• Non ci sono risultati.

Il romanzo di Tommaso Campanella

Una storia di coraggio, fatica, libertà R G

Il Romanzo di Tommaso Campanella è un testo mirabile per l’ armonia e l’integrazione fluida delle sue parti, che ne fanno davvero un unicum originale ed irripetibile. Finzione e real- tà, fantasia e biografia, si integrano così naturalmente ed ef- ficacemente da coinvolgere totalmente il lettore, soprattutto intellettualmente, trattandosi di una narrazione colta, erudita, direi, poetico–filosofica nel senso della ricerca, della missione, dell’impeto verso la Verità, verso l’infinito che fu del Camapa- nella, e che qui, nel romanzo, si fa pregnante, essendo anche la medesima ricerca del poeta–scrittore Maffia. E credo sia questo il motivo per cui non si possa parlare di biografia del grande pensatore calabrese. Non si tratta infatti di una storia della vita di Fra’ Tommaso, nel qual caso ci troveremmo dinnanzi ad una sequenza di fatti oggettivamente accaduti, staccati, o quanto- meno lontani dal sentire dell’autore, ma di una narrazione tout court, che è invenzione, mirata alla creazione di un personag- gio, pur appoggiandosi a fatti storici reali, che possa dare voce e consistenza alle istanze più intime dell’autore.

Credo non sia esagerato parlare di una simbiosi Maffia–Cam- panella, maturata attraverso studi di anni e anni sull’opera del grande stilese. Studi intrapresi e condotti in modo originale, fuori dagli stereotipi, dando un’interpretazione più vera e viva della sua filosofia, della sua poesia, del suo titanismo, del suo animo ribelle, delle sue utopie, del suo esoterismo, del suo rap- porto con la Chiesa dell’epoca. E poi anche la ricerca di fonti

 Rosanna Giovinazzo

dalle quali ricavare notizie, aneddotica, lettere,per poter avere una visione ancora più ampia della sua vita. E non solo, anche il ripercorrere fisicamente i vari luoghi campanelliani, da Stilo e dintorni ai vari conventi dove fu ospitato, proprio per rivivere, o quantomeno cercare di cogliere lo stesso humus, le stesse atmo- sfere e suggestioni. È tale la simbiosi, che si potrebbe affermare che la storia di Campanella è anche la storia di Maffia, è come se i due percorsi di vita del protagonista del romanzo e dell’au- tore, scorressero su due binari che, pur se per un lungo tratto, paralleli, ad un certo punto, si incrociano. E ciò per un duplice motivo. Il primo:i tanti anni dedicati allo studio di Campanella hanno, per così dire, permeato dello spirito campanelliano, la mente e l’animo di Maffia, anch’essi tesi alla ricerca incessante di sapere, di poesia, di andare «oltre la siepe», di penetrare nei re- cessi segreti dell’umano. E tale ricerca cos’è se non ricerca della Verità e della Liberta’, in ultima analisi, perfettamente coinci- denti, perché solo l’avvicinamento alla Verità rende veramente liberi? Verità e Libertà che «costano» tantissimo in termini di fatica (che è immane) e coraggio (il coraggio intellettuale della verità e, nel caso di Campanella,anche il coraggio di affrontare soprusi e violenze di ogni genere in nome e per conto della Verità).Il filo conduttore dell’intera vita di Campanella è stato quello di un resistente estremo, che, quand’anche fosse stato abbandonato da tutti, avrebbe continuato a lottare da solo per la sua Verità, fino alla morte. Così come, e non mi sembra affatto azzardato dirlo, un resistente estremo è anche Maffia che, forte dell’insegnamento di Camapanella e del suo essere poeta — che significa anche resistere alla mediocrità, alle mistificazioni del reale, al vuoto, all’insipienza — non ha paura di combattere e di ribellarsi a schemi precostituitie a tutto ciò che possa violare la dignità di ogni uomo.

Secondo motivo: come non vedere in Giandomenico bam- bino, Dante bambino? L’ambientazione e le situazioni narrative del romanzo sono pressocché identiche a quelle dei racconti sull’infanzia di Maffìa trascorsa a Roseto Capo Spulico: la Cala- bria di Campanella è anche la Calabria di Maffìa, ferma, fino

Il romanzo di Tommaso Campanella 

agli anni Sessanta, a quel mondo arcaico della cultura contadina, a quei giochi e a quelle monellerie, che scandivano la vita dei bambini in una sorta di ripetizione ciclica, sempre uguale a se stessa. Come, poi, non riconoscere in Maffìa la stessa passione, che è fuoco indomito, per la lettura, verso cui Giandomenico si sentì attratto, sin da bambino, e ancor di più da quando entrò in convento dove — così racconta Maffìa — «leggeva senza darsi pace e riusciva a ritenere quasi tutto, ma le giornate sembra- vano brevi e i libri in biblioteca erano tanti». Iniziò così quel percorso esplorativo e conoscitivo, che poi travalicò, trasfor- mandosi in pulsione nuova, viva, alla ricerca di altre ragioni, di altre storie e di altre concatenazioni tra fenomeni, tutte cose queste che fecero di lui un grande della Storia del pensiero umano. E la grandissima ricettività in termini di acquisizione, memorizzazione ed interiorizzazione di tutte le letture fatte, tanto da sentire ormai, da più parti, che Campanella superò in questo, addirittura Pico della Mirandola? Anche Maffìa, e non è mero scopo encomiastico, ha una conoscenza e memoria pro- digiose. Ed ancora, l’enorme mole di scritti sia di Campanella che di Maffìa, a dispetto di quanti pensano che la quantità non sia molto conciliante con la qualità, pure accomuna i due perso- naggi. Campanella, filosofo, saggista, poeta, storico, chimico, fisico, astrologo, scrisse moltissimo, sempre animato dallo spi- rito di ricerca, nel significato prima espresso, e questo in tutte le sue opere, anche in quelle poetiche; queste ultime curate, tra l’altro, da Maffìa per il Sistema Bibliotecario Vibonese, non devono celebrare, per usare le stesse parole dello splendido so- netto «A’ poeti», «finti eroi, infami ardor, bugie e sciocchezze» ma «le virtù, gli arcani e le grandezze di Dio, come facea la prisca etate». Poesia come insegnamento eccelso dunque, alla stessa stregua di Dante Alighieri che seppe trasferire la filosofia nella poesia, ma anche poesia delle semplici cose estraendone il senso profondo che in esse si nasconde, e poesia dalla qua- le traspare l’anelito all’azione rinnovatrice cui Camapanella si sentì chiamato, sempre. Anche Maffìa ha scritto moltissimo, spaziando dalla narrativa, alla poesia, alla saggistica, alla criti-

 Rosanna Giovinazzo

ca, con lo stesso ardore di Campanella. Anche Maffìa è poeta doctus e, come Campanella, nella scrittura ha trovato la valvola per non scoppiare, per non morire, ove morire è inteso come il rimanere allo stadio comune degli uomini, che è dimensione misera. «Per me leggere o scrivere significa respirare ed entrare nella sostanza delle realtà e delle idee.» Così risponde Campa- nella all’auditore fiscale spagnolo Luis de Xarava che gli chiede se è vero che, in carcere, ha tentato di corrompere suor Oriana per avere dei libri e del materiale per scrivere.

Ed il non rimanere allo stadio comune degli uomini non va inteso come un mero atto di superbia ma, al contrario, co- me un incessante cammino verso la consapevolezza della vita riconoscendo l’autenticità, la verità dalla falsità.Ed è ciò che mi- rabilmente fece Campanella, e nel ritratto che ci offre Maffìa, questo emerge prepotentemente.Da Campanella bambino, che impara a leggere e scrivere «origliando alla finestra, nascosto agli sguardi di Agazio Solea e dei suoi studenti» e che in una sola giornata, «portava le capre al pascolo, attingeva acqua alla fonte, serviva messa, consegnava le scarpe suolate, raccoglie- va bottoncini di capperi con le sorelle, o more selvatiche o fichi o cicorie (e che) così piccolo, aveva imparato anche mille storie della Bibbia» al Campanella adolescente chiuso in con- vento soggetto a malevolenze ed angherie per la sua vivacità ed autonomia di pensiero, a Campanella adulto, che non ebbe paura, mai, ad affrontare i mille e mille soprusi del Tribunale dell’Inquisizione,fino alla fuga in Francia, a Parigi, dove riceve accoglienza amichevole sia da parte del re Luigi , che del cardinale Richelieu e, in ultimo, fino alla sua morte.Sempre, in ogni pagina del romanzo, la figura di Campanella, pur nella sua varietà e complessità, è condensata da un elemento di fondo che è il suo eroismo intellettuale, che mai abbandonò. Nell’e- poca in cui visse Campanella non era certo facile ribellarsi al sistema, sia esso politico che religioso o pseudotale. Bastava un nonnulla per finire nelle segrete spagnole o tra gli artigli affilati della Santa Inquisizione. Ma Campanella visse con profonda in- dignazione, fin da piccolo, la povertà dei contadini e dei piccoli

Il romanzo di Tommaso Campanella 

artigiani, come suo padre; lo feriva profondamente lo stato di indigenza e di miseria totale delle popolazioni di quelle con- trade assoggettate allo strapotere spagnolo, che non si curava affatto di loro. Miseria tale e tanta che Catarinella, la mamma di Campanella, convince se stessa ed il marito, Geronimo, che «è meglio che qualcuno si salvi dalle punizioni mandate da Dio in questa terra di derelitti [. . . ] Nubifragi, e poi carestie, boschi incendiati, raccolti distrutti, epidemie di bestie e di uomini. Il peggio non è ancora venuto [. . . ] Se va via, lui, almeno si salva; nei conventi c’è abbondanza, potrà saziarsi e leggere libri, dire Messa e parlare direttamente con il Signore». E così Giandome- nico entra in convento, già pronto a combattere sempre contro ciò che viola ogni minima decenza e dignità dell’uomo. E que- sto lo porterà a continuare il disegno utopico di Gioacchino da Fiore e di Telesio, o meglio, a cercare di concretizzarlo, egli infatti a differenza degli altri due grandi calabresi, tenta di far uscire la sua terra dalla povertà, dall’arretratezza, dalla schia- vitù. Non propriamente da profeta disarmato, cioè mancante di forze proprie nel gestire la situazione, che di forze ne aveva, e tante anche.Ma si trattava di forze che io definirei sublimi, non terragne, concentrate tutte nella forza della sua utopia, che è anche la forza della speranza. «Il tuo, Frate, è stato il sogno di uno sciocco; volevi rovesciare un impero con un esercito di straccioni?»: così il giudice, alla cui risata smodata, Fra’ Tomma- so risponde: «Gli straccioni erano uomini e li avete resi insetti immondi, vermi. Essi però prolificano, si moltiplicano. Arriverà il momento in cui questi vermi ve li troverete nei letti, sulla groppa dei cavalli, affacciati ai balconi dei vostri palazzi». Eccola la forza: pur nelle parole dure e crude, la speranza, anzi qui, categoricamente, la certezza solenne di un rivolgimento delle certezze (mi si perdoni la ripetizione ma qui è necessaria) dei potenti e prepotenti.

Con lo stesso coraggio ha saputo insinuare il dubbio nel- le certezze acquisite delle antiche filosofie ed in quelle della Chiesa. Frate, ancora giovanissimo, inizia a suscitare sospetti nell’ambiente conventuale per le sue letture e le sue afferma-

 Rosanna Giovinazzo

zioni. L’aver ricevuto in regalo, dall’amico Ponzio, in occasione del compimento del suo diciottesimo anno, un Demostene miniato, significò per lui una gioia incontenibile che aveva già provato quando, bambino, lesse i libri che gli dava don Te- rentio,tra cui le poesie di Galeazzo di Tarsia, additrittura un eretico! Così come Demostene, lesse anche Talete, Pitagora, Euclide, Ennio, Lucano, Lucrezio, Ovidio, Cicerone, autori pagani, dunque vietati, e tantissimi altri. E poi, Aristotele ovvia- mente, la cui filosofia rinnegò perché «sofistica». E Telesio, che ammirò così tanto da sentirlo “come il padre dei suoi pensie- ri”. Gli costò caro questo suo ribellarsi all’ipse dixit. Carcere, sofferenze, compresa quella di doversi fingere pazzo, torture. Torture fisiche e mentali di un uomo che ha lottato per cono- scere e continuato a manifestare questo diritto a comprendere la verità, anche se gli «fur rotte le vene e le arterie; e il cruciato dello aculeo gli lacerò le ossa [. . . ] e la terra bevve dieci libbre del suo sangue [. . . ] risanato dopo sei mesi [. . . ] in una fossa fu seppellito [. . . ] ove non è né luce né aria, ma fetore di umidità e notte e freddo perpetuo».

Per Campanella, imitare Dio è il compito dell’uomo, che legge i segni divini in due libri che narrano entrambi la gloria di Dio: la Bibbia e la Natura. Questa ed altre sue verità affiorano frequentemente nelle pagine di questo romanzo e ne sigilla- no infine la conclusione. «Non posso confessare ciò che non è vero. L’opera di Dio non si occulta forse anche nelle pagine di Lucrezio? I libri sono creature con molte vite, i greci e i la- tini non sapevano di Cristo, ma avevano sentito il fiato di Dio in ogni manifestazione del cielo e della terra»; o ancora: «La Natura è governata dalla Provvidenza di Dio. È Dio a gover- nare senza mescolarsi alle cose che regge. I diritti della natura devono essere ritenuti diritti di Dio». Risposte di Campanel- la ai suoi confessori o inquisitori pensate da Maffìa e inserite così efficacemente nelle pagine di questa vera e propria monu- mentalizzazione della cultura, della filosofia e della poesia di Campanella.Maffia ha saputo condurci dentro questa monu- mentalizzazione campanelliana con naturalezza e limpidezza,

Il romanzo di Tommaso Campanella 

con lievi tocchi di alta poesia, con una linearità narrativa che ha del sorprendente, anche quando si è trattato di affrontare temi dottrinari o momenti meditativi. Ha saputo ricostruire la vita di un grande, del quale era difficile cogliere l’enorme portata, con rigore storico, ma anche con la giusta dose di snellezza, e l’ha condotta facendola scorrere sul filo della lotta e della forza morale ed intellettuale di uno spirito indomito, che ha patito sofferenze atroci per la verità e la libertà, ma che, alla fine, ne esce vittorioso. L’entrata ed uscita di Campanella dalle pagine del romanzo, a Parigi, a colloquio con Luigi  e, prima di mo- rire, insegnante alla Sorbona, sugellano la conclusione «felice» di un percorso di vita di un uomo grande, anzi grandissimo, a torto ricordato meno di altri suoi contemporanei, come Bruno e Galilei, e studiato più all’estero, per esempio in Germania, in Svezia o negli Stati Uniti, che in Italia. Va, dunque, riconosciuto a Maffìa il grande merito di averlo fatto rivivere, attraverso la sua personale e completa interiorizzazione del pensiero e, direi anche, dell’anima — maturata in anni ed anni di studio — di un personaggio eccezionale, il cui apporto, nella concezione della libertà di pensiero e di espressione, è stato fondamentale nella storia della civiltà.

Ti presento Maffia

ISBN 978-88-548-7647-7 DOI 10.4399/97888548764779 pag. 161–166 (ottobre 2014)