La prima formazione di Giovanni Boccaccio, nato nel 1313 nei pressi di Firenze, avvenne a Napoli, dove da adolescente raggiunse il padre; qui, mentre iniziava l’apprendistato nel mondo mercantile, il giovane ebbe modo di perfezionare lo studio grammaticale e affrontare i primi elementi del diritto, nonché di frequentare (grazie alla posizione del padre) illustri
esponenti del mondo culturale angioino. Probabilmente in questo periodo apprese i rudimenti dell’alfabeto greco, studio anomalo per l’epoca. La formazione di Giovanni è ricca, dato che oltre alle opere dottrinali come enciclopedie, scritti teologici e morali studiò anche opere poetiche e letterarie (ne abbiamo testimonianza grazie agli “zibaldoni”, manoscritti nei quali Boccaccio trascrisse brani più o meno lunghi delle opere con cui venne in contatto). Gli spunti e le esperienze del primo periodo, vissuto fra Napoli e Firenze, arrivarono a piena maturazione proprio nel capolavoro di una vita, il Decameron, e risultano fondamentali per comprenderne il carattere innovativo e l’ideologia non univoca.106
Possiamo evidenziare come l’attività giovanile dell’autore sia ispirata a un progetto di scrittura che si colloca al mezzo fra l’alto e il basso, per soddisfare un pubblico nuovo in cui si contrapponevano provenienza mercantile e ambizione aristocratica. Già il lavoro formativo di Boccaccio aveva carattere fortemente innovativo, in quanto ispirato a una continua ricerca che lo ha portato a sperimentare temi e soluzioni formali sempre diversi; dunque, quando fra il 1348 e il 1349 progettava il suo capolavoro, egli aveva già alle spalle un ampio esercizio letterario ispirato al costante sperimentalismo formale e all’apertura tematica. L’impegno nel
Decameron, dove la varietà e la molteplicità erano equilibrate da una rigida
maglia strutturale, non fece altro che approfondire e coronare il suo lavoro, in una traiettoria che aveva tratteggiato sin dagli anni trascorsi a Napoli.107 Possiamo affermare che la tradizione cui il nostro autore si era ispirato sia stata quella medievale e romanza, in quanto nella materia varia e complessa il mondo classico sfugge, risulta quasi assente. L’adesione al mondo medievale è dimostrata dalla tecnica artistica e dalla fantasia: oltre a
106 Cfr. Giancarlo Alfano, Introduzione alla lettura del Decameron di Boccaccio, Roma-Bari, Laterza, 2014, pp. 10-11.
riprendere i contenuti della poesia popolaresca di quei secoli, è soprattutto l’intonazione che rivela tale dato. Le tessere che il Boccaccio raccolse dalla tradizione medievale vennero poi da lui inglobate all’interno di una “cornice”, ed è proprio in essa che l’impronta della tradizione medievale emerge con più evidenza.108
Un altro aspetto importante da considerare è l’influenza dell’ambiente e del tempo in cui Giovanni visse sulla sua opera: i limiti cronologici delle azioni narrate sono infatti quasi del tutto compresi nel periodo immediatamente precedente all’autore, ovvero l’età delle Crociate, delle lotte dei comuni, delle vicende che segnarono l’apogeo della potenza mercantile fiorentina e italiana in generale. Era l’età che aveva visto la formazione di una civiltà più tipicamente italiana, che aveva segnato il differenziamento della vita politica e civile della penisola, che aveva accolto l’affermarsi di una cultura e di una letteratura nuove e che aveva stabilito l’egemonia dei mercanti italiani nel Mediterraneo e nell’Europa occidentale. Lo sfondo di molte novelle, soprattutto di quelle più alte e appassionate, non poteva che essere proprio la storia d’Italia e d’Europa tra i secoli XII e XIV. Nelle trame boccacciane compaiono ritratti vivissimi dei protagonisti della storia di quei secoli, che vide il susseguirsi di gesta per la fede, di Crociate in Oriente, di grandi guerre interiori ed esteriori, di aspre contese fra i comuni, di interessati interventi di re stranieri nella penisola. Il Decameron fornisce quindi un quadro grandioso e umanissimo di un periodo decisivo per la storia e la civiltà d’Italia,109
e l’identikit dei suoi personaggi spesso va oltre la mera caratterizzazione sociale per giungere invece a precisarne la
108 Cfr. Vittore Branca, Boccaccio medievale e nuovi studi sul Decameron, Firenze, Sansoni Editore, 1981, pp. 10-19.
personalità , il rango e il ruolo che occupavano nella società per mantenerli sempre in rapporto con il contesto storico e geografico nel quale agivano.110 Ma al mondo solenne di re e cavalieri Boccaccio ha affiancato la società operosa e avventurosa degli uomini della sua età; proprio perché la sua formazione culturale e spirituale, la sua fantasia e la sua sensibilità erano particolarmente aperte alle forme di vita di quei secoli, il nostro autore è riuscito a rappresentare un’ideale continuità fra l’età dei cavalieri della spada e il mondo a lui contemporaneo dominato dai cavalieri dell’ingegno e dell’industria umana, eroi esemplari della nuova civiltà e della borghesia italiana.111 Nel deciso orientamento sul presente, Firenze assumeva un ruolo primario: lo scrittore ha deciso di muoversi entro le precise coordinate conoscitive, etiche e politiche che davano ordine al mondo e senso alle esperienze, e di porsi in dialogo con una comunità ben definita di cui condivideva le prospettive culturali.112 L’effetto di realtà che traspariva dall’opera non si riferiva alle indicazioni effettive ma alla realtà storica della vita di allora, a un universo culturale circoscritto e condiviso. Del resto, per poter dare un valore esemplare all’opera era necessario presentare le singole azioni e figurazioni sì in un quadro d’eccezione, ma allo stesso tempo ancorate saldamente alla realtà, alla storia.113
Per comprendere il contesto letterario nel quale è stato composto il
Decameron occorre quindi da una parte tenere presenti gli specifici
caratteri del mondo comunale, con precise spinte sociali e tensioni culturali, dall’altra ragionare invece in un’ottica interna alla letteratura, in particolare per ciò che riguarda il trasferimento in scrittura delle precarie e
110 Cfr. Giancarlo Alfano, Introduzione alla lettura del Decameron di Boccaccio, Roma-Bari, Laterza, 2014, p. 69.
111
Ivi, pp. 26-27.
112 Ivi, p. 117.
113 Cfr. Vittore Branca, Boccaccio medievale e nuovi studi sul Decameron, Firenze, Sansoni Editore, 1981, p. 34.
spesso imprevedibili dinamiche dell’oralità: la commistione di tali caratteristiche è stata consentita dal raccoglimento di più testi narrativi caratterizzati dalla brevità. Ormai è accertato che il sostrato culturale da cui l’autore ha attinto per creare il Decameron è variegato, comunque ricordiamo come sia risultata fondamentale la ripresa di almeno tre elementi: il fitto mormorio urbano del racconto orale, la ricca tipologia narrativa (in prosa e in verso, in latino e in volgare) e le diverse modalità di raggruppamento dei racconti.114
Ed è probabilmente per la lotta contro la dispersione orale del racconto che ha preso vita l’innovazione boccacciana della cornice, espediente atto a stringere l’opera in una forma-libro inalterabile alla quale associare una precisa e forte immagine di Autore.115 In altre parole, alle spalle del
Decameron esisteva una ricca produzione narrativa medievale, sia di natura
popolare che di natura letteraria, radicata nei costumi antropologici di una cultura ancora saldamente ancorata al mondo dell’oralità ma al tempo stesso ammiratrice della più consapevole tradizione scritta; il contatto tra oralità e scrittura aveva trovato forma nell’espediente della cornice (considerata anche come novella portante), cioè la situazione narrativa esterna atta a contenere i diversi racconti mettendone in scena il momento della produzione orale.116
Quindi, la prima stesura del Decameron avveniva dopo una ricca stagione artistica e creativa del nostro scrittore: una larga produzione letteraria lo aveva preceduto, di ispirazione e di toni amplissima, di varia sperimentazione scrittoria, di intenti culturali intensi, nella quale si manifestavano in versi e in prosa disparati atteggiamenti linguistici
114
Cfr. Giancarlo Alfano, Introduzione alla lettura del Decameron di Boccaccio, Roma-Bari, Laterza, 2014, pp. 26-27.
115 Ivi, p. 47.
rispondenti alla diversa disposizione retorica che aveva ispirato le diverse opere e alla plurima inventività dell’autore.117 La prosa del Decameron nasceva allora in un terreno di esperienze nelle quali però rimaneva costante sia lo strumento linguistico, ovvero il fiorentino trecentesco impiegato liberamente in tutta la gamma lessicale e grammaticale della sua espressività, sia la vocazione alla varietà stilistico-linguistica d’impronta letteraria (anche nell’adozione di modi bassi), sia la sapienza della varia tecnica sintattica.118 Il Boccaccio non ha mai definito organicamente una sua “poetica”, non ha mai indicato gli elementi fondanti della sua arte di scrittore, ma risulta comunque evidente che il dato caratteristico della sua inventività stava nella varietas dei modi stilistici e dei tratti linguistici, specialmente per quanto riguardava la sua prosa maggiore.119 Ed era di tale intensità la varietà sul piano della lingua che le scelte e le soluzioni linguistiche a volte sono venute a creare una voluta discordanza rispetto alla convenienza imposta, pur non compromettendo né diminuendo la letterarietà sostanziale del dettato.120