Il rischio di eventi meteorologici estremi: un approfondimento
2.1 Il rischio meteo-idrogeologico
Le condizioni atmosferiche, in tutti i loro aspetti, influenzano profondamente le attività umane; in alcuni casi i fenomeni atmosferici assumono carattere di particolare intensità e sono in grado di costituire un pericolo, a cui si associa il rischio di danni anche gravi a cose o persone. Si parla allora, genericamente, di “condizioni meteorologiche avverse”. Utilizzando per la nostra introduzione al rischio meteo-idrogeologico le definizioni assunte dalla Protezione Civile, è importante distinguere i rischi dovuti direttamente ai fenomeni meteorologici da quelli derivanti, invece, dall’interazione degli eventi atmosferici con altri aspetti che caratterizzano il territorio o le attività umane. Questi rischi vengono quindi trattati dalle specifiche discipline scientifiche che studiano quei particolari aspetti soggetti all’impatto delle condizioni meteorologiche. A titolo esemplificativo piogge molto forti o abbondanti, combinandosi con le particolari condizioni che caratterizzano un territorio, possono contribuire a provocare una frana o un’alluvione. In questo caso si parla di rischio idrogeologico o idraulico. Altri rischi connessi agli eventi atmosferici, invece, derivano dal verificarsi di fenomeni meteorologici in grado di provocare direttamente un danno a cose o persone. In particolare, i fenomeni a cui prestare maggiore attenzione sono: temporali, venti e mareggiate, nebbia e neve/gelate.
L’idrogeologia è la disciplina delle scienze geologiche che studia le acque sotterranee, anche in rapporto alle acque superficiali. Nell’accezione comune, il termine dissesto idrogeologico viene invece usato per definire i fenomeni e i danni reali o potenziali causati dalle acque in generale, siano esse superficiali, in forma liquida o solida, o sotterranee. Le manifestazioni più tipiche di fenomeni idrogeologici sono frane, alluvioni, erosioni costiere, subsidenze e valanghe. Nel sistema di allertamento il rischio è differenziato e definito come:
• Il rischio idrogeologico, che corrisponde agli effetti indotti sul territorio dal superamento dei livelli pluviometrici critici lungo i versanti, dei livelli idrometrici dei corsi d’acqua della la rete idrografica minore e di smaltimento delle acque piovane;
• Il rischio idraulico, che corrisponde agli effetti indotti sul territorio dal superamento dei livelli idrometrici critici (possibili eventi alluvionali) lungo i corsi d’acqua principali.
In Italia il dissesto idrogeologico è diffuso in modo capillare e rappresenta un problema di notevole importanza. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio ai dissesti idrogeologici, rientra la sua conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia (distribuzione dei rilievi) complessa e bacini idrografici generalmente di piccole dimensioni, che sono quindi caratterizzati da tempi di risposta alle precipitazioni estremamente rapidi. Il tempo che intercorre tra l’inizio della pioggia e il manifestarsi della piena nel corso d’acqua può essere dunque molto breve. Eventi meteorologici localizzati e intensi combinati con queste caratteristiche del territorio possono dare luogo dunque a fenomeni violenti caratterizzati da cinematiche anche molto rapide (colate di fango e flash floods).
Il rischio idrogeologico è inoltre fortemente condizionato anche dall’azione dell’uomo. La densità della popolazione, la progressiva urbanizzazione, l’abbandono dei terreni montani, l’abusivismo edilizio, il continuo disboscamento, l’uso di tecniche agricole poco rispettose dell’ambiente e la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua hanno sicuramente aggravato il dissesto e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano e aumentato l’esposizione ai fenomeni e quindi il rischio stesso.
Nell’ambito di questo lavoro sarà particolare oggetto di analisi il rischio derivante dal processo di cambiamento climatico in atto, che ha portato ad un sempre più frequente manifestarsi dei cosiddetti “extreme weather events”. Questi eventi sono rappresentati in maniera prevalente dalle alluvioni, di cui, accogliendo sempre le definizioni del Dipartimento della Protezione Civile, andiamo di seguito ad introdurre gli aspetti principali. Le alluvioni sono tra le manifestazioni più tipiche del dissesto idrogeologico e si verificano quando le acque di un fiume non vengono contenute dalle sponde e si riversano nella zona circostante arrecando danni a edifici, insediamenti industriali, vie di comunicazione, zone agricole, ecc. Il D.Lgs. 49/2010 ne da una definizione puntuale: “a) alluvione: l'allagamento temporaneo, anche con trasporto ovvero mobilitazione di sedimenti anche ad alta densità, di aree che abitualmente non sono coperte d'acqua. Ciò include le inondazioni causate da laghi, fiumi, torrenti, eventualmente reti di drenaggio artificiale, ogni altro corpo idrico superficiale anche a regime temporaneo, naturale o artificiale, le inondazioni marine delle zone costiere ed esclude gli allagamenti non direttamente imputabili ad eventi meteorologici”.
Le alluvioni più importanti che hanno interessato l’Italia e che hanno comportato un pesante bilancio sia in termini di perdita di vite umane che di danni, sono state quelle
del Po nel Polesine (1951), dell’Arno (1966) e del Po nel Nord Italia (1994 e 2000). Tuttavia in Italia sono frequenti alluvioni che si verificano in bacini idrografici di piccole dimensioni a causa di precipitazioni intense e localizzate che sono difficili da prevedere. Tali bacini, presenti soprattutto in Liguria e Calabria, sono caratterizzati da tempi di sviluppo delle piene dell’ordine di qualche ora che determinano alluvioni di elevata pericolosità che spesso provocano vittime, danni all’ambiente e possono compromettere gravemente lo sviluppo economico delle aree colpite.
Le alluvioni sono fenomeni naturali, tuttavia tra le cause dell’aumento della frequenza delle alluvioni ci sono senza dubbio l’elevata antropizzazione e la diffusa impermeabilizzazione del territorio, che impedendo l’infiltrazione della pioggia nel terreno aumentano i quantitativi e le velocità dell’acqua che defluisce verso i fiumi. La mancata pulizia di questi ultimi e la presenza di detriti o di vegetazione che rendono meno agevole l’ordinario deflusso dell’acqua sono un’altra causa importante.
Un’alluvione può sostanzialmente essere definito da due grandezze: il livello pluviometrico delle precipitazioni, quindi la quantità di acqua, espressa in millimetri e misurata dalle apposite stazioni pluviometriche, che si riversa su una porzione di territorio in un determinato lasso di tempo, e la portata dei corsi d’acqua, che consente di calcolare la capacità di deflusso delle acque propria dell’ambito territoriale su cui si è verificato l’evento. La portata di un fiume è correlabile con il livello idrometrico (livello del pelo libero dell’acqua) in quella sezione. Dal livello idrometrico, nota la geometria del tratto di fiume considerato, è possibile risalire alla portata relativa. Si assume infatti che per una data sezione di un corso d’acqua esista una relazione biunivoca tra portate e livelli, nota come scala di deflusso, che permette di trasformare le osservazioni di altezza d’acqua in osservazioni di portata. Da considerare come esista una proporzione che stabilisce che un millimetro di pioggia su una superficie di terreno di un metro quadro corrisponda all’incirca ad un litro d’acqua. Utilizzando queste grandezze è possibile dunque creare dei modelli che consentano di stabilire se un determinato afflusso pluviometrico, data una certa portata e quindi date le caratteristiche capacità di deflusso, possa determinare l’uscita dall’alveo naturale del corso d’acqua considerato. Il rischio derivante da eventi alluvionali è un rischio che può essere analizzato sia da un punto di vista aziendale, intendendolo come il rischio che un evento meteorologico estremo vada ad influire sulla capacità di creazione di valore da parte dell’impresa, fino anche a metterne in dubbio la sopravvivenza, sia nell’ottica della Pubblica Amministrazione, andando a considerare tale tipo di eventi come capace di generare il
danneggiamento, fino anche alla completa distruzione, del tessuto sociale ed economico su cui ha insistito. Oggetto di questo lavoro di tesi sarà la considerazione e l’analisi del rischio meteo-idrogeologico nell’ambito dell’attività della Pubblica Amministrazione, e pertanto, nei prossimi capitoli, andremo ad illustrare le metodologie di gestione del rischio così come stabilite dalla normativa vigente e dal documento sugli “indirizzi operativi per l’attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione ed alla gestione dei rischi da alluvioni con riferimento alla predisposizione delle mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni”, reso pubblico nel gennaio 2013 dal Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, come documento conclusivo del tavolo tecnico Stato-Regioni sul tema.
Le attività sono articolate in tre fasi corrispondenti a diversi livelli di approfondimento. La fase uno consiste nell’individuazione delle aree soggette a rischio idrogeologico, attraverso l'acquisizione delle informazioni disponibili sullo stato del dissesto; la fase due nella perimetrazione e valutazione dei livelli di rischio e nella definizione delle conseguenti misure di salvaguardia; infine, la fase tre, nella programmazione della mitigazione del rischio. Approfondiremo infine anche il tema del reporting analizzando i principali documenti prodotti nell’ambito del processo di gestione del rischio meteo- idrologico.
2.1.1 L’identificazione delle aree a rischio
Nella prima fase di indagine dovranno essere individuati, in cartografia in scala opportunamente prescelta in funzione delle dimensioni dell'area e comunque non inferiore a 1:100.000, i tronchi di rete idrografica per i quali dovrà essere eseguita la perimetrazione delle aree a rischio. Per ciascun tronco fluviale o insieme di tronchi fluviali omogenei dovrà essere compilata una scheda che riporti sinteticamente:
• la tipologia del punto di possibile crisi, le caratteristiche idrauliche degli eventi temuti (colate detritiche, piene repentine, alluvioni di conoide, ecc. nei bacini montani; piene dei corsi d'acqua maggiori, piene con pericolo di dissalveamento, piene con deposito di materiale alluvionale, sostanze inquinanti o altro, ecc. nei corsi d'acqua di fondo valle o di pianura);
• la valutazione dei fenomeni accaduti e del danno temuto in caso di calamità; • le informazioni disponibili sugli eventi calamitosi del passato;
• i dati idrologici e topografici e gli studi già eseguiti che siano utilizzabili nelle successive fasi di approfondimento.
Le Autorità di Bacino40 e le Regioni, che sono gli enti incaricati di realizzare tali mappe, potranno utilizzare, a corredo delle informazioni disponibili presso le loro strutture tecniche, reperibili in loco o raccolte con l'interpretazione geomorfologica delle osservazioni di campagna, delle foto aeree ecc., le informazioni archiviate dal Gruppo nazionale per la difesa delle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche (GNDCI-CNR), nell'ambito del progetto Aree vulnerate italiane (AVI), i cui risultati sono presentati sinteticamente in rapporti regionali editi a cura del GNDCI- CNR. Oltre ad essi è prevista l’esistenza di un catasto degli eventi, in cui sono rintracciabili le informazioni sulla collocazione spaziale e temporale degli eventi di piena nonché delle conseguenze avverse ad essi associati. La predisposizione di tale catasto è in carico al Dipartimento della Protezione Civile che, in accordo con il Ministero dell’Ambiente, le Autorità di Bacino e le Regioni, definirà le modalità di manutenzione e alimentazione dello stesso.
In riferimento agli ambiti di studio sopra indicati, andrà ulteriormente valutato il grado e l’affidabilità delle informazioni necessarie per la conduzione delle attività in oggetto. Sulla base di tali informazioni, sarà possibile definire il livello di aggiornamento e/o approfondimento caratterizzante lo studio di individuazione della pericolosità idraulica, in base al tipo di approccio più o meno deterministico adottato. In particolare:
• Livello base: analisi speditive mediante utilizzo di metodi storico inventariali e geomorfologici sulla base di conoscenze con modesto grado di attendibilità; • Livello intermedio: analisi idrologico ‐ idrauliche di tipo speditivo e analisi
geomorfologiche basate su conoscenze aggiornate e con medio grado di attendibilità;
• Livello avanzato: analisi idrologico ‐ idrauliche di tipo avanzato basate su conoscenze aggiornate e con alto grado di attendibilità.
Il primo livello di approfondimento è da intendersi, comunque, proporzionale al valore degli elementi presenti nelle aree di riferimento e potenzialmente esposti ai fenomeni
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idraulici, fermo restando che nei successivi cicli di pianificazione si potranno sviluppare analisi via via più avanzate.
Obiettivo dell’attività finora descritta è rappresentare le aree potenzialmente interessate da alluvioni secondo scenari prestabiliti indicando, laddove possibile ed in relazione al livello sviluppato a questo stato, le informazioni relative alla portata di piena, tiranti idrici41 e velocità di deflusso delle correnti42.
Si reso è necessario, nell’ambito della legislazione che regolava questa attività, procedere per uniformare la rappresentazione delle classi di pericolosità, in relazione agli scenari riportati nell'art. 6 del D.lg.49/2010, ai fini della redazione delle mappe in oggetto.
Al fine di giungere alla definizione di criteri omogenei, cui riferirsi per la rappresentazione delle classi di pericolosità, occorre ricordare che la stessa è funzione principalmente delle seguenti grandezze:
• tempo di ritorno, ovvero il tempo medio tra due eventi calamitosi (cioè di intensità maggiore di un valore prefissato);
• tirante idrico (h espresso in m) e velocità (v espresso in m/s).
Le attività relative alla redazione delle cartografie della pericolosità idraulica, per i corsi d’acqua e ambiti territoriali di cui sopra, si può pertanto configurare attraverso la realizzazione di mappe di pericolosità rappresentate, rispetto al Tempo di ritorno, secondo 3 classi di seguito riportate:
• 20≤ T ≤50 anni (alluvioni con elevata probabilità di accadimento, pericolosità alta, P3);
• 100 ≤ T ≤200 anni (alluvioni con media probabilità di accadimento, pericolosità media, P2);
• 200 < T ≤500 anni (alluvioni con bassa probabilità di accadimento, pericolosità bassa, P1).
La stessa normativa, non obbliga a valutazioni analitiche collegate a valori di h e v, ma ribadisce che per ogni scenario, siano riportati almeno i seguenti elementi:
a) estensione dell'inondazione; b) altezza idrica o livello;
c) caratteristiche del deflusso (velocità e portata).
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Può essere definito in maniera sintetica come l’altezza dell’acqua rispetto al fondo dell’alveo del fiume
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Viene influenzata dalla pendenza, dalla presenza di detriti o altro materiale solido in alveo, dalle caratteristiche della vegetazione e dalle condizioni meteorologiche
Come anticipato, le mappe della pericolosità idraulica andranno riportate su un adeguato supporto cartografico di base utilizzando una scala preferibilmente non inferiore al 1:10.000 ed, in ogni caso, non inferiore a 1:25.000. Ove significativo sulle mappe della pericolosità idraulica andrà indicato, in forma lineare, puntuale o come testo/tabelle, le seguenti informazioni:
• sezioni trasversali di calcolo (con indicazione, su quelle ritenute significative, di livelli, velocità e portata media per assegnati periodi di ritorno);
• attraversamenti (in generale tutti ed in particolare, da evidenziare, quelli a rischio erosione e/o sormonto);
• restringimenti (naturali o artificiali); • tratti tombati;
• aree a ridotta capacità di deflusso a causa di fenomeni di sovralluvionamento o accumulo di materiale di altra natura (tronchi d’albero, oggetti di grosse dimensioni);
• tratti in erosione o sovralluvionamento;
• alvei o anse relitte (riattivabili in condizioni di piena); • alvei strada;
• possibili vie di fuga della corrente (non valutabili con la modellistica idraulica ma di cui si è a conoscenza da altro tipo di analisi);
• tratti arginati insufficienti o in condizioni di degrado; • opere idrauliche (briglie, diversivi, etc.);
• invasi.
Le classi di pericolosità proposte, in funzione delle trasposizioni previste, contengono le informazioni relative agli scenari di inondazione e alle caratteristiche della corrente o comunque le mappature, ove possibile, saranno ulteriormente integrate attraverso ulteriori elementi informativi (linee, punti, testi, tabelle).
La individuazione delle aree a rischio idraulico ottenuta come risultato del calcolo idraulico semplificato dovrà fare riferimento alla stima idrologica della portata di piena prevedibile in quel tratto di corso d'acqua ed ai livelli.
I valori delle portate di piena con un assegnato tempo di ritorno possono essere dedotti anche sulla scorta di valutazioni idrologiche speditive o di semplici elaborazioni statistiche su serie storiche di dati idrometrici.
Comunque, ove possibile, è consigliabile che gli esecutori traggano i valori di riferimento della portata al colmo di piena con assegnato tempo di ritorno dalle elaborazioni eseguite dal Servizio idrografico e mareografico nazionale, oggi ricompreso nel sistema dei Centri Funzionali43.
Dovranno essere inserite nell'area a bassa probabilità di inondazione le aree protette da argini, ma al livello di piena eccezionale definita precedentemente; l'esclusione di aree rientranti in questa categoria è ammessa solo se può ritenersi insormontabile rispetto a una piena con Tempo di ritorno di 200 anni l'argine che le protegge.
La perimetrazione delle aree così individuate sarà riportata alla scala adeguata, qualora la loro estensione sia molto grande, nell'ambito del Sistema cartografico di riferimento oggetto di specifica intesa tra Stato e Regioni.
In assenza di adeguati studi idraulici ed idrogeologici, la individuazione delle aree potrà essere condotta con metodi speditivi, anche estrapolando da informazioni storiche oppure con criteri geomorfologici e ambientali, ove non esistano studi di maggiore dettaglio.
Utilizzando la cartografia in scala minima 1:25.000 e con l'ausilio delle foto aeree, dovrà essere individuata la presenza degli elementi indicati in precedenza, riferiti agli insediamenti, alle attività antropiche e al patrimonio ambientale, che risultano vulnerabili da eventi idraulici. La conoscenza e classificazione degli elementi esposti potrà avvenire attraverso l’utilizzo di una serie di strati informativi il cui livello di dettaglio risulterà sempre crescente.
Possiamo individuare un livello minimo, disponibile su tutto il territorio del Distretto44, che ricomprende:
• dati del progetto “CORIEE LAED COVER” costituiti da mappe di uso suolo divise in 44 layer informativi (scala 1: 100.000 e con una sensibilità di 25 ha, accuratezza geometrica 100m);
• dati da geoportali nazionali e regionali (vari aggiornamenti) costituiti da Data Base cartografici e di uso suolo a grande e piccola scala;
• dati da cartografia I.G.M. (scala 1:25.000); • dati da censimenti ISTAT.
Possiamo invece far riferimento ad un livello dettagliato, specifico per ogni Autorità di Bacino, definito attraverso:
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L’attività dei Centri Funzionali sarà approfondita nel paragrafo 2.2.6
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• dati ricavabili dalle mappe contenute negli strumenti di pianificazione vigenti (Piano di Gestione delle Acque, PTR, PTCP, Piani Paesistici, PRGC/PUC, Piani Attuativi, Piani Particolareggiati, Piani ASI, Piani ATO, Piani Tutela Acque, ecc…);
• dati provenienti dalle carte tecniche regionali (scala 1:5000); • dati provenienti da specifici rilievi aerofotogrammetrici; • dati provenienti da indagini di campo.
Oltre ai dati reperibili secondo quanto specificato ai punti precedenti sarà possibile avvalersi di altre e diverse fonti (cartografiche storiche, archivistiche, bibliografiche, etc.) e/o acquisizione diretta di informazioni sul territorio.
Devono essere considerati come elementi a rischio innanzitutto l'incolumità delle persone e, inoltre, con carattere di priorità, almeno:
• gli agglomerati urbani comprese le zone di espansione urbanistica;
• le aree su cui insistono insediamenti produttivi, impianti tecnologici di rilievo, in particolare quelli definiti a rischio ai sensi di legge;
• le infrastrutture a rete e le vie di comunicazione di rilevanza strategica, anche a livello locale;
• il patrimonio ambientale e i beni culturali di interesse rilevante;
• le aree sede di servizi pubblici e privati, di impianti sportivi e ricreativi, strutture ricettive ed infrastrutture primarie.
L’acquisizione dei dati, almeno di primo livello, consentirà di individuare e cartografare, le seguenti macro‐categorie:
1. Zone urbanizzate (agglomerati urbani, nuclei abitati con edificazione diffusa e sparsa,