I designer e gli imprenditori hanno in comune la capacità di problem-solving creativo, con il compito di anticipare un futuro imprevisto (O’Grady, 2012), dai contorni non definiti e spesso neanche abbozzati. È importante insegnare l’im- prenditorialità con un’enfasi su come anticipare e creare un futuro sconosciuto, una task possibile grazie agli strumenti esplorativi del design.
Mentre la ricerca nel campo del design va nella direzione di migliorare l’educazione delle scuole di design con l’imprenditorialità e mira a formare un designer/imprenditore, il Contamination Lab fa esattamente il contrario, ovvero migliora l’educazione imprenditoriale con il design e mira a formare un impren- ditore designer o meglio un imprenditore con una nuova forma mentis, che sappia utilizzare gli strumenti dei designer.
Per concludere, i designer sono potenziali imprenditori per natura, dato che lavorano per dare forma al futuro (Gunes, 2012). Per questo motivo dovreb- bero essere incoraggiati e formati sulle competenze imprenditoriali. Le università hanno l’arduo compito di formare gli innovatori del futuro. Le università coin- volte nel Contamination Lab Torino hanno il vantaggio di avere il bacino multi- disciplinare completo.
Dove sono i primi CLabbers a tre anni dalla fine del percorso?
Abbiamo condotto una ricerca su LinkedIn per capire dove fossero i nostri studenti delle prime quattro challenge, essendo passati tre anni (o più) dalla fine del percorso.
Dalla ricerca, con i dati disponibili, è emerso che dei 77 partecipanti, 12 sono effettivamente diventati imprenditori (16%) spesso sviluppando una startup dal progetto derivante dal programma. Come visto, delle quattro startup costitu- ite, due non risultano essere più attive, ma gli studenti ne hanno già create altre. Cinque partecipanti risultano essere ancora studenti (magistrali/master), 3 hanno intrapreso o continuato il dottorato di ricerca, 8 lavorano in R&S all’interno del- le due università, 5 all’interno di JEToP o altre associazioni studentesche, 1 lavo-
ra all’interno dell’incubatore I3P e 5 hanno assunto il ruolo di tutor. Per quanto riguarda le realtà aziendali, 3 partecipanti lavorano in un centro R&S aziendale, 3 nel campo del marketing, 2 hanno intrapreso la carriera di project manager, 2 collaborano internamente o esternamente con la Città Metropolitana di Torino, 4 lavorano come consulenti e 13 di loro svolgono la professione per la quale han- no studiato (Figura C.1). Per 8 di loro non è stato possibile capire la professione o non erano presenti su LinkedIn.
La percentuale di imprenditori è in linea con i risultati della survey pre-programma, in cui il 18% esprimeva la volontà di diventare imprendi- tore, ed è un buon dato anche in confronto ai 23% della post-survey, con- siderando che non sempre all’intenzione imprenditoriale segue la creazione effettiva della startup. Inoltre, da questa breve panoramica possiamo dire che circa il 30% è rimasto legato al mondo universitario e al mondo della ricerca in generale.
Numerosi studenti hanno approfondito e integrato le loro competenze imprenditoriali con altri corsi o master in tema manageriale (School of Mana- gement) o con integrazioni di corsi e-learning sui temi quali “Innovation & en- trepreneurship from design thinking to funding” e “The impact of technology” (Coursera E-learning), certificazioni in project management e simili. Due stu- denti a loro volta si sono specializzati nella valutazione delle idee imprenditoriali, sia all’interno dell’incubatore I3P sia nella realtà Mamazen.
Per quanto riguarda invece l’attinenza del proprio lavoro con il tema della prima challenge sulla mobilità elettrica, possiamo definire il 25% perfettamente in tema e che il 33% lavora su temi attinenti, per un totale di 58% almeno attinenti. In- vece come anticipato, alcuni continuano un percorso legato all’imprenditorialità nel 25% dei casi. Il 71% di loro si trova a Torino, il 9% è ora a Milano, il 6,5% in altre città italiane, tre partecipanti si sono trasferiti all’estero, in Olanda, Spagna e India. Per gli altri non è stato possibile capire dove svolgono la propria attività.
Per quanto riguarda il monitoraggio, intendiamo ripetere le analisi a tre e cinque anni dalla fine di ciascuna challenge anche tramite la somministrazione di questionari, per verificare che tipo di corrispondenza ci sia tra l’intenzione e l’effettiva creazione della realtà imprenditoriale. In ottica di rafforzare il concetto di network è stata creata una community di Alumni CLabTo su LinkedIn, al fine di spronare gli ex-CLabbers a “fare rete”, diventando veri e propri ambascia- tori del progetto, ovunque essi siano. Abbiamo deciso di fornire questo ulteriore strumento per permettere loro di connettersi perché in futuro potrebbero aver bisogno di un parere di un esperto, di un punto di vista differente, non solo per avviare una startup. Anche nell’eventualità di voler creare la propria realtà imprenditoriale potrebbero accorgersi di non avere tutte le competenze per far- lo. In questo modo i CLabbers possono fin da subito creare il proprio network professionale, comprendendo il valore delle connessioni, in cui le competenze multidisciplinari devono essere facilitate ed esaltate.
In questo scenario, tramite l’excursus proposto e attraverso la sperimenta- zione presentata, questo contributo definisce le potenzialità e l’importanza di una formazione imprenditoriale transdisciplinare non solamente per la gestione di eventi discreti e/o isolati, quanto per la generazione di cambiamenti tangibili sul lungo termine. Crediamo che la formazione transdisciplinare/esperienziale nel prossimo futuro plasmerà l’organizzazione nel suo complesso e nei suoi risultati, determinando il cambiamento attraverso la lente critica del design verso un’innovazione sostenibile.
Bibliografia
S. Gunes, «Design entrepreneurship in product design education», Procedia-Social and
Behavioral Sciences, vol.51, 2012.
J.K. O’Grady, «Design is entrepreneurship is design is…», Design Management Review, vol. 23, n. 4, 2012.
M. Thursby, A. Fuller, J. Thursby, «An integrated approach to educating professionals for careers in innovation», Academy of Management Learning and Education, vol. 8, n. 3, 2009.
L’esperienza del Contamination Lab Torino, ci ha permesso di incontrare e co- noscere molte persone, di collaborare con realtà diverse, di far tesoro di differenti punti di vista.
Ringraziamo innanzitutto i Rettori dei due atenei, Guido Saracco e Stefano Geuna, che hanno creduto nel progetto rendendo possibile la sua realizzazione.
Ringraziamo la Vice-Rettrice per il trasferimento tecnologico Giuliana Mattiazzo e il Vice-Rettore per la didattica Sebastiano Foti del Politecnico di Torino, e il Vice-Rettore alla ricerca per le scienze sociali e umanistiche Gianluca Cuniberti dell’Università degli Studi di Torino.
Siamo riconoscenti in particolare a Maria Chiara Di Guardo, Valeria Ca- biddu, Marco Casto, Michela Loi, Laura Poletti del CLab Network per l’ideazio- ne e il coordinamento del progetto Italian CLab Network.
Ringraziamo il Contamination Lab Napoli Federico II e in particolare i professori Lello Savonardo e Annalisa Buffardi che con la curatela del libro “Cul- ture digitali, innovazioni e statup: il modello Contamination Lab” sono stati per noi di grande ispirazione per la realizzazione di questo volume.
Non possiamo che essere grati a tutta la squadra del Contamination Lab Torino che in questi tre anni ha lavorato affinché il progetto prendesse vita. In particolare ringraziamo il PoliTo Chief Manager Emilio Paolucci, l’UniTo Chief Manager Dario Peirone, il Coordinatore della formazione Paolo Tamborrini, la Responsabile della comunicazione Giovanna Guarriello. Un grazie anche a En- rico Gastaldi, Alan Zoratto e Chiara Fontanazza per la gestione amministrativa del progetto e Germano Paini, Shiva Loccisano che hanno preso parte alle prime fasi. Un ringraziamento speciale va a Leonardo Moiso per il coordinamento delle ultime attività e per il prezioso supporto durante la stesura del libro.