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la richiesta (rivolta all’ordinamento giuridico) di legittimare il comportamento di disobbedienza in modo da non essere sottoposti a sanzione e quindi la necessità di ancorare l’odc a

Nel documento LA MEDICINA DI GENERE (pagine 36-44)

valori costituzionali che la rendano compatibile con l’obbligo di fedeltà alla Repubblica e di osservarne la legge e la Costituzione (art. 54 Cost.).

Per comprendere adeguatamente il significato dell’obiezione di coscienza, conviene preliminarmente soffermarsi sul valore e sul significato della coscienza, che appunto obietta, si oppone a un ordine o a una legge vigente in nome di un riferimento morale o religioso considerato come superiore e obbligante in senso stretto.

L’etimologia del termine (cum-scientia) può in tal senso aiutare a cogliere alcuni aspetti rilevanti. Innanzitutto la coscienza ha a che vedere con un conoscere, un sapere (scientia); il momento della conoscenza e ancor prima della consapevolezza personale, ben esemplificata da espressioni quali “essere coscienti di” o “avere coscienza di”, qualifica l’esperienza della coscienza, anche quando questa si esplichi, come nel caso dell’odc, in senso strettamente morale.

L’elemento conoscitivo è quindi agganciato alla dimensione prettamente morale. Tale legame risulta essere fondante: l’appello a un’istanza etica ulteriore a rigore non si basa su una mera opinione soggettiva o su un qualche parere estemporaneo. Il giudizio morale sulla bontà o meno dell’atto e la conseguente attivazione della componente volitiva del soggetto che poi sfocia nella scelta, poggiano su un sapere, che tra l’altro dovrebbe essere riconoscibile e comunicabile (si parla di una cum-scientia).

In sanità l’obiezione di coscienza è disciplinata oltre che da alcune leggi specifiche 15, anche dai codici deontologici, dei vari professionisti sanitari, a cui debbono obbligatoriamente aderire

15 Fanno riferimento direttamente o indirettamente all'obiezione di coscienza i seguenti documenti: Problemi della raccolta e trattamento di liquido seminale umano per finalità diagnostiche (5 maggio 1991); I comitati etici (27 febbraio 1992); Diagnosi prenatali (18 luglio 1992); Questioni bioetiche relative alla fine della vita umana (14 luglio 1995); Le vaccinazioni (22 settembre 1995); Identità e statuto dell'embrione umano (22 giugno 1996); Parere su "Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e la biomedicina (21 febbraio 1997); Sperimentazione sugli animali e salute dei viventi (8 luglio 1997); La gravidanza e il parto sotto il profilo bioetico (17 aprile 1998); Dichiarazioni anticipate di trattamento (18 dicembre 2003); Nota sulla contraccezione d’emergenza (28 maggio 2004); Le medicine alternative e il problema del consenso informato (18 marzo 2005); Bioetica in odontoiatria (24 giugno 2005); Aiuto alle donne in gravidanza e depressione post-partum (16 dicembre 2005); Alimentazione differenziata ed interculturalità (17 marzo 2006); Rifiuto e rinuncia consapevole al trattamento sanitario nella relazione paziente-medico (24 ottobre 2008);

Metodologie alternative, comitati etici e l’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale (18 dicembre 2009);

coloro che scelgono di svolgere compiti di così grande impatto sociale quali il medico, l’ostetrica, l’infermiere, l’operatore socio sanitario, a cui si affiancano le figure di tutti quei professionisti indispensabili al funzionamento di ospedali, centri di ricerca, laboratori, farmacie e quant’altro. Le tecniche di intervento sui pazienti, le scienze farmaceutiche, le biotecnologie e tutto ciò che si può comprendere sotto il concetto di “medicina”, o funzionale ad esso, hanno conosciuto, negli ultimi decenni, un incredibile sviluppo: si può parlare, al giorno d’oggi, di manipolazioni genetiche, di fecondazione artificiale, oltre che di trapianti, di aborto, di eutanasia. Tutte queste cose esistono, nel senso che l’uomo è in grado di metterle in atto, con le sempre maggiori conoscenze di cui ora dispone; ma è giusto che tutto quello che è nella sfera delle nostre possibilità venga anche concretamente attuato?

Tra i professionisti sembra crescere, al progredire della scienza, il numero di coloro che scelgono di essere obiettori. Scrive Dalla Torre: “…il moltiplicarsi delle fattispecie di obiezione di coscienza nell’ambito sanitario è riconducibile alle stesse ragioni che sono all’origine dell’odierna

“questione bioetica”, e cioè: da un lato le enormi potenzialità manipolative della vita umana caratterizza per l’appello ad un diritto universale, che, benché non venga riconosciuto da tutti gli ordinamenti giuridici, non può essere però negato data la sua portata di valore. Di fronte a situazioni

Nota in merito all'obiezione di coscienza del farmacista alla vendita di prodotti contraccettivi di emergenza (25 febbraio 2011).

di sofferenza, ogni uomo reagisce allo stesso modo, indifferentemente dalla cultura a cui appartiene, tendendo alla propria felicità. Di fatto, quindi, l'obiezione di coscienza non contesta la legittimità del potere, ma il suo esercizio in specifici casi. Chi obietta ritiene che i propri principi non sono un suo capriccio, ma abbiano una portata universale e che tutti dovrebbero obiettare nei confronti della legge in questione, anche se è direttamente interessato ad agire in conformità alla propria coscienza.

Pertanto, l'obiezione di coscienza non è in alternativa alla coscienza civile, ma s'insedia al suo interno per garantirne un'evoluzione in termini di giustizia ponendo direttamente il problema dei limiti dell'obbligo giuridico.

Questa premessa è funzionale alla trattazione dell'obiezione di coscienza come diritto costituzionale, poiché il rispetto del principio della libertà di coscienza delle singole persone conferisce una rilevanza pubblica ai giudizi di coscienza dei cittadini, cioè alla loro interpretazione dei valori fondamentali, accanto a quella ufficiale della comunità politica.(E. MARTINI, 10 marzo 2008.)

La centralità del valore della persona, mentre indebolisce la stabilità dell'ordine costituito, al contempo attiva una ricerca di nuovi e più adeguati ordinamenti pubblici dei valori.

Se la Costituzione italiana non fa un riferimento esplicito all’obiezione di coscienza, ne prevede tuttavia i presupposti del fondamento costituzionale in alcuni articoli, In particolare nell’art. 2, 19 e 21 concernenti i diritti inviolabili dell’uomo, viene citata la libertà di coscienza religiosa, la libertà di manifestazione del pensiero. Come sostenuto da Vitali e Chizzoniti, “pur nel silenzio della Carta, nessuno oggi dubita che la libertà di coscienza sia riconducibile fra le libertà costituzionalmente garantite”.(Vitali & Chizzoniti., 2008)

Perché il rifiuto di eseguire la prestazione possa essere inquadrato nell’alveo dell’obiezione di coscienza occorre in particolare che esso sia pubblico, individuale e personale e che abbia per

oggetto un obbligo di fare”. (G. DALLA TORRE, Obiezione di coscienza e valori costituzionali,, 1991)

 Per quanto riguarda il primo punto, cioè che il rifiuto sia pubblico, bisogna considerare che l’estrinsecazione della propria obiezione è condizione essenziale per denunciare l’iniquità dell’obbligo che si rifiuta e manifestare la necessità di un differente provvedimento normativo.

 Per quanto riguarda il carattere individuale, si può notare che il presupposto di tale

comportamento è un conflitto interno alla singola coscienza dell’individuo. Per cui la scelta di obiettare non può che essere individuale e liberamente decisa dal singolo. Da qui la conseguenza, sia pur dibattuta, dell’impossibilità dell’obiezione di gruppo, a prescindere dall’attivazione individuale.

 Il carattere personale dell’obiezione sta a indicare invece la sfera giuridica all’interno della quale ricadono gli effetti immediati dell’obiezione stessa. Il dilemma che l’obiettore vive in coscienza non può infatti risolversi nella pretesa di adeguare la sfera giuridica di terzi ai propri convincimenti. Per tale motivo, ad esempio, non si può legittimare l’obiezione di coscienza alle emotrasfusioni dell’esercente la potestà parentale per conto del minore. Così come non è possibile configurare la pretesa del padre del concepito di interferire nella decisione della madre di interrompere la gravidanza, dato che la stessa Corte Costituzionale ha riconosciuto “che lo stato di gravidanza incide, se non esclusivamente, certo in misura prevalente sulla salute fisica e psichica della donna” (ordinanza Corte Costituzionale n° 389/1988). 16

16 http://www.giurcost.org/decisioni/1988/0389o-88.html

 Per quanto riguarda la prestazione del fare, va sottolineato che la condotta

obiettante non può che essere estensiva e mai commissiva.

Si deduce quindi che la funzione dell’obiezione di coscienza in campo sanitario è quella di mantenere nella coscienza sociale il valore della vita umana, anche quando, per ragioni che qui non è il caso di discutere, se ne ammette giuridicamente la soppressione. E’ un diritto dell’ostetrica/o, secondo il proprio Codice Deontologico, avvalersi della obiezione di coscienza quando prevista dalla legge, di fronte ad una richiesta di intervento in conflitto con i principi etici della professione e con i valori personali.

L'obiezione di coscienza esonera l’ostetrica/o dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento. Pertanto è esonerata a somministrare farmaci o altri presidi , nonché a partecipare a tecniche chirurgiche finalizzate direttamente a determinare l’interruzione della gravidanza.

Non possono però esimersi dalla somministrazione di farmaci o altri presidi , nonché dal partecipare a tecniche chirurgiche finalizzate direttamente a determinare l’interruzione della gravidanza, in situazione in cui è indispensabile salvare la vita della donna in imminente pericolo in quanto si configura omissione di Soccorso, come previsto dalla legge.

L'obiezione di coscienza potrebbe considerarsi revocata, con effetto immediato, per le ostetriche che l'hanno sollevata nel caso prendano parte a procedure o a interventi per l'interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge al di fuori delle situazioni di pericolo di vita della donna.

Di fronte a difficoltà organizzative nell’attuazione della legge 194 presso le istituzioni sanitarie autorizzate dovute ad esempio a carenza o mancanza di personale non obiettore, le ostetriche si possono esimere dal somministrazione farmaci o altri presidi, su prescrizione medica, nonché dal partecipazione a tecniche chirurgiche finalizzate direttamente a determinare l’interruzione della gravidanza se non sussiste pericolo immediato di vita della donna .

E’ responsabilità delle istituzioni sanitarie autorizzate mettere in atto le strategie organizzative volte a garantire il diritto alla salute, all’accesso ed alla continuità delle cure alla donna che ha espresso la volontà di interrompere la gravidanza. (F.N.C.O., 22 settembre 2012)

La relazione insita nel rapporto L’ostetrico/a – assistito è ricca di incontri, scambi, confidenze, confronti, richieste. E’ possibile che in tale ricchezza relazionale si verifichino incomprensioni, tensioni e conflitti derivanti da diverse visioni etiche inerenti, ad esempio, la concezione della vita, il significato della sofferenza, l’idea e la percezione della propria dignità, la libertà di scelta rispetto ai percorsi diagnostici, terapeutici ed assistenziali. E tant’altro ancora.

In quei momenti difficili, lo strumento principe per la composizione delle tensioni, delle incomprensioni e dei conflitti è l’ascolto, il confronto rispettoso e soprattutto il dialogo. Dialogo da mantenere anche quando l’assistito reitera comportamenti e richieste tali da rendere persistente il contrasto etico e indurre l’infermiere ad avvalersi della “clausola di coscienza”. Avvalendosi della clausola di coscienza l’ostetrica rende trasparente la sua opposizione a richieste in contrasto con i principi della professione e con i suoi valori, al di fuori delle situazioni in cui l’obiezione di coscienza è prevista e regolamentata dalle leggi. 17

17 Il concetto di “clausola di coscienza” nell’ambito sanitario è stato definito dal Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) nel 2004, in un pronunciamento sulla legittimità per l’operatore sanitario di ricorrere all’obiezione di coscienza in caso di richiesta di prescrizione e somministrazione della cosiddetta pillola del giorno dopo. In quella circostanza il CNB individuò nel concetto di “clausola di coscienza” un principio guida al quale ispirare il comportamento etico degli

L’adesione intima e coerente ai principi della professione e quindi all’assistere, curare e prendersi cura della persona” nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo, indurrà in ogni caso l’ostetrica ad adoperarsi perché l’assistito riceva, attraverso l’intervento di altri colleghi o attraverso il coinvolgimento della struttura sanitaria, le prestazioni necessarie per la sua incolumità e per la sua vita. Così agendo l’ostetrica tutelerà l’assistito, non lo lascerà mai solo e gli garantirà il diritto di manifestare la propria volontà. Ma la tutela dell’assistito verrà garantita dall’ostetrica anche attraverso l’impegno quotidiano affinchè non abbia mai a subire danno o nocumento in conseguenza dell’agire professionale.

Agirà, dunque, con “prudenza” per non “nuocere” e si richiamerà al principio dell’equità nelle scelte allocative per un uso ottimale delle risorse disponibili.

operatori sanitari in quei casi dove l’obiezione di coscienza propriamente detta non sia contemplata per legge.

Nell’ordinamento giuridico dello Stato, l’obiezione di coscienza è prevista solo in relazione all’interruzione volontaria di gravidanza, legge 194/78, alla sperimentazione animale, legge 413/93 e alla procreazione medicalmente assistita, legge 40/04

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