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Rideterminazione dei residui

3. L’IMPATTO DELLA RIFORMA

3.1 Effetti contabili

3.1.1 Rideterminazione dei residui

Esaminiamo ora le conseguenze più rilevanti dell'armonizzazione contabile pubblica italiana per gli enti sperimentatori e che, in futuro, dovranno essere considerate da tutti gli enti pubblici coinvolti dalla riforma. Alcune conseguenze sono state analizzate nel capitolo precedente; nel presente paragrafo intendiamo approfondire due tra i principali "aggiustamenti" richiesti alla luce delle modifiche ai principi e metodi contabili previste dall’armonizzazione.

Questi aspetti meritano di essere investigati in quanto danno immediata evidenza alla coerenza e alla capacità di visione globale necessarie per porre correttamente in essere l'armonizzazione contabile. Gli aggiustamenti di seguito considerati sono, peraltro, tra quelli che il governo ha deciso di statuire con propri provvedimenti normativi, così da garantirne l’uniforme definizione e interpretazione a livello nazionale. Potremo anche notare che le innovazioni contabili, in taluni casi, spingono ad impiegare strumenti relativamente familiari in modo simile a quanto avvenuto in passato, ma per problematiche nuove; questo è quanto attualmente accade al Fondo Pluriennale Vincolato, come avremo modo di vedere.

3.1.1 Rideterminazione dei residui

Ricordiamo brevemente che i residui attivi originano dalla differenza tra le entrate accertate e quelle riscosse; i residui passivi, invece, sono pari alla differenza tra le uscite impegnate e le uscite riscosse. La somma algebrica del fondo o deficit di cassa, dei residui attivi e dei residui passivi, come è noto, costituisce il risultato di amministrazione.

Le definizioni dei due tipi di residui non sono state modificate dalla riforma; ciò che è stato modificato è la definizione di impegno e di accertamento. Ricordiamo che, secondo il nuovo criterio della competenza finanziaria rafforzata, una spesa si considera impegnata solo al momento della scadenza della relativa obbligazione; solo in tale

ipotesi la spesa può generare residui passivi. Analogamente, un'entrata si considera accertata solo allorché la relativa obbligazione sia scaduta ed il credito corrispondente diventi, quindi, esigibile.

Questo comporta a cascata due conseguenze:

a. la necessità di rideterminare i residui già contabilizzati, in q u a n t o l a m o d i fi c a h a n e c e s s a r i a m e n t e v a l e n z a “retroattiva” (per non creare disomogeneità);

b. la necessità di rideterminare il risultato di amministrazione evidenziato dall'ultimo consuntivo, approvato secondo la vecchia normativa.

L'attività di cui al punto b consegue necessariamente a quella svolta in base al punto a in quanto i residui, come abbiamo ricordato, sono una componente del risultato di amministrazione.

L'attività che risulta richiesta alla luce del punto a è quella di riconsiderare tutte le operazioni che vanno a formare la voce residui. In ragione del nuovo criterio di competenza finanziaria (obbligazione scaduta), si tratta di individuare le operazioni che:

a. non costituiscono residui, in quanto corrispondono a obbligazioni che si ritengono ragionevolmente inesigibili; b. non costituiscono residui, in quanto corrispondono a

obbligazioni che scadranno e diverranno, perciò, esigibili in esercizi successivi.

Le operazioni di cui al punto a vanno radicalmente eliminate, in quanto non sono di competenza dell'esercizio corrente, né si prevede potranno esserlo di uno successivo.

Il saldo contabile delle operazioni di cui al punto b va ad incrementare o decrementare il Fondo Pluriennale Vincolato (nel seguito anche "FPV"). Nel caso in cui il saldo discenda da una differenza positiva tra spese impegnabili in esercizi successivi ed entrate accertabili in esercizi successivi, per cui le prime risultano prevalenti, il saldo stesso andrà ad incrementare il FPV. Quest’ultimo rappresenta, infatti, spese non ancora

esigibili ma che diverranno tali in esercizi successivi. Se una spesa viene impegnata nell’esercizio, ma l’obbligazione, pur giuridicamente perfezionata, non viene a scadenza, la spesa relativa viene mandata in economia, per essere poi imputata al successivo esercizio. Le spese così mandate in economia vanno ad alimentare il FPV, di modo che, nel successivo esercizio, la spesa, venuta a scadenza, troverà copertura in prelievi dal FPV. Questo meccanismo palesa la funzione programmatoria delle spese propria del FPV.

Non si opera alcun aggiustamento (per il principio della prudenza) nel caso in cui si ottenga una differenza da rideterminazione con prevalenza di entrate riaccertabili in esercizi successivi rispetto alle spese impegnabili in esercizi successivi. In presenza di entrate la cui accertabilità è futura e dubbia, risulta piuttosto consigliabile, in sede di bilancio preventivo, incrementare opportunamente il Fondo Svalutazione Crediti.

Le operazioni testé accennate sono oggi descritte all’art. 3 del d.lgs. n. 118 del 2011, oltre che rappresentate nel relativo allegato n. 5/2 (si veda anche nel paragrafo successivo la tabella tratta da quest’ultimo).

Quest’ultimo è realizzato per prendere atto delle esigenze emerse dalla sperimentazione e tradurle, quando opportuno, in disposizioni normative che possano fungere da principi per tutti gli enti interessati. Secondo l'attuale formulazione, la rideterminazione dei residui dovrà avvenire con cadenza annuale. I residui passivi e attivi dovranno essere sistematicamente rivisti e mantenuti solo quando vi sia effettività e certezza della condizione creditoria o debitoria, ossia quando le corrispondenti obbligazioni siano divenute effettivamente esigibili. Nell'ambito di un processo di armonizzazione disciplinato tramite leggi, l’utilità della sperimentazione (e dei decreti correttivi che a questa conseguono) risulta piuttosto evidente. Essa permette, infatti, di far emergere le criticità e le soluzioni possibili nella prassi, per poi statuire normativamente, o mediante principi, gli accorgimenti che si sono

rivelati maggiormente utili per garantire la corretta rappresentazione e confrontabilità dei valori contabili. In particolare, si è proceduto in questo modo per ridurre le scelte possibili in conseguenza delle innovazioni proposte con la riforma. Così facendo, tale aggiustamento potrà avvenire in modo meno arbitrario o disordinato.

Così, ad esempio, la proposta di utilizzare il Fondo Pluriennale Vincolato nel modo spiegato qualche riga più sopra, risulta funzionale alla logica programmatoria e, contemporaneamente, mette in evidenza la presenza o il venir meno dei residui attivi o passivi. L'insussistenza di accertamenti o impegni, quindi, non si traduce semplicemente in un impatto positivo o negativo sul risultato di amministrazione del presente esercizio, come avrebbe potuto rappresentare qualche ente che avesse adottato metodi di contabilizzazione alternativi. Il procedimento normativamente statuito del FPV garantisce che ognuno tratti i residui impegnabili o accertabili in esercizi successivi in modo analogo, assicurando la capacità del rendiconto e del bilancio di raccontare qualcosa sul modo in cui sono state realizzate le scelte passate e sul come saranno influenzate le decisioni future.

3.1.2 Rideterminazione del risultato di amministrazione

La rideterminazione del risultato di amministrazione, come accennavamo poco sopra, è un'imprescindibile conseguenza della rideterminazione dei residui, salvo presumere che da quest'ultima origini una differenza nulla tra maggiori entrate e uscite dell'esercizio o che, addirittura, non vi siano importi da riconsiderare.

Per procedere correttamente, conviene qui riportare lo schema appositamente predisposto e allegato al d.lgs. n. 118 del 2011 nella sua formulazione post-sperimentazione.