Introduzione
In questo articolo i conti economici regionali sono utilizzati per delineare l’andamento dell’economia piemontese nella seconda metà degli anni novanta a fronte della media nazionale e di quella del Nord-Ovest, quest’ultima costituendo l’area territoriale con la struttura produttiva più simile a quella della nostra regione. I diffe-renziali di crescita economica rispetto alle aree di confronto vengo-no analizzati in base al contributo dei diversi settori produttivi, anche alla luce dei cambiamenti nella struttura economica del Piemonte emersi dai dati del Censimento intermedio dell’industria e
dei servizi del 1996.
In base ai conti regionali, nel periodo 1995-1999 il PILa prezzi costanti è cresciuto in Piemonte a un tasso medio annuo dell’1,2%, inferiore non solo alla media nazionale, ma anche a quella delle regioni nordoccidentali (1,6% e 1,4% rispettivamente). Il contri-buto della regione al prodotto del paese si è così ridotto dall’8,8% del 1995 all’8,6% del 1999.
A quali fattori è riconducibile la minore crescita economica della nostra regione? Quale è stata l’influenza delle specializzazioni ROBERTOCULLINO*
CRISTINAFABRIZI*
I N F O R M A I R E S , A N N O X I V , N . 2 6 , A P R I L E 2 0 0 3 , P P . 4 1 - 4 6 * Banca d’Italia - Nucleo
per la ricerca economica della sede di Torino. Il contenuto di questo arti-colo riflette esclusiva-mente le opinioni degli autori e non intende rap-presentare posizioni uffi-ciali della Banca d’Italia. Il primo e il secondo paragrafo sono attribui-bili a Roberto Cullino, il terzo a Cristina Fabrizi.
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settoriali? In che misura i nuovi settori del terziario che, in base ai dati del censimento del 1996, si stavano sviluppando in Piemonte hanno contribuito alla crescita? Per rispondere a queste domande ci è sem-brato opportuno delineare in primo luogo il volto economico della regione quale emergeva dai dati del censimento citato.
La struttura dell’economia piemontese a metà degli anni novanta
Alla metà del decennio scorso l’economia piemontese mostrava, in base ai dati del censimento intermedio, alcuni cambiamenti rilevanti nei tratti che per decenni l’avevano contraddistinta nel confronto con la media nazionale.
Era rilevabile, infatti, un’attenuazione delle specificità settoriali e dimensionali proprie dell’economia della regione; sem-brava profilarsi un processo di “convergen-za” verso la struttura media del paese. Se guardiamo agli indici di specializzazione
relativa, calcolati in rapporto alla media nazionale, tra il 1991 e il 1996 era diminuita la specializzazione nelle attività manifattu-riere e, d’altro lato, si era attenuata la despecializzazione nei comparti delle costruzioni, del commercio, dei trasporti e comunicazioni e dell’intermediazione monetaria e finanziaria (fig. 1). Tendenze analoghe erano osservabili all’interno del manifatturiero, con una riduzione della specializzazione nella fabbricazione di mezzi di trasporto e di macchine elettriche e un aumento degli indici relativi alla mag-gior parte dei comparti nei quali in prece-denza la regione non aveva una specializza-zione relativa (alimentare, tessile, carta, stampa ed editoria). Solo il comparto della meccanica mostrava un aumento della spe-cializzazione relativa.
La dimensione media delle unità pro-duttive, pur rimanendo superiore al valore nazionale (4,1 addetti, contro i 3,6 della media nazionale), era diminuita rispetto al 1991 (4,7 addetti). La contrazione della dimensione era rilevabile anche nel
com-Fig. 1 Quozienti di specializzazione. Confronto Piemonte-Italia*
0,30 0,20 0,10 0,00 -0,10 -0,20 -0,30 -0,40 0,23 0,18 -0,01 0,02 -0,17 -0,10 -0,14-0,12 -0,30 -0,31 -0,16-0,14 -0,06 -0,03 0,02 0,05 Attività manifatturiere
* I quozienti di specializzazione sono calcolati come complemento a 1 dei coefficienti di specializzazione, pari al rapporto, per ogni settore, tra la quota di addetti alle unità locali a livello regionale e quella corrispondente a livello nazionale.
** I servizi vari a imprese e famiglie includono le attività immobiliari, di noleggio, di informatica, di ricerca e le altre attività professio-nali e imprenditoriali.
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT, 7° censimento generale dell’industria e dei servizi, 1991 e Censimento intermedio dell’industria e dei servizi, 1996
En. elettrica, gas e acqua
Costruzioni Commercio Alberghi e ristoranti Trasporti e comunicazioni Intermediazione monetaria e finanziaria Servizi vari a imprese e famiglie** 1991 1996
parto manifatturiero (da 12,3 a 10,9 addetti).
D’altro lato, rispetto al 1991 era cresciu-to, in misura più intensa della media del paese, il grado relativo di terziarizzazione (si rammenta che il censimento intermedio considerava i soli servizi privati destinabili alla vendita). Tale andamento era riconduci-bile principalmente al comparto dei servizi vari a imprese e famiglie, il cui peso sul ter-ziario complessivo era salito tra il 1991 e il 1996 di otto punti percentuali, al 24,8%, valore superiore alla media nazionale (21,1%). Esso costituiva il solo comparto del terziario nel quale l’economia piemonte-se aveva accentuato la propria, pur conte-nuta, specializzazione relativa in confronto con la media nazionale (fig. 1). Tale svilup-po era riconducibile, in particolare, alle atti-vità immobiliari, alle altre attiatti-vità professio-nali e imprenditoriali e ai servizi dell’infor-matica. Vi avevano contribuito presumibil-mente i processi di riorganizzazione delle imprese manifatturiere piemontesi, in
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colare di quelle di maggiori dimensioni, che avevano determinato la cessione all’esterno di fasi del processo produttivo e di attività di servizio (outsourcing) e il trasferimento ad apposite società costituite nell’ambito dello stesso gruppo di attività specifiche (insourcing), al fine di sfruttare le possibili economie di scala e di specializzazione.
Vediamo ora, in base ai conti economici regionali, quali sono state le performance economiche di tale struttura produttiva nella seconda metà del decennio.
L’economia piemontese nella seconda metà degli anni novanta
In base ai conti economici regionali, nel periodo 1995-1999 il Piemonte è cresciuto in media ogni anno di 0,4 punti percentuali in meno rispetto al complesso del paese (fig. 2).
Tutti i principali settori di attività eco-nomica della nostra regione si sono
svilup-Fig. 2 Valore aggiunto e PIL. Tassi medi annui di crescita nel periodo 1995-1999* (valori %)
3,0 2,5 2,0 1,5 1,0 0,5 0,0 Agricoltura, silvicoltura e pesca Industria in senso stretto
Costruzioni Servizi Valore aggiunto ai prezzi base (al lordo SIFIM)
Prodotto interno lordo ai prezzi
di mercato * Valore aggiunto a prezzi 1995. I tassi medi annui di crescita sono calcolati come tasso composto: per il periodo compreso tra t e t + n, ga= Xt+ n / Xt– 1.
** I SIFIMsono i Servizi di Intermediazione Finanziaria Indirettamente Misurati: misurano il valore della produzione derivante dall’atti-vità di intermediazione finanziaria prestata dalle istituzioni di credito che non viene detratta a livello delle singole branche produttive. Fonte: elaborazioni su dati ISTAT, Conti economici regionali 1995-1999
1,1 2,5 2,5 0,2 0,3 0,8 0,4 0,1 0,7 1,5 1,8 1,8 1,1 1,3 1,5 1,2 1,4 1,6 Piemonte Nord-Ovest Italia
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pati ad un ritmo inferiore alla media nazio-nale. Anche nel terziario, che rappresentava nel 1999 il 61,8% del valore aggiunto (VA) a prezzi costanti della regione, e nel quale come abbiamo visto erano emersi segnali di significativo cambiamento, la crescita media annua, pur superiore a quella di tutti gli altri principali settori, è stata più conte-nuta rispetto alla media del paese (1,5% contro l’1,8%). Nell’industria in senso stretto e nelle costruzioni (il 30,8% e il 4,7%, rispettivamente, del VA a prezzi costanti) i tassi di sviluppo sono stati mode-sti (0,2% e 0,4%, rispettivamente).
Poiché il confronto con la media nazio-nale può essere per alcuni aspetti poco significativo (per il diverso grado di svilup-po delle regioni italiane, per la diversa struttura produttiva, ecc.), è sembrato inte-ressante concentrare l’attenzione sul divario di crescita del Piemonte rispetto al Nord-Ovest, che costituisce, come detto, l’area con il maggior grado di omogeneità. In tale area, i servizi rappresentano il 63,2% del VA (67,4% nella media nazionale), l’indu-stria il 30,4% (24,3% in Italia), le
costru-zioni il 4,3% e l’agricoltura il 2,2% (5% e 3,4% per cento, rispettivamente, nella media del paese).