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VITA, CONDOTTA E PROVA DEL SANTO E GLORIOSO MARTIRE ANASTASIO, MARTIRIZZATO IN PERSIA, COMPOSTA DAL PISIDA

3.2 La Costantinopoli dell ʼimperatore Eraclio

3.2.1 Il ruolo di Giorgio di Pisidia

Tutto ciò che sappiamo di Giorgio è che

"fu certo diacono e, probabilmente, prima 'skevophylax', cioè custode, sagrestano, e poi 'referendario', cioè nunzio patriarcale presso lʼimperatore, della Chiesa di S. Sofia a Costantinopoli, come risulta da un esame comparativo delle titolature che procedono il nome del poeta nei manoscritti e come tramandano alcuni autori bizantini. Sappiamo per certo che ebbe come patrono il patriarca Sergio, suo maestro di spiritualità e amico; che partecipò personalmente alla prima spedizione di Eraclio contro la Persia (a. 622-623), e possiamo aggiungere che dovette far parte dellʼ'entourage' di corte forse proprio per la sua qualità di 'referendario', perché fu amico e stretto confidente dellʼimperatore, il quale, come egli afferma, più di una volta gli narrò 'il cammino della (sua) vita'".273

Per il quadro storico e culturale fin qui tracciato, va rilevata lʼimportanza dellʼEpigramma 107 Tartaglia, μ θ πα λδ λξβθ:

ξπθ θκβ θ εα γ ΰλαφκθ ί ίζκθ πα λδ λξβμ ΢ λΰδκμ θ εαλ αθ, θ λ βξκθ θ πκ κζ θ ζ λαθ μ θ υθ ο θ, μ θ μ κ πθ ηα κμ.274

E' già stato notato che i versi potrebbero far allusione ad una sorta di quadro sinottico dei quattro Vangeli composto da Sergio275. Essi fanno da pendant ad un altro 270 HALDON 1990, p.362.

271 La propaganda politico-religiosa che faceva di Eraclio lʼamico e salvatore dei Persiani cristiani è studiata in modo particolare da WATT 2002, pp.66-71; sulla restaurazione della Santa Croce come emblema della cristianizzazione della Persia, vd. DRIJVERS 2002, p.184.

272 Di unʼinnovazione liturgica "for spiritual enrichment in a moment of crisis" parla ad esempio KAEGI 2003, pp.124-125.

273 PERTUSI 1959, pp.12-14.

274 "Il patriarca Sergio, avendo nel suo cuore un libro intellettuale e scritto da Dio, compose in una unità la lira degli apostoli dallʼeco quadruplice, come se appartenesse ad un solo spirito".

115 componimento del Pisida, lʼEpigramma 106 Tartaglia = XLVI Sternbach. In questo epigramma si riscontra una "qualitὡΝἸὉὀὐiὁὀἳlἷΝ …ΝἳvvἳlὁὄἳὈἳΝἶἳllἳΝ ἸὁὄmἳΝlἳpiἶἳὄiἳΝiὀΝ cui il poeta ama esprimersi"276, per cui è facile pensare che fosse effettivamente apposto

μ θ εα α ε υα γ ῖ αθ ίδίζδκγ εβθ π ΢ λΰ κυ πα λδ λξκυ, come rivelerebbe

dʼaltronde lʼinvito ad 'osservare' da parte di chi scrive:

Σκ πα λδ λξκυ ΢ λΰ κυ θ κ αθ, γλκδ ηα ί ίζπθ κλ μ γ κΰλ φπθ, δ’ θ ζ δη θ ίζα θ δ κ πθ ηα κμ πζβλκῖ θ ΰ θ ουξδε θ λπη πθ εα μ ε λπκυμ ηφυζζ α δ εαλ αμ. ΢ εκπ αμ παλα κυ θΝξ λδθ εα μΝ π λαμΝ θΝ δ α ε ζπθΝίζ ππθ, ηβ θΝ αλαξγ μ,Ν γ πλ ῖμΝ θΝ κδμ εα μΝ ε θγαμ·Νκ παλαθγ ῖ ΰ λΝί κμ ε π δε ζζαδμ ηυ δε μ λΰα η θ .277

Quel che è certo è che siamo di fronte ad una testimonianza straordinaria di quella che fu la rinascita delle lettere a Costantinopoli al tempo di Eraclio. Il nuovo κ εκυη θδε μ δ εαζκμ, il sofista, medico e filosofo Stefano278, su esplicita richiesta dellʼimperatore fece conoscere nella capitale, oltre alle scienze, le tecniche allegoriche alessandrine279, e fu il responsabile dellʼampliamento della biblioteca patriarcale (della quale è lecito supporre una frequentazione assidua da parte di intellettuali come Giorgio, ma anche Teofilatto Simocatta oppure lʼanonimo autore del Chronicon Paschale) con quelle 'spine in mezzo alle rose' che rappresentano quasi certamente i libri di autori dellʼantichità classica280.

Non a caso, è di nuovo il giardino come metafora per eccellenza dellʼattività letteraria281 a caratterizzare il lungo poemetto che il Pisida decise di postporre alla sua opera più famosa, lʼEsamerone.282

276 Sullʼimpiego prevalentemente epigrafico degli Epigrammi di Giorgio, vd. TARTAGLIA 2004, pp.813-816, (cit. da p.816).

277 "Tu vedi il patrimonio del patriarca Sergio, una raccolta di libri sacri, grazie ai quali germoglia il prato dello spirito e riempie la terra di aromi spirituali e fa sbocciare i cuori sterili. Tu, dopo che hai contemplato la grazia di questo paradiso e mirando i frutti maturi dei maestri, non essere sconvolto se tra le rose scorgi anche le spine: un rovo infatti non fiorisce contro un giardino misticamente lavorato a bidenti".

278 Vd. supra e WOLSKA-CONUS 1989.

279 Vd. BIANCHI 1965-1966, pp.142-143.

280 Ampia bibliografia in BEROLLI 2013a, pp.161-162, n.38.

281 GONNELLI 1990, p.412; TARTAGLIA 1998, p.425, n.3.

116 Come emerso dai lavori di Fabrizio Gonnelli, dalla tradizione manoscritta di questo lungo poema sul creato, modellato, con il suo andamento innico, sul Salmo 103 piuttosto che sul libro della Genesi283, sembra possibile dedurre una duplice fase di trasmissione in edizioni differenti, forse risalenti allʼautore stesso: il carme CVII Sternbach = Subscriptio, p.424 Tartaglia, trasmesso dai soli manoscritti Par. suppl. gr.

690 (XI secolo d.C.) e Par. gr. 1302 (XIII secolo d.C.), risalirebbe allʼedizione più ampia284. Fu dunque questo, per quello che ci interessa, un primo esperimento di 'riscrittura', finalizzato a suggellare uno scritto che, come detto, metteva già di per sé in evidenza un laborioso processo di composizione285.

Γ λΰδκμ η θ θ θ υΰΰλαηη πθ, ΰκυθ ηίπθ ελ πμ ε ηη θπθ, Πδ βμ π φυε υΰΰλαφ μ η ΰαμ· θ ε δ η πθ ΰ λ πλκ ζαί θ ξ φλ θπμ εκ η εα αΰη θ φ δ, ππμ κ πθ γαυηα κυλΰ ι θ υηπζκε π φβθ θ θ δαδλ δ, κ κδμ π λ μ π λ θκ θ κ αμ, μ Πα ζκμ π θ, θ μ ε ξλβη θκμ θ βηδκυλΰ θ ί μ ια , εα γ πλκ ι θ ι εβλ κυ κ εκ ηδεκ ζ δη θκμ αθγ μ φκμ, πζ ιαμ θ ηθκδμ πκε ζβμ γ πλ αμ· θ ᾧ κθ η θ δ ηυ δε λ π πυλ κφ ΰΰ μ θ ΰλαφ θ π α, ’α ΰ ζ υε θ εα αφ μ θ βη πθ δζπθ θ κμ εκθ α δ κ ελ θκυ, ηδκθ θ θκβη πθ ί γκμ πκλφυλαυΰ μ ε πμ κθ ΰλ φ δ· εα θ παλ δ κθ μ η ηδηκυη θβ θ θ παλκ α υΰΰλαφ θ ε ηη πθ γ ῖκθ λβ μ απ μ ι ζκθ, δ ι κδμ μ ΰλαφ μ θ ηη πθ θ εαλπ θ ηῖθ θ ζ ΰπθ θαίλ δ. Σ ε αθ δ π θ α θ ε ηκθ Λ ΰ – κθ η θ δ ζβπ μ α γ δ γ αμ, κθ κ θκ πλκ ίκζ ΰδθ ε αδ –, θ ζπθ π λδ εα θ θγ πθ ξαλδ η πθ κ λδ εα κ μ ι κυμ εκ ηκ θ δ εα δεθ θ δ φπ λπθ εβθ κ μ ακφ δ θ παγ θ π φυλη θκυμ, 283 Vd. GONNELLI 1990, p.411; WHITBY 1995, p.128. 284 Vd. GONNELLI 1990, p.412, n.3. 285 Vd. TARTAGLIA 1998, pp.28-29.

117 Υλδ ξ λδμ εα ια, δη εα ελ κμ

θ πλκ θ δ Πα λ εα Πθ ηα δ.286

Il lungo poema, la cui stesura definitiva si data tra il 630 ed il 634 d.C.287, è stato a buon diritto definito un "panegirico di Dio dopo quelli per lʼimperatore"288. E se tra questi e quello il ἹἷὀἷὄἷΝlἷὈὈἷὄἳὄiὁΝἶἷllʼἷὀἵὁmiὁΝἵὁὅὈiὈὉiὅἵἷΝilΝvἷὄὁΝfil rouge (con un parallelismo nella lode dei sei giorni della creazione e del periodo di sei anni delle guerre combattute e vinte da Eraclio)289,Ν ὅἳὄὡΝ ὁppὁὄὈὉὀὁΝ ὄiἵὁὄἶἳὄἷΝ ἵὁmἷΝ ilΝ pὄὁlὁἹὁΝ ἶἷllʼEsamerone sia dedicato al patriarca Sergio, in evidente simmetria con la struttura encomiastica della

Descrizione di Santa Sofia di Paolo Silenziario, che si apriva non a caso con un

panegirico, oltre che di Giustiniano, di Eutichio, e si chiudeva, sempre in lode del patriarca, con lʼimmagine del prato come metafora delle Sacre Scritture. Cf. Paul. Sil.

Soph. 1014-1016 π θ α η θ ΰυΰ πθ εα πζκ λπθ εζ α η ξγπθΝΝ̸ ι βμ, π αθ πκ θ εαγαλκῖ δθ δμΝΝ̸ λαπδ θ ζ δη θδ γ κυ ρ290.

"George of Pisidia similarly concluded his Hexaemeron with a long appeal to the patriarch Sergius as protector of his people, a passage which follows a prayer for the emperor Heraclius, just as Paul juxtaposed Justinian and ἓὉὈὍἵhiὉὅΝiὀΝhiὅΝἷpilὁἹὉἷέΝἕἷὁὄἹἷʼὅΝiἳmἴiἵΝἵἷlἷἴὄἳὈiὁὀὅΝὁἸΝἥἷὄἹiὉὅ,ΝὈὁἹἷὈhἷὄΝ with the prose Dialogue between Philosophy and History which introduces the Historiae of Theophylact Simocatta, where the former honours Heraclius and the latter Sergius, can be seen as the literary successors to ἢἳὉlʼὅΝ pἳὀἷἹὍὄiἵΝ ὁἸΝ JὉὅὈiὀiἳὀΝ ἳὀἶΝ ἓὉὈὍἵhiὉὅέΝ ἐὉὈΝ ἢἳὉlΝ iὅΝ ὈhἷΝ lἳὅὈΝ mἳjὁὄΝ exponent of the Nonnian hexameter, and his innovative rendering of the themes of prose hagiography in the classical manner and metre remains unique"291.

286 "Giorgio di Pisidia fu lʼautore grande di questi componimenti, ovvero di questi giambi meditati con armonia. Essendosi infatti attenuto assennatamente alla natura ordinata e regolata del creato e a come, grazie ad uno straordinario miracolo, si formò la sua connessione nella divisione, ed essendosene servito, pur in maniera imperfetta, con uno specchio dellʼessenza che è al di sopra dellʼintelletto, come disse Paolo, ha devotamente glorificato il Creatore, e dallʼincontaminato prato cosmico ha offerto a Dio una corona ben fiorita, avendola intrecciata con gli inni di una complessa meditazione: e in questo, con una figura mistica, la rosa è il profumo avvampante delle Scritture, mentre lʼimmagine lucente del giglio rappresenta il candore e la chiarezza delle parole, e la viola brillante di porpora indica in modo simile lʼonorevole profondità dei pensieri. E, memore del paradiso dellʼEden, la presente raccolta di riflessioni ha riportato per scritto il divino legno della vita, e tramite i tragitti degli occhi attraverso la Scrittura fa scaturire per noi il frutto delle parole. Al Verbo che ha creato tutto lʼuniverso - per quanto è concepibile con il senso della vista, per quanto lo si conosce con uno slancio del pensiero - , al Salvatore di tutti, al dispensatore di grazie, a Colui che adorna i meritevoli e mostra a guisa di corpi celesti quanti sono intrisi dal buio delle passioni, a Cristo grazia e gloria, onore e potenza insieme al Padre che lo precede ed allo Spirito".

287 Vd. TARTAGLIA 1998, pp.28-29.

288 GONNELLI 1990, p.412, n.6.

289 Vd. WHITBY 1995, p.129; TARTAGLIA 1998, pp.27-28.

290 Vd. FOBELLI 2005, ad loc., p.166.

118 Come vedremo nei capitoli seguenti, i temi dellʼagiografia Giorgio scelse di renderli attraverso la sua unica opera in prosa: lʼEncomio di SantʼAnastasio, metafrasi degli atti del martirio scritti nel 629 d.C., portati a Costantinopoli ai primi di agosto dello stesso anno dallʼimperatore Eraclio nel loro stadio redazionale originario (quello cioè che non recava il resoconto della Translatio delle reliquie del santo), e consegnati nelle mani del poeta di corte.

Come lʼEsamerone, anche lʼEncomio (il più appropriato, tra gli altri generi letterari agiografici, ad essere declamato durante una festa o una cerimonia dedicata ad un santo)292 presenta un lungo prologo dedicato al patriarca Sergio. Come lʼEsamerone e come tutti i componimenti del Pisida, non a caso definiti ελκ δμ, anche lʼEncomio fu concepito per la recitazione, ovvero per la lettura ad alta voce in occasione di grandi solennità che raccoglievano lʼintera popolazione costantinopolitana (per lʼEsamerone, ad esempio, si è pensato alle celebrazioni liturgiche del periodo quaresimale quale occasione per la prima recita in pubblico)293.

Sappiamo infatti che, durante il servizio rituale, era compito specifico dei diaconi quello di pronunciare, dopo aver deposto sullʼaltare i doni del pane e del vino, i π υξα θ πκγαθ θ πθ, sostituiti proprio nel corso del VII secolo d.C. da commemorazioni che finirono per essere inserite nei testi fissi dei formulari delle Messe294.

Inoltre, giocherebbe a favore di unʼinterpretazione cerimoniale dellʼEncomio di

SaἘἠʼχἘasἠasἑἙ, il fatto che il codice Laurentianus graecus IX.14 ne tramanda il testo

insieme ad un menologio per i giorni dal 18 al 31 di maggio, e ad altri testi di carattere liturgico quali il Dialogo sulla vita di S. Giovanni Crisostomo di Palladio, la Doctrina

Iacobi nuper baptizati e la VἑἠaΝdἑΝωἙsἠaἘἠἑἘἙΝlʼebreἙ295.

"Die alten Bollandisten haben einen intensiven Gebrauch von dieser Hs ἹἷmἳἵhὈΝ […]Ν D. Paperbroch glaubte sie in einer Kirche des Antiochene Patriarchates lokalisieren zu können (Acta SS Maii 5, 179*: 'ad usum, ut

292 Vd. HINTERBERGER 2014, p.35: "The production of hagiographical texts was closely linked to the cult of saints whose veneration required the constant renewal of the texts and particularly encomia, a form more appropriate than other hagiographical genres for use during feasts and ceremonies dedicated to the saints".

293 Vd. TARTAGLIA 1998, p.28.

294 Vd. DACL, IV.1, pp.1048-sqq.; AVERINCEV 1988, p.268: "La prosa letteraria è prima di tutto prosa retorica; il discorso è destinato ad essere pronunciato in pubblico a memoria, ed il suo testo scritto è soltanto una traccia ausiliaria, qualcosa sul genere di una partitura". ἥὉllʼὁὄἳliὈὡΝ ἶἷiΝ ἵὁmpὁὀimἷὀὈiΝ pisidiani, vd. JENKINS 1963,pp.41-42.

Sui "Diaconal Diptychs", vd. TAFT 1991, pp.10, 117. 295

Vd. FLUSIN ἀί11,Ν ppέκκ,Ν ὀέ1ἃ,Ν ἷΝ κλ,Ν ἵὁὀΝ ὉὀʼἳὈὈἷὀὈἳΝ ἳὀἳliὅiΝ ἶἷiΝ ἵὁἷviΝ Menologi su San Demetrio.

119 videtur, orientalis alicuius in patriarchatu Antiochenae ecclesiae scriptam, cui utinam similes partes alicubi inveniri contingat utpote diversissimam ab illis collectionibus, quae passim ex Constantinopolitano patriarchatu habentur et Metaphrastae aequaliter, sed perperam imputantur')"296.

Sarà opportuno quindi immaginare lo stesso Giorgio, al cospetto dellʼimperatore, del patriarca Sergio e della popolazione di Costantinopoli, intento nella lettura dellʼEncomio, per afferrarne "the functional importance of style"297. Tenere desto il proprio uditorio era la prima finalità dichiarata da ogni scrittore che volesse veicolare oralmente un soggetto agiografico, secondo le preziosi indicazioni forniteci in merito da Sofronio di Gerusalemme nel Panegirico dei due santi anargiri Ciro e Giovanni Cf. Sophr. H. Enc. Cyr. et Jo. 33, p.72.3-5 Bringel:

εα θΝπδ θΝζ θΝ δ ΰ λκθ μΝ υθαγλκ πη θΝπλ μΝ θΝ θΝγ γ θΝ δ Κ λκυΝεα π θθκυΝΰδΰθκη θπθΝ λ πθΝ ελ α δθ298

in virtù del fatto che non si poteva ascoltare un qualunque discorso istruttivo standosene comodi299.

Per datare la recita dellʼEncomio da parte di Giorgio (probabilmente a Santa Sofia, di cui era diacono)300, possediamo gli estremi esatti: il terminus post quem è il 17 dicembre 630 d.C., data della morte di Modesto301, prima vicario del patriarcato di Gerusalemme tra il 613 ed il 630 d.C., poi patriarca della stessa città dalla primavera allʼautunno del 630 d.C302. Egli risulta in effetti defunto in Enc. S. Anast. 9.8-13, pp.213-215 Flusin:

θ θγ κθ πκγαυη αμ επ λπ δθ ζ μ ΰ αμ Ἀθα πμ λ ῖ εαζζ βθ πκφκλ θ θ θγλππκθ ΰαΰ θ· μ πα λδεκῖμ πζ ΰξθκδμ

296 EHRHARD 1937-1952, p.632, n.1, secondo cui il manoscritto sarebbe originario di Grottaferrata (vd. EHRHARD 1937-1952, p.635).

297HALDON 1990, p.434.

298 Ο…ΝἓΝἶἷὅὈἳὀἶὁΝlʼattenzione del popolo fedele, raccogliamolo per lʼascolto dei miracoli venuti da Dio ed avvenuti tramite Ciro e Giovanni".

299 Così AVERINCEV 1988, p.244.

300 La notizia di Niceph. 22.3-sqq. secondo cui Eraclio avrebbe portato, tra il 1 settembre 628 ed il 31 agosto 629 d.C., la S. Croce, consegnatagli da Shahrbaraz dopo il trattato di pace tra Bizantini e Persiani avvenuto nel giugno del 628 d.C., a Gerusalemme, e da qui lʼavrebbe spedita a Costantinopoli, dove il patriarca Sergio lʼavrebbe accolta nella chiesa delle Blacherne ed onorata in Santa Sofia poco prima del rientro dellʼimperatore nella capitale, è certamente molto affascinante. Tuttavia, se JANIN 1953-1969, p.171, nel tratteggiare la storia della chiesa delle Blacherne, vi riponeva ancora una certa fiducia, essa è stata smentita categoricamente da PERTUSI 1959, pp.230-231.

301 Vd. FLUSIN 1992, II, p.316, n.90.

120 κ α Θ κ λκθ η θπμ α θ πλκ ι η θκμ, Μκ δπ

πλκ θ ΰε , η θ λα δε θ ι πηα πλ ίυ λ εα φ ζαεδ κ πκ κζδεκ γλ θκυ βθδεα α υΰξ θκθ δ, η ’κ πκζ εα α κ μ δ υγ θαθ δ μ λαλξ αμ κ μ κ αεαμ303.

"E' chiaro che se Modesto fosse stato ancora vivente e reggente del patriarcato nel momento in cui lʼencomiasta tenne il suo elogio, questi non avrebbe detto η ’κ πκζ δ υγ θαθ δ, ma, come ha ben osservato il

Querci, θῥθ δ υγ θαθ δ."304

Il terminus ante quem è il 2 novembre 631 d.C., data di composizione della Translatio delle reliquie del santo dal monastero di S. Sergio presso Bethsaloé nel monastero di S. Anastasio a Gerusalemme, di cui non si trova traccia nellʼEncomio305.

3.2.2 Unʼopἷraὐione non del tutto originale. Antecedenti 'funzionali' alla recita