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1.3 Procedure per analisi del DNA

1.4.4 Rivelazione

1.4.4.1 Rivelazione ottica

Il ricorso a sistemi di rivelazione molto sensibili è un fattore indi- spensabile se si vuole eseguire la separazione elettroforetica in sistemi microfluidici, viste le dimensioni estremamente ridotte dell’area di ri- velazione. La tecnica LIF è di gran lunga la più utilizzata nei micro- chip che realizzano l’elettroforesi capillare per l’elevata sensitività che la caratterizza. Un comune sistema di rivelazione LIF che può essere

impiegato ai microchip utilizza un sistema di rivelazione cofocale ba- sato su quanto riportato da Mathies ed Huang [89]. Un laser fornisce un fascio coerente e collimato che viene riflesso mediante un beam- splitter dicroico in una lente obbiettivo che focalizza il fascio laser all’interno del canale di separazione micrometrico per eccitare gli ana- liti resi fluorescenti dagli agenti marcanti. La fluorescenza emessa da- gli analiti marcati viene raccolta e collimata dalla lente obbiettivo ed inviata indietro verso il beamsplitter dicroico che in questa direzione riflette il fascio laser e lascia passare la luce fluorescente caratterizzata da una lunghezza d’onda maggiore. Una lente acromatica focalizza la luce raccolta verso l’entrata di un filtro spaziale (apertura cofocale) che è cofocale con la lente obbiettivo. In questo modo solo la luce e- messa dalla regione su cui è focalizzato il fascio laser nel canale mi- crometrico passa attraverso il filtro, mentre la luce diffusa dalla super- ficie del microchip e la fluorescenza originata fuori dai canali micro- metrici viene reiettata. Ciò consente di incrementare il rapporto segna- le/rumore e di ottenere un sistema di rivelazione molto sensibile. La luce in uscita dal filtro spaziale viene poi diretta verso uno o più rive- latori come tubi fotomoltiplicatori (PMT) o matrici di CCD. Ulteriori filtri e beamsplitter possono essere aggiunti per effettuare una separa- zione spettrale di emissioni provenienti da diversi canali.

La rivelazione LIF di una matrice di canali micrometrici su un uni- co dispositivo presenta esigenze aggiuntive rispetto ai capillari ed a canali singoli. La rivelazione su ogni canale micrometrico si può otte- nere mediante: (i) una scansione del laser sui microcanali o (ii) una il- luminazione in continua di tutti i canali. La prima strategia determina una riduzione del duty-cycle dell’illuminazione su ogni singolo canale, mentre con la seconda strategia si diminuisce la densità di potenza del laser su ogni singolo canale. Comunque, in entrambe i casi si assiste ad un peggioramento del rapporto segnale/rumore. Il rapido passaggio dei campioni nella regione di rivelazione che si ha nei dispositivi mi- crofluidici richiede il ricorso a frequenze di campionamento superiori a quelle tipiche per l’elettroforesi su matrici di capillari.

L’impiego della tecnica di rivelazione ad assorbimento è limitato dalle ridotte lunghezze del cammino ottico che si possono avere nei canali micrometrici. Nel caso dell’elettroforesi capillare convenziona- le, dove le lunghezze tipiche per il cammino ottico sono 50-100 µm, i limiti di rivelazione raggiunti rientrano nell’intervallo delle micromo- li. Per aumentare la sensitività della rivelazione sui microchip è stato

proposta l’introduzione nella regione di rivelazione di una cella ad U di 140 µm che ha permesso di rivelare 6 micromoli di fluoresceina [90]. La cella ad U, costituita da un tratto di canale con due curve ad angolo retto, consente di aumentare la lunghezza del cammino ottico in quanto in questo caso la rivelazione avviene lungo l’asse del canale. Per accoppiare la cella ad U con un rivelatore UV/Vis, sono stati rea- lizzati due canali addizionali su entrambe i lati della cella per alloggia- re due fibre ottiche utilizzate per guidare la luce proveniente dalla sor- gente verso la cella e la luce trasmessa verso il fonorivelatore [90].

1.4.4.2 Rivelazione elettrochimica

Le dimensioni dell’apparato in grado di effettuare la rivelazione LIF sono tali da vanificare i benefici che si hanno dalla miniaturizza- zione dell’elettroforesi capillare [37]. Per questo motivo, nonostante la notevole risoluzione offerta dalla tecnica LIF, sono state proposte tec- niche di rivelazione alternative, come la rivelazione elettrochimica (ED), che meglio si adattano alle esigenze dei dispositivi microfluidi- ci. Di per se la rivelazione elettrochimica non fornisce prestazioni pa- ragonabili alla tecnica LIF, tuttavia quando gli elettrodi vengono inte- grati con il dispositivo microfluidico si ottengono sensitività più ele- vate e tempi di risposta più brevi [69, 91]. Elettrodi di dimensioni mi- crometriche con forme, dimensioni e composizioni differenti possono essere realizzati su substrati di vetro, di silicio e di altri materiali me- diante la stessa tecnologia utilizzata per produrre i dispositivi micro- fluidici, consentendo in tal modo la completa integrazione del sistema di rivelazione sul chip. Quindi, con la tecnica ED non vi è la necessità di avere componenti costosi ed esterni al chip per effettuare la rivela- zione.

La rivelazione ED per l’elettroforesi capillare può essere condotta in modalità conduttometrica, potenziometrica o amperometrica. La ri- velazione ED in modalità conduttometrica prevede l’applicazione di una tensione alternata per misurare la conduttanza della soluzione quando transita su un insieme di sonde disposte dopo la zona del cana- le dove si è avuta la separazione [92, 93]. La rivelazione ED in moda- lità potenziometrica consiste nel ricoprire l’elettrodo di sensing con una membrana selettiva per gli ioni e nel misurare il potenziale di

Nernst che si ha presso l’interfaccia membrana/soluzione quando gli vi giungono gli analiti [93]. Nella rivelazione ED di tipo amperome- trica, invece, si ha un passaggio di elettroni per effetto di una ossida- zione/riduzione degli analiti; la corrente che ne deriva viene misurata presso l’elettrodo di sensing, avendo applicato una differenza di po- tenziale costante tra tale elettrodo ed un elettrodo di riferimento.

Le tre sono le possibili configurazioni con cui implementare sia la rivelazione amperometrica che quella potenziometrica si distinguono per la posizione lungo il canale di separazione in cui vengono disposti gli elettrodi. In particolare, si parla di rivelazione in-channel, end- channel ed off-channel [92]. La configurazione in-channel, che preve- de il posizionamento degli elettrodi lungo il canale di separazione, porta alla formazione di bolle nella soluzione che possono ridurre si- gnificativamente il rapporto segnale/rumore. Inoltre la presenza dell’elevato campo elettrico nel canale micrometrico può influenzare in maniera consistente la corrente di riposo generata presso la superfi- cie dell’elettrodo di lavoro. La configurazione off-channel, che preve- de il posizionamento degli elettrodi al di fuori del canale di separazio- ne, è limitata dalle difficoltà tecnologiche relative alla sua completa integrazione con il dispositivo microfluidico. Per questi motivi la maggior parte dei dispositivi proposti che ricorrono alla rivelazione ED utilizzano la configurazione end-channel, che prevede il posizio- namento degli elettrodi alla fine del canale di separazione [37, 94, 95]. Gavin ed Ewing, ad esempio, hanno proposto un configurazione end- channel costituito da una matrice di 100 microelettrodi di platino (lar- ghi 95 µm, lunghi 1.2-2 mm ed alti 0.2 µm) distanziati di 5 µm che ha consentito la rivelazione ED di neurotrasmettitori separati elettrofore- ticamente [91]. Woolley invece ha proposto un sistema di rivelazione ED integrato con un chip per analisi di DNA avente un elettrodo di la- voro largo 10 µm ad una distanza di 30 µm dalla terminazione del ca- nale di separazione [37].