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ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO Ill.mi Pubblici Ministeri Tiziana Siciliano, Mauro Clerici e Francesco De Tommasi

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1 Proc. pen. n. 10619/2020 r.g.n.r. – mod. 21

ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO

Ill.mi Pubblici Ministeri Tiziana Siciliano, Mauro Clerici e Francesco De Tommasi

Esposto-memoria

I sottoscritti aderenti al Comitato ‘Giustizia e Verità per le vittime del Trivulzio’, come identificati in calce al presente atto, in qualità di persone offese dai fatti oggetto del procedimento in epigrafe indicato,

espongono quanto segue.

1. Premessa

Con il presente atto, gli aderenti al Comitato ‘Giustizia e Verità per le vittime del Trivulzio’

– nato spontaneamente nel corso dell’emergenza sanitaria in atto per riunire i familiari dei degenti del Pio Albergo Trivulzio – desiderano portare all’attenzione di Codesta Procura, in primo luogo, una preliminare ricostruzione dei fatti occorsi, a partire dal mese di febbraio 2020, presso la predetta struttura (par. 2).

Il documento, che mira ad offrire una prima panoramica collettiva dei fatti oggetto di indagine dalla prospettiva delle persone offese, è frutto dell’elaborazione integrata dei contributi conoscitivi provenienti da tutti gli aderenti al Comitato – alcuni dei quali sono già confluiti nei singoli atti di denuncia-querela depositati all’attenzione delle SS. VV. Ill.me. nelle scorse settimane – nonché delle ulteriori informazioni raccolte dal Comitato nell’ambito della propria attività.

Particolare rilievo, a tal proposito, assumono le testimonianze redatte dai parenti di alcuni degenti, depositate in data … alla Commissione Regionale di verifica per il Pio Albergo Trivulzio, su richiesta avanzata dalla stessa Commissione a valle dell’audizione del portavoce del Comitato avvenuta in data 5 maggio 2020 (all.to n. 1).

Alla ricostruzione in fatto, operata nei predetti termini, farà seguito, ai paragrafi 3 e 4,

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una prima analisi in punto di diritto, predisposta dai difensori delle persone offese, volta a individuare i possibili profili di rilievo penalistico della vicenda in esame.

2. I fatti occorsi presso il Pio Albergo Trivulzio durante l’emergenza sanitaria

Prima di procedere nella narrazione, occorre segnalare a Codesta Procura che – sebbene nel presente atto si utilizzi, per comodità, la denominazione “Pio Albergo Trivulzio”– i fatti e le considerazioni ivi contenute riguardano non solo la RSA Pio Albergo Trivulzio, bensì tutte le strutture, RSA e centri di riabilitazione, facenti capo all’Azienda di Servizi alla Persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio, e segnatamente:

- la RSA Pio Albergo Trivulzio, sita in Milano via Trivulzio 15;

- la RSA Principessa Jolanda, sita in Milano via Sassi 4;

- la RSA Istituto G. e C. Frisa, sita in Merate via don Carlo Gnocchi 4;

- il Centro di riabilitazione di Milano;

- il Centro di riabilitazione di Merate.

2.1. I numeri

La gravità degli accadimenti verificatisi all’interno del Pio Albergo Trivulzio emerge, a parere di chi scrive, da un dato oggettivo e incontrovertibile: i numeri dei decessi e dei contagi intervenuti nella RSA nel corso dell’emergenza sanitaria.

Dei … degenti del Pio Albergo Trivulzio rappresentati dal Comitato, ben … sono deceduti tra il … e il ….

Di questi, … erano in precedenza risultati positivi al tampone per Sars-Cov-2, effettuato al momento del ricovero presso le strutture ospedaliere. Per le restanti … vittime, invece, essendo i decessi intervenuti presso la Struttura, non è stato effettuato, quanto meno in vita, un accertamento in ordine all’origine della patologia.

Ancor più preoccupanti, però, risultano i dati complessivi dei decessi verificatisi presso il Pio Albergo Trivulzio nel periodo di interesse.

A margine della conferenza stampa tenutasi il 6.5.2020, su insistita sollecitazione di un giornalista, il dott. Pregliasco, coordinatore scientifico del Pio Albergo Trivulzio, ha riferito che, tra il mese di gennaio e il mese di aprile, all’interno della Struttura si sono verificati 300

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decessi, di cui oltre 200 tra marzo e aprile (70 a marzo e 133 ad aprile)1.

Il dato appare rilevante sotto un duplice profilo: in senso assoluto, significa che risulta deceduto, nell’arco di quattro mesi, un terzo dei degenti della RSA2. In senso relativo, il dato, se messo a paragone con il quadriennio precedente, indica un considerevole aumento della mortalità dei degenti della Struttura, posto che si è passati da una media di 186 decessi avvenuti nello stesso periodo tra il 2015 e il 2019 a un totale di 300 decessi solo per il 20203 (con un aumento della mortalità pari a circa il 60%).

Altrettanto significativa, al fine di comprendere l’impatto della diffusione del virus all’interno della Struttura, appare un’ulteriore informazione fornita sempre dalla RSA:

secondo quanto riportato nel bollettino pubblicato sul sito internet del Trivulzio in data 28 aprile 2020, dai tamponi effettuati in tutte le Strutture della Struttura tra il 16 e il 28 aprile u.s.

– e dunque su una popolazione già falciata dai decessi di cui si è detto – ben 308 dei degenti ancora in vita risultavano positivi al Covid-19.

I dati riferiti dalla Struttura, d’altra parte, parrebbero il frutto di una stima al ribasso, poiché si ritiene che non tengano conto di una serie di decessi – quali, ad esempio, quelli verificatisi subito dopo le frettolose dimissioni di alcuni pazienti4 – che paiono comunque trovare la loro origine all’interno della RSA.

Che il contagio abbia finito per diffondersi in maniera incontrollata all’interno del Trivulzio è, del resto, comprovato dalla mappa dei reparti della Struttura, elaborata dal Comitato Giustizia e verità per le vittime del Trivulzio e pubblicata dal quotidiano Il Giorno in data 13.5.2020 (all.to n. 2), dalla quale emerge che la quasi totalità dei reparti sono stati chiusi o perché interamente contaminati dal nuovo coronavirus5, o in ragione dell’incremento dei

1I dati relativi ai decessi avvenuti all’interno del Pio Albergo Trivulzio sono stati riportati anche sul quotidiano La Repubblica, in un articolo del 7 maggio 2020 a firma della giornalista Tiziana De Giorgio (p. 14 del quotidiano cartaceo). Secondo quanto indicato nell’articolo, con riguardo alle altre strutture afferenti all’ASP Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio nel primo quadrimestre del 2020 si sono verificati 30 decessi al Principessa Jolanda (di cui 11 a marzo e 10 ad aprile) e 75 decessi all’istituto Frisia di Merate (di cui 38 a marzo e 22 ad aprile)

2 Secondo quanto riportato nell’articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica il 7 maggio 2020, a tale data a fronte dei 300 decessi avvenuti tra gennaio e aprile del 2020 presso la Baggina, risultavano ancora presenti in Struttura 630 degenti.

3 Dato anch’esso emerso nel corso della conferenza stampa tenuta dal virologo incaricato della supervisione del Trivulzio il 6 maggio 2020 e riportato nell’articolo pubblicato in pari data sul quotidiano La Repubblica, reperibile

al seguente link:

https://milano.repubblica.it/cronaca/2020/05/06/news/trivulzio_coronavirus_rsa_anziani_morti_inchiesta- 255826243/

4 Cfr. testimonianza del sig.ri Marco Magnani, figlio di Finazzi Clelia che, secondo quanto risulta dal certificato di morte, è deceduta nove giorni dopo le dimissioni dal Trivulzio per gastroenterite da Covid; crf. altresì testimonianza della sig.ra Marica Degli Esposti, figlia del sig. Alfonso Degli Esposti, dimesso in condizioni di salute pessime dalla Struttura, e che dopo pochi giorni ha manifestato gravi sintomi che hanno richiesto il ricovero in ospedale ove è deceduto il successivo 16 aprile con tampone risultato positivo.

5 In particolare: otto piani (su un totale di 10, divisi in tre padiglioni) della RSA Bezzi; il padiglione Pio I, II, III, IV;

il reparto San Carlo; il reparto Schiaffinati 3; il reparto Piatti; il reparto S. Andrea

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4 decessi occorsi6.

Si tratta, con tutta evidenza, di dati il cui esatto significato dovrà essere meglio definito alla luce degli approfondimenti tecnici disposti da codesta Procura, ma che appaiono già ora indice, quanto meno, dell’anomalia dei fatti accaduti all’interno del Trivulzio durante l’emergenza sanitaria.

Poste tali fondamentali premesse, volte a individuare, seppure in termini necessariamente provvisori, le dimensioni del fenomeno osservato, nei paragrafi che seguono si metteranno in luce alcuni fatti, verificatisi presso il Pio Albergo Trivulzio negli scorsi mesi, i quali, qualora risultassero accertati all’esito delle indagini preliminari, parrebbero idonei ad assumere rilevanza sotto il profilo penale.

Ai fini di una maggior chiarezza espositiva, si articolerà la narrazione sotto il profilo cronologico, individuando un primo nucleo di fatti – verificatisi dal giorno della dichiarazione dell’emergenza sanitaria, il 31 gennaio 2020, fino al giorno di chiusura del Pio Albergo Trivulzio al pubblico – e un secondo nucleo di fatti, relativi a quanto occorso, a Struttura chiusa, dall’8 marzo ad oggi.

2.2. I fatti rilevanti accaduti nella prima fase dell’emergenza sanitaria (31 gennaio 2020 – 8 marzo 2020): le possibili vie di ingresso del virus nel Pio Albergo Trivulzio

Come noto, l’emergenza sanitaria è stata dichiarata il 31 gennaio 2020. A partire da questa data, dunque, non poteva non essere nota, quanto meno a chi operava nel settore sanitario e assistenziale, l’esistenza del rischio di propagazione del virus Sars-Cov-2 sul territorio italiano.

A riprova di ciò, si è appreso dalla stampa che, in seguito alla dichiarazione dell’emergenza, alcune virtuose RSA hanno deciso di non accettare il ricovero di nuovi pazienti, di chiudere l’accesso alle strutture da parte dei visitatori esterni e, in alcuni casi, hanno adottato ulteriori stringenti misure per evitare che il personale sanitario potesse rappresentare una fonte di contagio per i degenti.

È il caso, ad esempio, della RSA “Domus Patrizia” di Milano, che già a far data dal 23 febbraio 2020 aveva precluso l’accesso, tanto ai visitatori esterni, quanto ai pazienti provenienti da altre strutture ospedaliere e che alla data del 21 aprile 2020 non contava nemmeno un caso di Covid né tra i degenti né tra il personale in servizio7.

6 In particolare, i reparti: Hospice; San Vito; Schiaffinati 4; Barnovano e Cucina.

7 Cfr. articolo pubblicato sul quotidiano on line Corriere.it in data 21 aprile 2020, reperibile al seguente link:

https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/20_aprile_21/coronavirus-milano-zero-contagi-rsa-domus-patrizia- miei-84-ospiti-siamo-blindati-21-febbraio-d324aa70-833c-11ea-86b3-8aab0c7cf936.shtml

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O ancora, senza uscire da Milano, anzi, a poco più di un chilometro di distanza dal Trivulzio, della casa di riposo per musicisti “Giuseppe Verdi”, dove già alla fine di febbraio erano state acquistate 5.000 mascherine, distribuite al personale e agli ospiti e dove, al primo caso di positività, erano stati adottati protocolli rigorosi, che hanno evitato la diffusione del contagio: vietate le visite, gli incontri e ogni attività comune, tutti gli ospiti dovevano restare tassativamente chiusi nelle loro camere, dove avrebbero ricevuto la colazione, il pranzo, la cena e la visita del medico ogni giorno. Da allora, secondo quanto riferito, nessuno si sarebbe ammalato8.

Sempre in Lombardia, in provincia di Varese, la RSA San Remigio di Busto Garolfo ha adottato misure analoghe – tempestiva chiusura della struttura, fornitura di dispositivi di protezione in tempi rapidi, personale stabile, protocolli di sicurezza rigorosi – con identici risultati9.

Ma l’elenco potrebbe continuare.

Ebbene, nulla di tutto ciò è accaduto al Pio Albergo Trivulzio.

La Struttura infatti è stata chiusa al pubblico solo in seguito al c.d. lockdown disposto, con riferimento alla Regione Lombardia, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 202010.

Fino a quella data il Trivulzio è rimasto aperto, in una duplice direzione.

Da un lato, infatti, la dirigenza del Pio Albergo Trivulzio ha continuato, almeno per tutto il mese di febbraio, ad accettare l’ingresso di pazienti dimessi da strutture ospedaliere, e ciò anche nei casi in cui il ricovero fosse dovuto alla presenza di patologie polmonari – segnatamente, di polmoniti di origine non meglio identificata.

A titolo di mero esempio, si riporta il caso della sig.ra Anna Maria De Vitis11, la quale, in seguito alle dimissioni dall’ospedale Maggiore Policlinico di Milano dove era stata ricoverata in data 12 gennaio 2020 per la cura di una polmonite, aveva fatto ingresso al PAT in data 11 febbraio 2020; successivamente trasferita, per una nuova insorgenza di sintomi respiratori all’Ospedale San Giuseppe, dove veniva riscontrata la positività a SARS-CoV-2,

8 Cfr. articolo pubblicato da Mario Calabresi, ex direttore di Repubblica e di La Stampa, sulla pagina https://www.mariocalabresi.com/stories/nello-spirito-del-maestro/, poi ripreso da altre testate.

9 Cfr. articolo pubblicato sul quotidiano on line Sempione News, reperibile al seguente link:

https://www.sempionenews.it/cronaca/rsa-il-caso-virtuoso-della-san-remigio/

10 Più precisamente, la chiusura è avvenuta tra il 7 e l’11 marzo, a seconda dei reparti.

11 La cui posizione è già stata oggetto di autonomo atto di denuncia-querela.

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6 decedeva in data 21 aprile 202012.

È dunque altamente probabile che questi nuovi ricoveri, effettuati ad emergenza sanitaria già in atto, abbiamo potuto essere la fonte dell’inoculazione del virus all’interno della Struttura.

Ciò appare tanto più probabile se si considera che, secondo quanto appreso da alcuni parenti dei degenti, i pazienti di questo tipo, all’ingresso al PAT, non venivano isolati dal resto degli ospiti – misura che sarebbe stata opportuna, anche a prescindere dalla presenza del SARS-CoV-2, anche per scongiurare la propagazione all’interno dei reparti delle frequenti (e spesso letali per gli anziani) infezioni nosocomiali –, ma venivano collocati a stretto contatto con i degenti di lungo corso già ricoverati presso la Struttura.

Dall’altro lato, la Struttura è rimasta aperta anche alle visite da parte dei parenti dei degenti, che sono proseguite regolarmente quanto meno per tutta la prima settimana di marzo, salva la limitazione da ultimo imposta dalla Dirigenza di accedere alla struttura esclusivamente all’orario dei pasti13; una misura, questa, evidentemente del tutto inidonea a ridurre il rischio di ingresso nel virus della struttura, ed anzi atta a determinare una pericolosa concentrazione di visitatori e pazienti in un arco temporale ristretto e nei medesimi luoghi – i locali mensa.

Non solo. Secondo quanto riferito da molti parenti, la Struttura non aveva imposto ai familiari in visita l’obbligo di indossare mascherine e guanti, né tanto meno aveva individuato misure di prevenzione da adottare nei confronti dei degenti per tutelarli dal rischio di contagio14, indicando peraltro ai visitatori di indossare le mascherine esclusivamente se malati15.

Appare dunque verosimile che il contatto costante tra i visitatori provenienti dall’esterno e i degenti, nell’ambito di attività che implicavano un contatto stretto – quali la condivisione dei pasti o l’assistenza nelle attività di cura della persona – e per giunta in assenza di qualsiasi forma di protezione, abbia contribuito all’ingresso e alla propagazione del virus

12 Si veda anche il caso del sig. Soregaroli Bruno, ricoverato al Trivulzio (reparto triage Bezzi) nella seconda metà di febbraio, con una diagnosi di polmonite, accompagnata da febbre e difficoltà respiratorie, risultato positivo al tampone per SARS-CoV-2. Cfr. testimonianza resa dalla figlia, sig.ra Diana Emanuela Soregaroli

13 Cfr. a titolo di esempio testimonianze rese dalla figlia di Ines Chiassarini; dal sig. Magnani, figlio di Finazzi Clelia;

dal sig. Boccasini figlio di Gianni Fiorentino Boccasini; dalla sig.ra Ornella Mangiarotti Riva, parente di Luciano Riva; con riguardo alla RSA Principessa Jolanda, cfr. testimonianza delle sig.re Frailich, figlie di Ponti Letizia in Frailich

14 Cfr. a titolo di esempio testimonianze rese da: sig.ra Aspromonte, figlia di Curcio Carmela; sig.re Pezzatti, figlie di Clara Pelizzatti; sig.ra Parente, figlia di Ermete Parente; sig.ra Ederini, figlia di Carini Giuseppina; sig. Magnani, figlio di Finazzi Clelia; sig.ra Ornella Mangiarotti Riva, parente di Luciano Riva. Secondo alcune testimonianze, la struttura si sarebbe limitata a richiedere ai visitatori, all’atto dell’accesso in RSA, la sottoscrizione di un’autocertificazione attestante l’assenza di sintomatologia influenzale, e a prevedere la facoltà di visita per un solo parente: cfr. testimonianze rese dai parenti di Bianchini Vanda; dalle sig.re Persico, figlie di Alberta Turci; dalla figlia di Ines Chiassarini; dalla sig.ra Tacchinardi, figlia di Fiore Felicita.

15 Cfr. testimonianza resa dal sig. Boccasini figlio di Gianni Fiorentino Boccasini.

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7 all’interno della Struttura.

D’altra parte, non solo per tutta la fase iniziale dell’emergenza, ma verosimilmente almeno fino a tutto il mese di marzo, lo stesso personale sanitario operante all’interno della Struttura risultava privo di dispositivi di protezione idonei a contrastare la diffusione del contagio all’interno della Struttura.

Come risulta dal “Comunicato dei Dipendenti del Pio Albergo Trivulzio”, sottoscritto da decine di sanitari dipendenti del Trivulzio e pubblicato sulla stampa lo scorso 17 aprile, questi ultimi si sarebbero trovati “senza DPI fino al 23 marzo”, denunciando in particolare la mancata fornitura di mascherine protettive.

Le dichiarazioni dei dipendenti parrebbero peraltro confermate dal contenuto dei bollettini ufficiali pubblicati sul sito internet della Struttura, dai quali risulta che:

(i) solo a partire dal 24 marzo 2020 si sarebbe provveduto a dotare i dipendenti della Struttura di mascherine chirurgiche e i sanitari operanti all’interno dei “Reparti in osservazione” di mascherine filtranti ffP2/ffP3 (all.to n. 3);

(ii) il primo consistente approvvigionamento di mascherine da parte della Struttura (in particolare, di 2.000 mascherine ffP2, 3.500 mascherine ffP3 e ulteriori 10.000 mascherine chirurgiche) sarebbe avvenuto il 28 marzo (all.to n. 4);

(iii) soltanto il 16 aprile sarebbero stati messi a disposizione dei sanitari 6.000 visiere protettive, camici idrorepellenti e il primo migliaio di tamponi per testare la positività al virus di pazienti e personale (all.to n. 5).

Addirittura – hanno precisato i dipendenti con riguardo all’omessa fornitura di mascherine protettive – tutti gli operatori della Struttura sarebbero stati invitati dalla Direzione a non indossare eventuali mascherine portate da casa di propria iniziativa; ciò,

“al fine di evitare di generare ‘un inutile e ingiustificato allarmismo’ tra i pazienti e i loro parenti”16.

Peraltro, queste circostanze trovano ulteriore conferma nelle denunce presentate da alcuni dipendenti del Trivulzio, puntualmente riprese dagli organi di stampa, dalle quali emerge che, in risposta a una lettera inviata dalle rappresentanze sindacali dei lavoratori della Struttura, nella quale si lamentava la carenza di mascherine per il personale sanitario, la Dirigenza avrebbe qualificato tale preoccupazione come “dettata da puro allarmismo,

16 Cfr. articolo pubblicato sul quotidiano Il Giorno in data 9 maggio 2020, p. 3 ove si legge: “Una delle ultime denunce è quella di Franco Ottino, infermiere al Pat e sindacalista Cisl, il quale ha raccontato come la richiesta da parte degli operatori di poter indossare le mascherine - addirittura consegnate l'11 marzo e il giorno successivo ritirate da una caposala nel reparto in cui lui stesso presta servizio - fosse stata bollata da Calicchio come «dettata da puro allarmismo piuttosto che competenza»”.

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piuttosto che competenza”17 e avrebbe mantenuto ferma la precisa indicazione di non indossare le protezioni18. Per superare le proteste degli operatori19 la Dirigenza avrebbe altresì sostenuto che i soggetti asintomatici non erano da considerare portatori di contagio20.

È dunque verosimile che anche il personale sanitario, che concluso il proprio turno di lavoro usciva dalla Struttura – potenzialmente entrando in contatto, nell’attendere alle ordinarie attività di vita, con fonti di contagio esterne – abbia rappresentato una fonte primaria di ingresso del virus SARS-CoV-2 nel Pio Albergo Trivulzio, anche in ragione dell’assoluta carenza di dispositivi di protezione che potessero ostacolare la trasmissione del virus ai pazienti.

In conclusione, appare assai probabile che – già prima della chiusura del Pio Albergo Trivulzio all’accesso ai visitatori – il virus avesse fatto ingresso nella Struttura, o attraverso il ricovero di pazienti provenienti da strutture ospedaliere, e reduci da ricoveri per patologie polmonari compatibili con il Covid, o attraverso il contatto – in assenza di misure di prevenzione generale e di protezione individuale – con i parenti in visita e con il personale sanitario.

Queste tre categorie di soggetti – nuovi ricoveri, parenti dei degenti, personale sanitario – hanno rappresentato, si crede, una sorta di cavallo di Troia attraverso il quale il virus è stato inoculato all’interno delle strutture facenti capo al Trivulzio, che avrebbe potuto essere fermato con oculate scelte di gestione.

2.3. I fatti rilevanti accaduti nella seconda fase dell’emergenza sanitaria (dall’8 marzo 2020 a oggi)

Se le condotte sin qui descritte hanno verosimilmente spalancato le porte del Pio Albergo Trivulzio all’ingresso del virus, le scelte gestionali e organizzative compiute dalla

17 Ibidem.

18 Secondo quanto riportato nell’articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica in data 9 maggio 2020:

“L'esigenza dei vertici del Pat, si legge nella denuncia [di Franco Ottino, n.d.r.], era di «non creare ingiustificati allarmismi». Per questo il personale dava «precisa indicazione di non indossare mascherine protettive»”.

19 Secondo quanto riportato nell’articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica in data 9 maggio 2020: “Nella ricostruzione dell'infermiere [Franco Ottino, n.d.r.], già nella seconda metà febbraio il personale del Pat «era perfettamente consapevole di poter rappresentare un potenziale vettore del virus». E per questo avrebbe manifestato i propri timori per la mancata applicazione dei protocolli di sicurezza e l'assenza di mascherine e dispositivi di protezione «che avrebbero garantito non solo al personale di lavorare in sicurezza, ma avrebbero anche protetto i degenti dal rischio di contrarre il virus»”.

20 Cfr. articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica in data 9 maggio 2020, ove si legge: “Ottino indica i nomi di chi — una virologa, una responsabile della Direzione professioni sanitarie, due caposala — qualche giorno prima avrebbe dato «precisa indicazione di non indossare le protezioni» alle infermiere del reparto Schiaffinati e Grossoni. E «per superare le proteste degli operatori, i medici dicevano che i soggetti asintomatici non erano da considerare portatori di contagio, e quindi in assenza di stati febbrili, tosse o altri sintomi non sarebbe stato necessario usare i dispositivi»”.

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dirigenza del Trivulzio in seguito alla chiusura hanno spianato la strada alla diffusione del contagio.

Nel Comunicato già citato, i sanitari hanno infatti denunciato di essere stati “lasciati completamente soli” dopo lo scoppio dell’emergenza sanitaria, chiarendo anzitutto di non avere ricevuto “direttive che prevedessero protocolli aziendali diagnostico/terapeutici, univoche direttive sul trattamento dell’epidemia e delle norme di isolamento”.

Su tali premesse, non stupisce dunque che nel corso del mese di marzo, in seguito ai primi decessi individuati come “sospetti”21, non si fosse provveduto a porre tempestivamente in isolamento i pazienti che presentavano sintomi da Covid.

Sul punto si sono espressi con grande chiarezza proprio i dipendenti del Trivulzio, laddove denunciavano, nel medesimo Comunicato, che nemmeno a fronte delle numerose sollecitazioni rivolte alla Direzione della Struttura la stessa avrebbe provveduto a costituire reparti ad hoc dove isolare pazienti che presentavano sintomi riconducibili all’infezione da SARS-CoV-2.

Sulla stessa linea vi sono inoltre le testimonianze di numerosi parenti che hanno riferito della compresenza, all’interno dello stesso reparto e a volte addirittura della medesima stanza, di soggetti sani e di degenti che presentavano infezioni alle vie respiratorie compatibili con il Covid-1922.

Non solo.

Secondo quanto si è appreso da notizie di stampa – che paiono confermate dalla denuncia presentata da un’operatrice socio-sanitaria – neppure sarebbero stati isolati i pazienti ricoverati a valle della Delibera della Regione Lombardia n. 2906 dell’8 marzo 2018, che, come noto, ha autorizzato il ricovero all’interno delle RSA di pazienti – Covid e non Covid – provenienti da altre strutture ospedaliere, e alla quale la Direzione del Trivulzio ha ritenuto di aderire.

21Nell’articolo pubblicato sul sito SKY TG 24 in data 8 maggio 2020 (reperibile al seguente link:

https://tg24.sky.it/milano/2020/05/08/coronavirus-milano-infermiera-trivulzio-mascherine) in cui sono sintetizzati i contenuti della denuncia presentata da un’infermiera della Struttura, si legge infatti che il “primo decesso anomalo” al Trivulzio risale al 10 marzo, ma anche dopo quella data - scrive ancora la dipendente - i medici avrebbero chiesto al personale di servire i pasti agli anziani nel "salone" comune, malgrado gli infermieri di loro "iniziativa" avessero deciso di distribuire il cibo "presso le stanze dei pazienti" per ridurre le possibilità di contagi”.

22 Si fa riferimento, ad esempio, a casi di pazienti con sintomi influenzali che, ancora a fine marzo, venivano tenuti allettati solo nei giorni in cui manifestavano uno stato febbrile e che, alla scomparsa dei sintomi, venivano lasciati liberi di frequentare le aree comuni con altri ospiti (cfr. testimonianza Rosangela Ederini); altro caso è quello di un paziente proveniente da una struttura ospedaliera, ricoverato al PAT e curato per polmonite, rimasto in isolamento per una settimana e poi trasferito ad altro reparto per la riabilitazione poiché in fase di miglioramento (Cfr.

testimonianza Diana Emanuela Soregaroli).

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Il Trivulzio ha infatti accolto gli ultimi 19 pazienti, ufficialmente non Covid e provenienti dall’ospedale di Sesto San Giovanni, tra il 12 e il 13 marzo. Inizialmente ricoverati nel c.d. Pringe, il pronto intervento geriatrico, questi sarebbero poi stati “smistati” in diversi reparti della Struttura, dove, nel giro di qualche giorno, alcuni di loro avrebbero manifestato i sintomi del virus, contribuendo così con ogni probabilità alla sua diffusione all’interno della RSA23.

D’altra parte, vi è altresì evidenza che, ancora nel corso del mese di aprile, proseguissero all’interno del Trivulzio spostamenti dei degenti da un reparto all’altro, spesso effettuati in assenza di un previo tampone – e dunque senza sapere quale fosse lo stato di salute del soggetto trasferito – e, secondo quanto gli scriventi hanno potuto osservare, senza un’evidente logica24.

Correlativamente alla diffusione del virus tra i degenti, lo stesso si è peraltro rapidamente esteso – circostanza che non stupisce, stante la già menzionata assenza di dispositivi di protezione – anche al personale sanitario25.

Tale circostanza ha provocato una serie di effetti disastrosi, tra loro concatenati.

La Struttura – in cui sempre più pazienti si ammalavano in modo grave, richiedendo quindi forme di assistenza più intensa – risultava drammaticamente priva di personale, assente per malattia, con conseguente incapacità di prestare ai degenti le cure necessarie26.

Ciò ha comportato, in primo luogo, come risulta dalle testimonianze di numerosi parenti, un drastico calo nel livello di assistenza e di cura prestato a tutti i pazienti, compresi

23 Cfr. articolo pubblicato sul quotidiano la Stampa on line in data 20 aprile 2020, reperibile al seguente link:

https://www.lastampa.it/cronaca/2020/04/20/news/pio-albergo-trivulzio-oggi-saranno-sentiti-i-primi-medici- e-infermieri-1.38740106; cfr. altresì articolo pubblicato da Agenzia Italia (on line) il 16 aprile 2020, reperibile al seguente link: https://www.agi.it/cronaca/news/2020-04-16/coronavirus-pio-albergo-trivulzio-decessi-reparti- 8353301/

24 Secondo quanto riportato nell’articolo pubblicato sul sito SKY TG 24 in data 8 maggio 2020 (reperibile al seguente link: https://tg24.sky.it/milano/2020/05/08/coronavirus-milano-infermiera-trivulzio-mascherine) nella denuncia presentata da un’infermiera della Struttura si sarebbe dato conto del fatto che da fine febbraio “c’erano spostamenti tra i reparti di pazienti che "non erano sottoposti a tampone" né con sintomi Covid, né quando morivano” e che anche a seguito della sottoposizione dei pazienti a tampone, avvenuta solo a partire dal 20 aprile, “"senza attendere l'esito del secondo" tampone, "gli ospiti risultati negativi erano spostati in altri reparti”.

25 Nelle testimonianze rese dai familiari dei degenti si fa riferimento a un intenso turnover, giustificato da assenze per malattia, del personale sanitario preposto alla cura dei singoli pazienti. Cfr. a titolo di esempio, testimonianze rese da: sig.ra Aspromonte, figlia di Curcio Carmela; sig.re Pezzatti, figlie di Clara Pelizzatti; sig.ra Mattiola, figlia di Giovanni Mattiola; sig.ra Mangiarotti Riva, parente di Luciano Riva. Con riguardo alla RSA Principessa Jolanda, cfr. testimonianze rese da: sig.re Frailich, figlie di Letizia Ponti in Frailich; sig. Porcu, nipote di Anna Porcu

26 Cfr. testimonianza della sig.ra Maria Teresa Treccani che, nel riportare un colloquio avuto con un’infermiera del reparto Sant’Andrea a metà del mese di marzo, riferisce “un'infermiera mi informò delle estreme difficoltà che stavano vivendo essendo solamente in due persone a doversi occupare di 51 pazienti”; si vedano altresì le dichiarazioni rese dal sig.

Michele Porcu in relazione ad altra struttura della ASP (Principessa Jolanda), secondo il quale il medico che aveva seguito sua zia nel periodo dall’11 al 22 aprile gli avrebbe riferito di essere l’unico medico presente in Struttura

“secondo le sue indicazioni e anche quelle della portineria, in quel periodo era l’unico presente nella struttura”.

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11 quelli che non presentavano i sintomi del Covid.

Se gli effetti sulla salute dei degenti superstiti saranno compiutamente riscontrabili una volta conclusa la fase emergenziale, non si può non riportare, sin d’ora, la notizia, da un lato, di pazienti, anche in condizioni di salute discrete, contenuti a letto tramite cinghie27 perché l’assenza di personale non consentiva di monitorarne la deambulazione in sicurezza, con effetti devastanti tanto sotto il profilo psicologico, quanto in tema di perdita della mobilità, quanto in tema di rischio di sviluppare piaghe da decubito o trombosi; dall’altro lato, di pazienti lasciati per giorni senza sostentamento28 in ragione delle difficoltà di gestione connesse alla somministrazione forzata di nutrienti con il rischio di sviluppare anche conseguenti patologie a livello renale.

In secondo luogo, per ovviare alle assenze per malattia del personale, la dirigenza del Trivulzio ha deciso di utilizzare i dipendenti dei reparti meno colpiti per “coprire” le assenze, senza per questo esonerare gli operatori dal servizio nel reparto di provenienza29.

Questa decisione parrebbe quindi avere innescato un circolo vizioso, contribuendo, per il tramite del personale, alla propagazione del contagio anche all’interno di quei reparti che – ospitando esclusivamente pazienti di c.d. lunga degenza, e non essendo stati destinatari di nuovi ricoveri– erano inizialmente rimasti indenni.

In terzo luogo, il diffondersi del contagio tra il personale ha di fatto vanificato del tutto le già tardive misure di isolamento adottate dalla dirigenza del Trivulzio.

I pazienti con sospetto o accertato Covid-19 infatti – che non erano collocati in reparti appositi, ma in semplici stanze separate – in ragione della carenza di operatori non erano assistiti da personale dedicato, bensì da dipendenti che dovevano occuparsi, nel medesimo turno, anche di pazienti sani. Tale circostanza, unita alla mancata fornitura dei dispositivi di protezione ai dipendenti della Struttura, ha fatto sì che, ancora una volta, il personale diventasse un veicolo del contagio tra gli ospiti.

Il massiccio contagio del personale ha avuto, infine, un ulteriore effetto, che ha purtroppo consentito al fenomeno in esame di travalicare i confini del Pio Albergo Trivulzio.

I numerosi dipendenti del PAT poi risultati colpiti dal Covid, infatti, una volta concluso il proprio turno, facevano ritorno alle proprie famiglie e alle proprie ordinarie attività di vita

27 Cfr. a titolo di esempio testimonianza resa dalla sig.ra Aspromonte, figlia di Curcio Carmela.

28 Come riferito, in sede di denuncia, dal sig. Alessandro Azzoni con riferimento a quanto occorso alla madre nel corso della sua degenza presso il PAT.

29 Secondo quanto riportato nell’articolo pubblicato sul sito SKY TG 24 in data 8 maggio 2020 (reperibile al seguente link: https://tg24.sky.it/milano/2020/05/08/coronavirus-milano-infermiera-trivulzio-mascherine) la denuncia presentata da un’infermiera della Struttura avrebbe dato conto della circostanza che “era il personale a farsi

"carico" delle soluzioni per cercare di "proteggere i degenti” e parla di spostamenti "su più reparti di medici, infermieri e operatori sanitari" perché c'era una "carenza di organico già prima dell'emergenza sanitaria".

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– almeno fino all’insorgenza dei primi sintomi – così inconsapevolmente rendendosi possibili veicoli del contagio già esploso all’interno della Struttura verso l’esterno.

I sottoscritti desiderano inoltre rappresentare in questa sede quanto emerso con riferimento all’applicazione presso il PAT della Delibera della Giunta lombarda, n. XI/3018 del 30 marzo 2020, la quale ha invitato le RSA della Regione a non disporre il trasferimento in Pronto Soccorso dei pazienti di età superiore ai 75 anni nei casi di “precedente fragilità nonché più comorbilità”.

Secondo quanto si apprende dal Comunicato dei sanitari del Trivulzio, sembrerebbe che la direzione avesse invitato i medici della Struttura a rispettare le indicazioni della Delibera. Nel comunicato si legge infatti: “abbiamo persino ricevuto direttive che impedivano l’invio in urgenza, tramite 112, dei pazienti più gravi in Pronto Soccorso sostenendo che le cure prestate presso il nostro Istituto fossero ‘migliori’ oltre che ‘maggiormente dignitose’ rispetto a quelle prestate in Pronto Soccorso”.

La circostanza – che dovrà ovviamente trovare conferma nell’attività di indagine – non stupisce gli scriventi, poiché vi sono numerose testimonianze con le quali i parenti dei degenti hanno segnalato al Comitato di aver dovuto insistere con la Struttura affinché venisse disposto il ricovero in Pronto Soccorso dei propri cari30.

Infine, a conclusione e a completamento della narrazione, i sottoscritti aderenti al Comitato desiderano rappresentare un fatto che costituisce un dato costante nelle esperienze di tutti gli scriventi, nonché degli ulteriori parenti dei degenti con cui il Comitato, negli scorsi mesi, è entrato in contatto, e cioè l’assoluta opacità delle informazioni fornite dal Pio Albergo Trivulzio, sia in generale, con riferimento alla diffusione del virus, sia in particolare, nelle comunicazioni con i parenti, in ordine allo stato di salute dei singoli degenti.

Se infatti, sotto il primo profilo, i bollettini periodici pubblicati sul sito internet del Trivulzio descrivevano la situazione in termini che potremmo eufemisticamente definire fumosi, con riferimento al secondo aspetto tutti i familiari hanno riscontrato gravi difficoltà nell’ottenere informazioni puntuali e veritiere sullo stato di salute dei propri cari.

Anche una volta superate le difficoltà – probabilmente dovute alla carenza di personale – nel mettersi in contatto con la Struttura, i parenti ricevevano infatti informazioni tanto rassicuranti quanto fuorvianti sullo stato di salute del singolo degente, spesso accompagnate da un atteggiamento volto a minimizzare le preoccupazioni manifestate dagli interlocutori per il repentino decadimento delle condizioni dei propri cari; nella generalità dei casi, la notizia del trasferimento in Pronto Soccorso o dell’avvenuto decesso presso la Struttura giungeva in

30 Cfr. a titolo di esempio, testimonianze rese da: sig.ra Aspromonte, figlia di Curcio Carmela; sig.re Daniore, figlie di Vittorio Daniore.

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13 modo del tutto inaspettato.

I sottoscritti ritengono che l’assoluta uniformità nella gestione delle comunicazioni – essendo l’opacità delle informazioni un dato costante nelle esperienze dei parenti dei degenti – sia indicativa di precise direttive date in tal senso al personale incaricato di comunicare con i parenti, evidentemente finalizzate a celare ai parenti, e in generale al mondo esterno, il reale stato di emergenza incontrollata che regnava all’interno del Trivulzio.

2.3. Conclusioni

Ebbene, le circostanze sopra descritte restituiscono il quadro di una Struttura incapace di far fronte in maniera adeguata alla situazione emergenziale in atto ed evidenziano in maniera inequivoca l’esistenza di gravi carenze organizzative che in un primo momento, hanno verosimilmente facilitato l’ingresso del virus nel Pio Albergo Trivulzio e, successivamente, hanno fatto sì che il contagio si propagasse incontrollato in maniera esponenziale all’interno della Struttura.

L’omessa fornitura di dispositivi di protezione individuale – mascherine in primis, ma anche guanti, camici, visiere – ai sanitari, da un lato, ha esposto i medesimi a un altissimo rischio di contrarre il virus; dall’altro lato, atteso che il personale sanitario operava in maniera indifferenziata nella cura di casi infetti e non e che, al pari dei pazienti, non era sottoposto a tampone, ha anche fatto sì che gli stessi sanitari divenissero un potenziale vettore per l’ulteriore diffusione del contagio in danno dei pazienti della Struttura, degli altri colleghi in servizio e di tutti gli altri soggetti che si sono trovati a entrare e uscire quotidianamente dall’istituto.

Tutte carenze queste che, peraltro, assumono connotati di gravità ancora più evidenti se si ha riguardo alla tipologia di ospiti presenti all’interno della Struttura: soggetti caratterizzati da spiccate condizioni di fragilità sia perché, semplicemente, di età avanzata, sia perché, nella maggior parte dei casi, affetti da altre patologie.

Ma v’è di più. Come si vedrà, la grave e incontrollata diffusione del virus e del contagio da SARS-CoV-2 all’interno della Struttura causalmente correlabile alle predette carenze organizzative e gestionali ha finito per esplicare i propri effetti anche oltre le mura del Pio Albergo Trivulzio, trasformando, di fatto, le strutture facenti parte del gruppo in un pericoloso strumento per la moltiplicazione del pericolo di contagio da virus anche all’esterno.

***

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Tanto premesso in ordine ai fatti, le sottoscritte persone offese desiderano apportare un ulteriore contributo all’attività di codesta Procura attraverso una prima analisi in punto di diritto, predisposta dai propri difensori, volta a individuare i possibili profili di rilievo penalistico della vicenda in esame. Si fornirà in particolare una panoramica delle possibili fattispecie di reato configurabili in relazione ai fatti occorsi al Pio Albergo Trivulzio, rimettendo all’apprezzamento delle SS.VV. Ill.me ogni valutazione sul punto, anche in ordine alla opportunità di contestare le fattispecie di seguito identificate, in via alternativa o in concorso.

Come si vedrà nei paragrafi seguenti, i fatti sin qui descritti, qualora trovassero pieno riscontro all’esito dell’attività di indagine, parrebbero idonei, secondo gli scriventi, a integrare una pluralità di fattispecie di reato; segnatamente, nelle gravi deficienze organizzative imputabili alla Dirigenza del Trivulzio pare possibile ravvisare, in primo luogo, una pluralità di violazioni della disciplina prevista dal D. Lgs. n. 81/2008 in materia di salute e sicurezza sul lavoro (par. 3), nonché, in secondo luogo, una serie di ulteriori fattispecie di delitto previste dal codice penale e, in particolare, le fattispecie di disastro di cui agli artt. 434 c.p., 437 co. 2, e 452-quater (par. 4.1), oltre alla già ipotizzata incolpazione per il delitto di epidemia colposa (par. 4.2.).

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3. Le violazioni del Testo Unico Sicurezza sul lavoro

Le gravi carenze descritte nel paragrafo precedente, relative alla gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e alla conseguente adozione di efficaci procedure interne a tutela tanto dei lavoratori, quanto dei pazienti del Pio Albergo Trivulzio paiono confermate alla luce della ulteriore documentazione acquisita, la quale parrebbe evidenziare peraltro come tali profili di inadeguatezza risalgono addirittura a un periodo antecedente allo scoppio dell’emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del virus SARS-CoV-2.

1. Sul sito web del Trivulzio31 è stata reperita la Determina n. DG/13/2020 del 3 febbraio 2020 (all.to n. 6), a firma del Direttore Generale dell’Azienda, dott. Giuseppe Calicchio, dalla quale emerge chiaramente come, ancora agli inizi di febbraio, il Pio Albergo Trivulzio fosse privo di un DVR complessivo debitamente aggiornato e, soprattutto, fosse sprovvisto di un DVR aggiornato in relazione allo specifico “rischio biologico”.

31 Rinvenibile al seguente link www.iltrivulzio.it

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Nella Determina in parola, infatti, tra i “considerato” iniziali, si rileva che il 2 gennaio 2020 erano stati approvati dal Direttore Generale gli aggiornamenti dei DVR “inerenti le Strutture Aziendali, Frisia, Principessa Jolanda, Museo, IMMeS e gli stabili del Patrimonio da Reddito”, documenti che – si legge sempre nella Determina –risultavano “comprensivi di tutti i rischi specifici per ciascuna struttura”. Da questo “considerato” emerge quindi un primo dato fondamentale: contrariamente a quanto avvenuto per le altre strutture che compongono l’ASP IMMeS e PAT32, con riguardo al Pio Albergo Trivulzio non risulta essere stato approvato alcun aggiornamento del DVR, né complessivo, né tanto meno per specifici rischi.

Non solo. Nella Determina si dà altresì conto del fatto che nel corso del 2019 sarebbero stati predisposti “aggiornamenti dei DVR, rev. 27.11.2019, per tutte le strutture dell’Azienda”, tra cui anche il Pio Albergo Trivulzio, “non complessivi ma per singoli rischi”33; aggiornamenti che tuttavia, a detta dello stesso Direttore Generale, “non risultano comunque esaustivi” in quanto “non comprensivi di tutti i rischi presenti all’interno delle strutture aziendali come ad esempio rischio biologico, il rischio incendio, stress lavoro – correlato, sostanze pericolose che, considerando le attività svolte presso questa Azienda sono, in termini apodittici, da ritenersi particolarmente significativi”.

Il Direttore dell’Azienda, dunque, riconosce che i DVR per singoli rischi aggiornati solo due mesi prima non potevano in ogni caso considerarsi sufficienti, atteso che difettavano dell’aggiornamento relativo ad altri specifici rischi presenti nei luoghi di lavoro, tra cui anche il rischio biologico34.

La Determina in parola nulla riferisce in ordine all’esistenza di aggiornamenti dei DVR, e in particolare del DVR sul rischio biologico, precedenti al 2019, né tanto meno sulla loro eventuale adeguatezza ed efficacia. Tuttavia, come si avrà modo di rilevare nel prosieguo, vi è ragione di ritenere che le carenze riconosciute dallo stesso Direttore del Trivulzio sotto il profilo della valutazione dei rischi per i lavoratori fossero più risalenti nel tempo.

In ogni caso, da tale determina emerge chiaramente che già dal 2019 il Pio Albergo Trivulzio non disponeva di un DVR aggiornato sul rischio biologico, e che, all’inizio del 2020, la struttura non aveva ancora provveduto ad aggiornare il DVR contenente gli esiti della valutazione integrale di tutti i rischi per la salute e sicurezza presenti negli ambienti di lavoro.

32 “Azienda di Servizi alla Persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio”.

33 In particolare, si trattava degli aggiornamenti per gli specifici rischi derivanti da: (i) introduzione e generalità; (ii) il rischio elettrico; (iii) luoghi di lavoro; (iv) amianto e fibre vetrose artificiali; (v) movimentazione dei pazienti presso ambulatori e servizi; (vi) lavori in quota e rischi di cadute dall’alto; (vii) rischi connessi alle attrezzature munite di videoterminale.

34 Sul punto, sulla base delle sole informazioni riportate nella determina e stante l’indisponibilità dei documenti ivi richiamati, non si comprende se il mancato aggiornamento del DVR relativo al rischio biologico riguardi tutte le strutture dell’ASP, o solo alcune.

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Del resto, nella Determina del 3 febbraio, è lo stesso Direttore Generale a rilevare la necessità “di aggiornare in toto l’attuale Documento di Valutazione dei Rischi della Struttura Pio Albergo Trivulzio (comprensiva altresì delle strutture Bezzi, Fornari e Palazzina Uffici) per intervenute modifiche organizzative e di distribuzione degli spazi – locali, al fine di disporre di un unico ed univoco documento aggiornato, tal che sia incontrovertibile la riconducibilità dei processi di gestione dei rischi ad una centralità documentale oggettiva”.

E infatti, con la suddetta Determina, il dott. Calicchio, oltre a non approvare i documenti di valutazione dei rischi specifici predisposti nel 2019 in quanto non comprensivi di tutti i rischi, disponeva altresì di dare mandato al Servizio di Prevenzione e Protezione affinché fossero posti in essere gli atti utili “all’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi della Struttura Pio Albergo Trivulzio (comprensiva delle strutture Bezzi, Fornari e Palazzina Uffici)”, quando ormai era stato dichiarato dal Consiglio dei Ministri lo stato di emergenza sanitaria nazionale35, e dunque solo quando l’orizzonte di rischio per il datore di lavoro appariva ormai concreto36.

Una circostanza questa che assume connotati ancor più gravi se si considera che l’aggiornamento del DVR sarebbe stato necessario non certo per adempiere a un mero obbligo di carattere burocratico, quanto piuttosto per poter definire in modo puntuale ed efficace l’intero assetto delle procedure e dei protocolli interni, nonché delle misure di prevenzione e protezione da adottare a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori; elementi, questi, che non possono in alcun modo prescindere da una valutazione del rischio complessiva e unitaria, che tenga conto anche delle modalità con cui i singoli rischi interagiscono tra di loro in modo sinergico, esponendo il lavoratore a molteplici fonti di pericolo presenti simultaneamente sul luogo di lavoro.

In conclusione, non pare sussistano dubbi sul fatto che, pochi giorni dopo che era stata dichiarata l’emergenza sanitaria37, la Direzione del Trivulzio fosse consapevole di non essere in possesso, da tempo, di un DVR debitamente aggiornato, e che pertanto non fossero aggiornate nemmeno le procedure e le regole interne che avrebbero dovuto fornire precise indicazioni su come tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori da tutti i rischi presenti presso la struttura, e in particolare da quelli derivanti dall’esposizione ad agenti biologici, che

35 Cfr. delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020. Sul punto, si segnala altresì che il giorno precedente, 30 gennaio 2020, lo stato di emergenza sanitaria era stato dichiarato anche livello internazionale dal Direttore Generale dell’OMS (la notizia è stata riportata anche sul sito dell’ISS all’indirizzo web:

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-dichiarazione-internazionale).

36Com’è noto, la valutazione di tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro, l’elaborazione del DVR e il suo aggiornamento costituiscono, ai sensi dell’art. 17 del d lgs. 81/2008, obblighi non delegabili da parte del datore di lavoro, che, nel caso di specie, va identificato proprio nel Direttore Generale dell’Azienda.

37 Lo stato di emergenza sanitaria è stato infatti dichiarato, a livello internazionale, dal Direttore Generale dell’OMS il 30 gennaio 2020 (la notizia è stata riportata anche sul sito dell’ISS all’indirizzo web:

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-dichiarazione-internazionale), e, a livello nazionale, dalla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio scorso.

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lo stesso Direttore Generale riteneva “particolarmente significativi” proprio in ragione dell’attività svolta.

2. D’altra parte, che l’organizzazione dell’ASP IMMeS e PAT fosse carente dal punto di vista della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro pare evincersi anche da un secondo documento reperito sul sito web dell’Azienda.

Il riferimento corre a una comunicazione del 2 agosto 2017 (all.to n. 7), a firma della dott.ssa Rossana Coladonato, delegato del Datore di Lavoro, con la quale era stato conferito alla società Tecnologie d’Impresa S.r.l. l’incarico di provvedere all’elaborazione di un

“documento di valutazione di tutti i rischi lavorativi” presenti presso l’Istituto Frisia di Merate (LC), una delle RSA gestite dalla ASP.

È sufficiente scorrere la lettera d’incarico per riscontrare che alla società di consulenza non era stato richiesto un semplice aggiornamento, ma l’elaborazione di un nuovo DVR, il quale avrebbe dovuto riportare gli esiti di una valutazione puntuale di tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro dell’istituto, da eseguire – come espressamente indicato nell’incarico – in conformità alle disposizioni di cui ai Titoli II, III, V, VI, VII, VIII, IX, X e XI del D. Lgs. 81/2008 (cfr. punti da 1 a 9 dell’incarico).

Un compito di rilevante portata, dunque, che ad avviso degli scriventi rappresenta un primo campanello d’allarme indicativo del fatto che già nel 2017 – ma non si può escludere anche in epoca anteriore – l’organizzazione dell’Azienda in materia di salute e sicurezza sul lavoro non fosse propriamente adeguata. Non solo. Il fatto che l’incarico conferito alla società di consulenza richiedesse, in buona sostanza, di ridefinire l’intero sistema di gestione del rischio predisposto fino a quel momento, pare evidenziare come il datore di lavoro fosse consapevole dell’esistenza di molteplici carenze con riguardo al tema della sicurezza dei lavoratori, tanto da richiedere, sul punto, un ripensamento radicale di tutta l’organizzazione aziendale.

D’altra parte, pur in assenza di ulteriori documenti a riguardo, il fatto che si trattasse di carenze relative all’intero sistema di gestione della sicurezza lascia pensare che tale inadeguatezza non riguardasse soltanto l’Istituto Frisia, ma anche le altre strutture che già allora facevano parte dell’Azienda, e dunque anche il Pio Albergo Trivulzio e la RSA Principessa Jolanda.

Ma al di là delle ragioni che avevano spinto la Direzione dell’ASP a conferire tale incarico, l’aspetto che, ad avviso di chi scrive, costituisce un chiaro indice della scarsa attenzione riservata dall’Azienda al tema della salute e sicurezza sul lavoro è rappresentato dal fatto che per la predisposizione di un DVR così complesso e articolato era stato previsto un compenso di soli 10.183 euro.

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L’attività commissionata alla società di consulenza richiedeva la padronanza di competenze specifiche e diversificate da applicare nell’articolata analisi di pressoché tutti gli aspetti disciplinati dal D. Lgs. 81/200838. Peraltro, come risulta dalla lettera d’incarico, al consulente era stato altresì richiesto non soltanto di predisporre delle check list di verifica per ciascuna delle aree di rischio considerate (tra cui, ad esempio, i reparti, le attrezzature da lavoro, i DPI, il rumore, il microclima, le sostanze pericolose, la presenza di gas radon, ecc.), ma anche di effettuare dei veri e propri test di valutazione del personale per ogni fattore di rischio individuato, anche attraverso prove simulate o audit.

A ben vedere, dunque, si trattava di un’attività che, se svolta in conformità ai principi e alle disposizioni contenute nel D. Lgs. 81/2008, avrebbe richiesto l’impiego di un budget decisamente superiore a quello previsto dall’incarico.

38Per cercare di comprendere le reali dimensioni dell’incarico conferito alla società Tecnologie d’Impresa S.r.l., vale la pena dare uno sguardo più da vicino ai contenuti della richiesta formulata dalla Dirigenza della ASP, raffrontandoli con le norme precettive del Testo Unico.

La valutazione del rischio ai sensi del Titolo II, anzitutto, avrebbe comportato una verifica dei requisiti di salute e di sicurezza di tutti i luoghi dell’Istituto Frisia destinati a ospitare posti di lavoro o comunque accessibili ai lavoratori nell’adempimento delle proprie mansioni. Dai locali di degenza alla mensa dei dipendenti, quindi, passando per la cucina, i vari magazzini, l’ambulatorio, i locali dedicati alla terapia, la palestra, il bar, etc., la valutazione del rischio avrebbe dovuto accertare la conformità di detti luoghi a tutti gli stringenti parametri indicati nell'allegato IV del Testo Unico. A queste richieste standard, la Direzione aggiungeva, altresì la rilevazione dosimetrica di gas radon e la valutazione di conformità dei locali ai “requisiti di accreditamento di cui alla DGR Regione Lombardia 2569/2014 per i reparti di ricovero e cura e altri reparti/spazi/locali attinenti le attività socio- sanitarie” nonché ai “Requisiti previsti dal D. Lgs. 193/2007 per le attività inerenti le preparazioni alimentari” e ai

“Requisiti specifici applicabili ai locali tecnici (centrale termica, gruppo elettrogeno e locali annessi, rampe ossigeno medicale, ecc.)”.

Era richiesta inoltre la valutazione dei rischi relativi a tutte le attrezzature da lavoro presenti presso la struttura, da effettuarsi secondo le modalità previste al Titolo III del Testo Unico e valutandone la conformità in ordine ai requisiti generali di sicurezza previsti all’allegato V e alle disposizioni concernenti le specifiche modalità di utilizzo di tali attrezzature, di cui all’allegato VI, oltre alla verifica in ordine alle “capacità di utilizzo delle stesse da parte del personale presente attraverso prove simulate, interviste”, e allo “stato manutentivo delle stesse”.

Il DVR commissionato alla società di consulenza avrebbe dovuto contenere altresì, parametrandole ad ogni specifica fonte di rischio, le caratteristiche dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) e Collettiva (DPC) e le condizioni d’uso di ciascuno, tenendo conto: (i) dell’entità del rischio; (ii) della frequenza dell’esposizione allo stesso; (iii) delle caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore; e (iv) delle prestazioni del DPI.

Inoltre, in ragione della natura di struttura socio-sanitaria della RSA Frisia, l’incarico di consulenza richiedeva che si procedesse anche alla valutazione del rischio biologico, da svolgersi alla luce dei criteri generali previsti al Titolo X del Testo Unico, e secondo le modalità stabilite in linea generale dall’art. 271 (in relazione alle possibili caratteristiche degli agenti biologici presenti sul posto di lavoro e delle mansioni lavorative concretamente espletate), nonché dall’art. 274, che impone di considerare altresì la possibile presenza di agenti biologici nell’organismo dei pazienti ricoverati, sino a ricomprendere anche “gli aspetti di igiene e sicurezza dei dispositivi medici” normalmente impiegati dal personale.

E ancora, la ditta di consulenza avrebbe dovuto occuparsi anche della completa revisione delle procedure interne già attuate dalla struttura e della verifica circa quanto stabilito con riferimento alla formazione del personale, anche precisando, a tale ultimo riguardo, che fosse “necessario formalizzare l'avvenuta verifica anche attraverso prove simulate o audit”.

In ultimo, oltre alle attività sopra richiamate, la società era stata incaricata di procedere alla valutazione dei rischi derivanti anche dalla movimentazione manuale dei carichi, da agenti fisici, da sostanze pericolose e da atmosfere esplosive.

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Pertanto, pur nella consapevolezza che l’ASP IMMeS e PAT, essendo un ente pubblico accreditato, conferisce gli incarichi ai propri fornitori selezionando le offerte ricevute mediante bandi di gara, la circostanza pare significativa, quale indice presuntivo di non adeguatezza del DVR.

3. Ebbene, le carenze organizzative messe in luce dalla Determina del 3 febbraio u.s.

paiono idonee a integrare alcune delle fattispecie contravvenzionali previste dal Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, atteso che il mancato aggiornamento del DVR – che in questo caso rileva con riguardo tanto al DVR complessivo, quanto al DVR relativo allo specifico rischio biologico – risulta di per sé fonte di responsabilità penale per il datore di lavoro.

Anzitutto, l’art. 55, comma 3, del D. Lgs. 81/2008 punisce con l’ammenda il datore di lavoro che adotti il DVR senza le modalità previste dall’art. 29, comma 3, il quale prevede espressamente che “la valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata” in occasione, tra l’altro, di “modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori”.

D’altra parte, l’obbligo di aggiornare costantemente il documento di valutazione dei rischi è un principio costantemente affermato anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale, anche di recente, ha chiarito che “il DVR è uno strumento duttile, suscettibile di essere in ogni momento aggiornato per essere costantemente al passo con le esigenze di prevenzione che si ricavano dalla pratica giornaliera dell’attività lavorativa39, e che, di conseguenza,

“integra la violazione dell’obbligo del datore di lavoro di elaborare un documento di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro non soltanto l’omessa redazione del documento iniziale, ma anche il suo mancato, insufficiente o inadeguato aggiornamento od adeguamento”40.

La prova che, nel caso di specie, si fosse certamente verificata una delle condizioni previste al terzo comma dell’art. 29 del Testo Unico, e che dunque fosse doveroso procedere all’aggiornamento del DVR, si ricava dalle stesse parole del Direttore Generale del Trivulzio il quale, nella Determina del 3 febbraio sopra richiamata, dà conto di “intervenute modifiche organizzative e di distribuzione degli spazi – locali” che imponevano la necessità “di aggiornare in toto l’attuale Documento di Valutazione dei Rischi della Struttura Pio Albergo Trivulzio”.

Per altro verso, per quanto attiene allo specifico rischio biologico, si rileva che l’art. 282 del Testo Unico punisce con l’arresto da tre a sei mesi, o con l’ammenda, il datore di lavoro che violi le disposizioni di cui all’art. 271, comma 3. Tale norma, che disciplina le modalità di

39 Cass. Pen. n. 39283/2018.

40Cass. Pen. n. 34893/2019.

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valutazione del rischio derivante dall’esposizione ad agenti biologici, anche in questo caso prevede che il datore di lavoro debba effettuare nuovamente la valutazione del rischio “in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata”.

Pertanto, laddove le intervenute modifiche citate dal Direttore Generale – su cui non sono forniti ulteriori dettagli – abbiano avuto un impatto anche sull’organizzazione del lavoro del personale sanitario tale da determinare una modifica delle procedure lavorative, si ritiene che il mancato aggiornamento del DVR relativo al rischio biologico sia idoneo a integrare quest’ultima, e più grave, fattispecie di reato.

4. Sotto altro e diverso profilo, si ritiene doveroso osservare che l’adeguatezza dell’assetto organizzativo del Pio Albergo Trivulzio avrebbe dovuto essere oggetto di verifica anche da parte dell’ATS, cui è infatti demandata, secondo quanto disposto dalla Delibera della Giunta Regionale Lombardia n. 2569 del 2014, la funzione di vigilanza e controllo sulle strutture accreditate al sistema socio sanitario41, tra cui appunto lo stesso Pio Albergo Trivulzio, accreditato al sistema socio sanitario con Deliberazione ASL n. 1039 del 25 luglio 201442.

In proposito la DGR Lombardia n. 2569/2014, nell’identificare i requisiti organizzativi e gestionali necessari per ottenere (e mantenere) l’accreditamento, prevede che la struttura richiedente adotti un modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D. Lgs.

231/200143.

Ebbene, a tale riguardo, secondo quanto si evince dall’ultimo aggiornamento del

“modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D. Lgs. 231/2001” (di seguito anche “modello” o “MOG”)44, la parte speciale del documento dedicata ai “Delitti contro la vita e l'incolumità individuale derivanti da violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro”45 individua espressamente, tra le potenziali aree di rischio, “la redazione del Documento di Valutazione dei rischi” (lett. B), nonché “la gestione della salute e sicurezza sul

41 Si veda in proposito l’Allegato 3 alla DGR Lombardia n. 2569/2014, nel quale viene precisato, in particolare, che la funzione di vigilanza da parte dell’ATS dev’essere svolta “attraverso attività volte alla verifica del possesso e del mantenimento nel tempo dei requisiti generali e specifici, di esercizio e di accreditamento” (p. 1), e che “anche per requisiti di carattere prettamente documentale, è necessario prendere in esame non solo la presenza della documentazione, ma anche la coerenza dei contenuti e la sua effettiva applicazione” (p. 2).

42D’altra parte è la stessa Carta dei Servizi del Trivulzio42 a indicare espressamente che la RSA è autorizzata al funzionamento dalla “Azienda Sanitaria Locale – ATS – Milano”, e che l’accreditamento al sistema socio sanitario viene annualmente confermato “previa verifica del mantenimento dei requisiti di accreditamento, dalla stessa ATS”.

43 Cfr. Allegato 1 alla DGR Lombardia n. 2569/2014, punto 3.2.4, lett. f).

44 Approvato lo scorso 22 gennaio 2020 con Delibera n. 1=2 dal Consiglio di Indirizzo della ASP e liberamente consultabile all’interno del sito internet www.iltrivulzio.it (all.to n. 8)

45 Sezione “E” del documento, pp. 53 e ss.

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