non è globalmente stabile
5.2 RICHIAMI METODOLOGICI
E’ frequente che la ricerca della spiegazione della formazione delle bolle speculative sia inquadrata dagli studiosi nel contesto della dinamica dei sistemi complessi. Anche noi aderiamo a tale idea. Nel contempo siamo dell’avviso che il riconoscimento della presenza della bolla speculativa richieda di necessità anche un termine di paragone che affondi le radici nelle teorie dell’efficienza dei mercati. In realtà veniamo a trovarci in quell’ambiente composito che oggi si usa denominare finanza comportamentale (“behavioral finance”), che persegue l’intento di orientare la spiegazione del comportamento dei mercati finanziari verso scenari più prossimi al reale.
C’è una consistente concordia sul fatto che i processi che influiscono sui prezzi dei titoli e generano le decisioni sui mercati competitivi abbiano natura complessa. Sui mercati finanziari si verificano “anomalie” che non si è in grado di giustificare se non immaginando la presenza di caratteri strutturali d’insieme (dunque, ricercando la struttura, ancora largamente ignota, di quei mercati intesi alla stregua di organismi naturali). Inoltre, su quei mercati, agiscono operatori a “razionalità limitata”, soggetti ad errori cognitivi di varia portata e si sviluppano canali informativi artificiali insieme a fenomeni emozionali considerevoli e a processi imitativi il cui peso è stato rivelato proprio dalla presenza delle bolle speculative. E se anche l’investitore fosse un
109 soggetto qualificato conoscitore ed interprete dei segnali provenienti dal mercato non sempre ciò implicherebbe una capacità di lettura sicura dell’evoluzione dei prezzi delle attività finanziarie. L’uso delle serie storiche dei prezzi conduce gli investitori a fondarsi su una base informativa ampiamente omologata “costruita” dagli analisti delle banche dati e da queste distribuita a livello mondiale. Ed anzi, non di rado, l’operatore rinuncia alla conoscenza “dei fondamentali” delle imprese e delle forze che guidano i processi economici perché il suo intento, nel breve termine, è predire i movimenti dei prezzi dei titoli su cui intende investire. Ma questi prezzi risentono in modo cospicuo delle notizie diffuse dalle case produttrici di informazioni. Nel breve termine l’informazione considerata attendibile e talora riservata prevale nel meccanismo di assunzione della decisione su altre circostanze di rilievo e dunque anche quando la realtà economica dell’emittente, altrimenti indagata, potrebbe condurre a scelte ben differenti. Di qui il ricorso a modelli di analisi del mercato fondati su metodologie di regressione multifattoriale ed altre tecniche di analisi assai progredite (reti neurali, algoritmi genetici, ecc.) al fine di riuscire ad estrarre un pronostico neutro sul futuro andamento dei prezzi.
Per effetto del contesto menzionato e cioè riconoscendo da una parte la difficoltà di una lettura dell’organismo complesso che denominiamo mercato dei capitali e dall’altra l’esigenza che una teoria dell’informazione gradualmente raggiunga livelli di efficacia giudichiamo che i contributi della finanza comportamentale non possano ancora prescindere da confronti con la finanza classica. Modelli dinamici che cercano di interpretare i mercati finanziari collocandoli nel territorio della complessità e finanza classica possono, a nostro avviso, marciare su binari paralleli, potendosi prefigurare un esito vantaggioso
110 tanto per chi predilige l’una quanto per chi preferisce l’altra delle esperienze conoscitive. Del resto, i meriti della finanza classica sono enormi e va ricordato che questa, pur con strumentazioni rigide, è riuscita ad interpretare le scelte di portafoglio in modo coerente con le assunzioni del pensiero economico neoclassico, seppure in un contesto di estesa astrazione. È inoltre riuscita a costruire un’architettura dei mercati finanziari, del trade-off fra rischio e rendimento e ad introdurre processi di calcolo consistenti che si fondano sull’applicazione dei modelli di media/varianza la cui presenza è ancora oggi insostituibile.
Peraltro l’introduzione del “fattore tempo” e l’impiego di questo nell’analisi dei sistemi complessi debbono portare le scelte di portafoglio sui mercati finanziari verso nuovi percorsi capaci di rivelare la struttura dei mercati ed i criteri organizzativi che ne assicurano l’esistenza, la stabilità e ne rendono possibile la prosecuzione.
Sugli aspetti che di più influiscono sui caratteri dei mercati finanziari che a noi di più premono diremo tra breve. Introdurremo dunque una sintetica digressione sulla natura complessa dei mercati, il cui reale assetto non è spiegabile con processi analitici o riduzionisti e di seguito proporremo un’evidenza di alcune categorie essenziali della finanza classica.
5.3 IL PRIMO BINARIO: L’APPROCCIO
DETERMINISTICO
Secondo i principi del determinismo lo stato passato e futuro di un qualsivoglia sistema è completamente prodotto dal suo stato iniziale e dalle forze che su esso agiscono. Ciò ha condotto a separare i modelli matematici deterministici, nei quali
111 non interviene il caso da quelli stocastici caratterizzati da variabili aleatorie.
All’interno del gruppo dei modelli deterministici, trova consensi un’ulteriore distinzione fra modelli statici, che sono costituiti da equazioni algebriche in cui il tempo è assente, e modelli dinamici, che descrivono l’evoluzione del sistema nel tempo.
Per quanto riguarda quest’ultimo tipo di modelli, nel caso più semplice, lo stato del sistema al tempo t è descritto da una funzione X(t) inerente l’andamento nel tempo di una data grandezza. Ad esempio, nella dinamica dei mercati finanziari, X(t) può rappresentare il valore di un capitale presente al tempo t. L’equazione che regola il sistema è dinamica: si procede a descrivere la variazione istantanea della grandezza studiata (modello tempo continuo) oppure la sua variazione ad intervalli fissi di tempo (modello tempo-discreto).
Nel caso di tempo continuo si utilizzano vengono definite delle
equazioni differenziali
che descrivono come la rapidità di variazione di ciascuna variabile di stato (espressa dalla derivata prima rispetto al tempo) dipende da se stessa e dalle altre variabili:Dalla conoscenza delle variabili di stato e dei loro tassi di variazione (o velocità) in un istante di tempo, si può calcolare lo stato a un istante successivo e così via.
Invece nel caso di tempo discreto la legge locale di evoluzione che “trasforma” lo stato del sistema al tempo
t
nello stato al tempo successivot+1
, viene rappresentata sotto forma diequazioni alle differenze
:x
i(t+
1)= f
i(x
(t
), α),i=1,...,n,
conx
i(0)
assegnati.Nei sistemi dinamici applicati all’economia il tempo è di norma una variabile discreta in quanto i processi produttivi
112 presumono una certa durata per attuarsi con decisioni che si proiettano in avanti. Lo stesso dicasi per la maturazione di un rendimento che può avvenire nel continuo soltanto perché il suo itinerario economico è ben più esteso. In ogni caso vanno ricercate delle equazioni locali di evoluzione e occorre comprendere quali sono i loro andamenti asintotici (cioè nel limite per tempi lunghi, idealmente infiniti) pur rinunciando a una loro espressione esplicita, analitica, da parte dell'operatore
Noi ci riferiremo a modelli di tipo deterministico per i quali l'accrescimento della grandezza studiata si fonda sull’ipotesi che, una volta specificato il suo stato ad un istante iniziale fissato, il suo sviluppo futuro può essere indagato prescindendo da fluttuazioni di tipo aleatorio (peraltro introducibili) ed inoltre considereremo di norma modelli a tempo-discreto.
Il termine “dinamico” come già avvertito si riferisce a fenomeni che si evolvono nel corso del tempo (oggi si suole dire che si muovono in avanti con la “freccia del tempo”), in cui la dimensione temporale è considerata essenziale e ineludibile. Una loro descrizione rigorosa è problematica specialmente quando non mostrano andamenti sicuramente ripetibili. Per tale ragione siamo dell’idea che descrivere dei sistemi reali con l’ambizione di prevederne l’andamento nel tempo attraverso modelli dinamici risulti conveniente solo quando l’evoluzione prevista con il modello sia confrontabile con le manifestazioni concrete di cui si dispone.
L’analogia che si riscontra nella generalità dei fenomeni di dinamica complessa che si riscontra in natura (fisica, biologia, scienze sociali ed economiche, ecc.) ha portato ad un trasferimento delle conoscenze dalla fisica verso la finanza e ad approfondire molti dei concetti che stanno alla base della moderna teoria dei sistemi dinamici, noti come stabilità,
113 instabilità, biforcazioni, e dinamiche caotiche. I modelli matematici che descrivono un simile sistema in movimento debbono identificare grandezze misurabili in modo oggettivo mediante numeri reali cercando di stimare lo stato, ossia la configurazione a un certo istante, del sistema che si vuole esaminare. Tali grandezze sono dette variabili di stato e l’insieme dei loro valori definisce, in ogni istante, lo stato del sistema.