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Osservazioni conclusive

Capitolo 2: I Dottorati di ricerca in Italia

2.5 Le principali ricerche sugli sbocchi professionali dei dottori di ricerca

2.5.1 Le ricerche sui primi cicli

Le ricerche sui primi cicli, individuate, sono state condotte entrambe dal CNR.

La prima fu condotta tra la fine del 1991 ed il 1992 su due campioni di circa tremila dottori di ricerca e dottorandi (appartenenti ai primi cinque cicli), circa ottocento coordinatori di collegio dottorato e poco più di mille commissari di dottorato degli esami finali di dottorato dei primi due cicli e di parte del terzo.

Di questa ricerca riprenderemo solamente alcuni risultati riguardanti il campione dei dottori di ricerca e dei dottorandi e nello specifico quelli relativi agli sbocchi occupazionali. Nello specifico il 72,1% risultava occupato stabilmente, il 3,5%

disoccupato ed il resto si dividevano tra borsisti e occupazioni temporanee.

Ovviamente vi erano forti differenze tra il primo ciclo ed il quinto che aveva concluso il dottorato da meno di un anno. La situazione si presentava meno buona rispetto ai paesi esteri, ma si presentava migliore rispetto ai laureati.

Ovviamente vi erano anche allora differenze marcate tra aree geografiche ed anche per la componente di genere. Al Sud infatti gli occupati a tempo pieno erano il 63,%. Le donne invece presentavano un tasso di disoccupazione del 6,1%

ed il 66% erano occupate stabilmente, ovviamente con differenze tra le aree disciplinari.

Con riferimento ai settori disciplinari può essere interessante riprendere anche i dati relativi ai settori di occupazione: circa il 57% degli occupati stabilmente ed il 40% dei lavoratori temporanei lavoravano nell’Università. La percentuale di donne che lavoravano stabilmente nell’Università era del 54,6% ed il 23,2 nella Scuola secondaria, e dunque nel primo settore il 4% in meno degli uomini e nella Scuola ben il 9% in più. L’occupazione presso le imprese aveva anche allora un peso generale molto modesto (3,7%), in cui pesi maggiori l’avevano le discipline ingegneristiche 7,5% ed il 12,5% per i dottori in Architettura.

I tempi per ottenere un’occupazione stabile si attestavano sui 12,6 mesi (14,7 per le donne) e con differenze maggiori tra i settori disciplinari: i tempi più lunghi erano proprio per l’Università quasi 18 mesi.

La seconda ricerca, individuata, è stata condotta tra il 1998 ed il 1999 sui dottori di ricerca appartenenti al V ciclo, anno accademico 1991/92 dell’Università di Roma La Sapienza e dunque prese in riferimento Dottori di ricerca che avevano acquisito il titolo da tre o quattro anni.

La ricerca ha coinvolto un campione di 200 Dottori di ricerca su un universo di circa 500 persone che avevano iniziato il dottorato nel 1991/92. La scelta di concentrarsi su Roma era stata presa data la centralità di Roma per presenza di Università, di centri di ricerca pubblica e privata, di un’utenza provenente da tutta Italia e dalla interdisciplinarietà dei corsi di dottorato attivati.

La aree delle discipline riguardavano: le scienze esatte e naturali, medicina e biologia e le discipline umanistiche e socio economiche con una prevalenza del 40% per le prime. Ben il 49% del campione aveva un età fra i 36 e 40 anni a dimostrazione che il Dottorato si inizia tendenzialmente tardi, e dunque vi si accede anche alcuni anni dopo il conseguimento della laurea. Infatti in questo specifico caso ben il 54% dei casi aveva iniziato il dottorato a sei anni dalla laurea ed il 35% da sette a dieci anni dopo.

Per quanto riguarda gli aspetti relativi all’occupazione ben il 46% aveva già un lavoro durante il dottorato e per il 58% di questi il lavoro riguardava la ricerca;

fra quelli che avevano trovato lavoro dopo il dottorato il 73,8% aveva un lavoro full-time. Considerando il campione nel suo insieme il 90% risultava occupato su base permanente o temporanea, l’8,4% continuava la propria formazione con borse post dottorato e l’1,6% risultava disoccupato.

Di questa ricerca sono interessanti i dati relativi al numero dei dottori che lavoravano nell’ambito della ricerca. Infatti il 78% di quelli occupati a tempo pieno era impegnato in ricerca e per quanto riguarda l’occupazione a tempo determinato ben il 93% era impegnato in ricerca. Tali dati mostrano come già allora nell’università si tendeva verso una maggiore offerta di occupazione temporanea piuttosto che a tempo indeterminato (Avveduto 2000, 104). Inoltre con difficoltà i dottori di ricerca erano inseriti nel settore industriale e dunque anche nel settore scientifico l’inserimento principale era nell’Università e negli enti di ricerca pubblici.

In merito al grado di soddisfazione, tale ricerca mostrò a suo tempo che i dottori di ricerca esprimevano un buon grado di soddisfazione rispetto agli studi intrapresi. Tuttavia il 40% dei rispondenti aveva lamentato un legame debole tra le competenze acquisite e la posizione lavorativa occupata, infatti il dottorato veniva considerato essenziale, come titolo di studio acquisito, soltanto in un terzo delle posizioni lavorative occupate dai dottori di ricerca. Dunque coloro i quali erano alla ricerca di un’altra occupazione, pur essendo occupati, esprimevano insoddisfazione sia per quanto riguarda i contenuti sia per i livelli salariali.

Come evidenziarono a suo tempo gli autori tali difficoltà nell’entrare nel mercato del lavoro o nel trovare un’occupazione correlata alle proprie competenze e qualificazioni potevano indurre i dottori di ricerca ad accettare lavori non in linea con la formazione acquisita. “Tale discrepanza poteva dunque creare in tutti i settori qualificati una perdita non solo per gli individui frustrati nelle loro aspirazioni di carriera ma per la società stessa: in quanto il mal sfruttamento del capitale umano generava una perdita di risorse per creare conoscenza e dunque sviluppo economico”. (Avveduto 2000, 111)

2.5.2 Le ricerche sui cicli più recenti: sbocchi professionali e