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S EGUE L’ OBBLIGO D ’ INFORMAZIONE A CARICO DEL-

Nel documento L'onere della prova (pagine 143-149)

CAP III LA RIPARTIZIONE DELL’ ONERE DELLA PROVA NELL’ORDINAMENTO TE-

19. S EGUE L’ OBBLIGO D ’ INFORMAZIONE A CARICO DEL-

LA PARTE NON GRAVATA DALL

ONERE DELLA PROVA

.

Con riferimento specifico all’istituto in esame, come ricordato nei precedenti paragrafi, nell’ordinamento tedesco non è espres- samente formulata a livello legislativo una norma generale sull’onere della prova, come l’art. 2697 del codice civile italiano. Viceversa la disposizione che fissa il principio del libero convin- cimento del giudice, il § 286 ZPO, è molto ampia, e per certi a- spetti molto diversa dal nostro art. 116 c.p.c. Giova riprodurne il

testo per intero: «il giudice deve decidere secondo libero convin-

cimento se l’affermazione di un fatto sia da considerare come ve- ra o come non vera, tenuto conto di tutto il contenuto della trat- tazione e del risultato di un’eventuale istruzione probatoria. Nel- la sentenza devono essere indicati i motivi che hanno guidato il convincimento giudiziale./Il giudice è vincolato a regole proba- torie legislative solo nei casi indicati da questa legge».

L’assenza di una disposizione generale espressa sull’onere della prova e la presenza di una profonda, impegnativa norma sul libe- ro convincimento, che costituisce senza dubbio il principio cen- trale dell’intero diritto delle prove tedesco174, ha fatto sì che le in- terrelazioni tra le due problematiche siano state particolarmente messe a fuoco nell’ordinamento tedesco.

Come sopra rilevato175, nel sistema processuale tedesco sono di- verse le strade battute per superare le difficoltà derivanti dall’astratta ripartizione degli onere probatori e per ridurre il più possibile l’applicazione della regola di giudizio fondata sull’onere della prova.

174 PRÜTTING, Münchener Kommentar zur Zivilprozeßordnung, V ed., München

2010, § 286, pag. 2778 ss.

A tal riguardo, oltre alle tecniche, alle regole ed alle tesi prece- dentemente esposte, viene concretamente praticata la possibilità di mettere a frutto il sapere e le informazioni della parte non gra- vata dell’onere della prova.

In particolare, una prima possibilità di ricorrere alle informazioni della parte non gravata dell’onere della prova è quella di preve- dere, a vantaggio della parte onerata, una pretesa sostanziale alla consegna di cose, all’esibizione di documenti ed al rilascio di al- tre informazioni. Questa è la strada battuta dalla giurisprudenza tedesca176 che, basandosi su norme dal tenore molto ampio e ge- nerico, come il § 242 BGB, e, più specificamente, il § 810 BGB, ha sviluppato obblighi di informazione e di comunicazione in una notevole serie di rapporti di diritto privato.177

E’ stata inoltre prevista la possibilità di imporre, in capo alla par- te non gravata dell’onere della prova, un obbligo processuale di

informazione. L’operazione, già tentata a suo tempo dalla dottri-

na più risalente, ed in particolare da F. Von Hippel nel 1939178, è

176 Cfr. da ultimo, BGH (Bundesgerichtshof), 4 settembre 2011, in NJW, 2012, pag.

456; BGH (Bundesgerichtshof), 23 marzo 2010, in NJW, 2010, pag. 798.

177 LANG, Die Aufklärungspflicht der Parteien des Zivilprozesses vor dem Hinter-

grund der europäischen Rechtsvereinheitlichung, Berlin 1999, pag. 99 ss.

178 V. VON HIPPEL, Wahrheitspflicht und Aufklärungspflicht der Parteien im Zi-

stata riproposta più di recente, con un approccio teorico ed ideo- logico radicalmente mutato, da R. Stürner nel 1976179. Con una complessa argomentazione analogica che fa perno sui §§ 138, 423, 445, 448, 372a, 656 ZPO, Stürner perviene ad affermare l’esistenza di un obbligo generale di informazione a carico della parte non gravata dell’onere della prova. L’obbligo sarebbe di natura processuale, ma opererebbe anche fuori e prima del pro- cesso, e rinverrebbe la propria sanzione, in caso di omissione colposa di informazione, nella finzione di esistenza del fatto af- fermato dalla controparte. Viceversa, in caso di oggettiva impos- sibilità di fornire l’informazione, il rischio del mancato accerta- mento continuerebbe a ricadere sulla parte gravata dell’onere del- la prova.

Fino alla metà degli anni novanta, la tesi di Stürner aveva susci- tato un ampio dibattito, ma raccolto pochi consensi, anche se molto autorevoli180. Il Bundesgerichtshof aveva espressamente preso in considerazione la sua tesi, ma l’aveva rigettata181. Due le

179 STÜRNER, Die Aufklärungspflicht der Parteien des Zivilprozesses, Tübingen,

1976.

180 V. HENCKEL, in ZZP, 1992, pag. 100 ss. Recensione alla monografia di Stür-

ner-Schlosser, Die lange deutsche Reise in die prozessuale Moderne, in JZ, 1991,

pag. 599 ss.

principali obiezioni: l’esiguità delle disposizioni di diritto positi- vo sulla cui base si dovrebbe fondare un obbligo così impegnati- vo; il fatto che essa, in caso di omissione colposa dell’informazione, aggirerebbe la “ripartizione dei rischi” di- scendente dalla disciplina dell’onere della prova182.

Lo scenario muta nel 1996: nel Gutachten rilasciato in vista del sessantunesimo Deutscher Juristentag, nel quadro di una propo- sta tesa al rafforzamento della cognizione del giudizio di primo grado, funzionale alla riforma dei mezzi di impugnazione, P. Gottwald suggerisce l’introduzione de iure condendo, attraverso una riformulazione del § 138, comma II ZPO, di un obbligo pro- cessuale generale di informazione a carico della parte non grava- ta dell’onere della prova183. Sebbene questo suggerimento non venga accolto nelle tesi finali del congresso del 1996, né nella ri- forma dello ZPO del 2001, esso costituisce un importante criterio di orientamento nella soluzione dei problemi posti dalla nuova disciplina del potere d’ufficio di disporre l’esibizione di docu-

182 PRÜTTING, Gegenwartsprobleme der Beweislast, cit., pag. 72 ss; ID, Informa-

tionsbeschaffung durch neue Urkundenvorlagepflichten, in Festschrift für Janos Nemeth, Budapest 2003.

183 GOTTWALD, Empfehlen sich im Interesse eines effektiven Rechtsschutzes

Maßnahmen zur Vereinfachung, Vereinheitlichung und Beschränkung der Rechts- mittel und Rechtsbehelfe des Zivilverfahrensrechts, cit., pag. 15 ss.

menti (§ 142 ZPO), nonché del potere d’ufficio di disporre l’esibizione di oggetti di ispezione o di consulenza tecnica (§ 144 ZPO), v. infra, § 21.

Ora, a prescindere dal predetto orientamento, rimane il dato te- stuale del § 138, primo comma, ZPO (“Die Parteien haben ihre

Erklärungen über tatsächlichen Umstände vollständig und der Wahrheit abzugeben”), il quale pone a carico delle parti uno spe-

cifico obbligo di chiarificazione e di verità184 delle allegazioni fattuali185.

184 Il Wahrheitsplicht è stato espressamente introdotto con la riforma del processo

civile del 1933.

Le affermazioni false della parte che non ha prestato giuramento, non configurano tuttavia di per sé un reato, come accade per il caso di falsa testimonianza (cfr. § 153 StGB). Però in tutte le cause di natura patrimoniale, la violazione del dovere di dire la verità costituisce una truffa processuale (Prozessbetrug: § 263 StGB), se per questo motivo il giudice decide la causa in favore della parte che ha violato tale dovere.

185 Come è noto, nell’alveo delle tradizioni in cui si colloca il nostro sistema pro-

cessuale, accanto ai consueti doveri di lealtà e di probità (cfr. art. 88 c.p.c.) non e- siste, né è mai esistito, un analogo “obbligo” o “dovere di verità” a carico delle par- ti.

Nondimeno, nell’ambito dei lavori preparatori del codice di rito del 1942, l’introduzione di un vero e proprio dovere od obbligo di verità, a carico delle parti e dei rispettivi difensori, era stata accolta da taluni progetti (ad es. , dall’art. 20, primo comma, del Progetto Chiovenda, in rapporto al “dovere di non dire consape- volmente cosa contraria al vero”; dall’art. 28 del Progetto Carnelutti, con riguardo al “dovere di affermare al giudice i fatti secondo la verità”; dall’art. 26 del Progetto preliminare Solmi, con riguardo “all’obbligo di esporre al giudice i fatti secondo verità”. Si preferì, poi, optare per “il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità”, non soltanto in funzione del “credito di correttezza” tradizionalmente at- tribuito al ceto forense italiano, ma soprattutto in considerazione del fatto che – in un sistema ancora fondato sull’efficacia di prova legale della confessione e del giu- ramento – un obbligo generalizzato di verità si sarebbe potuto risolvere in uno strumento inquisitorio, del tutto incompatibile con la dominante presenta del prin- cipio dispositivo.

Tali doveri, tuttavia, nell’attuale interpretazione giurisprudenzia- le, si pongono nel quadro di una efficace e proficua cooperazione fra i soggetti del processo, non indicendo – ad oggi – in maniera determinante sulla ripartizione dell’onere della prova. La sanzio- ne dell’inadempimento dell’obbligo di chiarimento e di verità non viene equiparata a quella che consegue al mancato soddisfa- cimento dell’onere probatorio, gravante sulla controparte.

In definitiva, l’obbligo di chiarimento della controparte serve a facilitare il soddisfacimento dell’onere della prova, ma non inci- de sulla regola di giudizio ad esso collegata.

20.

S

EGUE

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I

L VALORE PROBATORIO DELLA TRATTAZIO-

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