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Le risposte politiche mancanti

Nel documento Novembre 20167 (pagine 58-62)

2. Globalizzazione in stallo: profonde le cause, inadeguate le risposte

2.5 Le risposte politiche mancanti

La politica deve, innanzitutto, rispondere alle crescenti paure dei cittadini su scala nazionale. Rafforzando le reti di sicurezza per le classi medio-basse e, in particolare, per le persone più po-vere (disoccupati e famiglie numerose), maggiormente colpite dalla crisi; attraverso, per esem-pio, strumenti di sostegno al reddito, meglio se condizionati alla ricerca del lavoro e all’investimento in formazione22. E favorendo il riassorbimento dei posti di lavoro perduti, verso settori e imprese in espansione, anche con misure che rendano il mercato del lavoro più flessibile ed efficiente.

19Si veda Hicks e Devaraj (2015).

20Si veda Autor, Dorn e Hanson (2013, 2016).

21Si veda Dippel, Gold e Heblich (2015).

Più in generale, è necessario fornire alle imprese e ai lavoratori gli strumenti per avere successo nella competizione internazionale, creando un contesto favorevole all’innovazione e alla crescita della produttività, anche con incentivi a sostegno degli investimenti (specie in ricerca e svi-luppo), e puntando sull’istruzione (che deve essere maggiormente integrata con il mondo pro-duttivo) e sulla formazione di lavoratori altamente qualificati. Occorrono politiche che migliorino le opportunità di partenza, sia per una questione di equità, cioè mettere chi nasce ai piedi della scala sociale nelle condizioni di salirla, sia per una di efficienza, cioè consentire la piena realizzazione delle potenzialità e dei talenti delle persone; agevolando, in particolare, l’accesso all’istruzione scolastica di buona qualità alle famiglie indigenti.

Questi interventi devono far parte di un approccio chiaro e organico che abbia come primo obiettivo il benessere economico dei cittadini e li faccia sentire tutelati di fronte delle forze im-personali della tecnologia e dei mercati internazionali. È necessaria, inoltre, una migliore co-municazione sui benefici dell’integrazione internazionale e anche sui costi a essa associati; un dibattito più aperto e informato, per esempio, sarebbe di grande aiuto per rivitalizzare il ne-goziato tra Eurozona e Stati Uniti sul TTIP.

A livello internazionale, occorrono sforzi decisi e coordinati per accelerare la crescita del com-mercio mondiale, seppure non ai ritmi dei primi anni Duemila, quando era stata sostenuta da una serie di fattori eccezionali. Le misure di policy necessarie a riattivare i processi di libera-lizzazione degli scambi sono ad ampio raggio: invertire il trend di aumento delle misure pro-tezionistiche, implementare gli accordi già raggiunti come il TPP, portare avanti le negoziazioni già in atto nel settore dei servizi e rivitalizzare le negoziazioni multilaterali, specie su temi nuovi e strategici come il commercio digitale. È molto importante, inoltre, favorire l’ascesa su scala globale di altri paesi emergenti in Asia e Africa, anche grazie alla maggiore partecipa-zione alle GVC.

L’obiettivo è quello di riattivare il circolo virtuoso di crescita degli scambi, della produttività e del PIL globali. Secondo stime OCSE, il ritorno a un processo di liberalizzazione degli scambi ai ritmi degli anni Novanta può aumentare di 1-2 punti percentuali il tasso di crescita del com-mercio mondiale23. L’incremento dell’intensità degli scambi (cioè del rapporto tra questi e il PIL globale), al ritmo medio di lungo periodo pre-crisi, implicherebbe un’accelerazione di 0,2 punti percentuali della crescita della produttività totale dei fattori nei paesi OCSE; un guada-gno consistente, dato che essa ha registrato un +0,5% medio annuo negli ultimi dieci anni24. Di fronte alla persistente carenza di domanda globale, è forte la tentazione per molti paesi di attuare svalutazioni competitive per guadagnare quote di mercato. Una politica cosiddetta di

beggar thy neighbor, cioè a scapito dei paesi concorrenti. Il rischio, però, è che si crei una corsa a

chi svaluta di più, cioè una guerra delle valute. Senza vincitori, perché, quando più valute si de-prezzano contemporaneamente, il loro valore relativo tende a rimanere inalterato. Ciò, anzi,

23Si veda OCSE (2016).

produce incertezza circa l’evoluzione dei tassi di cambio e alimenta turbolenze finanziarie, anche per il rischio di repentine fughe di capitali. L’effetto finale sugli scambi globali è quindi negativo. Perciò i ministri delle finanze e i governatori delle Banche centrali dei principali paesi mondiali hanno sottolineato in più occasioni che la svalutazione del cambio non può essere uno strumento per ottenere più crescita.

Nei paesi avanzati occorre, invece, utilizzare al meglio e in modo coordinato le politiche di bi-lancio, rafforzando la spesa pubblica in investimenti e infrastrutture. Secondo stime OCSE, in-fatti, un aumento degli investimenti pubblici, simultaneo in tutti i paesi membri, di mezzo punto di PIL avrebbe un impatto positivo di oltre lo 0,4% sul PIL mondiale e di più dell’1% sul commercio globale25.

È necessario, infine, attuare decise politiche industriali, puntando sul manifatturiero, settore ad alta dinamica di produttività e innovazione, propulsore degli scambi con l’estero, attivatore di posti di lavoro qualificati e radicato in profondità nel territorio e nel sociale; insomma, mo-tore della crescita sostenibile del PIL. In questo senso, il ruolo degli imprenditori, a fianco di e in sintonia con l’azione dei governi nazionali e delle istituzioni sovranazionali, è centrale per affrontare le sfide sociali connesse alla globalizzazione e per far ripartire la crescita in modo più equilibrato e inclusivo.

Nel contesto attuale il proseguimento della debole e stabile dinamica del PIL e del commercio mondiali registrata negli ultimi anni è diventato lo scenario meno probabile. Se le risposte po-litiche continueranno a essere deludenti, infatti, le tensioni economiche, finanziarie, popo-litiche e sociali arriveranno a un punto di rottura, producendo prospettive di arretramento della glo-balizzazione e di recessione mondiale26. Se, invece, saranno messi in campo, in modo coordi-nato, tutti gli strumenti di policy a disposizione, sarà possibile tornare a una crescita robusta e diffusa a tutte le classi sociali.

25Si veda OCSE (2015).

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LE CATENE GLOBALI DEL VALORE

Nel documento Novembre 20167 (pagine 58-62)