di “autonomia” della nozione penalistica di epidemia rispetto all’omologo concetto medico.
79 La forma colposa, che prevede, in luogo della pena fissa dell’ergastolo comminata per il delitto doloso, la pena della reclusione da uno a cinque anni, è costruita attraverso il combinato disposto dell’art. 452 c.p.
80 Cass. Pen., n. 48014/2019, imp. Talluto.
81 Si scontrano in dottrina diverse tesi, che valorizzano ora l’aspetto del pericolo, concreto o astratto – a partire dalla collocazione sistematica della fattispecie – ora il tema del danno – insistendo sulla formulazione letterale della norma, che richiede, come vedremo, la produzione dell’evento “epidemia”.
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Secondo quanto riportato, coerentemente con la definizione ufficiale data dall’OMS82, in un autorevole manuale di epidemiologia83: “un’epidemia consiste nel verificarsi in una comunità o in una regione di un numero di casi di una malattia inaspettatamente elevato o comunque inatteso per quella località o per quel periodo (Brès 1986). […] Il numero dei casi che indicano la presenza di una epidemia varia a seconda dell’agente, delle dimensioni e del tipo di popolazione esposta, della precedente esperienza di esposizione alla malattia o dell'assenza della stessa esposizione, del tempo e del luogo in cui l'epidemia si manifesta”84.
Si specifica, a tale ultimo proposito, che “un numero molto basso di casi di una malattia non precedentemente riconosciuta come presente in un’area, associati nel tempo e nello spazio, può essere sufficiente a costituire una epidemia”85.
Si tratta, a ben vedere, di una definizione piuttosto ampia, atta a ricomprendere anche fatti quali la propagazione di una malattia infettiva nell’ambito, piuttosto ristretto, di un nucleo familiare.
La definizione giuridica di epidemia si discosta, in parte, dalla fonte medica, inserendo, da un lato, un dato quantitativo; dall’altro lato, prevedendo il requisito della facile trasmissibilità della malattia a una cerchia ancor più ampia di persone, necessario per qualificare la fattispecie in termini di reato di pericolo per l’incolumità pubblica.
Più precisamente, la pur scarsa giurisprudenza in materia86 ha individuato gli elementi costitutivi necessari per l’integrazione di un’epidemia in senso giuridico nei seguenti termini:
- il carattere contagioso e diffuso del morbo, di talché si considerano di norma rilevanti le malattie infettive monocausali;
82 Secondo l’accezione accreditata dalla scienza medica per epidemia (‘epidemic’) si intende, come risulta dal Glossario ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “the occurrence in a community or region of cases of an illness, specific health-related behaviour, or other health-related events clearly in excess of normal expectancy. The community or region and the period in which the cases occur are specified precisely. The number of cases indicating the presence of an epidemic varies according to the agent, size and type of population exsposed, previous experience or lack of exposure to the disease, and time and place of occurrence”, in WHO, Definition: Emegencies, Epidemic, in https://www.who.int/hac/about/definitions/en/.
83 R. Beaghole, R. Bonita, T. Kjellstrom, Epidemiologia di base.
84 D’altra parte “L’identificazione della presenza di un’epidemia dipende anche da quale è la normale frequenza di quella malattia in quell’area, tra quella specifica popolazione durante la stessa stagione dell’anno”.
85Aggiungendo, sul punto, “Per esempio, il primo rapporto sulla sindrome che è divenuta nota con il nome di AIDS riguardava solo quattro casi di polmonite da Pneumoqstis carinii in giovani uomini omosessuali (Gottlieb et al. 1981). In precedenza la malattia si era manifestata solo in pazienti seriamente ammalati con compromissione del sistema immunitario.
I1 rapido sviluppo dell'epidemia di sarcoma di Kaposi, un’altra manifestazione dell'AIDS, a New York […] nel 1977 e nel 1978 si verificarono due casi ed entro l’anno 1982 i casi registrati furono 88”.
86 GUP del Tribunale di Savona, sent. 06.02.2008, in Riv. pen. 2008, 6, 671.
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- la durata cronologicamente limitata del fenomeno, con esclusione dunque della c.d.
endemia87;
- l’elevato numero delle persone colpite88; - l’estensione territoriale;
- l’incontrollabilità del diffondersi del male;
- la contemporaneità dell’insorgere dei casi di malattia.
Di recente, la rilevanza del dato quantitativo – in termini di persone contagiate dall’agente patogeno oggetto di diffusione, nonché il requisito dell’incontrollabilità della successiva diffusione del contagio – è stata enucleata in termini chiari dalla sentenza con cui la Corte di Cassazione si è pronunciata sul noto caso Talluto89.
La Cassazione, ha affermato che l’evento tipico dell’epidemia “si connota per la diffusività incontrollabile all’interno di un numero rilevante di soggetti e quindi per una malattia contagiosa dal rapido sviluppo ed autonomo entro un numero indeterminato di soggetti e per una durata cronologicamente limitata”, aggiungendo la necessità che sussista “in ragione della capacità di ulteriore espansione e agevole propagazione del contagio, un pericolo di infezione per una porzione ancora più vasta di popolazione”90.
Nell’escludere la sussistenza del delitto in parola nel caso di specie, il Supremo Collegio ha rilevato come il contagio di un numero di persone non ingente nell’arco di molti anni di
“attività”91, unitamente alle peculiari modalità di trasmissione del virus dell’HIV, fosse la dimostrazione della carenza del requisito della facile trasmissibilità della malattia ad una cerchia ancora più ampia di persone, e dunque della sussistenza del pericolo per la collettività richiesto per l’integrazione del delitto de quo.
87 Sebbene autorevole dottrina abbia rilevato, del tutto correttamente, la possibilità di ravvisare ipotesi di epidemia anche nell’ambito di un fenomeno endemico, qualora in determinati periodi di tempo e in determinate aree vi sia un aumento significativo dei casi (così S. Corbetta, I delitti contro l’incolumità pubblica. Tomo II. I delitti di comune pericolo mediante frode, in Marinucci-Dolcini (diretto da), Trattato di diritto penale. Parte speciale, Cedam, 2014).
88 Nello stesso senso paiono andare alcune sentenze di merito, le quali escludevano di poter ravvisare un’epidemia in senso giuridico nell’ipotesi di focolai epidemici che colpissero un ristretto numero di persone in un ambito circoscritto, come nel caso in cui – nell’ambito di un ospedale o di una mensa – risultassero contagiate una manciata di persone, senza che vi fosse il pericolo di una diffusione esterna del morbo (Trib. Bolzano, sent. 20.08.1978 in Giur.
Merito 1979, 945; GUP del Tribunale di Savona, sent. 06.02.2008, cit.).
89 Cass. Pen., n. 48014/2019, imp. Talluto, cit. L’imputato, a conoscenza di essere affetto dal virus di HIV, aveva contagiato in via diretta 28 donne – con le quali aveva avuto rapporti sessuali non protetti – le quali a loro volta avevano contagiato i rispettivi partner e, in un caso, trasmesso il virus al feto, per un totale di 38 persone colpite dal virus.
90 La Corte ha così recuperato, come punto di partenza, le conclusioni cui era giunta la Corte d’Assise, nel primo grado di giudizio, che aveva escluso la configurabilità del reato rilevando che la nozione di cluster epidemico, ossia di un’aggregazione di casi di infezione collegati tra loro in una determinata area geografica e in un determinato periodo, non equivale alla nozione di epidemia, cui inerisce strutturalmente il profilo della consistenza del dato quantitativo, e dunque del numero particolarmente elevato di soggetti infettati. Nel caso in esame, secondo i giudici di primo grado, si era in presenza di un cluster epidemico e non una epidemia nel senso fatto proprio anche dalla legge penale, perché il fenomeno era apparso quantitativamente circoscritto.
91 “L’imputato contagiò un numero di persone, per quanto cospicuo, certo non ingente e ciò fece in un tempo molto ampio, in un arco di ben nove anni: entrambi gli aspetti rendono il fatto estraneo alla descrizione tipizzante appena prima illustrata”.
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In buona sostanza, il primo dato che restituisce la prassi applicativa è un dato numerico-quantitativo: l’epidemia, per assumere rilevanza sotto il profilo penalistico, deve colpire un ingente numero di persone in un breve arco di tempo, e deve essere idonea – per il numero di persone colpite, per le modalità con cui il virus autonomamente si diffonde e per le altre circostanze di fatto rilevanti nel caso concreto – a integrare il pericolo di un ulteriore contagio nei confronti di un numero indeterminato di soggetti.
Orbene, facendo corretta applicazione de predetti principi al caso oggi all’attenzione di codesta Procura, pare possibile ravvisare, in quanto occorso al Pio Albergo Trivulzio, ove i fatti risultassero confermati all’esito dell’attività di indagine, gli elementi individuati dalla giurisprudenza per la sussistenza dell’evento “epidemia” previsto dall’art. 438 c.p.
Il virus SARS-CoV-2 – di cui è nota la natura estremamente contagiosa nonché la correlazione, in un numero rilevante di casi, con l’insorgenza di complicazioni polmonari tali da condurre a un esito fatale – si è infatti diffuso all’interno del Pio Albergo Trivulzio:
- in modo incontrollabile, e senza necessità dell’intervento di un fattore umano attivo per il trasferimento da soggetto a soggetto, avvenuto con tutta evidenza in modo autonomo tramite le naturali modalità di propagazione del virus per via aerea;
- all’interno di una popolazione rilevante, poiché gli ospiti del Pio Albergo Trivulzio, uniti al personale sanitario – anch’esso, come noto, pesantemente colpito dalla diffusione del virus – formano una comunità di migliaia persone, non inferiore alle dimensioni di molti comuni italiani;
- provocando un numero significativo di decessi – il cui ammontare, come già osservato, è al vaglio di codesta Procura, ma che pare nell’ordine delle centinaia – in un arco di tempo limitato, pari a qualche mese;
- con modalità idonee a provocare un ulteriore pericolo per la pubblica incolumità, derivante dall’elevato rischio di propagazione del contagio anche all’esterno del Pio Albergo Trivulzio, soprattutto per il tramite del personale medico-sanitario in forze alla Struttura che, dopo essere stato contagiato durante l’attività lavorativa, veniva in contatto con i familiari e con terzi.
Di conseguenza, il fenomeno in esame pare rientrare nella nozione giuridica di epidemia, così come elaborata da giurisprudenza e dottrina nei termini di cui si è detto poc’anzi.
A tal proposito, pare opportuno rilevare che l’autonomia – indiscussa – tra la nozione medica e la nozione giuridica di epidemia consente, a parere di chi scrive, di ravvisare in quanto occorso al Pio Albergo Trivulzio un fatto di epidemia che – pur inserendosi nel quadro della pandemia attualmente in corso – risulta dotato, sotto il profilo giuridico, di autonoma rilevanza.
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In altre parole, la nozione di epidemia in senso giuridico consente di individuare più epidemie penalmente rilevanti all’interno dell’unica pandemia in corso a livello globale, così come, d’altra parte, è stata correttamente ritenuta la possibilità di ravvisare, all’interno di una situazione di diffusione endemica di una data malattia, la sussistenza di un’epidemia in presenza di una significativa concentrazione di casi, in un dato tempo e in un dato luogo92.