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L A ROTTURA ORIGINARIA :

Apertura trascendentale e libertà

L A ROTTURA ORIGINARIA :

D

ERRIDA E

F

INK INTERPRETI DI HUSSERL

.

O

NTOLOGIA DECOSTRUZIONISTA

DELL

UNIVOCITÀ

-

ALTERITÀ

E ONTOLOGIA FENOMENOLOGICA DELL

A PRIORI

ALBERTOANELLI

*

L

A QUESTIONE

:

IL TESTO E LA FENOMENOLOGIA

La figura derridiana del «testo» si caratterizza per la sua tipica esten-sione che arriva a comprendere non solo la scrittura vera e propria, ma qualunque realtà dotata, almeno apparentemente, di un’unità di senso: testo si può allora ben riferire anche ad una tradizione, un’istituzione,

ad ogni realtà storica, economica, politica, sessuale1. L’approccio, per il

quale si è imposta la definizione di «decostruzionismo», consiste nella messa in evidenza di una impossibilità: l’impossibilità di possedere un significato stabile, durevole, in qualche modo «chiuso»; l’impossibilità di poggiare su una configurazione di senso definitiva che possa dare la

parvenza di trovarsi di fronte ad una sorta di sistema2. Per mostrare

questo, l’approccio decostruzionista individua ogni volta uno o più ele-menti che non si lasciano «incastonare» nel testo, che si rilevano in qualche modo irriducibili ad esso e che, proprio per questo, costringono

*Licenziato in Teologia Sistematica (FTIS – Milano), dottore di ricerca in Filosofia (Univ. Freiburg i.B.), dottorando di ricerca International PhD Programme in

Contemporary Humanism (LUMSA Roma – ICP Paris), qualifié aux fonctions de

maître de conférences: sect. 17 (Philosophie) et sect. 76 (Théologie Catholique).

1J. DERRIDA, Positions, Minuit, Paris 1972, p. 126, tr. it. Posizioni, ombre corte, Verona 1999, p. 111.

2ID., Ho il gusto del segreto, in J. DERRIDA– M. FERRARIS, Il gusto del segreto, Laterza, Roma-Bari 1997, pp. 5-6.

il testo a riconfigurarsi, a riconfigurare il proprio senso, frantumandolo e disseminandolo in una molteplicità di direzioni.

Questa operazione è tutta interna alla testualità nel senso che essa non procede dalla prestazione trascendentale di un soggetto, ma si gene-ra dalle cose stesse. Questa genegene-razione coincide con la nozione deco-struzionista di «evento», dove «evento» indica il darsi, l’irruzione di un’anomalia, di una irriducibilità, di una non-presenza.

Derrida, com’è noto, è arrivato a questa sua originale intuizione da un intenso periodo di approfondimento teorico durato circa quindici anni, dal 1952 al 1967, che ha caratterizzato la prima fase del suo per-corso intellettuale, quella giovanile. Tale fase appare significativamente segnata dal confronto intenso con la fenomenologia, nella sua versione husserliana. È in questo iniziale periodo di intenso confronto che deco-struzionismo e fenomenologia si separano, o meglio che il decostruzio-nismo si precisa nella propria configurazione proprio separandosi dalla fenomenologia.

Ma su quale base avviene la separazione? Qual è la posta in gioco di questa separazione?

Scopo e articolazione delle righe che seguono è perciò quanto segue: dopo aver sinteticamente ricostruito il quadro del confronto giovanile di Derrida con la fenomenologia (§ 2), bisogna individuare all’interno di tale confronto la mediazione decisiva di Eugen Fink e del suo saggio del 1933 (§ 3). Quindi si deve tornare alle origini di questo confronto, nel

mémoire del 1953-54, per mostrare come le basi delle intuizioni

succes-sive di Derrida (la scrittura, la traccia, la différance) siano già presenti alle origini del suo percorso, e lo siano in particolare nella forma del rifiuto della originale interpretazione finkiana di Husserl, a cui Derrida oppone una lettura dialettica della fenomenologia (§ 4).

Il distacco di Derrida dalla fenomenologia è perciò iniziale e originario, ma non riducibile esclusivamente ad un movente antimetafisico, quanto piuttosto – e più ampiamente – ontologico. Del resto la «dialettica», se è vero che scompare gradualmente negli anni e nei testi successivi del filosofo francese, rappresenta in ogni caso la logica che ispira i disposi-tivi più maturi della decostruzione, convergenti in ultima analisi nell’i-dea di un’alterità intesa come differimento, quindi come negazione indefinita e come destabilizzazione continua del testo.

L

A LOGICA DEL CONFRONTO CON

H

USSERL

Il ruolo della metafisica

La fase iniziale del percorso di Derrida, segnata dal serrato con-fronto con la versione originaria, trascendentale, della fenomenologia è oggetto ormai di ampi e dettagliati studi che ne documentano le

tappe, la scansione, l’evoluzione, le fonti, il contesto storico3. La

que-stione di quale sia l’intenzione ultima che muove tale confronto e che motiva l’insistente ricorso di Derrida al pensiero di Husserl consente, attraverso una analisi dei testi giovanili del filosofo francese, di

evi-3Tra i lavori più significativi bisogna almeno annoverare: M. SCHWAB, The Rejection of

Origin. Derrida’s Interpretation of Husserl, in «Topoi» 2 (1986), pp. 163-175; P.

VÖLKNER, Derrida und Husserl. Zur Dekonstruktion einer Philosophie der Präsenz, Passagen Verlag, Wien 1993; A. J. MCKENNA– J. C. EVANS(eds.), Derrida and

Phenomenology, Kluwer Academic Press, London 1995; V. COSTA, La generazione

della forma. La fenomenologia e il problema della genesi in Husserl e in Derrida,

Jaca Book, Milano 1996; L. LAWLOR, Phenomenology and Metaphysics:

Deconstruction in La voix et le phénomène, in «The Journal of the British Society for

Phenomenology» 2 (1996), pp. 116-136; ID., Distorting Phenomenology: Derrida’s

Interpretation of Husserl, in «Philosophy Today» 2 (1998), pp. 185-193; P. MARRATI -GUÉNOUN, La genèse et la trace. Derrida lecteur de Husserl et Heidegger, Kluwer, Dordrecht 1998; L. LAWLOR, Derrida and Husserl. The Basic Problem of

Phenomenology, Indiana University Press, Bloomington 2002; J.-L. KATES, Derrida,

Husserl and the Commentators: Introducing a Development Approach, in «Husserl

Studies» 2 (2003), pp. 101-129; M. SALVIOLI, Il tempo e le parole. Ricoeur e Derrida

«a margine» della fenomenologia, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2006; D.

DESANTIS, La forma ultima dell’idealità. Su alcune fonti della letteratura derridiana

di Husserl, in «Il Canocchiale» 2 (2010), pp. 125-152; E. BARING, The Young Derrida

and French Philosophy 1945-1968, Cambridge University Press, Cambridge 2011; J.

BENOIST– M. ESPAGNE(eds.), L’itinéraire de Tran-Duc-Thao. Phénoménologie et

denziare in essi alcune direzioni teoriche, in ogni caso accomunate dal riferimento al pensiero filosofico nella sua pretesa più ambiziosa, rap-presentata dalla tradizione metafisica.

La questione dell’intenzione ultima del confronto di Derrida con Husserl può perciò disporre oggi di una risposta «canonica», abbastan-za consolidata ed univoca, pur nella sua articolazione che si snoda lungo tre grandi linee interpretative, rispettivamente dominate dalla figura della «discontinuità» con la metafisica, della «continuità» con essa, della sua radicalizzazione e «superamento».

1. Quello di Husserl sarebbe in primo luogo un tentativo decisa-mente antimetafisico e in questo consisterebbe in sostanza il fascino esercitato dal fenomenologo tedesco sul giovane Derrida. Il rifiuto di assecondare il dogmatismo metafisico, che presupporrebbe sempre principi apriorici postulati e mai chiariti, porta Husserl a cercare di indagare la dimensione del significato, dell’ideale, del categoriale riportandola alla sua genesi percettiva, empirica, intersoggettiva, stori-ca. L’analisi statica dei significati va sempre approfondita mediante l’analisi genetica, tesa a mettere in luce le condizioni nelle quali il significato si produce. La rottura con la metafisica sarebbe evidente nella fedeltà husserliana alla descrizione dell’esperienza e alle moda-lità dell’apparire.

2. D’altro lato, non si può nemmeno negare che la fenomenologia husserliana conservi in sé anche un residuo metafisico. Lo testimonie-rebbe la sua pretesa di arrivare comunque ad un fondamento inconcusso della conoscenza, ad un sapere definitivo, ad erigersi a scienza rigorosa. Ma soprattutto – come Derrida sottolinea continuamente nei suoi testi, in un graduale crescendo che culmina intorno alla metà degli anni ’60 – deve essere messa in discussione la presunta evidenza inconcussa del fenomeno, che invece si rivela incapace di offrire un riferimento stabi-le, poiché si trova necessitato a rimandare ad altro da sé, ad un’assen-za nei confronti della quale si deve riconoscere debitore.

3. Unendo in qualche modo le due precedenti letture e focalizzando un rapporto con la fenomenologia che è ambiguo e dalla duplice valenza – discontinuista e continuista – esiste anche una terza opzione interpretativa che può fondarsi ampiamente sui testi e sulla fase più matura del pensiero derridiano: si tratta di comprendere il confronto di

Derrida con Husserl come un tentativo di radicalizzazione e di supera-mento del progetto fenomenologico, evidenziando come Derrida insi-sta sul dualismo fondamentale del procedimento fenomenologico, costantemente e problematicamente oscillante tra eidetico ed empiri-co, momento statico e momento genetiempiri-co, struttura e genesi,

significa-to e temporalità4. L’interesse di Derrida starebbe qui nel tentativo di

determinare e risalire alla condizione stessa dalla quale si generano queste coppie di opposti e il dualismo stesso, condizione che il filo-sofo francese, com’è noto, individuerà nel dispositivo della différance e della infinita decostruzione testuale.

Metafisica o ontologia?

Tutte le opzioni interpretative, che sottolineano ciascuna aspetti differenti e complementari dell’intenzione derridiana, postulano in ultima analisi un elemento comune: il rifiuto derridiano di riconoscere l’esistenza di un qualunque piano di realtà che risulti essere privilegia-to rispetprivilegia-to agli altri. La fenomenologia procede infatti a un raddoppia-mento della realtà, introducendo un livello per così dire «originario», quello del fenomeno, il quale funge da condizione trascendentale di possibilità e di conoscibilità del resto della realtà, che in tal modo si trova sospinta al livello del «condizionato». Il dispositivo fenomeno-logico condizione-condizionato viene così decostruito, cioè sciolto e trasformato in una opposizione, dualità, molteplicità all’interno della quale a nessuno spetterebbe il privilegio di condizione dell’altro: tutti gli elementi sarebbero nello stesso tempo condizioni e condizionati. Questa lettura tradizionale del gesto decostruzionista lo concepirebbe quindi come un gesto sostanzialmente anti-metafisico, ovvero come la dissoluzione di qualunque istanza fondativa, a favore di una dissemi-nazione anarchica di differenze.

4In piena consonanza con questa linea interpretativa cfr.: V. COSTA, Dal

trascenden-tale al differire, in J. DERRIDA, La fenomenologia e la chiusura della metafisica.

Tale elemento comune nelle diverse interpretazioni del confronto di Derrida con Husserl coglie senza dubbio un aspetto reale e significativo

delle intenzioni del filosofo francese5. Sottolineando come l’operazione

decostruzionista si fondi in questo gesto anti-metafisico, le si obietta spesso – soprattutto da parte ermeneutica – di aver semplicemente rove-sciato lo schema fenomenologico, ponendo l’alterità, la non-presenza,

l’anomalia come una sorta di nuova condizione «trascendentale»6.

Eppure, se si risale alle origini del percorso derridiano, al mémoire del 1953-54, si impone all’attenzione la necessità di evidenziare un secondo aspetto del rapporto di Derrida con la fenomenologia, un gesto ancor più originario, un elemento che rischia di rimanere in ombra, ma che può contribuire non poco a mettere in luce l’originalità del decostruzionismo.

Si tratta della rivendicazione decostruzionista del carattere di univo-cità della comprensione della realtà, che ha il suo corollario nell’opposi-zione speculare dell’alterità: un’alterità possibile tuttavia solamente come negazione indefinita dell’esistente e del presente, o come assenza. Solo una realtà chiusa in una dimensione univocista infatti è costretta a postu-lare l’irruzione di un’alterità, se vuole scalfire l’omogeneità e la staticità della dimensione che essa assume in partenza.

Si tratta di integrare la lettura «metafisica» del gesto di Derrida con

una lettura che potremmo definire «ontologica»7, intendendo con

que-sto termine ciò che riguarda le condizioni di comprensibilità del reale. In altre parole, ciò che Derrida intende opporre alla fenomenologia

5La lettura metafisica del gesto anti-fenomenologico di Derrida si basa soprattutto sul denso e impegnativo testo che segna la fine della fase del confronto iniziale di Derrida con Husserl: cfr. J. DERRIDA, La voix et la phénomène, PUF, Paris 1967, tr. it. La voce e il fenomeno, Jaca Book, Milano 1968 (19973corretta ed aggiornata).

6Emblematico a questo proposito: G. VATTIMO, Derrida e l’oltrepassamento della

metafisica, in J. DERRIDA, La scrittura e la differenza, Einaudi, Torino 1990, pp. VII-XXIV.

7Qui, i termini «metafisico» e «ontologico» – non è inutile specificarlo – non vanno intesi nel senso di Lévinas.

non consiste tanto nel fatto che non vi sia alcuna istanza originaria o fondativa, quanto piuttosto nel rifiuto di ammettere un tipo di realtà che non sarebbe né semplicemente presente al modo delle cose quoti-diane, né semplicemente e totalmente altro rispetto a tali realtà; nel rifiuto cioè di riconoscere l’esistenza di una dimensione che non si lascia ricondurre né all’univocità, né all’alterità, ma che si colloca in un tertium che però non deve essere semplicisticamente riassorbito nel quadro della tradizionale figura dell’analogia. Che proprio la ricerca e la determinazione di questa dimensione nuova, e irriducibile alle tradi-zionali ripartizioni della logica e della metafisica, sia l’intenzione ulti-ma di ogni procedimento fenomenologico lo ha mostrato

efficacemen-te Eugen Fink8, che non a caso è una delle fonti più significative di

Jacques Derrida. Ed è soprattutto il confronto iniziale di Derrida con Fink, che coincide con il suo primo e vero confronto con la fenomeno-logia, ciò a cui si deve concedere più attenzione.

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LLE PRESE CON

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INK

:

INCONTRO O SCONTRO

?

A partire dagli anni ’80, e in modo sempre crescente, si è affermata ormai la consapevolezza dell’importanza del ruolo di Eugen Fink in ordine

all’introduzione della filosofia di Husserl nel mondo culturale francese9.

8Nella medesima direzione teorica si muove anche la fenomenologia contemporanea, come testimonia il riemergere del problema delle «essenze»: cfr. C. ROMANO, Au

coeur de la raison, la phénoménologie, Gallimard, Paris 2010, pp. 373-400; ID.,

Avons-nous besoin des essences en philosophie?, in P. CABESTAN(éd.), L’événement

et la raison. Autour de Claude Romano, Le Cercle herméneutique, Argenteuil 2016,

pp. 195-207.

9Cf. B. WALDENFELS, Phänomenologie in Frankreich, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1987, pp. 41-42, che a sua volta accoglie e sviluppa la segnalazione precedente di Spiegelberg: H. SPIEGELBERG, The Phenomenological Movement. A Historical

Introduction, Martinus Nijhoff, The Hague 1960, p. 479.

Waldenfels si riferisce in particolare all’articolo di Fink del 1933: E. FINK, Die

Il suo saggio del 193310pare essere stato un punto di riferimento impre-scindibile per tutti coloro che negli anni ’50, in Francia, si sono misurati

con il pensiero del fondatore della fenomenologia11. Se è nota l’influenza

di Fink su Merleau-Ponty che ne ha adottato il vocabolario tecnico per

indicare i concetti fondamentali di Husserl12, il fascino esercitato dal

sag-gio del 1933 deve essere senza dubbio dovuto anche al fatto che in quel testo Fink offre un’interpretazione abbastanza globale degli scritti hus-serliani, almeno quelli editi e noti all’epoca. In occasione della ripubbli-cazione del testo di Fink nel 1966, Derrida nella sua recensione ne ha esplicitamente riconosciuto il ruolo centrale e decisivo nell’ambito della

storia dell’interpretazione della fenomenologia husserliana13. Fink è in

Kritik, in «Kant-Studien» XXXVIII (1933), poi ristampato come testo autonomo, Die phänomenologische Philosophie Edmund Husserls in der gegenwärtigen Kritik, Pan-Verlag, Berlin 1934, infine riproposto in E. FINK, Studien zur

Phänomenologie 1930-1939, Martinus Nijhoff, Den Haag 1966, pp. 79-156, tr. it. La filosofia fenomenologica di Edmund Husserl nella critica contemporanea

(1933), in E. FINK, Studi di fenomenologia 1930-1939, Lithos, Roma 2010. Oltre a questo testo di Fink, Waldenfels invita a non sottovalutare anche il contributo di Landgrebe del 1939: L. LANDGREBE, Husserls Phänomenologie und die Motive zu

ihrer Umbildung, in «Revue Internationale de Philosophie» 2 (1939), pp. 277-316.

10E. FINK, Die phänomenologische Philosophie Edmund Husserls in der gegenwärtigen

Kritik, cit.. D’ora in poi nelle citazioni e nelle note ci riferiremo all’edizione del 1966.

11Cfr. P. RICOEUR, in E. HUSSERL, Idées directrices pour une phénoménologie, Gallimard, Paris 1950, pp. xiii-xiv e poi p. 57 nota 1, p. 70 nota 1, p. 87 nota 2, p. 91 nota 3, p. 103 nota 1, p. 202 nota 1, p. 287 nota 1, p. 431 nota 1, p. 440 nota 1; TRAN-DUC-THAO,

Phénoménologie et matérialisme dialectique, Éditions Minh-Tân, Paris 1951, pp.

81-86, tr. it. Fenomenologia e materialismo dialettico, Lampugnani Nigri, Milano 1970, pp. 62-67; J.-F. LYOTARD, La phénoménologie, PUF, Paris 1956, p. 29; S. BACHELARD,

La logique de Husserl. Étude sur logique formelle et logique transcendantale, PUF,

Paris 1957.

12Cfr. H. SPIEGELBERG, The Phenomenological Movement. A Historical Introduction, cit., p. 534.

13Cfr. J. DERRIDA, Eugen Fink’s Studien zur Phänomenologie, in «Les Études philosophiques», 4 (1966), pp. 549-550, tr. it. in J. DERRIDA, La fenomenologia e la

chiusura della metafisica. Introduzione al pensiero di Husserl, cit., pp. 82-84.

effetti l’unico commentatore di Husserl che è presente in modo

significa-tivo nei testi derridiani dedicati alla fenomenologia14.

14Lo segnala Lawlor: cfr. L. LAWLOR, Derrida and Husserl. The Basic Problem of

Phenomenology, cit., p. 11. Per i riferimenti espliciti a Fink nei testi derridiani si veda

la nota filologica di Lawlor: ivi, p. 237 nota 5. Integrando le indicazioni di Lawlor con altri loci non segnalati nella nota dello studioso americano, si può tentare una prima e complessiva stima della presenza di Fink in Derrida. I testi in questione sono: J. DERRIDA, Le problème de la genèse dans la philosophie de Husserl (1953-54), PUF, Paris 1990, tr. it. Il problema della genesi nella filosofia di Husserl, Jaca Book, Milano 20162; ID., «Genèse et structure» et la phénoménologie (1959), in ID.,

L’écriture et la différence, Seuil, Paris 1967, pp. 229-251, tr. it. «Genesi e struttura» e la fenomenologia, in La scrittura e la differenza, Einaudi, Torino 1971, pp. 199-218; ID.,

Introduction à L’origine de la géométrie de Edmund Husserl (1962), PUF, Paris

(1974² riveduta e corretta), tr. it. Introduzione a Husserl, L’origine della geometria, Jaca Book, Milano 1987; ID., Hubert Hohl. Lebenswelt und Geschichte. Grundzüge

der Spätphilosophie E. Husserls, in «Les Études philosophiques», 1 (1963), pp. 95-96,

tr. it. in J. DERRIDA, La fenomenologia e la chiusura della metafisica. Introduzione al

pensiero di Husserl, cit., pp. 67-68; ID., Robert Sokolowski. Husserl’s Theory of

Constitution, in «Les Études philosophiques», 18 (1965), pp. 557-558, tr. it. in

J. DERRIDA, La fenomenologia e la chiusura della metafisica. Introduzione al pensiero

di Husserl, cit., pp. 79-81; ID., Eugen Fink’s Studien zur Phänomenologie, in «Les Études philosophiques», 4 (1966), cit.; ID., La phénoménologie et la clôture de la

métaphysique. Introduction à la pensée de Husserl, in Derrida et la phénoménologie,

«Alter. Revue de phénoménologie» 8 (2000), pp. 69-84, apparso originariamente in lingua greca nella rivista «Epokhè», 7 (1966), pp. 181-189, tr. it. La fenomenologia e

la chiusura della metafisica. Introduzione al pensiero di Husserl, cit.; ID., La voix et le

phénomène. Introduction au problème du signe dans la phénoménologie de Husserl

(1967), cit., tr. it. La voce e il fenomeno. Introduzione al problema del segno nella

fenomenologia di Husserl, cit.; ID., The Time of a Thesis: Punctuations, in A. MONTEFIORE(ed.), Philosophy in France Today, Cambridge University Press, New York 1983, apparso originariamente in inglese e successivamente tradotto in francese: J. DERRIDA, Ponctuations: le temps de la thèse, in ID., Du droit à la

3. Infine Husserl non avrebbe affrontato in modo esplicito e con-vincente il problema del rapporto tra io trascendentale, spettatore che guarda e analizza la vita mondana dell’io concreto, e quest’ultimo, l’io empirico, che non può rimanere neutrale e immutato rispetto alle

conoscenze che l’ego trascendentale acquisisce lungo l’analisi17.

Certo, è innegabile che questi tre nodi problematici siano chiara-mente esplicitati e sviluppati nel saggio che l’assistente di Husserl redasse nel 1933. Eppure, ad una lettura più attenta di quel denso testo si ha l’impressione che l’intenzione vera e ultima di Fink stia altrove, in una sorta di premessa che precede e guida tutto il discorso. Essa viene allo scoperto in tre punti strategici del testo.

La scoperta del categoriale

Il testo di Fink nasce dall’intenzione di controbattere alle forti obiezioni critiche mosse a Husserl da parte neokantiana agli inizi degli

anni ’3018. Tale critica in sostanza si concentra sul passaggio dalle

Logische Untersuchungen (1900-1901) alle Ideen (1913): mentre nella

prima fase Husserl sosterrebbe una sorta di ingenuo realismo di matri-ce intuizionista che tenderebbe a misconosmatri-cere la radicale differenza dell’a priori rispetto al dato empirico, quest’ultimo considerato anche come contenuto coscienziale, dopo la svolta egli si avvicinerebbe

15Cfr. J. DERRIDA, «Genèse et structure» et la phénoménologie (1959), in ID., L’écriture

et la différence, cit., tr. it. «Genesi e struttura» e la fenomenologia, in La scrittura e la differenza, cit.; ID., La phénoménologie et la clôture de la métaphysique. Introduction

à la pensée de Husserl (1966), cit., tr. it. La fenomenologia e la chiusura della metafisica. Introduzione al pensiero di Husserl, cit..

16Questo secondo aspetto è sviluppato invece in: J. DERRIDA, Introduction à L’origine de la géométrie de Edmund Husserl (1962), cit., tr. it. Introduzione a Husserl, L’origine della geometria, cit.; ID., Robert Sokolowski. Husserl’s Theory of

Constitution (1965), cit., tr. it. in J. DERRIDA, La fenomenologia e la chiusura della

metafisica. Introduzione al pensiero di Husserl, cit.; ID., La voix et le phénomène.

Introduction au problème du signe dans la phénoménologie de Husserl (1967), cit.,

tr. it. La voce e il fenomeno. Introduzione al problema del segno nella fenomenologia

di Husserl, cit.; ID., The Time of a Thesis: Punctuations (1983), cit..

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