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La Riforma protestante, che investì con grande forza l’Occidente e la Chiesa, era la risposta alle domande di cambiamento e alle esigenze di recupero dei canoni di purezza e di semplicità propri della religione cristiana delle origini, tramite lo studio diretto delle Sacre Scritture. Inoltre si voleva soddisfare la necessità di un impegno religioso più intenso, conforme alle massime evangeliche. Le basi della riforma furono gettate da riformatori come Thomas Moore (1478 – 1535), celebre autore dell’opera

L’Utopia e l’agostiniano Erasmo da Rotterdam72 (1466 – 1536), il quale

ottenne fama a livello internazionale attraverso l’Enchiridion Militis

Christiani (ossia il Manuale del soldato cristiano), pubblicata nel 150373.

Oltre all’esigenza di tornare al messaggio originario della parola di Cristo, la Riforma protestante si interessò anche alla revisione di diversi dogmi, istituzioni ed elementi della dottrina cristiana. Le soluzioni esposte da Erasmo influenzarono il pensiero dei riformatori di tutta Europa. Tra i tanti elementi revisionati dalla Riforma protestante vi furono i sacramenti, i quali furono definiti ed interpretati con alcune differenze da Lutero, Zwingli e Calvino.

Tra il 1515 e il 1518 la fede e la spiritualità di Martin Lutero (1483 – 1546), il fautore della Riforma di Wittenberg, subirono una profonda trasformazione che lo portarono a concepire un programma che avrebbe messo in discussione diversi aspetti della Chiesa e del papato74. La fragile

fede del monaco nei confronti del clero e dell’autorità romana lo spinsero a pubblicare l’opera “De captivitate babylonica ecclesiae praeludium” (La cattività babilonese della Chiesa) nel 1520, la quale era non solo un’aperta denuncia della corruzione della Chiesa, ma anche una critica alla concezione cristiana dei sacramenti. Lutero si distaccò dal pensiero della

72 Carlo Capra, Storia moderna (1492-1848), Le Monnier Università, Firenze, 2008, p. 89. 73 Ibidem.

dottrina cattolica ufficiale, infatti parlò dei sacramenti con i seguenti termini:

Anzitutto, devo negare che vi siano sette sacramenti e per il momento ne ammetto soltanto tre: il battesimo, la penitenza e il pane. E questi la curia romana ce li ha ridotti tutti in un miserevole stato di cattività, spogliando la chiesa di tutta la sua libertà75.

La Chiesa romana riconosceva l’esistenza di sette sacramenti, mentre Lutero ne riconobbe tre (il battesimo, la penitenza e l’eucaristia) in un primo momento, poi solo due: il battesimo e l’eucaristia. Lutero spiegò inoltre le motivazioni per cui l’eucarestia o il battesimo potevano essere considerati dei sacramenti attraverso la propria definizione del termine “sacramento”, contenuta nell’opera “La cattività babilonese della Chiesa”:

[…] è stato detto che insieme alle promesse divine sono dati dei segni che rendono l’immagine di ciò che le parole significano o che il sacramento, come dicono autori più recenti, con efficacia significa76.

Lutero affermava che un sacramento era la promessa fatta da Dio agli uomini rappresentata da un simbolo concreto: solo pochi sacramenti rientravano nella sua definizione. Altri sacramenti, secondo il monaco tedesco, erano delle semplici dichiarazioni perché non presentavano nessun simbolo anche se avevano un ruolo importante nella dottrina della Chiesa romana. Il battesimo, per esempio, era la promessa di far parte della comunità cristiana, attraverso il rito dell’acqua, come l’eucaristia attraverso il pane e il vino77. La penitenza (o confessione), riconosciuta in un primo

momento, venne successivamente rigettata perché non aveva un proprio simbolo esterno.

Lutero si espresse anche sull’istituzione del matrimonio, riconosciuto come sacramento dal diritto canonico. Innanzitutto sottolineò che non vi erano

75 Lutero, La cattività babilonese della chiesa, Claudiana, Torino, 2010, p. 76-77. 76 Ivi, p. 193.

prove nelle Sacre Scritture, le quali dimostrassero che il matrimonio fosse stato istituito dalla volontà divina; inoltre l’istituzione non possedeva nessun significato attribuitogli da Dio78. Il monaco attaccò inoltre la Chiesa

per essersi appropriata di alcune prerogative di Dio, come il diritto di promettere la grazia agli uomini e di conseguenza la possibilità di istituire i sacramenti come nel caso del matrimonio stesso. Tale critica venne espressa dal monaco con il seguente passaggio:

Sia dunque certo che la Chiesa non può promettere la grazia, cosa che appartiene solo a Dio, e perciò non può nemmeno istituire un sacramento79.

Come scrive Fulvio Ferrario, uno dei curatori de La cattività babilonese, “Nemmeno il matrimonio può essere considerato sacramento: esso è un fenomeno universalmente umano che, come tale, non dipende dall’economia della grazia. La religione per la quale il matrimonio è stato considerato sacramento è errata (esegesi di Ef. 5,30-32), dove ricorre il termine mysterion, tradotto appunto con sacramentum80.” In conclusione il

matrimonio era stato considerato un sacramento a causa della traduzione erronea del termine greco “mysterion”. Tuttavia era stato Dio stesso a volere l’unione dell’uomo e della donna e tale premessa conferì al matrimonio la sua dignità e i suoi diritti81

Un altro grande protagonista della riforma protestante fu il teologo svizzero Huldrych Zwingli (1484 – 1531), il quale proponeva un rinnovamento della Chiesa e della società attraverso un ritorno alle origini come nel pensiero di Erasmo82. Inoltre il teologo si interessò ad altri argomenti della dottrina

come i sacramenti, sui quali si pose delle domande come fece Lutero. In primo luogo Zwingli riprese la definizione del termine “sacramento” dell’erudito romano Marco Terenzio Varrone (116 a.C., Rieti – 27 a.C., Roma), la quale recitava così:

78 Lutero, La cattività babilonese della chiesa, Claudiana, Torino, 2010, p. 263. 79 Ivi, p. 303.

80 Ivi, p. 39. 81 Ibidem.

[…] Inoltre «sacramento» significa «giuramento» . [...] Infine si parla di «sacramento (giuramento) militare», mediante il quale i soldati si legano al loro capo e al suo comando, secondo le leggi o il diritto di guerra.83

Nella citazione Varrone definiva il “sacramento una sorta di giuramento, il quale impegnava le due parti al rispetto di reciproci obblighi e garantiva che tale legame non sarebbe stato sciolto facilmente. Zwingli riadattò la definizione di Varrone alle necessità della religione, dando la seguente definizione del sacramento:

Dio ha istituito, comandato e ordinato nella Sua Parola, che è salda e valida come se fosse stata giurata84.

Lo svizzero individuò il significato della parola in “giuramento”. Il sacramento era una sorta di voto di fedeltà degli individui nei confronti della società ed era anche una dimostrazione pubblica di fede; il battesimo era la dimostrazione pubblica della volontà dell’individuo di far parte della comunità cristiana, desiderio successivamente riconfermato attraverso la partecipazione all’eucarestia85.

Zwingli concluse il suo pensiero sui sacramenti affermando che erano dei segni o delle cerimonie, i quali avevano lo scopo di attestare la fede del credente nella chiesa. Il teologo riconobbe solo il battesimo e la cena del Signore come sacramenti perché questi erano stati istituiti da Gesù Cristo. Diversamente tutti gli altri sacramenti, riconosciuti dalla Chiesa romana, erano delle semplici cerimonie, elaborate dalla chiesa stessa e non da Dio e perciò non apportavano nessuna novità o miglioria alla dottrina cristiana86.

Nel 1531 Zwingli morì sul campo nella battaglia di Kappel e, dopo la sua morte, i movimenti della Riforma protestante in Svizzera furono portati avanti da Jean Cauvin (1509-64), conosciuto in Italia con il nome di

83 Ulrico Zwingli, Scritti teologici e politici, Claudiana, Torino, 1985, p. 207. 84 Alister E. McGrath, Il pensiero della Riforma, Claudiana, Torino, 1999, p. 201. 85 Ivi, p. 201-203.

Giovanni Calvino87. Nel 1536 Calvino pubblicò “Institutio Christianae

religionis”, o “L’Istituzione della religione cristiana”, il suo più importante

testo teologico. All’interno di questo celebre testo, che ebbe una grande influenza sul mondo occidentale, Calvino diede la propria interpretazione in merito alla definizione del termine sacramento:

Semplice e rispondente mi pare essere la definizione seguente: sacramento è un segno esteriore mediante cui Dio suggella nella coscienza nostra le promesse della sua volontà di bene nei nostri riguardi, per fortificare la debolezza della nostra fede, e mediante il quale, dal canto nostro, rendiamo testimonianza, sia dinanzi a lui e agli angeli, sia davanti agli uomini, che lo consideriamo nostro Dio88.

Calvino riteneva che un sacramento fosse l’unione di un segno esteriore con la promessa di Dio di fare del bene nei nostri confronti e avrebbe avuto il compito di rafforzare la fragile fede degli uomini nei confronti di Dio. A seguito di tale definizione gli unici sacramenti riconosciuti da Calvino furono il battesimo e l’eucaristia, mentre gli altri sacramenti furono “declassati”, come il matrimonio. Il teologo utilizzava i seguenti termini per argomentare in merito al matrimonio:

[...]Affermano che è in se una realtà sacra, cioè della unione spirituale di Cristo e della Chiesa. Se intendono il termine segno nel senso di un contrassegno che ci sia stato proposto da Dio a sostegno della nostra fede non colgono nel segno89.

Calvino riteneva che all’interno della pratica del matrimonio vi fosse un elemento divino, una promessa, che fa riferimento al Canto dei Cantici dove il matrimonio era la metafora dell’unione di Cristo con la Chiesa. Inoltre il teologo non trovò nessun segno esteriore con cui identificare il matrimonio, di conseguenza questi non poteva essere definito come sacramento perché non conforme alla definizione dataci dallo stesso studioso. Tuttavia il

87 Carlo Capra, Storia moderna (1492-1848), Le Monnier Università, Firenze, 2008, p. 97. 88 Giovanni Calvino, Istituzione della religione cristiana, libro quattro, UTET, Torino, 2009, p.

162. 89 Ivi, p. 283.

teologo considerava tale istituzione come una similitudine; di conseguenza se si riconoscesse una metafora come un sacramento, allora dovremmo riconoscerle tutte. Tale affermazione di Calvino viene supportata da diverse citazioni delle Sacre Scritture:

Se intendono semplicemente parlare di una similitudine, dimostrerò che la loro argomentazione è del tutto falsa. San Paolo dice: "Come una stella differisce dall'altra in luminosità, così sarà della risurrezione dei morti " (1 Co. 15.41) , ecco un sacramento! Cristo dice: "Il regno dei cieli è simile ad un granel di senape " (Mt. 13.32), ecco un altro sacramento! E ancora: "Il regno dei cieli è simile a lievito" (Mt. 13.33), eccoci un terzo sacramento. Isaia dice: "Il Signore condurrà il suo gregge come un pastore " (Is.30.2), ecco il quarto. In un altro testo: "Il Signore verrà innanzi come un eroe" (Is.42.13), ecco il quinto. Dove andremo a finire! Secondo un ragionamento di questo genere tutto si potrebbe considerare sacramento. Quante sono le similitudini e le parabole nella Sacra Scrittura, altrettanti dovrebbero essere i sacramenti.90

Calvino non si limitò a dare una definizione del termine sacramento e a dimostrarci la vera natura del matrimonio, ma suggerì anche come il marito dovesse trattare la moglie nel consorzio coniugale riprendendo le parole di San Paolo, le quali citando la Genesi, paragonano il rapporto tra marito e moglie al rapporto di Gesù con la Chiesa:

[...]Chi ama sua moglie ama se stesso. Nessuno ebbe mai in odio la sua carne; anzi la nutre e la cura teneramente come anche Cristo fa per la Chiesa91.

90 Ibidem. 91 Ibidem.

Il sacramento del matrimonio nella dottrina della Riforma protestante e nella dottrina della Chiesa romana post-tridentina

Lutero si espresse sul matrimonio in diverse occasioni durante gli anni venti del XVI secolo. Nel 1519 egli tenne una predica sullo stato matrimoniale, i cui temi verranno ripresi nelle opere “La vita matrimoniale” (Vom

echelichen Leben) del 1522 e le “Questioni matrimoniali” (Von Ehesachen)

del 153092. Nelle pagine di queste opere Lutero esordì affermando che Dio

aveva creato l’essere umano, maschio e femmina e aveva dato loro il compito di moltiplicarsi. Tuttavia alcune categorie di uomini erano esclusi da tale ordine divino a causa di motivazione diverse. Gli individui in questione erano gli eunuchi, la cui natura poteva dipendere da diversi fattori. Nel primo caso si parlava di persone definite tali perché così “nati

eunuchi dal corpo della madre93”, ossia uomini impotenti per cause naturali (ad esempio per difetti fisici), mentre nel secondo caso c’erano gli “eunuchi

per mano degli uomini94”, i quali erano persone tormentate perché non potevano soddisfare le proprie brame e la loro situazione era perfettamente descritta dal proverbio “Chi non può cantare, vuol cantare sempre95”. Infine vi erano quegli eunuchi che erano atti alla procreazione, ma avevano rinunciato alla possibilità del matrimonio per occuparsi delle cose del Regno del Cielo96. Tuttavia durante il medioevo e l’età moderna gli

ecclesiastici, i quali avevano fatto voto di castità, praticavano molto spesso il concubinato. Tale motivo portò Lutero ad abolire i voti di castità e di continenza perché non tutti gli uomini avevano uno spirito abbastanza forte per poterli rispettare. Di conseguenza il teologo estese la possibilità del vincolo matrimoniale anche ai religiosi, i quali avrebbero potuto così praticare una vita coniugale e sessuale regolata97.

92 Martin Lutero, Da monaco a marito. Due scritti sul matrimonio a cura di Paolo Ricca, Claudiana, Torino, 2017, p. 29.

93 Martin Lutero, La vita matrimoniale in Da monaco a marito, p. 83. 94 Ivi, p. 87.

95 Ibidem.

96 Martin Lutero, La vita matrimoniale, pp. 79-89.

97 Daniela Lombardi, Storia del matrimonio. Dal Medioevo a oggi, Il Mulino, Bologna, 2008, p. 84.

Dopo aver spiegato la natura del matrimonio e le categorie degli eunuchi, Lutero introdusse e spiegò una importante novità:

Nessuno può negare che il matrimonio sia una cosa esteriore, mondana, come i vestiti e il cibo, la casa e il cortile, soggetto all’autorità civile, come dimostrano le molte leggi imperiali che gli sono imposte98.

Lutero riteneva che il matrimonio fosse una istituzione prettamente terrena, perciò, sarebbe stato opportuno che fosse gestita dalle autorità civili, le quali legiferavano in materia già da tempo. Inoltre il monaco inorridì nei confronti del comportamento tenuto dai papi durante il corso della storia perché questi si erano appropriati di molti aspetti terreni, tra cui l’amministrazione del matrimonio al fine di gestire i legami famigliari e le alleanze, elevandosi al di sopra dei sovrani99.

Lutero, dopo aver spiegato le origini del matrimonio nelle Sacre Scritture, analizzò la formazione del vincolo. Il monaco si prodigò contro le promesse di matrimonio segrete perché potevano concludersi in un matrimonio clandestino. Solitamente la stipulazione di un fidanzamento segreto avveniva all’insaputa della volontà dei genitori o di chi ne faceva le veci100.

Infatti il monaco introdusse nuovi elementi nel matrimonio al fine di arginare le nozze clandestine: la cerimonia nuziale doveva svolgersi di fronte ad un pastore, a dei testimoni, con il benestare dei genitori degli sposi ed il tutto doveva avvenire pubblicamente101.

Secondo Lutero la cerimonia nuziale si sarebbe dovuta svolgere in due tempi. La prima fase sarebbe avvenuta di fronte alla chiesa dove il pastore presenziava allo scambio dei consensi degli sposi e degli anelli, dopo di che avrebbe concluso la prima cerimonia con la seguente formula:”Ciò che Dio

unisce, l’uomo non osi separare”. Infine le seconda parte si sarebbe svolta

98 Martin Lutero, Questioni matrimoniali in Da Monaco a marito, p. 147. 99 Ivi, p. 149.

100 Martin Lutero, Questioni matrimoniali, p. 155. 101 Ibidem.

di fronte all’altare dove il ministro di Dio avrebbe recitato agli sposi alcuni passi biblici sulla vita coniugale102.

Un altro punto trattato dal teologo per combattere i matrimoni clandestini fu il consenso dei genitori. In una sorta di lettera del 1524, indirizzata al cavaliere Hans Schott, il teologo scriveva:

L’ubbidienza [dei figli] nei confronti dei genitori è così grande, che un figlio non deve fidanzarsi né sposarsi a loro insaputa e indipendentemente dalla loro volontà. E nel caso che questo accada, i genitori hanno il potere di rompere quel fidanzamento103.

In questo breve stralcio della lettera al cavaliere Hans Schott Lutero spiegava che i figli non potevano legarsi a nessun partner né in fidanzamento né in matrimonio senza il permesso dei genitori. Se ciò fosse avvenuto, i genitori avrebbero avuto il diritto di sciogliere il legame. Tuttavia l’autorità genitoriale non era assoluta perché il teologo condannava tutti quei matrimoni in cui gli sposi erano stati costretti ad unirsi dai padri o dalle madri perché tale operato non seguiva i canoni della felicità. Comunque Lutero esortò gli sposi, costretti a contrarre matrimonio, ad accettare l’ingiustizia ed a seguire le parole di Gesù Cristo. Nonostante l’esortazione, non tutti possedevano uno spirito forte per seguire la strada indicata dal figlio di Dio, allora gli sventurati avrebbero dovuto rivolgersi alle autorità civili oppure sarebbero dovuti fuggire dalla loro città104.

La celebrazione delle nozze era la fase finale del lungo processo matrimoniale che iniziava solitamente con la promessa, o “sponsalia”. Nel capitolo precedente abbiamo spiegato la distinzione tra lo scambio per il consenso “per verba de futuro” e quello “per verba de presenti”. Il primo era una promessa futura di matrimonio, la quale richiedeva un adempimento da parte di coloro che avevano contratto tale formula in assenza di impedimenti al matrimonio, mentre il secondo era una promessa che

102 Daniela Lombardi, Storia del matrimonio. Dal Medioevo a oggi, Il Mulino, Bologna, 2008, p. 99.

103 Martin Lutero, Da monaco a marito a cura di Paolo Ricca, Claudiana, Torino, 2017, pp. 26-27. 104 Ibidem.

sarebbe stato automaticamente vincolante105. Lutero si soffermò sulla

distinzione tra il consenso formulato al tempo presente (accipio te) e quello formulato al tempo futuro (accipiam te) poiché molti non avevano compreso tale sottigliezza grammaticale, di conseguenza il volgo non faceva particolare attenzione nell’utilizzare le due espressioni verbali nel linguaggio parlato. Secondo il monaco la formula al tempo presente esprimeva la volontà dell’uomo di prendere in moglie la propria donna senza ripensamenti o indugi; mentre la seconda era una promessa da adempiere successivamente. Se accompagnata da clausole, indicava che la volontà dello sposo era vincolata, quindi non poteva esprimersi liberamente. Alcuni esempi di queste frasi erano le seguenti: “Io ti voglio avere se porti

una dote di mille fiorini” oppure “Se i tuoi o i miei genitori acconsentono”106. Tali espressioni rimandano alla condizioni dello sposo, il quale non era in grado di adempire alla propria promessa, se prima alcune condizioni non fossero state rispettate107.

La distinzione aveva creato diversi problemi sia nel mondo protestante sia in quello cattolico, dando così molto da fare nelle aule dei tribunali sia civili che ecclesiastici. Lutero risolse il tema della sessualità nelle stesse pagine delle promesse matrimoniali. Il monaco affermò che se il rapporto sessuale fosse avvenuto dopo una promessa, si presumette l’esistenza del consenso al presente, cioè mantenne il principio del matrimonio presunto del diritto canonico introducendo però l’obbligo della pubblicità delle promesse108. La

soluzione, che fu adottata da Lutero, era quella che prevedeva che le promesse di matrimonio dovessero essere scambiate dagli sposi di fronte a dei testimoni e con il permesso dei genitori.

Inoltre Lutero contestò il gran numero degli impedimenti, imposti dalla Chiesa cattolica, alle nozze. In particolare quelli che potevano essere

105 Daniela Lombardi, Storia del matrimonio. Dal Medioevo a oggi, Il Mulino, Bologna, 2008, p. 106

106 Martin Lutero, Questioni matrimoniali in Da monaco a marito a cura di Paolo Ricca, Claudiana, Torino, 2017, pp. 168-169.

107 Ibidem. 108 Ivi, p. 209.

rimossi attraverso il pagamento di una somma in denaro, come di consanguineità fino al quarto grado109. Tuttavia il teologo riconobbe alcune

tipologie di fattori, che potevano invalidare un matrimonio, ritenuto legittimo. Ad esempio l’impossibilità di una vita coniugale della coppia a causa di una grave malattia che avesse afflitto uno dei due coniugi oppure la mancata consumazione delle nozze. Un altro importante impedimento alle nozze poteva essere la fede diversa di uno degli sposi110.

Infine Lutero introdusse un ultimo elemento innovativo nell’istituzione del matrimonio, il divorzio. Questo era una pratica estrema che la dottrina luterana accettò con molte riserve. Un vero cristiano non avrebbe dovuto appellarsi a tale possibilità. Infatti il monaco riteneva il divorzio o la separazione alla stregua di un peccato111. Lutero individuò tre motivi che

avrebbero legittimato il divorzio di un marito dalla propria moglie. Il primo caso era quando uno dei due coniugi non era idoneo al matrimonio a causa di motivi naturali come l’impotenza oppure per difetti fisici degli organi riproduttivi112. La seconda possibilità era l’adulterio. In questo caso Lutero

si rifece al Vangelo di Matteo (19, 3-9) in cui Gesù Cristo ammetteva il

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