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Rivoluzione copernicana in pedagogia

CAPITOLO 3. PEDAGOGIA INTERCULTURALE

3.5 Rivoluzione copernicana in pedagogia

Sebbene per molto tempo (e forse ancora oggi in molte occasioni) l‟educazione interculturale sia stata considerata come misura per integrare l‟alunno straniero di recente immigrazione nella società di arrivo, con il tempo essa ha assunto un nuovo volto: oggi rappresenta una risposta all‟attualità in cui vivono gli esseri umani e in cui manifestano le loro forme di vita, corrispondente all‟epoca della globalizzazione, che porta con sé la compresenza di culture diverse e il processo di crescente interdipendenza planetaria. Questo passaggio ha rappresentato un rivoluzionario cambio di paradigma pedagogico, che ha permesso di superare le strategie di carattere compensativo, prendendo atto della dinamicità delle culture e della loro continua evoluzione, che valgono anche per l‟individuo; l‟alunno straniero dovrebbe essere dunque considerato come risorsa e opportunità di arricchimento personale e collettiva.270

L‟educazione interculturale è stata sempre più concepita come un traguardo da raggiungere, che presuppone conoscenza, rispetto, disponibilità, ibridazione; l‟incontro con l‟alterità si configura come un‟importante occasione di crescita, di riflessione sui propri valori e sui propri comportamenti, «un‟opportunità per entrare in contatto con le parti più “straniere” che ci sono in

268 Ivi, Introduzione, pp.34-35.

269 Portera A. (a cura di), Educazione interculturale nel contesto internazionale, cit., Introduzione, p.14. 270

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ognuno di noi»271. Così si inizia a costruire una società dialogica, aperta a incontrare l‟alterità senza la pretesa di modificarla secondo le aspettative.

«L‟approccio della pedagogia interculturale rappresenta una vera e propria rivoluzione copernicana»272, in cui i concetti di identità e cultura sono considerati in maniera dinamica e secondo una continua evoluzione; la pedagogia interculturale rifiuta espressamente la staticità e la gerarchizzazione (e quindi l‟epistemologia del potere dominante e unificante), fondandosi sul confronto del pensiero, in cui al centro è posta la persona umana nella sua interezza.273

Ciò che caratterizza la rivoluzione copernicana operata dalla pedagogia nel momento in cui è definita con l‟aggettivo «interculturale», è un totale cambiamento di paradigma di riferimento. Si tratta di una vera rivoluzione della cultura scolastica, dell’educazione, dell’istruzione e della formazione, che nella sua essenza colloca la dinamicità delle culture umane e l’arricchimento che scaturisce dall’incontro con la diversità.274

Il paradigma pedagogico interculturale è rivoluzionario, perché permette di superare le strategie educative a carattere compensativo, in cui la diversità è intesa in termini di rischio e di disagio, per rivolgersi all‟intera comunità educativa come progetto, in cui riconosce la dinamicità delle culture e delle identità.275

3.6 “Pedagogia per stranieri”

In ambito didattico, la prospettiva interculturale si è affermata in questi anni centrandosi sul riconoscimento della pari dignità di ogni persona, sulla valorizzazione della diversità, sull‟elaborazione di una conoscenza approfondita degli elementi delle altre culture; tale prospettiva ha promosso una percezione della diversità lontana dall‟idea di deficit, proponendone una visione positiva e facendone una conoscenza che traghetta l‟individuo nel contesto culturale altrui.

Fare educazione interculturale significa considerare tutti gli aspetti della relazione in maniera integrata, ma allo stesso tempo non rinunciare alla conoscenza informativa come primo passo

271 Ivi, p.118.

272 Portera A., Globalizzazione e pedagogia interculturale. Interventi nella scuola, cit., p.75.

273 E diventa quindi una pedagogia dell’essere. Portera A., Globalizzazione e pedagogia interculturale. Interventi nella scuola, cit., p.75.

274 Portera A., Globalizzazione e pedagogia interculturale. Interventi nella scuola, cit., p.92. 275

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nell‟avvicinamento all‟altra cultura: «vuol dire, per quanto questo rappresenti una difficile scommessa didattica, affrontare in modo parallelo e integrato sia le dimensioni della conoscenza primaria dell‟altro, sia quelle che derivano dalla loro utilizzazione secondaria in direzione di interpretazione dell‟altro da sé»276

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Il nostro quotidiano è così pervaso da elementi provenienti da altre culture, che quasi non li riconosciamo più; nonostante ciò, all‟interno di una cultura, possono nascere atteggiamenti di chiusura nei confronti di ciò che arriva da fuori, benché la medesima cultura ne sia al suo interno intrisa. Rispetto a questo tipo di atteggiamento, si nota la tendenza a rifiutare per lo più elementi che provengono da Paesi poveri, mentre vengono accettati più benevolmente elementi che provengono da Paesi ricchi ed economicamente influenti (si pensi per esempio alla cultura anglo-americana). Se in passato la pedagogia interculturale è stata associata all‟idea di una pedagogia per stranieri, in relazione alle normative speciali per le persone immigrate e i loro figli, la pedagogia del presente e del futuro si propone come azione capacitante per tutti gli individui, per renderli autonomi e in grado di muoversi liberamente e attivamente nei diversi contesti culturali, ampliando e ridefinendo i propri confini.277 Il modello della pedagogia per stranieri non solo non ha abbattuto le disuguaglianze, ma ha contribuito a mantenerle, partendo dall‟ottica della cultura dominante in funzione di un progetto di assimilazione, anziché dal punto di vista dei soggetti in arrivo.278 La pedagogia interculturale abbandona la prospettiva che pensa i soggetti immigrati come oggetti di bisogno formativo e li considera destinatari effettivi della formazione, tanto quanto gli autoctoni; è quindi superata la logica dell‟aiuto, a favore di quella della convivenza.

Se l‟obiettivo primo della pedagogia è quello di rendere il soggetto autonomo e responsabile, un approccio che lo considera in modo passivo e dipendente, fallisce in partenza il suo compito, in quanto non gli fornisce gli strumenti per poter interpretare la propria situazione e di agire autonomamente in funzione della propria autorealizzazione.

Se invece si considera la persona immigrata non come oggetto, ma come soggetto dell‟intervento formativo, allora cambia la relazione tra lui e l‟educatore: in quanto soggetto autonomo, all‟educando spetterà la responsabilità delle proprie azioni – ed essa non potrà essere delegata – e il compito del pedagogista sarà quello di affiancarlo nelle proprie scelte, senza che si crei una subordinazione o una dipendenza. Inoltre, il periodo di inserimento nella scuola non va sviluppato

276 Wallnöfer G., Pedagogia interculturale. Scienze dell’educazione e diversità, Bruno Mondadori Editori, Milano

2000, Introduzione, p.13.

277 Ivi, p.23. 278

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in una classe speciale differenziata, perché questo comporta un allontanamento dalla realtà effettiva nella quale è immerso e produce un isolamento dai compagni.

Pensare la pedagogia interculturale come una pedagogia per stranieri non è più adeguato, sia per il modo in cui viene considerato il soggetto dell‟apprendimento, sia perché essa parte da una logica che separa e crea frammentazione. A dover essere educato non è solo chi arriva, ma anche chi accoglie, chi vive la propria quotidianità di cittadino che incontra la diversità nel proprio contesto e la scopre in se stesso come individuo.