre vincoli e divieti di estrazione nell’Adriatico” (Antonini, 2014). Le compagnie petrolifere, al contrario, stanno cercando di aggirare l’ostacolo rappresentato dai vincoli italiani pompando il petrolio dalle acque territoriali croate. L’Italia, infatti,

due giorni prima della diffusione della notizia sulla mossa della Croazia, ha approvato la risoluzione

n. 52 che prevede una ricognizione della disciplina in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi, e la sospensione di nuove attività concessorie entro le 12 miglia marine e in aree marine e costiere protette. Nella risoluzione è prevista anche una strategia comune con gli altri Paesi dell’area

mediterranea.

L'Italia ha oggi la disciplina più severa al mondo in materia di sfruttamento degli idrocarburi liquidi, ma è necessario ratificare al più presto i protocolli della convenzione di Barcellona per introdurre regole condivise sullo sfruttamento del mare con i Paesi confinanti: quindi la decisione della Croazia potrebbe rendere vana qualsiasi norma di tutela nazionale. Essendo l’acqua la stessa, i rischi sarebbero comuni ma i profitti e i benefici economici della sola Croazia. Come fa notare l’ex premier Romano Prodi, lanciando l’allarme sul Messaggero, l’Italia, coinquilino del mar Adriatico,

81 rischia di condividere tutti i rischi dell’impresa croata lasciando a Zagabria tutti gli utili (Bassi, 2014).

Al netto di incidenti catastrofici (remoti ma comunque possibili70), anche le normali attività di trivellazione produrrebbero residui inquinanti che verrebbero poi trasportati dalle correnti marine sulle spiagge. L’estrazione, inoltre, “può accelerare il fenomeno della subsidenza, cioè può abbassare il livello del fondale marino, e quindi contribuire allo sprofondamento di quelle porzioni di terra emerse già sensibili al fenomeno quali Venezia, Chioggia e di tutta la linea costiera delle nostre spiagge”, puntualizza Giuliano Bellieni, professore di petrologia e petrografia all’Università di Padova (Antonini, 2014).

Le ragioni dell’opposizione alle diciannove piattaforme infatti non sono solo ambientali. A fronte dei due miliardi di euro di incassi della Croazia c’è in gioco il giro d’affari del turismo costiero tanto croato quanto italiano; nonostante Barbara Doric rassicuri che i blocchi di confine sono localizzati almeno a 10 km dalla terraferma e 6 km dalle isole e che nessuna delle esistenti piattaforme di perforazione abbia colpito negativamente il turismo veneto.

A maggio 2013 il Parlamento europeo ha approvato un rapporto che chiede nuovi standard di sicurezza nelle operazioni in mare aperto inerenti gas e petrolio e prevede norme che obbligano le aziende a provare la loro capacità di coprire i danni potenziali e dalle maree nere derivanti dalle loro attività e a presentare una relazione sui possibili pericoli e soluzioni, prima che le operazioni possano cominciare. Alla luce di questo rapporto, Cristiana Muscardini (ECR71) interroga la Commissione europea in data 12 febbraio 2014, rispetto alle problematiche determinate dalle onde sismiche, che hanno causato gravi danni all'ambiente tra cui la fuga di capodogli e delfini (i mammiferi più sensibili alle scosse) e di altri esemplari della fauna marina, con conseguente grave alterazione del già precario ecosistema dell’Adriatico. Gli interrogativi posti da Muscardini sono i seguenti: la Commissione non ritiene di dover limitare le prospezioni di petrolio se effettuate con strumenti che danneggiano l'ambiente? Quali politiche ha intenzione di attuare a difesa della fauna marittima?

A nome della Commissione, Günther Oettingher risponde ai presenti quesiti con le seguenti parole72. “Il trattato sul funzionamento dell'Unione europea73 fissa gli obiettivi di salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente. Su tale base, la direttiva sulla sicurezza delle

70 Come la tragedia della British Petroleum avvenuta nel golfo del Messico, che nel 2010 ha devastato l’economia e l’ambiente di un intera porzione di oceano.

71 European Conservatives and Reformists Group. 72

www.europarl.europa.eu.

82 operazioni in mare mira a prevenire il verificarsi di incidenti gravi legati alle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e limitarne le conseguenze sull’ambiente marino. Perciò, al momento della concessione di una licenza, si deve accordare particolare attenzione a tutti gli ambienti marini e costieri vulnerabili, in particolare agli ecosistemi e alle zone marine protette, tra cui le zone speciali di conservazione a norma della direttiva Habitat. In base all'articolo 6 della direttiva Habitat, qualsiasi progetto che possa avere un'incidenza significativa su un sito della rete Natura 2000 deve essere sottoposto a opportuna valutazione, che ne verifichi l’incidenza sugli obiettivi di conservazione del sito, e può essere autorizzato solo se non pregiudica l’integrità del sito. L’articolo 12, paragrafo 1, vieta di perturbare deliberatamente alcune specie, come l’insieme dei cetacei. La Commissione ha inoltre chiesto alle autorità croate di fornire informazioni particolareggiate sulla prospezione sismica, per valutare se è conforme alle disposizioni della direttiva. Inoltre, la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino ha lo scopo di ottenere entro il 2020 un buono stato ecologico delle acque marine dell’Unione, prendendo in considerazione una serie di elementi perturbatori. La direttiva sulla valutazione di impatto ambientale (VIA) prescrive inoltre che l'autorizzazione di determinate attività sia preceduta da una siffatta valutazione.”

Gli effetti negativi derivanti da una qualsiasi attività antropica, risultano più pronunciati nell’arcipelago delle Kornati rispetto ad un qualsiasi altro territorio più vasto, sia per l’impossibilità di confinare spazialmente i fenomeni, sia per la ridotta dimensione delle isole che lo compongono. Laddove la destinazione è di piccola-media dimensione, infatti, è necessario provvedere a forme di sviluppo proporzionate.

Il mar Adriatico, inoltre, presenta una serie di caratteristiche geografiche che lo espongono sensibilmente agli impatti negativi derivanti dall’attività di ricerca ed estrazione di petrolio, in quanto mare relativamente stretto, poco profondo e ricco in termini di specie marine. Come esposto nel testo della petizione “Adriatico Bene dell’Umanità”, redatto nell’agosto 2011, il mar Adriatico si qualifica per conformazione come bacino semichiuso all’interno del mar Mediterraneo, e la sua idrografia è determinata dall’afflusso circolatorio antiorario di acqua proveniente dal mar Mediterraneo orientale (che accede dal canale lungo la costa orientale e discende da nord a sud lungo la costa occidentale) e dall’acqua dolce proveniente dai fiumi (principalmente italiani). Lungo circa 800 km, per una larghezza media di 150 km, con profondità che variano dai 75 m di media del bacino settentrionale sino a quella massima di 1250 m al largo della Puglia, l’Adriatico risulta essere un mare altamente produttivo e pescoso.

83 Vladislav Mihelčić, direttore del Dipartimento per la Protezione, Manutenzione, Conservazione e Uso del Parco Nazionale della Kornati, intervistato dalla sottoscritta in data 29 maggio 2014, esprime i timori conseguenti alle attività estrattive, che sicuramente danneggeranno il territorio sotto tutela, per quanto non saranno assolutamente consentiti entro i confini del Parco. Mihelčić conferma con rassegnazione che le operazioni di perforazione ed estrazione avranno inizio ugualmente, perché l’interesse economico da parte dello Stato derivante dell’attività petrolifera è nettamente prevalente sull’interesse conservativo dell’istituzione Parco.

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