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Vantaggi e svantaggi della phytoremediation

Come già detto, la fitoestrazione non è attuabile in siti altamente contaminati a causa dei tempi di bonifica molto lunghi e dei rischi di tossicità per le piante. Per rendere il fitorisanamento di suoli lievemente o moderatamente inquinati economicamente vantaggioso per gli agricoltori dovrebbero comunque essere introdotti alcuni vantaggi addizionali, oltre a quelli ottenibili dalla rimozione dei metalli dal terreno. L'uso delle 'risorse rinnovabili' è una delle strategie adottabili. Infatti, mentre da una parte le colture diminuiscono le concentrazioni dei metalli nel suolo con benefici sulla sua fertilità, dall'altra la biomassa prodotta rende possibile un guadagno aggiuntivo. È stato osservato che il salice è una specie adatta sia per la decontaminazione dei suoli che per la produzione di energia. Questa specie ad alta biomassa ha dimostrato infatti di essere tollerante ai metalli e di rimuovere elevate quantità di Cd (Riddle-Black et al., 1997). Dopo combustione, la maggior parte del metallo è concentrata nelle ceneri che possono essere impiegate, ad esempio, come materiale per produrre laterizi. Le specie arboree o le graminacee pluriennali sono più adatte per la produzione di energia delle piante annuali per quanto riguarda la quantità di energia prodotta, le emissioni di gas tossici, il costo e la qualità della combustione (a causa

dell'assenza di composti indesiderati come l'acqua). Risultati preliminari hanno evidenziato che prodotti quali fibre e olio presenti in organi o tessuti vegetali che contengono basse concentrazioni di metalli possono essere estratti da piante cresciute su terreni contaminati (Griga et al., 2002).

I terreni contaminati dal metallo sono notoriamente difficili da recuperare. Le attuali tecnologie ricorrono all’escavazione del terreno, sia riempimento di terra sia lavaggio del terreno, seguita dalla separazione fisica o chimica dei contaminanti. Il costo del recupero del terreno è altamente variabile e dipende dai contaminanti, dalle proprietà del terreno e delle condizioni del posto. La pulitura dei terreni contaminati da metallo per mezzo di metodi di ingegneria convenzionale può essere molto costosa (Salt e al., 1995). Le stime dei costi unite all’uso di varie tecnologie per la ripulitura di terreno contaminato da metallo sono mostrate nella tabella 4 (Glass, 1999; Raskin e Ensley, 2000):

Tabella 4

La phytoremediation sta emergendo come un’alternativa a costo effettivo. Tipo di trattamento Costi ($/ton) Trattamenti chimici 100-500 Lavaggio del suolo 75-200 Vetrificazione 75-425 Trattamenti termici 170-300 Elettrocinetica 20-200 Incenerimento 200-1500 Landfilling 100-500 Fitoestrazione 5-40

Le analisi di costo della fitoestrazione di metallo è ostacolata dalla mancanza di informazione. A supporto di ciò, fino ad oggi nessun sito contaminato da metallo è stato completamente recuperato con le piante. Perciò, dati di costo disponibili sono limitati a studi a breve termine (2-3 anni). Non c’è dubbio che questi risultati possono essere usati per stimare accuratamente il costo del progetto completo che può durare fino a 15 anni e talvolta anche più a lungo. A parte queste limitazioni, vari autori hanno studiato il tempo e il costo della fitoestrazione. Per esempio, Brown e al. (1995a) hanno considerato un terreno contaminato con 400 mg/kg di Zn e un livello desiderato di ripulitura di 40 mg/kg. Questi autori hanno usato T. caerulescens nella loro analisi e assunto un costante grado di assorbimento di 4.000 mg/kg ed un annuale raccolto di 10 ton per ettaro. Hanno stimato che sarebbero servite 18 stagioni di crescita per rimuovere lo Zn in eccesso dal terreno. In uno studio successivo, il costo per recuperare un terreno contaminato da metallo con tecniche convenzionali di ingegneria era stimato tra $50 e $500 per tonnellata (Cunningham e Ow, 1996). Perciò, il prezzo per recuperare un acro di terreno (contaminazione profonda 0,9 metri) di circa 4.500 ton di peso, sarebbe più di $250.000. Questi autori hanno stimato che far crescere una coltura su un acro di terreno può essere svolto a costi 3-4 volte meno grandi rispetto agli attuali costi per l’escavazione e il seppellimento di terreno. Salt e al. (1995) hanno stimato che usare la fitoestrazione per pulire un acro di terreno a una profondità di 50 cm costerà $60.000-100.000, in confronto ad almeno $400.000 solo per l’escavazione e l’immagazzinamento di terreno.

Inoltre, poiché recupera il terreno in situ, la phytoremediation impedisce la distruzione del paesaggio e preserva l’ecosistema. Nonostante questi vantaggi, molti sono gli svantaggi che limitano l’applicabilità della fitoestrazione: limiti biologici come la bassa tolleranza alle diverse concentrazioni di metalli, la mancanza di traslocazione dei contaminanti il minor sviluppo vegetale e la minor efficienza delle radici nell’estrarre metalli. Vi è inoltre una scarsità di fondi e una scarsa conoscenza dei meccanismi dell’assorbimento, traslocazione e tolleranza che permettono una scelta corretta delle piante agrarie da usare per la fitoestrazione. Inoltre deve essere affrontato anche il problema dello stoccaggio delle piante una volta che hanno accumulato i metalli nella massa vegetale.

3.4.1 Miglioramento genetico

Lavorando su Arabidopsis, Huang et al. (1997) hanno trovato che alcuni mutanti indotti chimicamente presentavano accumuli di Pb 2-3 volte superiori alla pianta non mutata, mentre il maggiore spessore della parete cellulare era alla base delle più alte concentrazioni di Pb in un mutante di senape indiana. Più alti livelli di glutatione e fitochelatine sono stati ottenuti in B. juncea attraverso la ricombinazione genica (Zhu et al., 1999). In questo caso le piante transgeniche presentavano più elevate concentrazioni di Fe, Mn e Zn nelle parti aeree grazie al maggiore tasso di traslocazione dalle radici.

È probabile che ulteriori ricerche in campo molecolare possano portare alla realizzazione di genotipi capaci di accumulare alte concentrazioni di uno o più metalli a seguito della più alta traslocazione degli stessi verso le parti epigee. Rimane comunque ancora insoluta una caratteristica negativa della phytore- mediation, vale a dire l'alta variabilità nell'accumulo dei metalli da parte di cultivar o popolazioni di specie agrarie rivelatisi particolarmente adatte nella bonifica di uno specifico sito.

3.4.2 Limitazioni della pianta

Quando fu ripreso il concetto di fitoestrazione (circa 20 anni fa), i calcoli suggerivano che decontaminazione di successo basata sulle piante anche di terreni moderatamente contaminati richiedesse raccolti capaci di concentrare metalli in eccesso del 1-2%. L’accumulo di così alti livelli di metalli è altamente tossico e ucciderebbe certamente le piante non accumulatrici. Comunque, nelle specie iperaccumulatrici, tali concentrazioni sono raggiungibili. Perciò l’estensione della rimozione di metallo è limitata dall’attività della pianta a estrarre e tollerare solo un numero limitato di metalli. Questa soglia è intorno al 3% per Zn e Ni e molto meno per i metalli tossici, come Cd e Pb.

L’altro parametro biologico che limita il potenziale per la fitoestrazione del metallo è la produzione di biomassa. Con le piante di interesse agricolo, il potenziale per la produzione di biomassa è circa 100 tonnellate di peso puro

all’ettaro. I valori di questi parametri limitano il potenziale di rimozione annuo a un massimo di 400 kg di metallo per ettaro all’anno.

Molte iperaccumulatrici di metallo crescono lentamente e producono poca biomassa limitando molto l’uso delle piante iperaccumulatrici per la pulizia dell’ambiente.

3.4.3 Migliorare le piante per la fitoestrazione

E’ stato suggerito che la fitoriparazione diventerebbe rapidamente utilizzabile se le proprietà di rimozione del metallo delle piante iperaccumulatrici, come T. caerulescens, potessero essere trasferite alle specie produttrici di molta biomassa, come la senape indiana (Brassica juncea) o il mais (Zea mays) (Brown e al., 1995b). La biotecnologia è già stata utilizzata con successo per manipolare l’assorbimento di metallo e le proprietà di tolleranza di alcune specie. Per esempio, nel tabacco (Nicotiana tabacum) è stata ottenuta una maggiore tolleranza al metallo utilizzando i geni, estratti da mammifero, delle metallotioneine (Maiti et al., 1991).

La più spettacolare applicazione della biotecnologia per il rinnovamento ambientale è stata la bioingegneria delle piante capaci di far scomparire il mercurio dal terreno contaminato con mercurio metilico. Il mercurio metilico, un forte agente neurotossico, è biosintetizzato nei terreni contaminati con Hg. Per disintossicare questa tossina, le piante transgeniche (Arabidopsis e tabacco) sono state strutturate per esprimere i geni batterici MerB e MerA. In queste piante modificate MerA converte Hg(II) in Hg(O) un elemento instabile meno tossico che è rilasciato nell’atmosfera (Heaton et al., 1988). Sebbene l’uso delle piante modificate con MerB e MerA sia ristretto dai provvedimenti regolatori, questa ricerca illustra il grande potenziale della biotecnologia per il rinnovamento ambientale. Nel tentativo di indirizzare i provvedimenti regolatori collegati alla fitovolatizzazione del mercurio, Bizili e al. (1999) hanno dimostrato che le piante strutturate per esprimere MerBpe possono essere usate per degradare il mercurio metilico e successivamente rimuovere il mercurio ionico per mezzo di estrazione. Nonostante recenti sviluppi nella biotecnologia, si conosce poco sulla genetica dell’iperaccumulo di metallo nelle piante. In particolare, i principali meccanismi

della pianta, come il trasporto e l’immagazzinamento del metallo (Lasas e al., 2000) e la tolleranza al metallo (Ortiz et al., 1995) devono essere meglio compresi. Recentemente Chaney e al., (1999) hanno proposto l’uso di fertilizzanti per migliorare le specie iperaccumulatrici e incorporare tratti significativi, come la tolleranza al metallo e le caratteristiche di assorbimento, nelle piante che producono molta biomassa. Per esempio, nel tentativo di correggere in piccola parte la biomassa delle piante iperaccumulatrici, Brewer e al. (1997) hanno generato ibridi somatici tra T. caerulescens (iperaccumulatrice di Zn) e Brassica napus (canola), seguito da selezione ibrida per la tolleranza a Zn. Sono stati ottenuti ibridi ad alta biomassa con tolleranza superiore a Zn.

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