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1. Storia dei processi realizzativi dell’architettura: storia, problematiche e

1.4. Il Rinascimento La gestione del processo come motore di innovazione

e di San Pietro in Vaticano

Le premesse per l’avanzamento delle conoscenze umanistiche e tecniche rinascimentali derivano da un costante progresso scientifico maturato verso la fine dei cosiddetti “secoli bui”. La ripresa delle rotte commerciali del bacino del mediterraneo a seguito delle crociate, consentì il proficuo contatto con civiltà tecnologicamente avanzate24; inoltre, nel basso medioevo vigeva una relativa

stabilità politica data dalla minore intensità di conflitti distruttivi, mentre poteva prendere piede (solo grazie alla “medievale” attività degli amanuensi) la nuova temperie culturale antropocentrica, basata sulla riscoperta dei classici greci e latini. Pertanto, per meglio comprendere l’impatto di questi elementi sociologici sull’organizzazione del cantiere, si prendono in analisi due opere: la prima riguarda Firenze, città culla del rinascimento e motore economico di rilievo europeo; la seconda invece è a Roma ovvero il centro del potere ecclesiastico e delle diplomazie dell’epoca.

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Il potere di Firenze e delle città toscane in genere, nasce dalla progressiva importanza assunta dal sistema bancario nel tessuto economico dell’epoca. Questo fenomeno perciò, legato alle grandi capacità artistiche delle botteghe fiorentine e allo “storico” commercio di tessuti, portò delle risorse economiche importanti, che diedero il via a diversi cantieri di opere pubbliche e private di assoluto rilievo storico e artistico come, ad esempio, lo Spedale degli Innocenti.

Grazie a queste congiunture favorevoli, si diede inizio all’ambizioso progetto per la sostituzione della storica Cattedrale di Firenze (Santa Reparata), con una nuova imponente costruzione che doveva, anche a kilometri di distanza, raffigurare la potenza e la ricchezza della città che allora si proponeva come rinnovatrice dei fasti e dei costumi romani, in opposizione alle signorie “nordiche” (come i Visconti a Milano) legate culturalmente alle popolazioni germaniche mitteleuropee.

24 Si consideri la figura di Marco Polo (1254-1324) che, come tanti mercanti europei, entrò

in costante contatto con civiltà avanzate quali quelle orientali, oppure la vivacità del mondo islamico-persiano nel campo delle scienze matematiche e tecniche. Non si trascuri il fatto che la cupola del mausoleo di Olijetu (Soltaniyeh, Iran) simile per tecnica e dimensioni alla cupola del Brunelleschi, è stata realizzata più di un secolo prima.

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Il progetto originario, a cura di Arnolfo di Cambio (1232-1240) prevedeva la costruzione di un edificio di dimensioni talmente maggiori rispetto alla chiesa esistente, che fu possibile iniziare lo spiccato delle mura dall’esterno di questa, che venne tenuta aperta al culto durante tutte le prime fasi lavorative.

In quest’epoca viene ad assumere particolare importanza la progettazione del cantiere, ovvero lo studio delle fasi lavorative necessarie al compimento dell’intento progettuale, delle risorse materiali e immateriali da impiegare, delle attrezzature e delle interferenze che possono intercorrere tra raggio di azione delle macchine, il personale e la continuazione dell’uso dell’edificio in corso di ampliamento/sostituzione.

La prima interruzione di questo cantiere avvenne in occasione della morte, avvenuta in un intervallo di tempo relativamente ristretto, di tutti i principali attori dell’opera, a riprova di come – per quanto tecnologicamente evoluto – il processo era ancora strettamente legato alle vicende personali e alla conoscenza implicita delle figure della catena decisionale, in questo caso autorità religiose e signoria.

Dopo una breve ripresa dei lavori, concentrati perlopiù sul campanile (costruito su disegni di Giotto) vi fu un’altra lunga sospensione data dall’arrivo della peste nera (1348), che ebbe delle ricadute non indifferenti sulla società dell’epoca. La devastazione lasciata dall’imperversare del morbo però ebbe dei risvolti “positivi” per quanto concerne lo sviluppo tecnologico: difatti, visto che la peste aveva praticamente dimezzato il numero della forza-lavoro disponibile, la paga dei lavoratori crebbe, aumentando dunque anche la necessità di sviluppare macchine e ottimizzare processi, in maniera tale da poter contenere i costi dei prodotti25.

Anche per questo motivo l’architettura del rinascimento fu, oltre che una riscoperta del canone classico e della regola26 un’epoca di profonda ingegnerizzazione volta all’ ottimizzazione dei processi produttivi mediante l’impiego di macchine, progettate dagli architetti stessi, o l’impiego di tecniche costruttive capaci di ridurre i tempi di posa, garantendo al contempo prestazioni di assoluto riguardo. Per questi motivi, il cantiere di Santa Maria del Fiore - e in particolar modo la cupola - possono essere efficacemente esplicativi della realtà dell’epoca.

Dal punto di vista della programmazione, si assiste ad un fenomeno relativamente “nuovo” nel campo dell’affidamento degli incarichi. Difatti, nella

25 Si prenda a riferimento l’invenzione della stampa a caratteri mobili, economicamente

conveniente dato l’aumento del costo del lavoro degli amanuensi (Campisi, 2014).

26 Come per esempio nei trattati dell’Alberti (1404-1472), dove uno dei temi centrali è la

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Firenze rinascimentale era diffusa la pratica del concorso, che prevedeva la partecipazione dei più importanti tecnici dell’epoca: risale a questo periodo infatti la definizione della figura dell’architetto-autore, quale personalità di spicco nella società coeva, con tanto di biografi e di riconoscimenti pubblici. Questi concorsi si svolgevano sotto forma di presentazione di modelli esplicativi della valenza estetico- funzionale dell’edificio, ed erano corredati da relazioni che ne descrivevano tecniche e processi produttivi.

Nel caso della cupola, il concorso venne vinto da Brunelleschi e Ghiberti: l’ultimo fu estromesso dallo stesso Brunelleschi nelle prime fasi di realizzazione, grazie ad un espediente che gli permise di governare questo processo in prima persona, cosa che fece con continuità e dedizione per i successivi anni. È interessante, notare come, in questa occasione, nei termini contrattuali non venga invocata soltanto la regola d’arte ma vi sia un “disposto” che ricalca fedelmente i 12 punti elencati nella relazione tecnica preliminare del Brunelleschi (Di Pasquale, 2002). Considerando anche il fatto che l’autore non ha lasciato scritti, possiamo considerare la gestione della conoscenza di questo cantiere impostata in modo piramidale dal progettista/direttore lavori, che ne detiene cripticamente i principi27 alle nutrite fila

di lavoratori (se ne stima una presenza media di 300 unità su tutti i 18 anni della costruzione) e di artigiani coinvolti che, a loro volta, custodivano gelosamente i loro processi all’interno di strette cerchie familiari. Come era consuetudine per l’epoca, l’architetto curò personalmente l’ideazione e la costruzione di machinae per il trasporto delle maestranze e dei materiali: difatti, uno dei primi problemi da affrontare, oltre la complessità tecnico-strutturale del tema, fu l’organizzazione del cantiere. Costruire un edificio del genere senza l’uso di centine (impossibili da apprestare date le dimensioni del tamburo e la quota di imposta della volta) obbligava il trasporto di materiale pesante (i blocchi di arenaria delle costolonature hanno un peso di circa 800 kg) ad altezze superiori ai 50 metri (fig. 13 e 14).

Dal punto di vista dell’ottimizzazione dei tempi, l’architetto ricorse a metodologie di risparmio specifiche rispetto alle esigenze di cantiere quali la cura dell’ergonomia delle operazioni (per esempio, tutti i dettagli tecnici erano studiati per l’integrazione con gli apprestamenti e le macchine di cantiere), e la realizzazione di piattaforme necessarie a far sì che il lavoratore avesse sempre il materiale a portata di mano e lavorare in posizione eretta. Si consideri inoltre che la metodologia di

27 Ancora oggi il dibattito sulle modalità costruttive e sui principi statici impiegati è tutt’ora

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apparecchiatura muraria era assolutamente insolita per l’epoca, con l’ulteriore complicazione data dal fatto che le malte rinascimentali, dimentiche delle miscele pozzolaniche latine, presentavano tempi di presa più lunghi (Baluganti, 2009). Ad ogni modo, dai documenti dell’epoca è possibile dedurre una progressione del cantiere di 30 centimetri in altezza al mese, con una produttività media giornaliera di circa 400 mattoni da ogni lavoratore. Le macchine invece, garantivano un sollevamento di un “pieno carico” (ca.800 kg) ogni mezz’ora, per un dislivello da superare di circa 50 metri.

Figura 13. Schema descrittivo del castello di

montaggio della lanterna della basilica di Santa Maria del Fiore, Firenze. Disegno di Leonardo da Vinci

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Figura 14. Ricostruzione delle macchine e degli apprestamenti impiegati per il cantiere

della cupola di Santa Maria del Fiore, Firenze.

Sulla sinistra del profilo, sono riportati gli anni di completamento delle strutture (da Kleiner et Mamiya, 2008).

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Il cantiere della Basilica di San Pietro si inserisce in un contesto storico molto particolare, che vede la città di Roma in un processo di profonda trasformazione, guidata sia da esigenze pratiche che da necessità storico-culturali: le prime, infatti, erano legate alla vetustà delle strutture e infrastrutture della città che, in massima parte, risalivano alle epoche antiche; le seconde erano dettate dalle innovazioni acquisite durante il periodo rinascimentale che, tradizionalmente, può considerarsi concluso proprio al termine di questa esperienza.

Il progetto iniziò con un intento diverso, ovvero quello di rivisitare (seppur radicalmente) l’antica basilica costantiniana. I lavori, che iniziarono come era consuetudine dal coro, si interruppero subito per la morte del committente (Papa Niccolò V, 1397-1455) e rimasero in questo stato per diversi papati successivi, nonostante la prosecuzione dell’attività progettuale, che comunque era orientata ad un mantenimento dell’impianto basilicale a navate. La spinta decisiva alla realizzazione di un nuovo edificio fu data da Giulio II (1443-1513) che, dopo aver invitato diversi architetti ad apportare idee circa la realizzazione di questa importante opera, decise di demolire l’edificio esistente ed erigere una nuova fabbrica, in linea con le linee architettoniche e la tecnologia costruttiva del tempo (fig. 15).

Alla prosecuzione del progetto si avvicendarono diversi tecnici (Baldrati, 2014), con il risultato di una serie di alternative progettuali interessanti dal punto di vista tecnico-letterario, ma che si trasposero in un pesante rallentamento nelle lavorazioni. Dopo il sacco di Roma i lavori, guidati Antonio da Sangallo il Giovane (1484-1546) ripresero con una certa regolarità, arrivando alla quasi completa demolizione della basilica originaria che, comunque, non aveva mai interrotto la sua funzione28 liturgica. Dopo la morte del Sangallo, la direzione del cantiere passò a

Michelangelo (fig. 16), senza non pochi contrasti con gli altri tecnici dell’epoca, comunque coinvolti nell’organizzazione della Reverenda Fabrica Sancti Petri. Alla luce di questo clima di conflittualità all’interno della commissione tecnica, e considerando la possibilità data dall’uso indipendente della struttura costantiniana, Michelangelo impostò il cantiere secondo canoni molto vicini ai nostri tempi, ovvero procedendo contemporaneamente su più parti. Questo permise all’artista di ridurre considerevolmente i tempi previsti, arrivando quasi alla conclusione del tamburo.

28 Nell’edilizia di culto le aree di lavoro erano separate dagli ambienti liturgici mediante

strutture temporanee in legno: in questo caso, dato che si ipotizzava che l’assetto sangallesco potesse essere quello definitivo, venne eretto un muro divisorio per aumentare il confort degli spazi e, dall’altro lato, aumentare i ritmi della produzione edilizia. cfr. (Spagnesi, 2002).

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Michelangelo però lasciò l’incarico, oltre che per l’età, a seguito di un crollo in cantiere causato da un’imperizia di un suo capomastro: nel cantiere romano difatti, la figura dell’architetto era di assoluto rilievo e responsabilità pertanto, oltre al

Potere decisionale pressoché totale su tutte le fasi dell’opera29, aveva in carico anche

gli effetti delle opere realizzate dalle figure che selezionava.

L’elevazione definitiva della cupola, dopo una numerosa serie di verifiche e varianti, si ebbe solo 1588 sotto la direzione di Giacomo della Porta (1532-1602) assistito da Domenico Fontana (1543-1607). A quest’ultimo, dobbiamo tutta una serie di documenti e schemi di cantiere che ci lasciano intuire quale fu il processo

29 L’architetto disponeva del diritto al licenziamento dei singoli operai ritenuti inadeguati, o

alla cessazione dei rapporti contrattuali con imprese inadempienti (Baldrati, 2014).

Figura 15. Bramante presenta il progetto

della basilica a Papa Giulio II. Horace Vernet, 1827.

Figura 16. Michelangelo presenta il modello della cupola a Paolo IV. Domenico Crespi “il passignano”.

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realizzativo di questa opera costruita, a differenza della cupola fiorentina, con l’ausilio delle centine (fig. 17). Una volta installata la centinatura in legno e le macchine per il sollevamento dei pesi, si procedette alla posa in opera delle costolonature in pietra per sezioni parziali, al fine di controllare il peso gravante sulle centine nelle prime fasi di montaggio e completare l’opera in seguito, quando le spinte sarebbero state assorbite in parte anche dalle catene perimetrali.

Successivamente, furono poste in opera le vele tra i costoloni, con l’ausilio di catene e tiranti metallici per contrastare le forze di trazione. Vi è da notare come l’uso di elementi metallici (grappe tra conci in pietra, perni antiscivolamento, tiranti etc.) fu particolarmente diffuso (Bussi, Carusi, 2009);

Le lavorazioni di chiusura si limitarono all’ultimazione delle connessioni murarie, ai collegamenti trasversali tra le due calotte e alla posa della lanterna (Masiero e Zannoner, 2013).

Questo processo durò circa 5 anni – compreso la messa in opera della copertura in piombo -, grazie anche alla ingente mole di risorse messe a disposizione dal Papa Clemente VIII.

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Figura 17) Schema strutturale per la costruzione della cupola di San Pietro: la

sezione trasversale evidenzia le geometrie dei piani della centina e dei ponti di lavoro; la pianta, divisa in due emicerchi, illustra a sinistra lo schema del ponteggio, a destra lo schema delle strutture da realizzare.

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