1. INTRODUZIONE
1.8. RIFERIMENTI NORMATIVI
L’International Labour Office (ILO) già nel 1986 si accostava ai rischi di natura psicosociale collegandoli sia all’organizzazione del lavoro, al management aziendale, alle caratteristiche del lavoro ed alle condizioni ambientali, sia alla soddisfazione al lavoro, alla valorizzazione delle competenze, al coinvolgimento nella partecipazione alle scelte e nei rapporti interpersonali e gerarchici. Durante la giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro del 28 aprile 2010 ha confermato come i fattori psico-sociologici siano oggi riconosciuti come una problematica che interessa tutti i Paesi, tutte le professioni e tutti i lavoratori.
L’obbligo di valutazione dei rischi, introdotto per la prima volta con la direttiva europea 89/391, recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 626/94, riguardava tutti i rischi presenti sul luogo di lavoro, a prescindere dall’esistenza di disposizioni specifiche. La Legge 39 del 01 marzo 2002 correttiva dell’art. 4 del D.Lgs. 626/94 precisava esplicitamente che la valutazione doveva riguardare “tutti” i rischi, includendo di fatto anche quelli di natura psicosociale. Eppure il ritardo culturale su questa materia ha determinato per molto tempo incertezza nei confronti dell’obbligo: la sua effettività, l’individuazione delle situazioni in cui il rischio fosse presente, l’inquadramento delle diverse problematiche quali stress, burnout e mobbing.
L’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004 siglato tra le parti sociali più rappresentative a livello europeo2 e recepito in Italia dall’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008, ha dato sicuramente il maggior contributo per un corretto approccio al problema.
Secondo la definizione comunemente accettata e ripresa anche dall’Accordo, lo stress è uno stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali che consegue dal fatto che le
40 persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti3.
Alcune considerazioni meritano di essere evidenziate. L’importanza del documento risiede nell’aver portato le associazioni datoriali e sindacali a riconoscere la condizione di stress quale comune oggetto di preoccupazione tale da richiedere interventi di prevenzione per la tutela della salute delle persone al lavoro.
L’Accordo individua, innanzitutto, lo stress come un problema che può colpire qualsiasi lavoratore in qualsiasi ambiente, indipendentemente dalle dimensioni aziendali, dal settore di attività o dalla tipologia di contratto o rapporto di lavoro. Tale affermazione conferma che, nell’esame del rischio stress, ci si trova di fronte ad un fenomeno che non è legato a un processo di lavoro, ad una macchina specifica o a un ambiente particolarmente sfavorevole - tutti elementi che danno all’operatore una sorta di segnale di avvertimento e che sono facilmente identificabili in relazione alla attività svolta - ma si ha a che fare, invece, con un rischio particolarmente insidioso, che può presentarsi, anche se non necessariamente, in qualsiasi condizione e organizzazione lavorativa. Ciò non significa che ogni manifestazione di stress sia riferibile al lavoro, né che tutti i luoghi di lavoro siano automaticamente interessati da questa condizione, ma sottolinea la necessità di procedere alla valutazione dello stress lavoro correlato in tutte le realtà produttive.
Occorre porre attenzione alle componenti dell’organizzazione e della gestione del lavoro che possono causare o favorire lo stress al lavoro e promuovere interventi preventivi.
Inoltre, la natura del rischio in esame è tale da costringere chi effettua la valutazione ad intrecciare informazioni legate ad un dato oggettivo (l’organizzazione lavorativa), con informazioni di carattere soggettivo (le condizioni psico-fisiche del lavoratore) con la conseguenza che l’opera di
valutazione dovrà sì essere condotta secondo i normali criteri usati per considerare gli altri rischi, per così dire “tecnici”, ma dovrà necessariamente essere integrata da conoscenze e metodi che attengono alle scienze comportamentali o pisco-sociali.
In secondo luogo, l’Accordo elimina dalle ipotesi di sua applicazione i casi di violenza o sopraffazione sul lavoro, come il mobbing, laddove, cioè, l’elemento caratterizzante la fattispecie è dato dalla volontarietà del comportamento dell’agente, finalizzato a provocare un danno al lavoratore. Violenze, molestie e stress post traumatico sono escluse dalla valutazione dello stress lavoro correlato in quanto oggetto dell’accordo quadro successivo (Framework agreement on harrassment and violence at work, 26 aprile 2007) che va a completamento del precedente nella tutela delle condizioni di rischio psicosociale. La differenza sta dunque nella volontarietà dei comportamenti lesivi individuali, che come tali non possono essere oggetto di valutazione. E’ comunque evidente che molte delle dinamiche attuate per esercitare violenza morale sono le stesse che possono essere presenti come fattori di stress in organizzazioni inadeguate, anche senza deliberata volontarietà lesiva. Valutare e monitorare i possibili stressors legati all’organizzazione del lavoro e ai rapporti interpersonali sul lavoro, di fatto scoraggia l’esercizio di forme di violenza intenzionale.
Significativa è ancora l’impostazione dell’Accordo Europeo circa l’individuazione degli indicatori dello stress. L’Accordo non dà una dettagliata descrizione degli strumenti da usare in questo campo, ma lascia all’operatore il compito di identificare le cause generatrici di stress, limitandosi ad enunciarne alcune quali:
- inadeguatezza nella gestione e nell’organizzazione dei processi di lavoro: disciplina dell’orario, grado di autonomia, corrispondenza tra competenze e requisiti professionali richiesti, carichi di lavoro
42 - condizioni di lavoro ed ambientali: esposizione a comportamenti illeciti,
rumore, calore, sostanze pericolose
- comunicazione: incertezza in ordine alle prestazioni richieste, alle prospettive d’impiego, agli eventuali cambiamenti
- fattori soggettivi: tensioni emotive e sociali, sensazioni di non poter far fronte alla situazione, percezione di mancanza di attenzione e supporto.
Un’ulteriore nota sull’Accordo Europeo del 2004 riguarda l’indicazione delle misure per prevenire l’insorgere di fenomeni di stress lavorocorrelato. Una volta che il datore di lavoro abbia eseguito la valutazione del rischio stress e individuato all’interno della propria organizzazione i cosiddetti fattori stressogeni, al pari di quanto avviene per gli altri rischi sul lavoro, dovrà elaborare le misure per prevenire, eliminare o ridurre i rischi individuati. L’Accordo indica tra le misure di prevenzione, sempre in maniera esemplificativa, la gestione della comunicazione, la formazione, l’informazione e consultazione dei lavoratori, rimandando, anche in questo caso, alla successiva elaborazione pratica e alla definizione di misure diverse e più efficaci in funzione dei fattori di stress individuati all’interno di ciascuna organizzazione lavorativa.
Notevole importanza viene attribuita alla partecipazione dei lavoratori in termini di formazione e informazione ma anche di consultazione e comunicazione. Questo aspetto è molto significativo perché evidenzia come l’Accordo Europeo sia una esplicitazione della forma di gestione della sicurezza “partecipata” cui si ispira tutto il Testo Unico.
L’Accordo Europeo del 2004, pur non indicando specifiche metodologie di valutazione, detta tuttavia quattro criteri fondamentali cui fare riferimento: effettuare la valutazione in tutte le realtà lavorative
finalizzare la valutazione alla prevenzione e alla gestione dei problemi di stress da lavoro
orientare la valutazione alla individuazione degli stressors organizzativi e ambientali e alla ricerca di sintomi organizzativi indicativi della presenza di stress
In Italia è proprio con la stesura del D.Lgs. 81/08 che si esplicita con chiarezza, all’art. 28, che la valutazione dei rischi “deve riguardare tutti i rischi…tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004…”.
Successivamente il D.Lgs. 106/09 ha introdotto il comma 1-bis dell’art. 28, che afferma che “La valutazione dello stress lavoro correlato… è effettuata nel rispetto delle indicazioni elaborate dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque… a far data dal 1° agosto 2010”. La scadenza è stata poi posticipata al 31 dicembre dalla Legge 122/2010.
Nel marzo 2010 il Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro ha predisposto la guida operativa per la “Valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-correlato”, che è stata approvata il 26 maggio dalla Commissione salute interregionale. La guida operativa è stata inviata alla Commissione Consultiva quale contributo ai lavori. La commissione ha approvato il 17 novembre le
“Indicazioni metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato” pubblicate con lettera circolare del 18 novembre 2010.