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Russell resta in piedi Nessun knockdown

Nel documento Azione e Riferimento (pagine 74-77)

Kripke (1977) non prende una posizione netta sul ruolo delle descrizioni referenziali in una teoria semantica. Egli, cioè, non si esprime chiaramente sul tema generale a prescindere dagli specifici argomenti usati da Donnellan.58 Dove ne parla, è incline a pensare che in ultima istanza per i

casi di descrizioni definite incomplete (lui le chiama “descrizioni improprie”), probabilmente qualcosa di simile alla teoria referenziale di Donnellan sia richiesto (ibid., pp. 255, 271).59

In “Speaker’s Reference and Semantic Reference” si mette in luce che gli argomenti di Donnellan a favore degli usi referenziali delle descrizioni non riescono effettivamente ad “abbattere” la teoria delle descrizioni di Russell. Kripke, in sostanza, rimprovera a Donnellan di aver offerto degli spunti interessanti ma di non aver eliminato il diretto concorrente.

Il punto di Kripke è metodologico nella misura in cui ciò che vuol fare è verificare se le considerazioni di Donnellan effettivamente colgono il bersaglio. Donnellan mira a mostrare l’insufficienza della teoria di Russell per       

58 “My concern is not primarily with the question: is Donnellan right, or is Russell (or is

Strawson)? Rather, it is with the question: do the considerations in Donnellan’s paper refute Russell’s theory (or Strawson’s)?”, Kripke 1977, p. 6.

59 Con “descrizione incompleta” intendo una descrizione il cui contenuto descrittivo non

è univocamente soddisfatto. Su questa strada hanno spinto molto Wettstein (1981) e Devitt (2004). Essi puntano a difendere l’idea che gli usi referenziali siano semanticamente rilevanti, usando come ariete l’argomento delle descrizioni incomplete, e mettendo invece da parte le maldescrizioni.

rendere conto della semantica delle descrizioni definite.60 Se questo è lo

scopo, Donnellan in realtà mancherebbe il bersaglio. Ovvero, gli esempi di Donnellan certamente mostrano qualcosa che facciamo con le descrizioni ma questo non è sufficiente per contrastare la proposta di Russell: dato che si parla di usi, ciò non contraddice l’ipotesi che l’analisi corretta delle descrizioni sia quella di Russell (ibid., p. 262).

Analisi, usi e condizioni di verità

La teoria delle descrizioni di Russell darebbe ancora la corretta analisi di queste espressioni, mentre la teoria di Donnellan avrebbe a che fare con ciò che viene eventualmente comunicato quando esse vengono usate.

Le ragioni per cui Kripke la pensa in questo modo sono numerose. Il modo in cui Donnellan si esprime, in primo luogo, apre la strada a questo tipo di critica: Donnellan parla di usi referenziali e sostiene che la sua distinzione non è fondata su un’ambiguità semantica:

It does not appear plausible to account for this, either, as an ambiguity in the sentence. The grammatical structure of the sentence seems to me to be the same whether the description is used referentially or attributively: that is, it is not syntactically ambiguous. Nor does it seem at all attractive to suppose an ambiguity in the meaning of the words; it does not appear to be semantically ambiguous. (Perhaps we could say that the sentence is pragmatically ambiguous: the distinction between roles that the description plays is a function of the speaker's intentions.) These, of course, are intuitions; I do not have an argument for these conclusions. Nevertheless, the burden of proof is surely on the other side. (Donnellan 1966, p. 297)

      

60 Per Kripke (1980, p. 8) la distinzione di Donnellan non è esaustiva dei possibili usi delle

descrizioni definite. Anche Donnellan, in realtà, la pensa in questo modo (nel 1966 cita il fatto che l’uso di “the present king of France” può non essere né attributivo né referenziale). Kaplan (2012) indaga su alcuni altri usi delle descrizioni.

In questo passaggio Donnellan sembra negare esplicitamente che la sua distinzione abbia una rilevanza semantica, almeno se la si guarda dal punto di vista del paradigma classico. Se a questo si aggiunge il fatto che gli esempi da lui portati sono quasi tutti basati su maldescrizioni, dove, apparentemente, tutto ciò che è rilevante è il referente inteso, si avrà la netta sensazione che gli usi referenziali non abbiano a che fare con la semantica.61

In realtà, Donnellan (1966) tacitamente rifiuta l’assunto che ciò che è determinante per le condizioni di verità sia l’analisi delle espressioni. Non è semplicemente una mancanza di coerenza da parte di Donnellan quella che Kripke (1977, p. 262) indica quando scrive “he [Donnellan] suggests that Russell may well give a correct analysis of the attributive use but not of the referential use”. Il punto è proprio che secondo Donnellan anche quelli attributivi sono usi: non ci sarebbe alcun significato quantificazionale delle descrizioni. Se, dunque, quella di Russell è un’analisi, lo è di un uso. Ma questo è incoerente. Forse la tesi da difendere avrebbe dovuto essere che quella di Russell non è un’analisi. Va riconosciuto, comunque, che Donnellan non ha esplicitamente sostenuto questa idea, insistendo, successivamente (1978), soprattutto sulla rilevanza semantica degli usi referenziali.

Si pensi, in proposito, all’analisi dell’enunciato “her husband is kind to her”, esempio proposto da Leonard Linsky (1963) e ripreso da Donnellan (1966), dove qualcuno si riferisce a un uomo con la maldescrizione “suo marito”. Scrive Kripke (1977, p. 261):

      

61 Come sostenuto nel secondo capitolo, è possibile mantenere che le maldescrizioni

abbiano una funzione referenziale, senza dover dire che il significato dei termini sia inutile a tal scopo. Questa è in effetti la mia posizione, e potrebbe essere anche quella di Donnellan. Una descrizione può essere considerata descrivente un dato oggetto, anche se non è perfettamente calzante. Torno sulla questione nell’ultimo capitolo.

since Donnellan does not clearly assert that the statement ‘her husband is kind to her’ ever has non-Russellian truth conditions, he has not so far clearly contradicted Russell’s theory.

Al riguardo, nell’articolo del ’78 Donnellan è più chiaro nel sostenere che gli usi referenziali hanno un effetto sulle condizioni di verità degli enunciati. Propone, in quello scritto, un argomento ripreso da Chastain sulle catene anaforiche, a sostegno della tesi, questa volta esplicita (argomento che comunque Kripke (1977) non ritiene essere particolarmente efficace).

Ad ogni modo, Kripke dà un’interpretazione a suo modo caritatevole della teoria di Donnellan e cerca di motivarla come se essa postulasse un’ambiguità semantica. Anche così facendo, sostiene, non abbiamo sufficienti elementi per dichiarare Russell confutato. D’altro canto, Donnellan, pur senza avere degli argomenti decisivi contro Russell, ne ha una serie di piuttosto persuasivi.

Nella prossima sezione (3.2) considero più approfonditamente il tema dell’ambiguità, semantica e pragmatica, per verificare l’effettiva praticabilità della teoria di Donnellan su questa strada; nella sezione ancora successiva (3.3) chiarisco qual è l’apparato teorico di Kripke su questi temi e avanzo l’ipotesi che esso non sia sufficiente a costituire un’alternativa al disegno di Donnellan.

3.2 Ambiguità

Nel documento Azione e Riferimento (pagine 74-77)