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La risposta didattico-disciplinare: la teoria della trasposizione didattica e il costrutto di ostacolo

epistemologico

Presa coscienza dell’ampia messe di problemi annidati nel rapporto tra fisica intuitiva e fisica esperta, intendiamo ora inquadrare questo tema all’interno della prospettiva didattico-disciplinare85 che, restituendo centralità al sapere, ne mette in luce l’intrinseco potere formativo offrendo strumenti concettuali idonei a contemperare tanto le istanze dell’oggetto quanto quelle del soggetto, in linea con un’opzione teorica di matrice problematicista. A questo scopo riorienteremo l’attenzione dalle strutture mentali dei discenti al carattere sistemico della relazione di insegnamento- apprendimento, collocando il fenomeno in questione all’interno del sistema didattico costituito dalla triade insegnante-allievo-sapere86, che rappresenta i tre differenti punti di vista da cui può essere analizzato il processo di trasmissione di conoscenze.

L’analisi dello sviluppo della conoscenza del soggetto perseguita dagli studi di psicologia cognitiva ed evolutiva, certamente fondamentali ma non esaustivi rispetto alla complessità della problematica didattico-educativa, verrà quindi sostituita o meglio contestualizzata e ricompresa all’interno dell’indagine sulle condizioni di funzionamento della relazione di

85

Sul paradigma didattico-disciplinare si rinvia a B. Martini, «La didattica disciplinare», in M. Baldacci, E. Colicchi (a cura di), Teoria e prassi in pedagogia. Questioni epistemologiche, Carocci, 2016.

86

B. Martini, Didattiche disciplinari, cit., pp. 23-39. Scrive a questo proposito Berta Martini: «Tale schema, già presente nei lavori di Chevallard (Id., M. A. Joshua, «Une example d’analyse de la trasposition didactique», Reserches en Didactique des Mathématiques, 3(1), 1982, pp. 159-239) allude al complesso sistema di relazioni che si instaurano reciprocamente tra i diversi “attori” durante l’azione didattica, definendone ad un tempo la specificità e la problematicità». Ivi, p. 24. Martini sottolinea inoltre come la struttura a triangolo consenta non solo di porre in evidenza il processo di trasmissione di conoscenze (il sapere) da un emittente (l’insegnante) a un ricevente (l’allievo), ma anche di porre il problema delle condizioni e delle eventuali disfunzioni di tale trasmissione. Questo aspetto in particolare verrà approfondito nel terzo capitolo, in riferimento alla specifica problematica discussa in questo lavoro.

insegnamento-apprendimento che qui, nello specifico, si traduce nella ricerca delle condizioni alla base di una trasposizione didattica epistemologicamente e pedagogicamente fondata.

Con “trasposizione didattica”, termine coniato nel 1985 dal disciplinarista francese della matematica Ives Chevallard, s’intende «il lavoro che di un oggetto del sapere da insegnare fa un oggetto di insegnamento»87, ovvero quel «processo creativo e complesso», scrive Martha Isabel Fandiño Pinilla, «che vede protagonista l’insegnante che agisce sul Sapere per trasformarlo in un sapere da insegnare adatto all’allievo»88. Sorta originariamente come risposta ai lavori di matrice psicopedagogica caratterizzati da un forte focus sul soggetto, la nozione di trasposizione didattica concerne la possibilità di stabilire relazioni opportune tra sapere esperto (savoir savant), sapere da insegnare (savoir à

enseigner) e sapere insegnato (savoir enseigné), alludendo metaforicamente

– scrive Berta Martini89 – al «situare altrove», ovvero ad uno «spostamento non rettilineo», in conseguenza del quale il sapere «cambia» alcune caratteristiche o, appunto, la sua «forma».

Tale costrutto, riconosciuto oggi come uno degli strumenti concettuali più fertili delle Didattiche disciplinari, si configura così come il tentativo di emancipare la ricerca didattica dal paradigma applicazionista90, il quale, assoggettando l’insegnamento esclusivamente alle teorie dell’apprendimento, finisce per destituire il sapere del suo potere formativo.

87

Y. Chevallard, La transposition didactique. Du savoir savant au savoir enseigné, La Pensée Sauvage, Grenoble, 1985, p. 39, cit. in S. Nirchi, «The historical development of the Didactic Transposition concept in curricular project of disciplinary knowledges», Q-Times Webmagazine, VI (4), 2014, pp. 1-10, http://qtimes.it/flv/Nirchi_Qtimes_VI_4_14.pdf, p. 4.

88

M. I. Fandiño Pinilla, «Trasposizione, ostacoli epistemologici e didattici: quel che imparano gli allievi dipende da noi. Il caso emblematico di frazioni, area e perimetro», in S. Sbaragli (a cura di), La matematica e la sua didattica, vent’anni di impegno. Atti del Convegno Internazionale omonimo, Castel San Piretro Terme (BO), 23 settembre 2006, Pitagora, Bologna, 2006, pp. 117-120, p. 117.

89

B. Martini, Formare ai saperi, cit., pp. 64-65.

90

Sull’inadeguatezza dell’approccio applicazionista in didattica, secondo il quale l’insegnamento è causa dell’apprendimento, si rinvia anche a E. Damiano, La mediazione didattica: per una teoria dell'insegnamento, Franco Angeli, Milano, 2013, pp. 107-138.

Recuperare questo polo del sistema didattico apre così alla possibilità di ripensare il problema del rapporto tra fisica ingenua e fisica esperta alla luce del ruolo fondamentale che, all’interno del processo di insegnamento- apprendimento, gioca la distinzione tra forme scientifiche e forme didattiche dei saperi unitamente all’indagine delle loro reciproche relazioni. Interrogarsi continuamente in merito al lavoro di adattamento e di trasformazione del sapere esperto in oggetto di insegnamento (del savoir

savant in savoir à enseigner) in funzione del luogo, degli scopi e dei

destinatari della trasmissione91 è, infatti, sempre anche un modo per riflettere sulla natura, sull’evoluzione nonché sull’intrinseco potenziale formativo della disciplina, al fine di renderla disponibile come specifica «forma di cultura», come «prospettiva conoscitiva per comprendere e interpretare la realtà»92.

La realizzazione di un simile progetto di educazione scientifica che risponde alla sfida della complessità93 reclama, tuttavia, l’esplicitazione delle difficoltà che “coagulano” intorno alla definizione dei vincoli epistemologici e pedagogici a cui un’adeguata ed efficace trasposizione didattica deve rispondere, difficoltà a cui, a nostro avviso, è possibile ed opportuno guardare attraverso il costrutto didattico-disciplinare di ostacolo epistemologico. A questo fine riteniamo necessario offrirne una parziale rilettura94 volta ad integrare le posizioni eterogenee ma complementari dei due studiosi che se ne sono principalmente occupati – rispettivamente

91

B. Martini, Didattiche disciplinari, cit., p. 42.

92

B. Martini, S. Sbaragli, Insegnare e apprendere la matematica, Tecnodid, Napoli, 2005, p. 25.

93

Per un approfondimento sulla sfida della complessità in ambito educativo si rinvia a E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000.

94

La centralità del costrutto di ostacolo epistemologico per la comprensione della relazione tra fisica ingenua e fisica esperta è stata discussa in M. Tombolato, «Il costrutto di ostacolo epistemologico per un’interpretazione in chiave didattica del rapporto fra conoscenza ingenua e conoscenza formale in fisica», Pedagogia più didattica. Teorie e pratiche educative, 2(1), aprile 2016, da cui è in parte tratto quanto segue.

Gaston Bachelard95 e Guy Brousseau96 – riarticolandole alla luce del carattere relazionale del processo conoscitivo. In altri termini, per potersi rivelare un dispositivo ermeneutico ed euristico paradigmatico dei fenomeni d’insegnamento-apprendimento interpretati in un’ottica sistemica, la nozione di ostacolo epistemologico deve conciliare l’epistemologia descrittiva di ascendenza bachelardiana, centrata sui fattori storici e psicologici che condizionano l’evoluzione del pensiero scientifico, con la funzione normativa del sapere a cui rinvia Brousseau nello spostare l’attenzione dai limiti psichici del soggetto conoscente allo statuto epistemologico dei concetti e alla loro intrinseca complessità97.

Riferito, infatti, alle difficoltà intrinseche al processo conoscitivo inteso come correlazione intenzionale soggetto-oggetto piuttosto che a uno solo di questi due poli pensati in opposizione dicotomica, tale costrutto si presta ad un duplice sguardo, alludendo da un lato alle difficoltà oggettive generate dalla complessità dei contenuti conoscitivi, dall’altro alle manifestazioni

soggettive di tali difficoltà oggettive che si annunciano attraverso una vasta

fenomenologia di misconcezioni rilevabili descrittivamente dalla ricerca empirica. Con questo, tuttavia, non si intende sostenere l’esistenza di un nesso di tipo deterministico-causale tra misconcezioni degli studenti e ostacoli interni al sapere, bensì solamente ipotizzare un nesso correlazionale, soggetto a validazione empirica, senza che ciò implichi necessariamente una corrispondenza biunivoca misconcezione–ostacolo:

95

G. Bachelard, La formazione dello spirito scientifico, cit. Per l’epistemologo francese l’ostacolo risiede nel pensiero, nella limitatezza della mente umana che, intrisa di pregiudizi, si attarda nella conoscenza di senso comune opponendo resistenza all’avanzare dei nuovi modi di vedere.

96

G. Brousseau, «Les obstacles épistémologiques et les problèmes en mathematiques», Recherches en didactique des mathématiques, 4(3), 1983, pp. 165-198. Per Brousseau l’ostacolo si lega alla natura intrinseca del sapere, all’impossibilità di comunicarlo immediatamente nella sua generalità, ampiezza e complessità.

97

Tra gli esempi di ostacoli proposti da D'Amore ritroviamo il postulato di Archimede e il concetto di numero immaginario. B. D'Amore, M. I. Fandino Pinilla, I. Marazzani, S. Sbaragli, La didattica e le difficoltà in matematica, Erickson, Gardolo (TN), 2008, pp. 46- 47.

uno stesso ostacolo può, infatti, essere posto in relazione con un’ampia fenomenologia di misconcezioni, così come una stessa misconcezione può rinviare all’intreccio di più ostacoli.

In sintesi possiamo dunque concludere che, sul piano didattico, la fertilità di tale dispositivo interpretativo si lega a doppio filo al suo porre in relazione aspetti soggettivo-descrittivi e oggettivo-normativi della conoscenza, facendo convergere verso un unico obiettivo – garantire le condizioni di possibilità dell’apprendimento – contributi provenienti da ambiti distinti. Non solo. La duplice prospettiva da cui possiamo interpellarlo ne amplifica la potenza euristica: se è possibile, a partire dalle misconcezioni rilevate dalla ricerca empirica, risalire ai diversi ostacoli connaturati ad una specifica disciplina, è sempre anche possibile percorrere la strada in senso inverso grazie allo studio della storia e dell’epistemologia della disciplina stessa. Sullo sfondo di questa premessa si colloca il nostro tentativo di utilizzare in senso euristico le misconcezioni poste in evidenza da tre studi empirici – selezionati a titolo di casi paradigmatici – e confermate in larga misura dai risultati di un’indagine esplorativa condotta su un campione di studenti iscritti al corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria, per intercettare, all’interno del dominio della meccanica classica, gli ostacoli che storicamente si sono frapposti alla costituzione di tale specifico sapere.

5. Dalle misconcezioni agli ostacoli: mondo newtoniano vs