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La ricerca della letteratura ha permesso di identificare un numero importante di lavori che trattano il tema della malnutrizione nella popolazione anziana. La tipologia degli studi recenti inclusi nel lavoro di tesi è tuttavia molto diversa e spazia da meta-analisi, studi controllati randomizzati e studi osservazionali. L’enorme eterogeneità degli studi analizzati rende la valutazione dei risultati problematica. Sono stati comunque identificati dei temi comuni per tutti gli studi: la prevalenza della malnutrizione nell’anziano, la valutazione dello stato nutritivo al momento del ricovero, il significato prognostico dello stato nutritivo al momento del ricovero, le possibili misure di intervento nutrizionale durante il ricovero e le possibili misure in campo nutrizionale che bisogna intraprendere al momento della dimissione.

5.1 Prevalenza della malnutrizione nell’anziano

Tutti gli studi concordano che la prevalenza della malnutrizione nell’anziano è alta e che il fenomeno viene sottostimato. I valori riportati in letteratura sono estremamente variabili e dipendono da molteplici fattori. I lavori concernenti pazienti anziani con frattura del collo del femore riportano in media valori intorno al 20% (Malafarina et al., 2018) che possono tuttavia raddoppiare se vengono considerati anche i pazienti a rischio di malnutrizione (Malafarina et al., 2018; Mazzola et al., 2017; Goisser et al., 2015). I diversi metodi utilizzati per valutare lo stato nutritivo rendono problematico il confronto tra diversi studi (Inoue et al., 2018; Helminen et al., 2017; Goisser et al., 2015; Maruyama et al., 2018; Nishioka et al., 2017). Nei pazienti con frattura del collo del femore è stato utilizzato prevalentemente il Mini Nutritional Assessment che tende tuttavia a stimare per eccesso il problema (Malafarina et al., 2018). Utilizzando il GNRI la prevalenza di malnutrizione in pazienti colpiti da ictus cerebrale è risultata essere del 11% al momento del ricovero in un ospedale acuto (Maeda et al., 2016) ma è molto più alta se viene valutata al ricovero in una struttura di riabilitazione (Maeda et al., 2016; Nii et al., 2016) in quanto nelle settimane dopo l’evento cerebrale acuto subentrano tutta una serie di problemi che peggiorano lo stato nutritivo.

5.2 La valutazione dello stato nutritivo al momento del ricovero

Tutti gli studi analizzati utilizzano un sistema standardizzato. Non esiste tuttavia un metodo universalmente accettato e anche tra i marcatori bioumorali non esiste un test in grado di identificare pazienti malnutriti con certezza, anche se i dati suggeriscono che il valore di albumina sierica sia il marcatore migliore (Bohl et al., 2017; Helminen et al., 2017; Malfarina et al., 2018; Schreiber et al., 2016). Il MNA è il sistema più utilizzato negli studi di pazienti con frattura del collo del femore (Malfarina et al., 2018) mentre in contesto di malattie neurologiche il MNA e il GNRI si equivalgono (Schreiber et al., 2016; Nishioka et al., 2017) il Il test di screening del MNA (short form) può essere eseguito velocemente ma la valutazione globale con ulteriori 12 domande richiede già più impegno da parte dell’operatore (Inoue et al., 2018; Helminen et al., 2017). Inoltre il test non si presta per la valutazione del decorso ospedaliero (Helminen et al., 2017) oppure in istituti di convalescenza e richiede la partecipazione attiva del paziente. Il Geriatric Nutritional Index Risk è stato meno validato rispetto al MNA ma offre il vantaggio di poter essere utilizzato in pazienti con disturbi cognitivi o non coscienti, ed è

quindi più affidabile in pazienti colpiti da ictus cerebrale (Maruyama et al., 2018; Nishioka et al., 2017; Maeda et al., 2016).

5.3 Significato prognostico dello stato nutritivo al momento del ricovero La maggioranza degli studi inclusi in questo lavoro di tesi ha analizzato se la definizione dello stato nutrizionale al momento del ricovero riveste un ruolo prognostico (Malfarina et al., 2018; Maruyama et al., 2018; Nishioka et al., 2017; Inoue et al., 2018; Helminen et al., 2017; Goisser et al., 2015). Si tratta prevalentemente di studi osservazionali che attribuiscono un valore allo stato nutritivo al momento del ricovero per poi metterlo in relazione con morbilità e mortalità dei pazienti oppure con il recupero funzionale, soprattutto in pazienti con frattura del collo del femore. Tutti gli studi citati sopra evidenziano un valore prognostico dello stato nutritivo indipendentemente dal metodo di valutazione. In particolare in pazienti malnutriti oppure a rischio di malnutrizione si osserva un tasso maggiore di complicanze come infezioni, setticemia, piaghe da decubito (Malfarina et al., 2018; Goisser et al., 2015; Bohl et al., 2017) e delirio postoperatorio (Mazzola et al., 2017) che esitano in degenze più lunghe e maggiore mortalità.

5.4 Possibili misure di intervento nutrizionale

Nella ricerca sono stati identificati trovati 3 studi recenti (Malafarina et al., 2017; Osman et al., 2016; Myint et al., 2013) che hanno analizzato il significato di un supporto nutrizionale durante il ricovero per una frattura del collo del femore. In questi studi il supporto alimentare consisteva prevalentemente in cibo ipercalorico ad alto contenuto di proteine eventualmente con supplementi vitaminici (Osman et al., 2016). Il tema è stato anche oggetto di due meta-analisi (Malafarina et al., 2018; Avenell et al., 2016). Una prima revisione pubblicata nel 2016 (Avenell et al., 2016) comprendente 10 studi pubblicati dal 1992 al 2010 riguardanti pazienti con frattura del collo del femore non ha riscontrato nessun beneficio significativo di un supporto nutritivo in termini di diminuzione della mortalità oppure di complicanze. Gli autori di questa meta-analisi concludono che la scarsa qualità dei dati raccolti e l’eterogeneità degli studi non permettono una valutazione affidabile sull’efficacia di interventi nutrizionali. Una revisione più recente di studi pubblicati dal 1998 al 2017 (Malfarina et al., 2018) sempre in pazienti con frattura del collo del femore, mostra benefici di un supporto nutrizionale per una serie di parametri come la quantità di energia somministrata oppure nella prevenzione di perdita di peso o insorgenza di complicanze come le piaghe di decubito. Anche in pazienti con ictus cerebrale il sostegno nutrizionale sembra avere un effetto positivo. In un recente studio (Nii et al., 2016) si è ad esempio dimostrato che pazienti con supporto alimentare che hanno avuto un miglioramento dello stato nutrizionale durante il ricovero (definito da GNRI) hanno avuto un significativo miglioramento dell’indipendenza funzionale rispetto a pazienti senza supporto alimentare e quindi anche senza miglioramento del GNRI.

5.5 Possibili misure in campo nutrizionale che bisogna intraprendere al momento della dimissione

Quest’aspetto è meno trattato in letteratura ma offre degli spunti interessanti. In un recente studio randomizzato e controllato (Pedersen et al., 2016) è stato analizzato l’effetto di un sostegno nutrizionale in pazienti anziani dopo la dimissione da un ospedale acuto. Il sostegno nutrizionale, costituito da consulenze a domicilio oppure telefoniche da parte di personale specializzato ha avuto un effetto positivo prevenendo nei pazienti anziani il deterioramento della funzionalità. Sono stati anche inclusi nel lavoro di tesi tre meta-analisi (Beck et al., 2016; Munk et al., 2015; Marshall & Isenring, 2013) che studiano l’effetto di interventi nutrizionali o di sostegno dopo la dimissione dei pazienti da un ospedale acuto. Per interventi nutrizionali s’intendono soprattutto consulenze specialistiche (Munk et al., 2015) da parte di personale dedicato piuttosto che implementazione dell’apporto energetico. Non sono stati ritrovati studi che analizzano specificamente il significato prognostico di misure in campo nutrizionale al momento della dimissione. Globalmente gli effetti positivi di interventi nutrizionali riscontrati durante il periodo post-acuto sono minimi e spaziano da un migliore apporto energetico alla minor perdita di peso (Pedersen et al., 2016; Beck et al., 2016). Non emerge per contro nessuna evidenza che interventi di questo tipo possano avere un effetto su parametri importanti come recupero funzionale, morbilità e mortalità (Pedersen et al., 2016; Munk et al., 2015). Addirittura una delle mata-analisi (Beck et al., 2016) ha mostrato che nel gruppo di pazienti con interventi nutrizionali la mortalità era maggiore che nel gruppo senza interventi, verosimilmente per un problema di selezione dei pazienti che non è stata randomizzata. In sintesi, la grande eterogeneità dei pazienti inclusi negli studi, le difficoltà a randomizzare i pazienti, l’ampia varietà di interventi nutrizionali e la mancanza di metodi standardizzati per misurare l’outcome impediscono valutazioni conclusive.

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