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RIPRISTINO DEGLI INTONACI E RISANAMENTO DELLE PARETI DALL’UMIDITÀ Ogni intervento inerente le superfici intonacate

ha lo scopo di agevolare la conservazione del carattere e della finitura originari, gli intonaci tra- dizionali a base di malta di calce, anche se non contemporanei ai diversi impianti del fabbricato. In generale, gli intonaci risalenti fino ai primi anni del XX secolo saranno conservati.

E’ dunque esclusa categoricamente l’asportazio- ne, “scalcinatura” o “scrostatura”, di ampie zone di intonaco meritevoli di essere conservate poi- ché fonte di una testimonianza storica, cromati- ca e tecnologica. Tutte le stratificazioni che nel tempo sono state realizzate sulle superfici dell’e- dificio sono per noi un’importante parte della sua storia costruttiva e decorativa e, in quanto tali, devono essere preservate e ripristinate al fine di una loro conservazione nel tempo. Asportare o modificare deliberatamente parti dell’apparato decorativo o comunque stratificazioni di valore storico e testimoniale, significa cancellare una parte dell’evoluzione storico - costruttiva della fabbrica e privare i posteri della loro visione. La storia dell’edificio è anche la storia delle sue stra- tificazioni che rappresentano una testimonianza visibile delle sue vicende passate.

Le eventuali integrazioni rese necessarie a cau- sa di determinati stati di degrado, in particolare

dovuti all’azione dell’acqua, sono compiute con materiali, granulometrie e tecniche similari a quelle del rivestimento originario da mantenere. Viene dunque perseguito il criterio del mi-

nimo intervento orientato alla realizzazione dei soli interventi che si rendono necessari per

mantenere in salute e conservare l’edificio da un punto di vista statico e del degrado dei suoi materiali, escludendo le operazioni non strettamente necessarie alla salvaguardia del ma- nufatto. In linea di massima i rappezzi d’intonaco, pur distinguendosi dai lacerti di intonaco storico, sono indirizzati, congiuntamente alla successiva fase di pittura, all’ottenimento di

Fig. 81 I decori in stucco a scagliola dell’al- tare maggiore al di là della struttura del ponteggio. In primo piano l’effetto pittorico delle scanalature di una colonna. Dietro, la statua in gesso di Mosè, opera di Giacomo De Maria.

una superficie matericamente e cromaticamente unitaria, cercando di eludere il cosiddetto effetto a “pelle di leopardo”. Nel caso in cui sia necessa- rio realizzare il totale rifacimento del rivestimento in intonaco, previa documentata irrecuperabilità, questo sarà ricostituito utilizzando esclusivamen- te malte realizzate con materiali, granulometrie e tecniche di posa in opera riconducibili alla tradi- zione o, quantomeno, compatibili con i materiali del supporto murario sottostante. I materiali da utilizzare, pertanto, devono presentare sufficiente traspirabilità in modo da garantire l’evaporazione dell’umidità accumulata nella muratura. In linea generale viene utilizzata malta costituita da legan- ti tradizionali quali: grassello di calce aerea o calce idraulica naturale, sabbia a grana media e fine a dello strato di intonaco da stendere, coccio pesto, pozzolana, polvere di marmo e altri inerti comun- que naturali.

Oggetto di intervento è stato anche il degrado do- vuto alla presenza di umidità di risalita nelle mu- rature interne, soprattutto sul fronte nord - est. L’umidità di risalita nella murature è un problema che deve sempre essere risolto prima di ogni intervento di restauro. La risalita dell’acqua all’interno della muratura è generata dal raggiungimento dell’equilibrio tra l’assorbimento, dal basso, e l’evaporazione, dalla superficie della muratura. E’ dunque immediato comprendere l’errore derivante dall’utilizzo di soluzioni anti-risalita di umidità basate sull’impermeabilizza- zione della zona umida: in questo modo si impedisce all’acqua nella muratura di evaporare favorendo ancora di più il fenomeno della risalita capillare. Per l’intervento sulle murature umide all’interno della chiesa si è scelto di utilizzare un intonaco di tipo macroporoso a base di calce idraulica naturale (TAV. 28). L’efficacia di questa soluzione si basa sul fatto che il fenomeno della risalita dell’umidità nella muratura è favorito dalla presenza di pori di piccole dimensioni; è noto infatti che minori sono le dimensioni dei pori e maggiore è la l’altezza di risalita del liquido. Questo metodo di intervento sfrutta infatti la macroporosità, pori di grandi dimensioni, ed un elevato grado di porosità per contrastare la risalita capillare dell’acqua. Un intonaco di questo tipo si ottiene aggiungendo dei tensioattivi alla miscela dell’intonaco in

modo che venga favorita formazione di bolle d’aria al suo interno; le bolle d’aria infatti non permettono la penetrazione al loro interno dell’acqua. L’intonaco macroporoso ha dunque un comportamento di tipo anticapillare. Inoltre i macropori bloccano la risalita in superficie dei sali, fungendo da serbatoi per la cristallizzazione degli stessi, evitando l’insorgere di efflore- scenze saline sulla muratura.

Le principali fasi dell’intervento possono essere così sintetizzate:

Fase 1 preparazione del fondo. La muratura deve essere libera da polvere, sporco, ef- florescenze saline ecc. Eventuali tracce di oli, grassi e cere, anche tutte le parti sfarinanti devono essere preventivamente rimosse. I sali, eventualmente pre- senti sul supporto, devono essere preventivamente eliminati mediante pulizia a secco per evitarne la diffusione. La muratura deve essere preparata rimuovendo totalmente l’intonaco esistente per un’altezza di almeno un metro superiore alla fascia in cui è visibile l’umidità

Fase 2 stesura del rinzaffo

Fase 3 applicazione dell’intonaco macroporoso

L’intervento deve essere realizzato per un’altezza di almeno un metro superiore alla linea di risalita dell’umidità.

Fig. 82 Statua in gesso a lato dell’altare maggiore raffigurante Davide, opera dello scultore Giacomo De Maria.

8.1.8 RECUPERO DELLA NICCHIA INTERNA ALLA CHIESA, LATO NORD - EST