Da molti anni si avverte la necessità di identificare nei fluidi biologici molecole che possano costituire degli indicatori della presenza nell’organismo di forme neoplastiche. Queste molecole dovrebbero permettere una diagnosi precoce per consentire un intervento terapeutico tempestivo e monitorare la progressione della malattia. Tali sostanze sono indicate con il termine di biomarcatori. Le proteine sono le principali macromolecole funzionali delle cellule e rappresentano un target ideale come biomarcatori. Infatti, le proteine posso essere secrete ed essere dosate nei fluidi biologici fornendo maggiori informazioni sul tumore rispetto al materiale genetico, dato che una proteina è l’effettore finale del gene e può anche subire modificazioni post-traduzionali. Pertanto la proteomica rappresenta l’approccio ideale nella ricerca di biomarcatori, poichè consente l'identificazione e la quantificazione globale delle proteine, e delle loro modificazioni post-traduzionali, nei sistemi biologici e può rivelare i cambiamenti del proteoma implicati nella tumorigenesi.
Negli ultimi anni, nei nostri laboratori, ci siamo dedicati allo studio di diversi tipi di tumori alla ricerca di proteine che fossero indicative della condizione patologica. In particolare, ci siamo focalizzati sull’analisi del mesotelioma e del carcinoma tiroideo, nel suo sottotipo microfollicolare.
57 MESOTELIOMA PLEURICO MALIGNO
Il MPM è una neoplasia indotta dall’esposizione all’ asbesto, quasi universalmente fatale. Infatti, pur essendo molto raro, è una forma particolarmente insidiosa, poiché generalmente non dà luogo a sintomi precoci di qualche rilievo e la malattia si manifesta quando ormai ha raggiunto uno stadio avanzato, refrattario a qualsiasi forma di terapia. Per questo motivo, risulta di grande importanza la ricerca di biomarcatori che permettano una diagnosi precoce del MPM. Recentemente, nei nostri laboratori, è stato condotto uno studio confrontando il secretoma di cellule NCI-H2052 (linea cellulare di MPM) con quello di una linea cellulare di mesotelio sano (controllo), cellule Met-5A, mediante un approccio proteomico. L’elettroforesi bidimensionale, associata alla spettrometria di massa, ha permesso di concentrare l’interesse sull’alterazione dell’espressione di 2 proteine: prosaposina e sulfidril ossidasi.
La prima parte del mio studio ha avuto, quindi, lo scopo di validare attraverso test ELISA, se l’incremento di espressione di una di queste proteine, la prosaposina, fosse riscontrabile anche in un fluido biologico umano, ovvero il siero di pazienti affetti da MPM e soggetti di controllo (sani ma che erano stati in passato esposti all’asbesto).
A tal fine è stato utilizzato un kit ELISA commerciale per saggiare su 36 malati e 36 controlli i livelli sierici di prosaposina. In figura 14 è rappresentato il grafico a dispersione che mostra i singoli valori della concentrazione di prosaposina rilevati per ogni paziente. L’analisi statistica evidenzia un aumento fortemente significativo (p-value < 0.0001) della proteina nei malati rispetto ai controlli, confermando così il dato ottenuto dall’analisi proteomica esplorativa.
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Figura 14. Analisi dei risultati ottenuti con saggio ELISA per la prosaposina nel siero. Ogni punto rappresenta il valore, in µg/ml della prosaposina. Viene inoltre indicato il valore medio dell’intensità nel siero (M) ± deviazione
standard (SD). La significatività del confronto è stata valutata con il test statistico t-student.
Abbiamo inoltre analizzato la curva ROC, per definire la potenza diagnostica della proteina. La curva, rappresentata in figura 15, ha un’area sotto la curva (AUC) pari a 0.787, con sensibilità e specificità percentuale di 72.
Figura 15. Curva ROC della prosaposina calcolata confrontandone i livelli sierici di pazienti con MPM e di controlli. E L IS A _ P R O S A P O S IN A n g /m l S a n o - e s p o s t o M P M 0 5 0 0 1 0 0 0 1 5 0 0 p < 0 . 0 0 0 1 n = 3 6 M S D = 3 4 9 .5 1 0 9 .5 n = 3 6 M S D = 4 9 2 .8 1 6 1 .3
59 La prosaposina è una glicoproteina multifunzionale localizzata nei lisosomi che può anche essere secreta. La forma lisosomiale è il precursore di 4 proteine (saposine A-D) implicate nell’idrolisi degli sfingolipidi. Quella secreta è un fattore di crescita pleiotropico ritrovato in fluidi biologici (83).
Questa molecola è stata trovata up-regolata anche in altri tumori (84,85).
Sembra che i livelli elevati di prosaposina possano causare un aumento della degradazione dei ceramidi, fornendo un vantaggio di sopravvivenza alle cellule tumorali accontentandone le esigenze energetiche (84). Inoltre, tra le sue funzioni, la prosaposina può regolare l’attività trascrizionale, prevenendo la morte cellulare o l’apoptosi e promuovendo quindi la sopravvivenza cellulare (83). I nostri dati suggeriscono quindi la prosaposina come un possibile marcatore del MPM, ma lo studio richiede la validazione anche dell’altra proteina trovata differenzialmente espressa dall’analisi proteomica del secretoma. Validarne la presenza nel siero e l’espressione differenziale nell’MPM, servirà ad aumentare il potere diagnostico dei nostri marcatori, visto che i tumori non vengono caratterizzati dalla presenza di una sola proteina, ma piuttosto da un pannello di biomarcatori. Infatti l’analisi statistica della combinazione di più proteine può servire ad aumentare la potenza dell’analisi della curva ROC. L’ altra proteina candidata come biomarcatore è la sulfidril ossidasi, un enzima che catalizza l’ossidazione dei gruppi sulfidrilici con la riduzione dell’ossigeno a perossido di idrogeno. Una sua over-espressione è considerata importante durante l’invasione delle cellule tumorali, facilitando la progressione del tumore (86). Il buon risultato ottenuto con la prosaposina è incoraggiante quindi per estendere il nostro studio.
60 NODULO MICROFOLLICOLARE DELLA TIROIDE
Accanto al MPM, questa tesi ha proseguito anche la validazione di biomarcatori per un altro tumore, quello tiroideo. In particolare, ci siamo concentrati sul sottotipo microfollicolare che rappresenta un problema diagnostico per i clinici. Infatti, con “nodulo microfollicolare” si intende un nodulo tiroideo che, sottoposto ad ago aspirato, è risultato appartenere all’unica categoria diagnosticata che non dà certezze di benignità o di malignità e che pertanto richiede un intervento chirurgico per ottenere una diagnosi.
Questo comporta che il paziente debba inevitabilmente sottoporsi all’intervento, consistente nell’asportazione totale della tiroide, nonostante la maggior parte dei noduli microfollicolari risulti essere di natura benigna e solo nel 15% risulti maligna. Una tiroidectomia non necessaria comporta effetti collaterali che bisogna tenere in considerazione, come ematomi, ipocalcemia, ipotiroidismo o paralisi del nervo laringeo. Pertanto, al fine di ridurre il numero di interventi chirurgici per noduli benigni, è di fondamentale importanza ricercare biomarcatori che permettano una diagnosi differenziale delle lesioni follicolari prima dell’intervento.
Questa tesi ha quindi portato avanti uno studio sulle lesioni tiroidee avviato negli ultimi anni nei nostri laboratori. In questa ricerca, che ha incluso 400 campioni di ago aspirato tiroideo, con diversa classificazione citologica ed istologica, è stata determinata, per la prima volta, l’analisi del proteoma dell’ago-aspirato tiroideo. Combinando l’elettroforesi bidimensionale con la spettrometria di massa sono emerse differenze di espressione per molte proteine (87). Tra queste abbiamo trovato, aumentate nel tumore, l’annessina A2 (ANXA2) e l’annessina A5 (ANXA5). In particolare, il loro aumento si riscontrava nei noduli diagnosticati come maligni già all’esame citologico dell’ago aspirato tiroideo e confermati tali dall’esame istologico successivo alla tiroidectomia. Questo dato si aggiunge ad altri presenti in letteratura che
61 sostengono un possibile ruolo delle annessine nel processo oncogenico. Le proteine di questa famiglia sono delle “proteine leganti il calcio e fosfolipidi” che promuovono invasione e metastasi in diversi tipi di cancro risultando tra le proteine più comunemente evidenziate in studi proteomici e funzionali sui tumori (88,89,90). L’ANXA5 è una proteina che è coinvolta nella coagulazione
sanguinea ed è stata anche ampiamente studiata come indicatore di morte cellulare. In alcuni studi è emersa come una proteina che favorisce la genesi e la progressione tumorale (91,92). L’ANXA2 è distribuita nel nucleo, citoplasma e superficie extracellulare ed è espressa nelle cellule endoteliali, nei macrofagi e nelle cellule tumorali. Anche questa annessina risulta associata all’origine, all’ invasione e alla metastasi tumorale (93). Con questa tesi abbiamo quindi voluto vedere se queste proteine potessero discriminare anche i noduli microfollicolari benigni dai maligni, oltre alle lesioni diagnosticate maligne già all’esame citologico dell’ago aspirato.
A tal fine, abbiamo testato con western blot la presenza di ANXA2 ed ANXA5 nell’ago aspirato di pazienti con diagnosi citologica di nodulo microfollicolare rivelatosi poi benigno (n=18) o maligno (n=19) all’istologia dopo operazione chirurgica.In figura 16 è riportato l’istogramma relativo al segnale ottenuto per l’ANXA2 e l’ANXA5 nei campioni di ago aspirato tiroideo. Abbiamo dosato le 2 proteine in campioni microfollicolari benigni (MFB) e maligni (MFC) ma anche in lesioni diagnosticate come maligne già al citologico (n=12). Per entrambe le proteine, sebbene si possa osservare una tendenza all’aumento, la differenza tra MFB e MFC non è statisticamente significativa. Mentre risulta molto elevato il segnale nei tumori maligni conclamati.
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Figura 16. Analisi dei risultati ottenuti con western blot per ANXA2 e ANXA5 in ago-aspirato tiroideo di tumori microfollicolari benigni (MFB), tumori microfollicolari maligni (MFC), e tumori citologicamente maligni (CC). Ogni colonna rappresenta M ± DS. Dall’analisi risulta significativo (* P < 0.05) il confronto di CC sia vs MFB
che MFC.
Successivamente, abbiamo voluto dosare queste proteine anche nella saliva di pazienti con lesioni tiroidee microfollicolari (12 MFB, 12 MFC), alla luce dei risultati ottenuti con l’ANXA1 (88). I risultati sono illustrati nella figura 17.
Da questi dati si rileva una tendenza all’aumento dell’intensità delle 2 proteine, anche se non statisticamente significativa, nella saliva di pazienti con lesioni microfollicolari maligne (MFC).
A N X A 2 _ A g o a s p ir a t o D e n s it à o t t ic a M F B M F C C C 0 . 0 0 0 . 0 5 0 . 1 0 0 . 1 5 0 . 2 0 * A N X A 5 _ A g o a s p ir a t o D e n s it à o t t ic a M F B M F C C C 0 . 0 0 0 . 0 5 0 . 1 0 0 . 1 5 0 . 2 0 0 . 2 5 *
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Figura 17 Analisi dei risultati ottenuti con western blot per ANXA 2 e ANXA 5 nella saliva di pazienti con lesioni microfollicolari benigne (MFB) e lesioni microfollicolari maligne (MFC). Ogni colonna rappresenta M ± DS.
Pertanto questa validazione preliminare è incoraggiante per i nostri studi futuri, diretti proprio alla discriminazione di questi tipi di noduli il cui trattamento chirurgico è fortemente controverso. Infatti sarà necessario aumentare il numero dei campioni, in modo da migliorare la potenza statistica del risultato. Riuscire ad introdurre analisi specifiche, sicure e non invasive consentirebbe una drastica riduzione degli interventi chirurgici non necessari con un impatto importante non solo sulla qualità della vita del paziente ma anche sul costo della sanità pubblica.
A N X A 2 _ S a liv a D e n s it à o t t ic a M F B M F C 0 . 0 0 0 . 0 1 0 . 0 2 0 . 0 3 0 . 0 4 0 . 0 5 A N X A 5 _ S a liv a D e n s it à o t t ic a M F B M F C 0 . 0 0 . 5 1 . 0 1 . 5
64 CONCLUSIONI
In conclusione, questo lavoro di tesi conferma l’utilità della proteomica per la caratterizzazione di campioni biologici. Nel caso del MPM si è potuto trasferire sull’umano un dato ottenuto da linee cellulari, mentre nel caso del tumore tiroideo si suggerisce la potenziale utilità di campioni la cui raccolta è più semplice, meno invasiva e sicura rispetto all’ago aspirato tiroideo.
La ricerca di biomarcatori tumorali non è semplice, ed è impossibile trovare un singolo marcatore tumorale assoluto, vista l’intrinseca eterogeneità delle neoplasie. Questi studi però contribuiscono ad identificare e definire più proteine associate ai diversi tumori che possono essere utili per studiare le caratteristiche del tumore, caratterizzare i pazienti a diversi stadi della malattia e sviluppare terapie prevedendo anche l’efficacia del trattamento.
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