• Non ci sono risultati.

Un triplice processo, istruito dal Tribunale di prima istanza di Pietrasanta nel 1832, vide: Palma Cecconi contro Lorenzo Santini per stupro qualificato e ingiuria; Lorenzo Santini contro Clemente Lenzoni per incesto ed ingiurie, fatto assai strano perché Palma e Clemente non erano consanguinei. Infatti questo caso non rientrava nella definizione di incesto dataci dal Savelli: “gli incesti, che sono delitti di carne fra persone congiunte, di maniera che fra essi non si possa contrarre matrimonio” come nel caso di fratelli o sorelle215. Infine l’ultima causa era tra Lorenzo Santini

contro Lorenzo e Francesco Cecconi per ingiurie. Nella vicenda i protagonisti si querelarono tra loro a catena per motivazioni differenti, ma tutte furono la conseguenza dello stupro qualificato di Palma Cecconi. In primo luogo si doveva iniziare dall’analisi delle varie denunce che arrivarono all’attenzione del tribunale di Pietrasanta. La prima querela era quella di Lorenzo, fratello della vittima, Palma Cecconi (22 anni), la ragazza stuprata, di Terrinca. La denuncia servì ad istruire un processo a carico di Lorenzo Santini (30 anni) per stupro qualificato. L’imputato era il figlio di Iacopo Santini ed era domiciliato a Terrinca al tempo dell’episodio, ma era nativo di Vallecchia216. L’11 agosto 1831 le autorità secolari

ascoltarono la testimonianza di Palma Cecconi:

“[…] dopo avermi promesso di sposarmi mi sverginò, e poi mi ha ingravidata, e ora non mi vuole più sposare217.”

La fanciulla dichiarò al Carboni, l’auditore, di aver avuto un rapporto sessuale con Lorenzo Santini a seguito delle sue seduzioni e delle sue promesse di matrimonio. Tali copule furono anche produttive di effetti perché la ragazza rimase incinta dell’imputato218. Poi Palma aggiunse:

215 Marco Antonio Savelli, Pratica universale del dottor Marc’Antonio Savelli, Presso Paolo Baglioni, Venezia, 1697, pp. 181 - 182.

216 ASCP, Fondo Giusdicenti, Ronchivecchi, B228, filza 1, 1830-1832, p. 312r 217 Ivi, p. 342r.

Saranno circa tre anni, che Lorenzo Santini principiava a dirmi, che voleva fare all’amore con me e io gli dicevo di no, e lui mi diceva tanto […] di questa promessa principiava a fare l’amore e lui principiò dopo pochi giorni a baciarmi, […] e io gli domandai che cosa era questa chiave e lui mi disse che li metteva il suo uccello nella mia fica, io gli dissi subito di no, che non volevo fare queste cose, ma finalmente l’11 agosto 1830 venne in casa mia di sera quando ero sola, si tranne [così] fino alle dieci, e avevo sbarrato l’uscio di strada, principiò in cucina a toccarmi, ammettermi le mani in seno, a darmi dei baci, […] lui a un tratto mi prese e mi portò nel letto di mio padre219.”

La ragazza raccontò che Lorenzo Santini cercava di sedurla da almeno tre anni attraverso promesse di matrimonio e lusinghe allo scopo di soddisfare le proprie voglie, le quali vennero soddisfatte l’undici agosto 1830. In quella sera il Santini andò appositamente a visitare la fanciulla perché sapeva che era rimasta sola in casa. La ragazza dichiarò che il Santini tenne dei comportamenti inappropriati nei suoi confronti, non appena entrò nella sua abitazione. Tali azioni sarebbero sfociate nel rapporto sessuale, le quali produssero anche delle lesioni ai genitali di Palma:

“[…] e io pure che ero nel letto rivolta colla camicia alzata, mi alzi dal letto, e viddi che ci era di molte macchie di sangue nei lenzuoli, sangue era sortito dalla mia fica220.”

Dopo la copula i due si spostarono nuovamente nella cucina dove il Santini baciò Palma un’ultima volta prima di salutarla. La vittima continuò a raccontare la sua brutta “avventura” e affermò di portare in grembo il figlio del Santini. Allora Palma dichiarò alle pubbliche autorità di aver cercato il suo seduttore allo scopo di informarlo sull’evoluzione degli eventi:

219 ASCP, Fondo Giusdicenti, Ronchivecchi, B228, filza 1, 1830-1832, p. 342v. 220 Ivi, p. 343r.

“[…] allora ricercai [di] Lorenzo Santini, e gli disse che ero gravida, lui mi rispose se sei gravida non ci ho colpa, e disse che non mi voleva più sposare221.”

La ragazza affermò di aver incontrato il Santini e di averlo messo a conoscenza della gravidanza, ma il ragazzo negò ogni sua responsabilità e ritirò tutte le promesse di matrimonio che aveva fatto fin ad allora.

A seguito delle domande dell’auditore, Palma dichiarò di aver raccontato la vicenda a Tonino Cecconi e a Caterina Baldi, un parente e un’amica d’infanzia, ma solo dopo essersi resa conto del proprio stato interessante. L’interrogatorio proseguì e le domande, poste dall’auditore, si concentrarono sulle qualità morali di Lorenzo Santini, il quale era considerato un galantuomo dalla ragazza fino a poco prima dello sciagurato evento222.

Nelle carte successive sono presenti anche altre due querele. La prima era quella avanzata da Lorenzo Santini contro Francesco Cecconi e Clemente Lenzoni, i quali erano accusati di aver minacciato il querelante se non

avesse preso in moglie Palma Cecconi per riparare al danno provocato223.

Infine nel terzo documento Clemente Lenzoni querelò il Santini. Clemente voleva ripristinare il proprio onore, macchiato dalle calunnie del Santini perché questi andava dicendo in giro che lui era l’autore della gravidanza di Palma224.

Dopo la lettura delle querele il giudice del tribunale di prima istanza ascoltò i testimoni che furono condotti dalle due parti di fronte alla corte di

giustizia al fine di comprendere la situazione. L’analisi delle deposizione seguì l’ordine prestabilito dal pubblico ufficiale negli atti processuali. Prima di esaminare le deposizione dei testimoni, analizzeremo il referto medico delle due levatrici, le quali visitarono la ragazza e redassero il documento utilizzato come prova durante il processo. La perizia “medica” di Silvia Domenici presentava anche le tecniche usate per accertarsi della gravidanza

221 Ivi, p. 343v. 222 Ivi, p. 344 v. 223 Ivi, p. 326r.

come alcune analisi visive del corpo ed altre che utilizzavano il senso del tatto:

“[…] l’abbiamo ritrovata non altrimenti vergine, ma stuprata e gravida di circa sette mesi, perché il di lei [claustro] vaginale è stato dilatato oltre il naturale, l’utero è pieno, il corpo è gonfio, e premendole le mammelle gli escono [...] contrasegni tutti indicano gravidanza225.”

Entrambe le donne concordarono sulla perdita della verginità e sullo stato interessante di Palma Cecconi. Infatti Marianna Vivaldi, levatrice di Pietrasanta, era d’accordo con il rapporto della collega Domenici. Il documento riportava la stato fisico della ragazza, la quale era al settimo mese di gravidanza226.

Successivamente il tribunale convocò ed interrogò i testimoni delle due parti. Dalle testimonianze notiamo che diversi punti combaciavano, ad esempio: le promesse di matrimonio e la gravidanza. Infatti al tempo le le testimonianze costituivano una prova se condivise da più persone.

L’approccio delle corti calzava a pennello con un’espressione di Agatha Christie: “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”.

L’8 novembre 1831 venne ascoltato il primo teste, Lorenzo Cecconi (55 anni), il padre della sventurata, il quale riportò al pubblico ufficiale le informazioni di cui era a conoscenza. Il testimone dichiarò che Lorenzo Santini aveva fatto delle promesse di matrimonio alla figlia in diverse occasioni. Tuttavia tali frasi non furono ascoltate in prima persona dal Cecconi, ma gli furono riportate da una terza persona, Filippo Pajotti (Pagiotti)227, amico confidente del Santini. Lo stesso giorno venne

interrogato Vincenzo Bazzichi (38 anni), amico del padre della ragazza stuprata, il quale affermò di conoscere la situazione di Palma Cecconi.

225 Ivi, p. 345v. 226 Ivi, p. 346r. 227 Ivi, pp. 347r – 348r.

Inoltre dichiarò che Lorenzo Cecconi lo aveva informato sul nome del seduttore della figlia:

“Lorenzo Cecconi […] mi ha raccontato che la sua figlia era stata ingravidata da Lorenzo Santini228.”

Il testimone concluse la sua deposizione affermando di stimare le qualità morali dell’imputato229.

L’8 e il 9 novembre 1831 vennero condotte in tribunale la contadina Lucrezia Salvatori (45 anni) di Seravezza e Caterina Baldi, amica d’infanzia di Palma Cecconi. Entrambe le testimoni dichiararono che la stuprata aveva amoreggiato solo con il Santini. Inoltre Lucrezia aggiunse che aveva saputo della gravidanza di Palma e delle promesse di matrimonio attraverso le confidenza della ragazza. Nella sua testimonianza Caterina Baldi descrisse anche le qualità morali dell’amica con gli aggettivi “buona” ed “onesta”230.

Sempre il 9 novembre la corte interrogò il contadino Lorenzo Olobardi (26 anni) di Terrinca, il quale apprese alcune informazioni attraverso le confidenze del Santini, come ad esempio: le promesse di matrimonio e l’identità del seduttore di Palma Cecconi. Infatti il teste dichiarò che l’autore della gravidanza era Clemente Lenzoni, il cognato della vittima231.

Dopo Lorenzo Olobardi fu il turno di Battista Santini (28 anni) sul banco dei testimoni. Nella sua deposizione il ragazzo dichiarò di conoscere la situazione sia dell’imputato sia quella della vittima perché il Santini si confidò con il testimone come successo con l’Olobardi. La rivelazione riguardava il desiderio del Santini di voler sposare Palma Cecconi:

“[…] Lorenzo Santini mi disse che faceva all’amore con la Palma Cecconi, che era innamorato, che era una buona ragazza, e di buoni costumi, e gli aveva promesso di sposarla e che la voleva sposare non v’era alcun presente232.”

228 Ivi, p. 349r. 229 Ivi, p. 349v. 230 Ivi, pp. 350r -351v. 231 Ivi, pp. 313v– 315v. 232 Ivi, p. 355r.

Infine Battista Santini riportò un’informazione molto importante ai fini del processo, ossia che non vi era nessuno presente quando il Santini fece quelle promesse a Palma Cecconi. Nuovamente alla conclusione della deposizione il teste di turno diede il suo parere sulle qualità dei protagonisti della vicenda: Battista riteneva i due ragazzi delle persone buone233. La

definizione del “buon garbo” sia di Palma Cecconi sia di Lorenzo Santini era abbastanza comune tra tutte le persone che furono condotte in tribunale. Il 24 settembre 1831 l’auditore del tribunale di prima istanza del vicariato di Pietrasanta interrogò Filippo Pajotti, detto il prete per il suo taglio di capelli, e ne trascrisse la deposizione. Tale personaggio venne ascoltato dalle autorità secolari perché era un teste chiave in quanto trasmise alcune informazioni a terzi. In una particolare occasione, quando il Santini e il testimone andarono a raccogliere le castagne sui monti, l’imputato confidò al Pajotti dei suoi amoreggiamenti con la ragazza e confessò che il bambino, che portava in grembo la Cecconi, era suo234.

Il 9 gennaio 1832 Antonio Cecconi (20 anni) depose la propria testimonianza, la quale era abbastanza in linea con quelle precedenti perché il ragazzo riportò alcuni elementi che gli erano stati rivelati dalla vittima, ossia che il padre del nascituro era l’imputato235. Tuttavia una delle

deposizioni chiave del processo fu quella di Francesca Olobardi, una vicina di casa di Palma Cecconi, la quale avrebbe instillato un ragionevole dubbio sull’identità del seduttore, quindi sull’autore della gravidanza. In primo luogo Francesca seppe della gravidanza e delle promesse direttamente dalla sedotta236. In secondo luogo la testimone ascoltò anche le confidenze del

Santini:

“Dopo qualche giorno avendo combinato Lorenzo Santini a quattro occhi gli dissi quanto mi aveva detto la Palma Cecconi, e lui [mi

233 Ibidem.

234 Ivi, pp. 356r-356v. 235 Ivi, p. 360r. 236 Ivi, p. 360v.

disse] non l’ho ingravidata, ma l’ha ingravidata il suo cognato Clemente Lenzoni237.”

Francesca Olobardi raccontò al giudice che aveva ascoltato entrambe le versioni. Infatti un giorno la testimone incalzò l’imputato, il quale cercò di turlupinarla con una versione distorta dei fatti, riuscendoci. Lorenzo si difese affermando che il vero autore della gravidanza di Palma non era lui, ma Clemente Lenzoni, insinuando così l’ipotesi dell’incesto238. Tuttavia

Francesca Olobardi non poté recarsi al tribunale di Pietrasanta per testimoniare perché gravemente ammalata. Infatti tale situazione spiegava la presenza di un dottore nella lista dei teste negli atti processuali, il quale certificò lo stato di salute non della vittima, ma di un’altra persona. Pellegrino Pieroni (33 anni) era il medico condotto di Stazzema, il quale riportò alla corte lo stato di salute della Olobardi:

“[…] di più dichiaro che, anche attiene per la Olobardi è ammalata, né lo si è in grado di partecipare quando sarà in stato di far di moto239.”

Il referto medico attestava che la donna non era in grado di spostarsi per presenziare al processo. Pertanto il Pieroni scrisse queste brevi righe, le quali spinsero la corte di giustizia ad inviare un messo al capezzale della Olobardi per raccogliere la testimonianza:

“Per questo e successivo esame di medico Pellegrino Pieroni da quali si supplica che gli [incomodi] di salute non potevasi la testimone Francesca Olobardi di Terrinca, portare a questo tribunale a guida del cursore forense [Navari…]240.”

Nella parte restante delle carte il pubblico ufficiale descrisse le condizioni della dimora di Francesca Olobardi e di come trovò la donna , la quale stava sdraiata su un letto all’interno di una camera limitrofa alla cucina241.

237 Ivi, p. 363r. 238 Ivi, pp. 312r – 313r. 239 Ivi, p. 360v. 240 Ivi, p. 362r. 241 Ibidem.

Successivamente, il 20 febbraio 1832 era riportata la deposizione di Clemente Lenzoni (40 anni), il quale raccontò la sua verità sotto giuramento. In primo luogo il Lenzoni spiegò la situazione generale in cui si trovò:

“[…] [Santini] dopo aver ingravidato la mia cognata Palma Cecconi va dicendo, che l’ho ingravidata io e perciò facevo istanza, che fosse richiamato e gli fosse fatta tenere la lingua a posto[...]242.”

Clemente dichiarò di essere stato accusato da Lorenzo Santini di aver sedotto la Palma Cecconi, successivamente rimasta incinta. Allora Lenzoni reclamava giustizia al fine di mettere a tacere tali maldicenze e per punire il Santini. Di seguito il racconto proseguì e il Lenzoni spiegò le modalità attraverso cui venne a conoscenza della condizione della cognata:

“Ecco come lo sa corrono più di tre anni che Lorenzo Santini faceva all’amore con la mia cognata, e me mi chiamava cognato, quando si seppe in Paese, che la suddetta Palma Cecconi era gravida e per opera del suddetto Santini Lorenzo, andai subito dal mio suocero e gli domandai, se era vero e mi disse di si, allora io dopo andai a cercare il mio cognato Francesco Cecconi, e si principiò a cercare questo attore, e si convenne d’andare a trovare il Santini Lorenzo per vedere se la accomodava questa cosa, e se si concludeva un matrimonio.243

In breve Clemente Lenzoni sentì la condizione di Palma Cecconi attraverso i pettegolezzi, i quali circolavano per Terrinca. Allora l’uomo andò da Lorenzo Cecconi, suo suocero e padre della ragazza, al fine di avere chiarimenti. Una volta appurata la situazione Clemente e Francesco Cecconi, fratello di Palma, decisero di cercare il Santini per trovare una soluzione. Tuttavia il problema non si risolse nei migliori dei modi come speravano i due uomini. Infatti il Lenzoni riportò al giudice le parole del Santini, le quali avrebbero infangato non solo l’onore di Palma e della sua famiglia, ma anche quello di Clemente:

242 Ivi, p. 364v. 243 Ibidem.

“[…] disse che non l’avrebbe presa con le buone, che non l’avrebbe presa con le cattive, e se ne sarebbe pentito, fu all’ora che disse, che io l’avevo ingravidata, e non lui, allora io, e il mio cognato gli si disse, che era un birbone244.”

Il Santini dichiarò apertamente che non avrebbe mai sposata la Cecconi in nessun modo, e inoltre iniziò anche a calunniare il Lenzoni, il quale terminò la sua deposizione con la richiesta al tribunale di punire il Santini allo scopo di ripristinare il suo onore245.

Il giorno successivo alla deposizione del Lenzoni venne ascoltato Francesco Botti (27 anni), il quale riportò alla corte che nel mese di settembre del 1831 parlò con Lorenzo Pajotti e Battista Santini della gravidanza della Cecconi e delle promesse di matrimonio di Lorenzo Santini, il quale non voleva sapere più nulla della ragazza. Inoltre la loro discussione si spostò su Clemente Lenzoni e la moglie, i quali negavano tali accuse sull’autore della gravidanza246.

Finalmente il giudice ascoltò la deposizione di Lorenzo Santini, l’imputato principale dell’intero processo, il quale si difese da tutte le accuse e inoltre rivolse il dito verso il vero colpevole, secondo lui, cercando di spiegare alle corte le sue ragioni. La testimonianza del Santini combaciava in alcuni punti con le deposizioni di alcuni dei precedenti testi. Il Santini dichiarò di aver conosciuto Palma Cecconi, quasi per caso, per strada e se ne innamorò. Dall’ottobre 1830 i due ragazzi cominciarono a fare l’amore e ma Santini dichiarò di non aver sverginato Palma. Tale versione smentiva quella della ragazza, la quale dichiarò di aver fatto l’amore con l’uomo. A seguito di ciò, Santini non volle più sapere più nulla di Palma, anche se la motivazione ufficiale era che lui non era l’autore della gravidanza, ma il Lenzoni; pertanto lui non si sarebbe preso le responsabilità altrui247. Infine il

testimone e querelato ribadì che ci fu un tentativo di coercizione di farlo

244 Ivi, p. 365r. 245 Ivi, p. 356v. 246 Ivi, pp. 366r-367r. 247 Ivi, pp. 358r- 374r.

sposare con la ragazza da parte di Clemente Lenzoni e Francesco Cecconi248.

A seguito della deposizione del Santini, il 23 febbraio, le autorità secolari sentirono le testimonianze di Domenica (22 anni) del fu Antonio Cecconi. Per sua ammissione la teste era parente alla lontana di Palma Cecconi. La ragazza testimoniò che conosceva i due protagonisti della vicenda e narrò i fatti di cui era a conoscenza alle autorità secolari:

“Io ho veduto il Lenzoni andare a casa della Palma, e questa in casa di lui come segue tra parente ma per me non ho visto che tra loro ci sia mai stata la minima confidenza249.”

La teste spiegò che aveva visto il Lenzoni andare in diverse occasioni alla casa della vittima, ma non era in grado di stabilire se ci fosse qualche relazione sentimentale fra i due. In aggiunta Domenica riteneva che la vittima non avesse fatto l’amore con altri uomini a parte Lorenzo Santini perché Palma Cecconi aveva la fama di essere una ragazza troppo buona250.

L’auditore chiese alla testimone se avesse visto e se fosse stata informata di un determinato episodio avvenuto in un Piano al di là del loro “metato251”:

“[…] gli dissero, che avevano veduto al Piano Clemente Lenzoni, che aveva alzato la gonnella, e la camicia a Palma Cecconi, e a culo nudo gli dava delle sculacciate, mentre la suddetta [stava] a guardare [...]252.

Domenica affermò di non aver mai fatto queste dichiarazioni perché non erano vere ed aggiunse che il Santini era un bugiardo e le cose dette da lui false:

248 Ivi, pp. 376Vr- 376v. 249 Ivi. p. 377v.

250 Ivi, p. 378r.

251 La parola “metato” in dialetto versiliese indica una struttura adibita ad essiccatoio per le castagne.

“[…] quello che ha detto il Santini non è vero ed è un gran bugiardo a dire certe cose perché io non le ho mai nessun [...], non che dette253.”

Il giorno seguente venne sentito il fratello di Domenica Cecconi, Lorenzo (24/25 anni), omonimo del padre della vittima. Al ragazzo furono poste le medesime domande, che furono poste anche a tutti i teste precedenti, ad esempio: se conoscesse Clemente Lenzoni o Palma Cecconi oppure Lorenzo Santini, ma anche se fosse stato informato su certi comportamenti che avrebbero tenuto tali personaggi tra loro. Lorenzo Cecconi rispose che conosceva queste persone perché in primo luogo l’episodio era conosciuto da tutti in paese perché Terrinca era un piccolo borgo di montagna; in secondo luogo gli abitanti del villaggio si conoscevano tutti almeno di vista254. L’auditore chiese al giovane se fosse informato su certo episodio, il

quale sarebbe avvenuto al Piano dove Clemente Lenzoni e Palma Cecconi si sarebbero conosciuti intimamente. Lorenzo rispose che non sapeva niente e inoltre non aveva visto nessun comportamento “strano” tra i due personaggi255.

Il 24 febbraio 1832 venne ascoltata Margherita Cecconi (20 anni), un’amica sia dell’imputato sia della vittima, dalle autorità secolari. Il giudice chiese alle ragazza se avesse notato qualche confidenza particolare tra Palma e Clemente, i quali avrebbero fatto pensare che ci fosse qualche relazione clandestina tra i due:

“Palma Cecconi ha una sorella maritata a Clemente Lenzoni e in conseguenza sono cognati e ho visto, che il Lenzoni, andava in casa

Documenti correlati