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Il samizdat in URSS

Yakushev scrive un articolo133 sul samizdat sovietico nel 1975, in un momento in cui si pensa che sia un fenomeno fondamentalmente finito: sembra ci sia pochissimo materiale in circolazione, che nessuno ne scriva più, e che anche i giornali occidentali se ne occupino di meno. Yakushev cita il giornalista Sulzberg, il quale sottolinea come la lieve liberalizzazione della politica sovietica, le migliori condizioni abitative e la qualità della vita generalmente più alta rispetto ai primi anni ’70, abbiano spinto molti dissidenti ad abbandonare le proprie posizioni, o ad ammorbidirsi al punto che l’idea della dissidenza come libertà individuale non esista più.134

L’autore mette in luce quella che, a metà anni ’70, pare essere la più grande conquista del movimento dissidente, cioè un metodo di distribuzione del materiale che si inserisce nella più ampia storia evolutiva dell’opposizione politica in Unione Sovietica: il metodo “domestico” di riproduzione del materiale samizdat, in gruppi di lettori, acquista una particolare importanza quando non si tratta più di un fenomeno sporadico ed isolato, come quelli che già la Russia ha conosciuto, ma raggiunge altissimi livelli produttivi, avvicinandosi ai numeri annuali della grande casa editoriale moscovita Politizdat, che nel 1974-‘75 stampa tra 33.000 e 36.000 pagine.135

È esattamente l’ampiezza del fenomeno che ne fa un problema politico, giuridico e ideologico: se ai suoi albori il movimento è animato da autori ed attivisti anonimi, nel momento in cui Yakusev scrive si sono già formati dei gruppi legati da affinità intellettuali, connessi a giornali o particolari pubblicazioni, come la Kronika tekuščix sobztij, Seiatel’ o Veče.

133 Yakusev A., “The Samizdat Movement in the USSR: A note on Spontaneity and Organization”, The

Russian Review, vol. 34, no. 2, 1975, pp. 186-193

134 Sulzberg C.L., “Détente and Dissidence”, New York Times, 13/02/1974 135 Id., p. 188

68 A metà anni ’70 gli articoli giornalistici, però, riportano che questi gruppi sono fondamentalmente finiti, perché il pubblico dei lettori non si è espanso, o perché gli attivisti sono emigrati, detenuti, ricoverati in ospedali psichiatrici o hanno scelto l’emigrazione interna.

Intellighenzia e Dissidenza in Unione Sovietica

Secondo Komaromi136 la cultura non ufficiale in URSS è un campo che emerge nel più ampio contesto della società sovietica, e la cui caratteristica principale è l’autonomia dal discorso ufficiale e dalle istituzioni. Il campo è, secondo la descrizione di Bourdieu, un universo sociale separato, che funziona secondo sue leggi; il campo culturale è un sotto-campo della rete più ampia composta dalle forze economiche e politiche, ed ha un suo capitale simbolico distinto dal potere e dai beni materiali, che deve essere periodicamente rinnovato.137

In questo processo, l’intellighenzia sovietica gioca un ruolo fondamentale; molti studiosi hanno notato le similarità tra i dissidenti dell’era Brežnev e l’intellighenzia rivoluzionaria di epoca zarista, perché entrambi i gruppi muovono critiche di ordine morale ai sistemi politici esistenti, riconoscono il valore della personalità individuale e l’assoluta inviolabilità della coscienza, credono che la giustizia sociale sia il presupposto della liberazione dell’individuo, e universalizzano il dolore personale nella critica filosofica e politica del mondo circostante.138 L’intellighenzia zarista e i dissidenti sono il prodotto di circostanze storiche simili, cioè di uno stato paternalistico che, per ragioni di modernizzazione economica, ha bisogno di una élite colta, ma, poiché questo stato mantiene il monopolio sul potere politico e di iniziativa, deve limitare la libertà e l’autorità di questa élite.139

Per tutto il XIX secolo e fino agli anni ’30 del novecento, l’intellighenzia è un elemento della società ben distinto e riconoscibile, consistente in russi con principi

136 Komaromi A., “The Unofficial Field of Late Soviet Culture”, Slavic Review, vol. 66, n. 4, 2007, pp. 605-629

137 Bourdieu P., Les Règles de l’Art: Genèse et structure du champ littéraire, Seuil, Parigi, 1998, cit. in Komaromi, “The Unofficial Field…”, p. 606-7

138 Billington J., The Icon and the axe: an interpretative history of Russian Culture, Vintage Books, New York, 1966, pp. 550-89

139 Monas S., “Engineers or Martyrs: Dissent and the Intelligentsia”, A. Brumberg et. al, Quest of

69 occidentali, soprattutto la sovranità dell’io e il credo nella ragione come strumento di liberazione individuale, che li spingono a sfidare il sistema zarista e a chiedere che il paternalismo su cui si basa sia rimpiazzato da un sistema politico che riconosca la dignità e il valore dell’individuo. Ma i beneficiari dei cambiamenti, secondo l’intellighenzia tradizionale, sarebbero sempre stati altri, intere classi di persone, come i contadini, che non potevano chiedere i cambiamenti: la lotta dell’intellighenzia può beneficiare a tutta l’umanità, diversamente da quella di altri tipi di opposizione nella storia russa, come i Vecchi Credenti e i movimenti di protesta contadina del XVII e XVIII secolo; diverse sono le scelte politiche e le ideologie dell’intellighenzia, ma questa rimane fedele al principio la libertà individuale sia l’ultimo obiettivo politico e morale di una società giusta.140

I dissidenti rifiutano la definizione sovietica di intellighenzia, che abbraccia chiunque abbia un lavoro di tipo intellettuale, perché è troppo ampia e manca degli elementi di alienazione e critica morale, capacità di pensare criticamente, senso del giusto e valore personale, che sono invece le caratteristiche che distinguono intelligentny e dissidenti dal resto della popolazione.141

Quando i dissidenti sovietici parlano di intellighenzia russa, si riferiscono a quelli che hanno attivamente opposto il regime esistente, i radicali determinati a trasformare e riformare l’ordine. Cercano le radici e la legittimità politica e culturale nei Decabristi, in Radiščev, Čaadaev, Herzen, Belinskij, Černyševskij, Lavrov, i narodovol‘sty, i Menscevichi e i Bolscevichi, disassociandosi dagli anarchici e ribelli contadini.142

I dissidenti evocano immagini e simboli dell’intellighenzia, per esempio, col il titolo del giornale di Leningrado Kolokol, ed in associazioni come Herzen Foundation, che pubblica ad Amsterdam gli scritti della comunità emigrata,143 e nel 1966 un gruppo di Mosca pubblica il Russkoe Slovo, nome che evoca l’omonimo giornale radicale pietroburghese del 1859144, mentre molti dissidenti adottano la terminologia

140 Bergman J., “Soviet Dissidents on the Russian Intellighenzia, 1956-1985: The Search for a Usable Past”, The Russian Review, vol. 51, n. 1, 1992, pp. 17-18

141 Ventsov L. [Boris Šagrin], “To Think”, M. Meerson-Aksenov, The Political, Social, and Religious

Thought of Russian Samizdat – An Anthology, Belmont MA, 1977, pp. 152-53

142 Amarlik A., Will the Soviet Union survive until 1984?, New York, 1970, pp. 32-41

143 Feldbrugge F., Samizdat and political dissent in the Soviet Union, Springer, Leyden, 1975, pp. 38-9 144 Piminev P.I., “Odin političeskij process”, Vol’noe Slovo, n. 8, 1973, p. 22

70 dell’intellighenzia, per chiarificare la loro posizione rispetto al sistema sovietico, ed indicare che questo è repressivo quanto lo è stato quello zarista, e che i gruppi dissidenti e gli intelligentny sono simili.145

I dissidenti sovietici si identificano nell’intellighenzia russa anche per via della persecuzione che vivono all’interno dei sistemi politici: insistono infatti sul loro essere i depositari morali, gli eredi e successori degli intellettuali del XIX secolo, e non già il governo sovietico, e chiedono all’élite dominante di prendere esempio dall’antica intellighenzia, ad esempio nel pezzo su Russkoe Slovo del 1966:

“Ci affidiamo a voi, la giovane intellighenzia russa. In voi è posta la fiducia della splendida missione della battaglia per la verità e la luce, la lotta per una Russia trasformata e rigenerata… affinché essa possa prendere il suo posto nel futuro in una società socialista universale e libera.

La missione vi è stata affidata dai grandi russi, Radiščev, i Decabristi, Belinskij, Černiševskij, Dobrjulov, Lavrov, Bakunin, Michailovskij, Plechanov e Lenin, e dai grandi scrittori russi come Puškin e Lermontov, Nekrasov e Turgenev, Dostoevskij e Tolstoj, Čechov e Korolenko, Tjutčev e Brjusov, Blok ed Esenin, Platonov e Pasternak”146

Secondo Bolchovskij, per esempio, l’intellighenzia, ad un certo punto della sua storia, ha fatto l’errore di ripudiare sé stessa, l’etica liberale ed umanitaria, con una tendenza pericolosa verso lo statismo, i cui risultato è il nuovo ordine dispotico dopo il 1917, che possiede molti degli attributi del regime che rimpiazza.147 Anche Gorskij crede che l’intellighenzia si sia tradita quando ha abbracciato il populismo, enfatizzando l’equità sociale alle spese di bellezza e verità, gli interessi delle masse a spese di quelli particolari degli individui, e la trasformazione sociale dell’uomo a spese della sua creatività.148

I dissidenti, dunque, si riconoscono eredi dell’intellighenzia zarista, ma la criticano duramente, soprattutto per aver sposato la Rivoluzione, che non è nazionale, ed è profondamente estranea al carattere russo.149

145 Sogrubov A, “O psevdorevoljucionnix dviženijax i roli intelligency – iz pisma G.S. Pomeranca M.A. Lifšitcu“, in Medvedev, Političeskii dnevnik, p. 182

146 Editoriale del Russkoe Slovo, 1966, in Bergman J., op. cit., p. 24

147 Bolchovskij, “Sud’ba revoljucionno-socialističeskoj intelligencii v Rossii“, MS, vol. 13, n. 80, 1980, p. 67

148 Gorskij V., “Russian Messianism and the new national consciousness”, Meerson-Aksenov,

Samizdat, op. cit., pp. 370, 383, 391

71 L’intellighenzia aiuta la Rivoluzione, e distrugge sé stessa, secondo i dissidenti sovietici. Lo stesso regime sostiene che la Rivoluzione sia l’eredità dell’intellighenzia, e basa la sua legittimità sulla tradizione rivoluzionaria e di opposizione all’autorità politica; infatti, il regime sovietico ha bisogno di enfatizzare le radici russe e di sottolineare il ruolo dell’intellighenzia rivoluzionaria: nella Storia del Partito comunista dell’Unione Sovietica, nel 1959, Ponomarev proclama che “il movimento rivoluzionario in Russia ha una storia ricca ed eroica”, e rende omaggio all’intellighenzia del XIX secolo,150 per questo la leadership sovietica è dell’opinione che i dissidenti non meritino il titolo di intellighentny, infatti, dopo aver proibito a Pasternak di accettare il Nobel nel 1958, l’Unione degli Scrittori Sovietici gli nega anche il titolo di intelligent. 151

I dissidenti, insomma, hanno motivi politici nel cercare le loro origini storiche ed intellettuali nell’intellighenzia, e lo scopo di questa ricerca è capire se chi sono gli eredi e custodi della storia russa.

L’autonomia della Cultura non Ufficiale

Gli anni trenta in URSS sono, nell’ambito della vita culturale, caratterizzati dalla definitiva dissoluzione della distinzione tra sfera pubblica e privata, a causa del completo controllo dello Stato su tutti gli aspetti della vita dei suoi cittadini. Dalla morte di Stalin, invece, si assiste alla riaffermazione di una sfera sociale autonoma, tentativo di ricostituzione di un pubblico critico, e di distinzione tra pubblico e privato. Riemerge una certa indipendenza dell’attività culturale, che comprende anche pubblicazioni semi-ufficiali di gruppi di studenti, associazioni spontanee e organizzazione di letture pubbliche di poesia, come quelle intorno al monumento di Majakovskij nel 1958.

Non c’è una progressione lineare dall’attività culturale all’attivismo politico: sebbene la circolazione provata di testi sia inizialmente un’attività non ufficiale, diffusa soprattutto tra studenti negli anni ’40, un bollettino di Mosca poco successivo informa i lettori degli incontri di lettura al monumento di Majakovskij;

150 Ponomarev B.N et al., Istoriia Kommuničeskoi Partii Sovietcogo Sojuza, Mosca, 1959, p. 14 151 Labedz L., “The Soviet Intelligenstia”, R. Pipes et al., The Russian Intelligentsia, Columbia University Press, New York, 1961, p. 75

72 alcune pubblicazioni studentesche indipendenti di poesia, come Informacija, del 1956-’57, includono anche notizie tratte da quotidiani e giornali stranieri e testimonianze di privati cittadini, comprese quelle dei prigionieri politici, e, sebbene siano testi nati per diffondere la poesia, sono anche precursori delle pubblicazioni successive, illegali o semilegali, di denuncia ed richiesta di osservanza dei diritti umani.

Inoltre, negli anni settanta una letteratura non ufficiale, fortemente e dichiaratamente apolitica, fiorisce a Leningrado: dunque, la cultura apolitica e l’attività politica si sviluppano simultaneamente e coesistono, in proporzione variabile, in tempi e luoghi differenti.152

La cultura underground emerge come campo autonomo dentro la società sovietica come risultato delle sue tensioni: Sinjavskij e Solženicyn descrivono la dissidenza come l’esperienza di una generazione nata e cresciuta dentro al sistema sovietico. La dissidenza emerge dalla perdita della fede assoluta nel sistema, che spinge l’individuo a voler pensare ed agire in modo indipendente. Pasternak, Achmatova, Mandel’štam sono, secondo Sinjavskij, eretici della letteratura, ma non dissidenti, perché le loro radici affondano nella tradizione prerivoluzionaria della cultura russa. Invece, i dissidenti fanno parte della generazione che si è formata nel contesto dell’ordine sovietico, che vivono un’esperienza individuale, la quale fa scattare in loro la consapevolezza della responsabilità di “pensare, parlare e scrivere in modo indipendente, senza tener conto delle norme e prescrizioni dello Stato”.153

La letteratura è l’area dove l’intellighenzia sovietica inizia a riaffermare una posizione di autonomia, ma i limiti del campo culturale autonomo rimangono poco chiari almeno fino al 1965, e fortemente permeabili fino alla caduta definitiva del sistema sovietico. Questa situazione si percepisce materialmente nella storia dei testi: testi prodotti in un contesto non ufficiale, come le poesie del Živago, divengono accettabili per l’establishment sovietico, mentre materiale già passato dalla censura non sono più ripubblicabili; le poesie del Živago nell’edizione della

152 Komaromi A., “The Unofficial Field…”, op. cit., p. 610

73 Biblioteka Poeta vengono pubblicate nell’agosto 1965, e ritirate nel settembre dello stesso anno, dopo l’arresto di Sinjavskij.

L’autonomia della cultura sovietica non ufficiale non si fonda sulla concezione di arte pura e valori umani individuali: è, piuttosto, autonomia dall’ideologia sovietica, cioè presa di distanza dall’uso autocratico del potere da parte di chi si occupa di attività non ufficiali. Produzione e circolazione di materiale illecito o non ufficiale, organizzazione di gruppi di lavoro, comitati e attività sociali, sono aspetti chiave del campo culturale nella tarda era sovietica, cioè dalla seconda metà degli anni sessanta alla fine degli anni ottanta.

Un esempio importante è quello di Aleksandr Vol’pin, il matematico, figlio di Sergej Esenin e Nadežda Vol’pin, che il 5 dicembre 1965 organizza Glasnost’ Meeting chiedendo trasparenza nel processo contro Daniel’ e Sinjavskij. Si tratta della prima manifestazione pubblica organizzata spontaneamente in URSS dalla morte di Stalin, accompagnata dalla circolazione del Graždanskoe Obraščenie, Appelo Civico, che rappresenta uno dei primi esempi di uso di una rete informale di trasmissione del testo a scopo politico.

L’Appello utilizza canali di circolazione informali, gli stessi che nella decade precedente erano usati per far girare testi letterari;154 è un appello non ufficiale, ma ha un grande effetto proprio perché non cerca attivamente di contrastare il regime: l’azione del passare il testo è spontanea ed informale, e quindi le autorità sovietiche non possono condannare i lettori.

La manifestazione del 5 dicembre 1965 è, secondo la legge, legale, ed i mezzi utilizzati informali, ma non si qualificano con gli estremi per l’azione illegale, e rappresenta l’inizio di una nuova epoca di attività non ufficiale autonoma in URSS. La cultura non ufficiale funziona su testi prodotti e distribuiti in modo informale e collettivo, e completamente dipendenti da una rete di informazione, passaggio, lettura riproduzione, per cui idee e testi non sono né fissi, né inviolabili.155

Il luogo fisico dell’attività non ufficiale influenza lo spazio della cultura: a Mosca, luogo del potere politico, è più facile per i dissidenti approfittare del relativo

154 Daniel’ Ju. Et al., “Iz vospominanii Vladimira Bukovskogo”, Piatoe Dekabria 1965 goda

v vpominanijach učastnikov sobyti, materialach samizdata, dokumentach partijnych i komsomol skich organizacii i v zapiskach Komiteta gosudarstvennoi bezopasnosti v TsK KPSS, Mosca, 2005 , p. 22-23

74 rilassamento della repressione, ed ogni azione svolta attira l’attenzione della stampa straniera; a Mosca lo spazio della cultura non è duale, ma esistono molti gradi di transizione dall’ufficialità all’illegalità. A Leningrado, invece, dopo l’agosto 1968 si trasferisce il centro del samizdat specificatamente letterario: l’invasione della Cecoslovacchia è la data che definisce il nuovo movimento della cultura underground caratterizzata dal samizdat.156

Il campo della cultura non ufficiale sovietica è il prodotto della tensione dinamica dei molti protagonisti, che competono tra loro con i mezzi delle molte autonomie che prendono forma nell’azione indipendente. Dopo Stalin diventa possibile, praticamente per la prima volta, lo sviluppo delle attività indipendenti dallo Stato, con vari gradi di legalità e accettabilità, sebbene l’opposizione tra cultura ufficiale e underground non abbia termini fissi e rigidi.

Vol’pin e la metarivoluzione

Con l’organizzazione del Glasnost’ Meeting del 5 dicembre 1965, giorno della Costituzione sovietica, inizia l’era tarda del samizdat post stalinista; tra le tante correnti degli inakomyslie uno dei più in vista ed attivi è quello dei pravosaščitniki o zakonniki, i difensori del diritto, che affondano le loro radici storiche nella tradizione dell’intellighenzia attenta alle leggi nazionali ed internazionali prima russe, poi sovietiche. Sono i dissidenti sovietici che inventano la tecnica provocativa, almeno nel contesto dell’URSS, dell’obbedienza civile, caratterizzata da pratiche formalmente autorizzate e protette dalla legge, come libertà di assemblea o trasparenza nelle procedure penali, ma spesso soggette all’opposizione da parte del regime. Con la manifestazione del dicembre ’65, Vol’pin prende alla lettera la dottrina di “legalità socialista”, inventando un metodo di opposizione che si basa sulla richiesta che alle autorità che rispettino le loro stesse leggi:157 è l’inizio del movimento per i diritti civili in Unione Sovietica, fondato sui concetti di glasnost’ (apertura e trasparenza) e zakonnost’ (rispetto della legge).

156 Krivulin V., “Zolotoj Vek Samizdata”, Samizdat Veka, a cura di A. Streljanyj, et al., Mosca 1997, p. 351, 54

157 Amal’rik A., “Will the Soviet Union Survive Until 1984?”, Zapiski Dissidenta, ed. inglese a cura di A. Arbor, New York, 1982, p. 42

75 Il periodo di interregno che va dalla morte di Stalin nel 1953 al 1968 vede un livello altissimo di fermento intellettuale, paragonabile a quello dei primi anni venti, prima dell’avvento dello Stalinismo: nuove meta-discipline trovano spazio nel dibattito accademico e pubblico, e l’intellighenzia specializzata, formata da intellettuali e tecnici, aspira all’autonomia e interroga pubblicamente la leadership sovietica. Vol’pin contrappone a questo fermento quella che chiama meta- rivoluzione, cioè una rivoluzione nel modo in cui la rivoluzione viene fatta.158

L’idea di una manifestazione per la glasnost’ alla vigilia del processo a Sinjavskij e Daniel’ trova un forte supporto nei piccoli circoli di studenti di scuola superiore ed università, tra cui i futuri dissidenti Irina Jakir, Jurij Galanskov, Julija Višnevskaja e Bukovskij, tra i veterani delle letture pubbliche in piazza Majakovskij e tra alcuni piccoli gruppi letterari. L’Appello Civico circola via samizdat, ed introduce l’obbedienza civile citando gli articoli della Costituzione Sovietica ed il Codice di Procedura Criminale che trattano di processi a porte aperte:159

“Il passato sanguinoso ci richiama alla vigilanza nel presente. È più facile sacrificare un singolo giorno di riposo, che rimanere per anni nelle conseguenze di un’arbitrarietà che non è stata controllata in tempo. I cittadini hanno un mezzo per la lotta contro l’arbitrarietà giuridica – una manifestazione di trasparenza, durante la quale chi si riunisce avrà un solo slogan: “Chiediamo un processo aperto per…(seguito dai nomi degli accusati)”. Ogni altra frase o slogan che vadano oltre la richiesta di una stretta osservanza della legge sarebbe assolutamente distruttivo e probabilmente strumentalizzato come provocazione e deve essere bloccato dagli stessi partecipanti alla manifestazione. Durante la manifestazione è essenziale che l’ordine sia strettamente osservato. Alla prima richiesta delle autorità a disperdersi, bisogna disperdersi, avendo comunicato alle autorità lo scopo della manifestazione”160

Con circa cinquanta partecipanti e duecento simpatizzanti osservatori, la manifestazione del dicembre ’65 dura venti minuti e cambia il modo di fare opposizione in Unione Sovietica, diventando un evento annuale a Mosca: dimostrazioni e incontri informali portano a più arresti e processi sommari, e a più petizioni, incontri, e trascrizioni di samizdat.

158 Nathans B., “The Dictatorship of Reason: Aleksandr Vol’pin and the Idea of Rights Under Developed Socialism”, Slavic Review, vol. 66, n. 4, 2007, p. 634-35

159 Ginzburg, Belaja Kniga: sbornik dokumentov po delu A. Sinajavskogo i Ju. Danielja, Francoforte sul Meno, 1967, p. 402

76 Nell’aprile 1968 appare la prima edizione della Cronaca dei Tempi Correnti , bollettino non ufficiale delle violazioni dei diritti civili e umani e delle procedure giurisdizionali in tutto il territorio sovietico: come Vol’pin nella protesta per l’arresto di Daniel’ e Sinjavskij, la Cronaca vuole evitare i commenti politici o morali, concentrandosi sui fatti legali e sulle procedure processuali, per risvegliare la coscienza della popolazione sovietica.161

Nel 1966 l’Unione Sovietica ratifica la Convenzione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, primo accordo internazionale per i diritti umani firmato da Mosca, dopo essersi astenuta dal voto della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, giudicata inammissibile per la sovranità dello Stato.162

Vol’pin ottiene una copia del testo, la fa circolare in samizdat e chiede ai dissidenti

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