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Salute e working poor

Nel documento La salute nel mercato del lavoro di cura (pagine 128-132)

4. Le ricadute sulla salute delle assistenti familiari

4.4 Salute e working poor

La crisi ha comportato un netto peggioramento delle condizioni economiche di molti, andando a colpire tanto la popolazione italiana quanto quella immigrata. Se da un lato infatti i datori di lavoro risentono delle conseguenze della recessione e sono costretti a rinunciare in modo più o meno incisivo a beni e servizi – ivi comprese le prestazioni dell’assistente familiare – dall’altro le assistenti familiari si vedono abbassare la propria retribuzione oraria e sono pertanto obbligate a incrementare l’orario lavorativo per ottenere uno stipendio che comunque il più delle volte si attesta su valori minimi.

Secondo le badanti intervistate, negli ultimi anni è diventato sempre più difficile lavorare con un contratto di lavoro: il 41,7% si dichiara molto d’accordo con questa considerazione. Allo stesso modo, il 44,3% delle badanti è molto d’accordo con l’idea che negli ultimi anni le famiglie chiedano alle badanti di lavorare di più, senza per questo aumentare lo stipendio. Le lavoratrici sembrano dunque avere una chiara percezione di quello che sta accadendo: la crisi economica ha impattato sugli standard

128 minimi di lavoro, in alcuni casi, provocando un peggioramento. (AcliColf, 2014, p. 4)

Le assistenti familiari sono impiegate per un orario medio di nove ore al giorno, sei giorni su sette; la retribuzione media è di 800 euro al mese94. È evidente come questa somma non solo non tenga conto del carico lavorativo in termini di quantità e qualità delle prestazioni, privando il lavoro di cura del riconoscimento e del valore che merita, ma risulta insufficiente a condurre una vita dignitosa qualora la lavoratrice decida di vivere in autonomia e/o di ricongiungere i familiari. Sono d’altronde sempre più numerose le famiglie all’interno delle quali il marito e/o i figli sono disoccupati o cassaintegrati e in cui il reddito della donna è l’unica fonte di guadagno. In queste condizioni, con un salario da 800 euro e l’intero carico della famiglia sulle sue spalle, l’assistente familiare può per molti versi essere considerata una working poor. Questa condizione comporta la necessità di lavorare per un elevato numero di ore unita, paradossalmente, a una situazione di povertà o indigenza. È l’esito di una condizione lavorativa sottopagata, frammentata e precaria, tutte caratteristiche che è possibile riscontrare nel mercato del lavoro della cura.

Avere poche risorse a disposizione implica la rinuncia o la selezione di determinati acquisti. Ed è proprio qui che si inseriscono e si rafforzano quelle disuguaglianze nella salute di cui si è trattato nel primo paragrafo: l’accesso ai servizi e ai medicinali è subordinato al possesso di mezzi economici adeguati e chi non li ha disposizione viene escluso da queste tutele e dal godimento del diritto alla salute. Se per molti migranti la salute viene già posta in secondo piano rispetto al lavoro, le ristrettezze economiche fanno scendere le visite mediche, i controlli e l’acquisto di medicinali nella lista delle priorità, a maggior ragione se la famiglia è ricongiunta e oltre alle spese per l’affitto e il proprio mantenimento sono presenti figli piccoli di cui occorre occuparsi. Le barriere economiche contribuiscono in tal

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modo a segmentare e dividere la popolazione in utenti di prima categoria e utenti di seconda categoria, a seconda della loro condizione economica.

I costi del sistema sanitario rappresentano un ostacolo nell’accesso ai servizi. Infatti i prezzi delle prestazioni e dei ticket sembrano essere un fattore di grande impedimento a causa della scarsità di risorse economiche disponibili. […] Ci si lamenta dei costi dei farmaci e delle spese in generale, il dentista ha tariffe più basse al paese di origine. I servizi privati poi sono molto cari. Ricordiamo che in caso di limitate risorse economiche la spesa medico-farmaceutica non costituisce una priorità nelle spese per la sopravvivenza. (Tognetti Bordogna in Catanzaro, Colombo, 2009, p. 294)

Nel caso dei working poor questa situazione si rivela doppiamente critica: non solo le paghe sono così basse da non consentire loro un corretto e regolare accesso alle prestazioni sanitarie, ma in più essi risentono sul loro corpo e sulla loro mente dei disagi provocati da un’intensa attività lavorativa. Laddove quindi vi sarebbe maggiore necessità e urgenza di intervento vengono invece a mancare quelle condizioni economiche che permettono nei fatti di rendere realmente fruibile il diritto alla salute.

L’eccessivo costo è poi la seconda motivazione – oltre al problema di conciliazione dei tempi con il lavoro – che allontana le assistenti familiari dall’iscrizione e dalla frequentazione dei corsi di formazione ad hoc, che, come abbiamo visto, rappresentano un’importante opportunità per fare buona prevenzione contro gli incidenti domestici e i rischi di logoramento psicologico. La formazione rappresenta pertanto una strategia che, seppur indirettamente, favorisce la salute e il benessere delle assistenti familiari, aiutandole a svolgere in maniera corretta e con le dovute accortezze il proprio lavoro. Anche questa forma di tutela, tuttavia, è condizionata dalle risorse economiche che si ha disposizione.

La disponibilità è fortemente correlata alle dimensioni di impegno (numero di giornate e di ore dei corsi) e di costo richiesti. Solo un quarto delle

130 assistenti familiari è interessata a seguire un corso se dovesse contribuire a pagarne una parte. (Pasquinelli in Pasquinelli, Rusmini, 2013, p. 53)

Gli effetti della crisi si ripercuotono anche sulle condizioni di vita delle famiglie datrici di lavoro e vanno quindi a influenzare l’ambiente di lavoro dell’assistente familiare. Si è visto in precedenza come numerose famiglie pur di mantenere la collaboratrice abbiano dovuto rinunciare a spese e consumi sull’alimentazione; anche l’alimentazione dell’assistente coresidente, di conseguenza, sarà di qualità inferiore e meno variegata. Lo stesso discorso è valido per altri aspetti della convivenza: la manutenzione della casa, le spese per il riscaldamento, il consumo di acqua vengono controllati per evitare uno sforamento del budget a disposizione.

Più di una lavoratrice ha riferito di aver avuto difficoltà nell’alimentarsi a sufficienza: ritrovarsi in una famiglia, spesso uni-personale, che vive una situazione di povertà alimentare non è un evento poi così remoto. È capitato e comincia a capitare sempre più di frequente, che il cibo sia un problema: quando l’assistito non può far conto su una pensione adeguata, è necessario risparmiare su tutto compreso il mangiare. C’è anche da ricordare che un reddito da pensione è una risorsa sulla quale può darsi faccia affidamento più di un nucleo familiare: accade che figli e nipoti, magari disoccupati, prelevino parte del reddito dell’anziano per i propri bisogni. In questi casi, è ovvio che il budget si assottigli ancor di più. Per cui non sorprendono neanche i divieti legati all’utilizzo dei servizi più elementari, come luce o acqua calda: i costi delle utenze, assieme ai farmaci, sono le altre grandi voci di spesa di una famiglia di anziani. (AcliColf, 2013, p. 7)

La condivisione delle condizioni di vita è totale per un’assistente familiare coresidente e questo può naturalmente anche significare il trascinamento verso le condizioni di povertà di cui la famiglia soffre. L’ambiente di lavoro, coincidente con l’abitazione della famiglia, riflette pertanto il peggioramento dello status economico della popolazione autoctona: ristrettezze su alimentazione, pulizia,

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manutenzione, utenze sono alcuni degli indicatori di questo peggioramento che finiscono inevitabilmente per travolgere la caregiver e incidere sulla sua salute.

La povertà è sempre correlata al grado di salute; per giunta, il rapporto si presenta biunivoco: una cattiva salute porta ad un declino nello status socioeconomico mentre un basso livello socioeconomico conduce ad una salute peggiore, una spirale viziosa. (Corradi, 2008, p. 28)

L’assistente familiare immigrata e il datore di lavoro italiano assistono impotenti al peggioramento delle loro condizioni lavorative ed esistenziali; anziano e collaboratrice rappresentano due facce della stessa medaglia, quella della povertà e della precarietà, che sempre più uniscono, senza distinzioni, autoctoni e stranieri.

Nel documento La salute nel mercato del lavoro di cura (pagine 128-132)

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