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nelle Case della Salute

6.1 RUOLO DEL PODOLOGO NELLE CASE DELLA SALUTE

In un contesto socio-sanitario che conferisce al Chronic Care Model iniziative di sviluppo e per un sistema di prevenzione sempre più efficace volto all’eccellenza, riteniamo più che opportuno l’inserimento della figura professionale del podologo all’interno delle case della salute (le caratteristiche e ruolo della struttura sono già stati descritti nei capitoli precedenti): nell’ipotesi delineata vediamo nel dettaglio la funzione che riveste, la tipologia di trattamento che offre, i pazienti che riceve, il ruolo all’interno del team delle cure primarie, il rapporto con le altre figure sanitarie.

Un primo confronto con gli infermieri territoriali ha permesso di correlare le abilità tecnico-professionali del podologo con quelle dell’infermiere, in modo da delineare la tipologia di prestazione sanitaria che spetta all’una e all’altra figura professionale (fig.1).

Figura 1: Suddivisione delle competenze tra infermiere e podologo nel sistema delle cure primarie, in ambito “piede diabetico”.

Nonostante alcune abilità professionali del podologo siano in comune con quelle dell’infermiere territoriale, secondo il riordino delle rispettive competenze, le attività svolte dal personale infermieristico, improntate su un approccio globale del paziente, restano

inalterate; a queste si aggiungono

podologo, che fuoriescono dalle competenze infermieristiche. La collocazione della figura del podo

o accompagnata da corsi di formazione degli infermieri territoriali

coscienza delle patologie trattate dal podologo e

del bisogno. Di fatto, i programmi formativi destinati agli infermieri presenti su territorio non prevedono più da alcuni anni un contatto diretto con il podologo,

Firenze, forse perché dalla riorganizzazione del territorio nelle grandi aree vaste non ancora stata perfezionata la rete comunicativa

Pistoia, invece, la formazione de

prevede un percorso ben strutturato anche all’ l’ambulatorio ove è in servizio il podologo. Alla casa della salute, con annessi i

malattia cronica individuati

cardiaco) ad alta, media, bassa richiesta assistenziale

medicina generale che necessitano di una visita o consulto specialistico del podologo, pur sempre legat

servizio anche di altre cronicità

struttura permette un approccio multidisciplinare integrato prevenzione su una popolazione

aspetti che caratterizzano la figura del ipoteticamente inserito presso la

Figura 2: ruolo e attività

inalterate; a queste si aggiungono le visite e i trattamenti altamente specifici off podologo, che fuoriescono dalle competenze infermieristiche.

della figura del podologo nelle case della salute dovrebbe essere preceduta corsi di formazione che prevedano un periodo di partecipazione attiva

in un ambulatorio di podologia, in modo che possa le patologie trattate dal podologo e saper indirizzarne i pazienti

Di fatto, i programmi formativi destinati agli infermieri presenti su territorio non prevedono più da alcuni anni un contatto diretto con il podologo, come

la riorganizzazione del territorio nelle grandi aree vaste non la rete comunicativa tra i vari enti e realtà locali

Pistoia, invece, la formazione del personale infermieristico, effettuata periodicamente, e un percorso ben strutturato anche all’interno del reparto di diabetologia, compreso

servizio il podologo.

, con annessi i poliambulatori di riferimento, accedono

individuati dalla medicina di iniziativa (ictus, BPCO, diabete, scompenso ad alta, media, bassa richiesta assistenziale e pazienti eletti dal medico di medicina generale che necessitano di una visita o consulto specialistico

pur sempre legato alla gestione del piede diabetico, può essere post servizio anche di altre cronicità e patologie dell’apparato muscolo-scheletrico

struttura permette un approccio multidisciplinare integrato) e quindi esplicare attività di prevenzione su una popolazione più ampia. Vediamo, nella seguente tabella

aspetti che caratterizzano la figura del podologo collocato nella diabetologia e quello inserito presso la casa della salute.

ruolo e attività del podologo in un centro di primo e secondo livello.

trattamenti altamente specifici offerti dal dovrebbe essere preceduta partecipazione attiva ambulatorio di podologia, in modo che possano prendere i pazienti al momento Di fatto, i programmi formativi destinati agli infermieri presenti su territorio come in provincia di la riorganizzazione del territorio nelle grandi aree vaste non è tra i vari enti e realtà locali; in provincia di , effettuata periodicamente, di diabetologia, compreso accedono i pazienti con diabete, scompenso pazienti eletti dal medico di medicina generale che necessitano di una visita o consulto specialistico. Qui, l’intervento può essere posto al scheletrico (in quanto la e quindi esplicare attività di Vediamo, nella seguente tabella (fig.2), gli podologo collocato nella diabetologia e quello

Anche nel reparto di diabetologia possono afferire casi di soggetti con patologie vascolari di varia natura, problematiche osteomuscolari e reumatiche, ma queste non rappresentano il primo motivo della visita: tuttavia se presenti possono aggravare il quadro clinico (già compromesso dal diabete mellito) e devono essere, a maggior ragione, inquadrate e monitorate. Mentre le attività di prevenzione secondaria, volte ad impedire l’insorgenza di nuove ulcerazioni in pazienti che sono guariti da una prima lesione (ad altissima classe di rischio), sono destinate prevalentemente al podologo che coopera con i medici specialisti e infermieri dell’Ambulatorio di Screening e dell’Ambulatorio del Piede in diabetologia, il trattamento, in prevenzione primaria, delle condizioni pre-ulcerative in pazienti a basso/medio rischio o ad alto CdR, ma in assenza di arteriopatia periferica, spetta principalmente al podologo che presta servizio nelle cure primarie, in collaborazione con i medici di medicina generale e gli infermieri territoriali; nel reparto di diabetologia o in una Foot Unit, il podologo effettua attività di currettage ungueale, rimozione di ipercheratosi e scarico di aree di iperpressione tramite ortesizzazione, oltre che fornire supporto con le medicazioni e i bendaggi (se la lesione è attiva); le medesime forme di trattamento, applicate su una popolazione diversificata, sono a disposizione del podologo, presente su territorio, per ridurre o eliminare le eventuali condizioni pre-ulcerative del piede.

Di seguito è illustrato il percorso del paziente diabetico, dal momento in cui viene attribuita la classe di rischio (fig.3).

Una volta attribuita la classe di rischio nell’Ambulatorio di Screening, il paziente potrà accedere all’Ambulatorio del Piede, se in fase acuta, o all’Ambulatorio podologico per il trattamento di condizioni post-ulcerative; oppure, se non ha ancora sviluppato lesione, sarà di nuovo preso in cura dal medico di medicina generale/infermiere territoriale che provvederanno al follow up e lo indirizzeranno al podologo, in servizio presso la casa della salute, nel caso sia rilevata una situazione a rischio o predisponente la lesione. Come abbiamo detto, la presa in carico del paziente a CdR 3 è gestita dal podologo operativo presso la diabetologia, che provvederà a fissare con lui visite periodiche di controllo; sarà compito dell’infermiere della sanità di iniziativa monitorare lo stato del piede fino al giorno prestabilito: nel dubbio clinico potrà comunque interfacciarsi e chiedere consulenza al podologo integrato nel primo livello di assistenza sanitaria.

La comunicazione tra infermieri territoriali e podologo che operano nelle strutture adibite alle cure primarie, dovrà essere promossa e facilitata: questi potrebbe prestare servizio a domicilio o offrire consulenza qualora l’infermiere lo richieda; inoltre, qualora un paziente si presenti con una lesione ulcerativa da sovraccarico al piede, le suddette figure dovranno collaborare nell’effettuare un nuovo screening, applicare medicazioni, confezionare protezioni e scarichi temporanei e provvedere all’invio alla diabetologia. Oltre alla distribuzione dei pazienti per classe di rischio, l’accesso al servizio territoriale di podologia potrà essere condizionato dalla presenza o meno di determinate risorse e strumentazioni messe a disposizione dalla struttura ospitante e soprattutto dall’area di provenienza e AFT di riferimento del cittadino: infatti, per evitare la creazione di ingenti liste di attesa di soggetti diabetici, solo i pazienti delle AFT/UCCP che prevedono una collaborazione con il podologo territoriale, potranno accederevi; quindi, l’ambulatorio podologico del reparto di diabetologia dovrà mantenere la presa in carico dei pazienti (sia in prevenzione primaria che secondaria) la cui AFT non preveda supporto del podologo adibito alle cure primarie. Nel nuovo assetto delineato e grazie ad una ridistribuzione dei pazienti, potremmo assistere ad un potenziamento del servizio podologico in tutti i suoi aspetti: il podologo che opera presso il centro di secondo/terzo livello avrà l’opportunità di attuare nuovi protocolli di trattamento su piede diabetico (ortoplastia, ortonixia, applicazione di medicazioni su base biomeccanica in collaborazione con gli infermieri, visita e prescrizione di ortesi plantare) o prestare assistenza nei vari presidi ospedalieri (ad esempio nell’Ospedale di Santa Maria Annunziata a Firenze), o promuovere controlli ravvicinati dei suoi pazienti, mentre quello

in carico presso la casa della salute avrà la possibilità di dedicare buona parte del suo orario lavorativo anche a soggetti non diabetici presenti su territorio.

La forma assistenziale alle cure primarie, specificata nel contratto di lavoro, può essere di tipo consulenziale, per cui il dipendente podologo ASL offre alcune delle ore di servizio presso le case della salute su richiesta, oppure può essere attivato un concorso che preveda stabilmente la suddetta figura presso tali strutture: in quest’ultimo caso l’interazione tra podologo e territorio sarebbe notevolmente rafforzata e quindi più auspicabile.

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