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Rischi ambientali derivanti dall'uso degli ammendant

3.3 Fitoestrazione assistita

3.3.1 Ammendanti nella fitoestrazione assistita

3.3.1.1 Rischi ambientali derivanti dall'uso degli ammendant

Come precedentemente riportato, l'addizione al suolo di chelanti sintetici quali EDTA, HEDTA, EGTA [acido etilenbis (ossietilentrinitrilo) tetracetico ] e DTPA (acido dietilentriamminopentacetico) aumenta sensibilmente la disponibilità dei metalli nella soluzione circolante in contrasto con i fenomeni di adsorbimento ed insolubilizzazione, favorendo così il loro assorbimento e l'accumulo nei tessuti delle piante. Prove condotte sulla fitoestrazione di metalli in presenza di chelanti sintetici, ed EDTA soprattutto, hanno tuttavia messo in luce i rischi ambientali derivanti da questa pratica a causa della loro persistenza nel suolo e del possibile lisciviaggio verso gli orizzonti inferiori con inquinamento delle acque di falda. Nella maggior parte degli studi effettuati è stato visto che la quantità di metalli solubilizzati dopo l'ammendamento con chelanti sintetici supera di molto quella assorbita dalle radici e che all'aumentare della dose di chelante applicato il rapporto tra frazione solubile ed assorbita tende a crescere. Di norma, le piante rimuovono soltanto una piccolissima percentuale degli elementi in forma solubile, spesso non oltrepassando l' 1 % della quantità totale. Ciò evidenzia la necessità di

utilizzare agenti chelanti che presentino un minore pericolo per l'ambiente. Grcman et al. (2001) hanno trovato che a seguito dell'applicazione di 2,9 g kg-1 di EDTA ad un suolo contaminato da Cd e Pb, dopo tre settimane dal trattamento il 19% del Pb totale (1100 mg kg-1 terreno) era lisciviato dal suolo. Gli autori hanno inoltre calcolato che le quantità di Cd e Pb lisciviate erano 245 e 315 volte maggiori di quelle assorbite dalle piante.

I requisiti per il lisciviaggio dei metalli sono che i metalli vengano trasportati nel terreno solamente verso il basso quando si trovano in forma solubile (ioni o complessi) e che la soluzione circolante del terreno possa percolare liberamente. Le piogge insistenti senza dubbio trasportano i metalli verso gli orizzonti inferiori in forma ionica o, in minor misura, come colloidi. Dopo la raccolta delle piante l'evapotraspirazione si riduce sensibilmente e ciò favorisce il movimento verso il basso dell'acqua e di conseguenza il lisciviaggio. Questo fenomeno deve essere prevenuto nei suoli contaminati, specialmente quando gli elevati apporti idrici possono causare processi di percolazione. Un importante obiettivo della fitoestrazione assistita è quindi quello di ridurre le concentrazioni dei metalli in soluzione al valore iniziale prima di essere aumentati con gli ammendamenti, specialmente dopo il periodo vegetativo.

Quando vengono usati chelanti organici persistenti ed in periodi immediatamente precedenti la raccolta delle piante, è chiaro come 1'obiettivo di cui sopra non possa essere raggiunto. La velocità di degradazione dei chelati metallici infatti dipende dalla loro costante di stabilità, dall' attività microbica nel suolo e dalla concentrazione degli ioni metallici liberi (Xun et al., 1996). Poiché i microrganismi sono incapaci di mineralizzare la sostanza organica di composti non naturali, la degradazione enzimatica dei chelanti sintetici è piuttosto lenta. Nel caso del Fe, è stato visto che nel terreno solo l' 1 % dei complessi formati da EDTA ed il 6% di quelli formati da DTPA venivano mineralizzati entro 4 mesi (Bolton et al., 1993). Il resto dei chelanti rimaneva nel terreno in forma solubile interamente complessato con il metallo.

L'uso di agenti chelanti naturali quali gli acidi organici a basso peso molecolare (citrico, malico, succinico) oppure di chelanti sintetici ad alta biodegradabilità anche in condizioni anaerobie (NTA) potrebbe risolvere il problema, non

presentando essi alcuna ovvero una bassissima tossicità per l'ecosistema. Gli acidi organici vengono degradati entro due settimane dall' applicazione (Krishnamurti et al., 1998), mentre la semi-vita di vari complessi di acidi organici con lo Zn è minore di due giorni (Wenger et al., 1998). A seguito dell'addizione di 0,95 g di NTA kg-1 suolo, la decomposizione dei complessi ZnNTA iniziava 20 giorni dopo la loro formazione, mentre l'ammendamento con 4,8 g kg-1 suolo non determinava alcuna decomposizione prima di 50 giorni a causa degli effetti tossici del metallo sui microrganismi del terreno (Wenger et al., 1998). Kulli et al. (1999) hanno invece osservato concentrazioni di Zn e Cu vicini ai livelli iniziali 24 giorni dopo aver applicato una quantità notevolmente più bassa di NTA (0,25 g kg-1 suolo). Alcune tecniche sono state ideate per cercare di combinare l'alta concentrazione di metalli nel terreno con la loro ridotta lisciviazione. Ad esempio, localizzando NTA alla profondità di 15 cm, la quantità necessaria per aumentare la fitoestrazione era minore rispetto a quella utilizzata addizionando il chelante in superficie (Kayser et al., 2000). In una prova in vaso, Schremmer et al. (1999) hanno testato l'effetto della fertilizzazione localizzata a livello radicale con solfato di ammonio. L'ipotesi era che con la formazione di una zona ad alta densità radicale, l'assorbimento dei metalli resi maggiormente solubili dal fertilizzante potesse diminuire il percolamento. I risultati hanno dimostrato che localizzando il fertilizzante in profondità le quantità di Cd e Zn lisciviate erano dimezzate o ridotte ad un terzo rispetto alla somministrazione in superficie. Diversi studi hanno inoltre preso in considerazione la possibilità di dividere l'ammendamento in più applicazioni, ma i risultati ottenuti sono risultati contraddittori e non permettono di verificare l'effettiva utilità di tale metodologia.

La fitoestrazione potenziata chimicamente è stata proposta come un effettivo approccio alla rimozione di metalli pesanti da terreno contaminato attraverso l’uso di piante con elevata biomassa. Usando esperimenti in vaso (Luo, Shen e Li, 2005), sono stati studiati gli effetti dell’applicazione di EDTA, EDDS e acido citrico sull’assorbimento di Cu, Pb, Zn e Cd nelle piante di grano (Zea mays) e di fagiolo (Phasephus vulgaris) e senape (Brassica carinata) (B.Irtelli et al.,2005). I risultati hanno mostrato che EDDS era più efficace di EDTA nell’aumentare la concentrazione di Cu nel grano e nei fagioli. L’applicazione di 5 mmolkg-3 EDDS

nel terreno ha aumentato significativamente le concentrazioni di Cu nelle radici, con livelli massimi di 2060 e 5130 mgkg-1 DW nel grano e nei fagioli, rispettivamente, che erano 45 e 135 volte maggiori di quelli delle corrispondenti piante controllo nelle quali non erano stati aggiunti chelanti. Anche le concentrazioni di Zn nelle radici erano più alte nelle piante trattate con EDDS rispetto a quelle trattate con EDTA. Per quanto riguarda Pb e Cd, EDDS è stato meno efficace di EDTA. La fitoestrazione massima di Cu è stata raggiunta con il trattamento di EDDS. L’applicazione di EDTA e EDDS ha anche aumentato significativamente il rapporto germoglio-radice nelle concentrazioni di Cu, Pb, Zn e Cd in entrambe le specie di piante. I risultati dell’estrazione di metalli con chelanti hanno mostrato che EDDS era più efficace dell’ EDTA nel rendere solubile Cu e Zn, e che EDTA era migliore dell’ EDDS nel rendere solubile Pb e Cd.

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