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Gli antecedenti letterari del samizdat

Nella storia della letteratura, il samizdat viene spesso introdotto come il successore naturale della stampa clandestina russa, fiorita grazie alle pubblicazioni liberali e arrivata al culmine con la Rivoluzione. Peter Reddaway nell’introduzione alla pubblicazione della Kronika Tekuščich Sobytij (1968-1983) enfatizza, nel contesto della letteratura irregolare, il ruolo di Kolokol di Herzen (1857-1867) e del movimento anti zarista della fine del XIX sec. come inizio della tradizione del samizdat.71

Skilling72 cita, oltre ad Herzen, anche la critica dell’autocrazia di Aleksandr Radiščev nel Putešestvie iz Peterburga v Moskvu (1790) e Iskra di Lenin (1900- 1903); tra i precedenti letterari al samizdat, Skilling include anche i versi di Puškin, circolati in manoscritti a cui i Decabristi attribuivano grande valenza politica, utilizzandoli come risposta e critica al regime zarista che contestavano.

Aleksandr Suetnov, bibliografo russo, cita anche gli scritti dell’arciprete Avvakum tra i precedenti al samizdat, e la dissidenza religiosa dei Vecchi Credenti. La vita e i testi di Avvakum, infatti, secondo l’autore hanno un ruolo centrale nel canone letterario russo, in particolare in quello della controcultura, grazie allo stile sincretico che unisce elementi religiosi, orali e profani. 73

I testi non approvati dai censori e illegali di Puškin ed Avvakum suggeriscono una combinazione di stili, espressioni e critica politica che troviamo, in proporzioni diverse, anche nel samizdat sovietico, ma se la genealogia del samizdat suggerisce una continuità con la stampa underground e l’opposizione politica al regime zarista, non possiamo ridurre il samizdat alla sola idea di contestazione; infatti, la

71 Reddaway P., “Introduction,” in Reddaway et al., Uncensored Russia: The Human Rights Movement

in the Soviet Union. The Annotated Text of the Unofficial Moscow Journal A Chronicle of Current Events, Oxford University Press, Oxford e Londra, 1972, pp. 17-20.

72 Skilling H., Samizdat and an independent society in Central and Eastern Europe, Ohio State University Press, Columbus, 1989, cit. in Komaromi, “Samizdat and Soviet Dissident Publics”, Slavic

Review, Vol. 71, No. 1, 2012, pp. 73-4

32 stampa clandestina, sia nella storia russa che nel discorso sovietico, ha associazioni specifiche con l’agitazione politica, i partiti e le ideologie, e nella storia sovietica ufficiale, quella del XIX sec. racconta la storia dei lavoratori, lo sviluppo del Marxismo e della Rivoluzione74. Il samizdat sovietico, invece, manca di fervore politico ed ideologie definite, perché lo scopo non è l’agitazione politica al fine del rovesciamento del regime. Allo stesso tempo, inoltre, un’analogia riduttiva tra samizdat e precedente stampa illegale sarebbe inaccurata, perché, nella maggior parte del casi, il samizdat non è prodotto con una macchina da stampa: la macchina da scrivere, come vedremo, è lo strumento di riproduzione principale.

Questi due aspetti, come sottolinea Komaromi75, sono legati: il samizdat è realizzato con macchine da scrivere, e grazie a questa tecnologia è meno suscettibile di controllo da parte del Partito, perché la produzione è più individuale, casalinga, meno legata a strutture politiche organizzate. Non è attività di propaganda, e la sua circolazione è spontanea, casuale, sporadica; un autore di samizdat o un gruppo di attivisti non può produrre copie in numeri enormi e distribuirle da un punto centrale. I lettori stessi sono volontari che pubblicano, che passano le copie scritte o ne riproducono a macchina altre. La catena protegge tutti, permette la diffusione di idee, ma apre alla possibilità di alterazioni delle copie: il problema, in questo caso, non è mantenere la purezza dell’ideologia, ma far sì che i fatti non siano cambiati; il concetto di testo scritto collettivamente, ed alterato, infatti, mette in luce una verità sul samizdat: il sistema intero dipende dai lettori che passano gli scritti e aggiungono materiale, e, in contrasto con la letteratura rivoluzionaria, il samizdat dipende, nella sua esistenza, dal passaggio tra cerchie di lettori dentro e fuori l’URSS.

La letteratura sovietica ed il samizdat

Tra la metà degli anni 1970 e la fine degli anni ’80 il volume dell’attività dei samizdat in Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia, e la produzione e circolazione del

74 Vedi l’introduzione a Svodnyi katalog russkoi nelegal’noi i zapreshchennoi pechati XIX veka: Knigi i

periodicheskie izdaniia, ed. I. P. Kondakov, B. S. Itenberg, et al., Mosca, 1971. Gli editori scrivono che

i peridioci illegali of del XIX secolo integrano la storia della classe operaia, attraverso la quale si studia la “strada dal populismo al marxismo”.

33 materiale, in condizione di illegalità o semi-legalità, coinvolge un numero significativo di persone nella cultura dissidente. In URSS, nonostante i tentativi della leadership post Kruscev di circoscrivere in modo più netto i limiti dell’espressione personale, soprattutto dopo il processo Sinjavskij-Daniel del 1966, il numero dei samizdat in circolazione aumenta.

Oltre ad una mappatura dei samizdat in circolazione, è necessario comprendere l’incidenza nei singoli Stati e nel tempo degli aspetti giuridici, politici e sociologici nel modo in cui il samizdat viene prodotto e letto.

La riproduzione e redistribuzione dei testi occidentali, l’importazione di tecnologie per la stampa e la circolazione del materiale oltre i confini nazionali, compresi Europa occidentale e Nord America, mette in luce la dimensione del fenomeno e la sua importanza a livello e regionale e internazionale.

Nella collezione e disseminazione del materiale Radio Free Europe gioca un ruolo fondamentale, così come l’archivio dei samizdat a Monaco, a cura di Radio Liberty, la Palach Press Agency a Londra per i testi cecoslovacchi, dal 1968, e il Magyar Füzetek a Parigi, che colleziona il materiale ungherese dal 1978.

Innanzitutto, è opportuno chiarire cosa sia la letteratura sovietica, per poter spiegare la dicotomia tra letteratura ufficiale e non. Partiamo da una definizione di letteratura “sovietica”.

Il processo di rilettura e riscrittura del canone sovietico inizia in Russia appena dopo la morte di Stalin, e accelera il passo dal 1985, quando la forma di governo totalitario, la censura, il dominio del realismo, l’isolamento della letteratura sovietica degli emigrati e delle correnti underground, l’Unione degli Scrittori, il Partito e infine l’Unione Sovietica si dissolvono.

Viktor Erofeev nel luglio1990 scrive un necrologio76 della letteratura sovietica che viene duramente criticato da chi sosteneva che questa fosse ancora viva, da chi diceva che non era mai esistita, e da chi contestava la divisione del canone in oficjoznaja (ufficiosa/semi-ufficiale), derevenskaja (rurale) e liberal’naja (liberale). Ma come può il termine “sovietico” applicarsi alla descrizione della letteratura? Negli anni Cinquanta Andrej Sinjavskij si chiede come il termine “realista” possa

34 essere utilizzato come modificatore di “socialista”: se “sovietico” è da intendersi in senso cronologico, allora la letteratura sovietica è quella che datiamo a partire dalla Rivoluzione del ’17, dalla formazione dell’URSS nel ’22 o dal Primo Congresso degli Scrittori del ’34? Finisce nel 1985 con il potere di Gorbacëv, o nel 1991 quando l’Unione si dissolve? Se invece intendiamo “sovietico” in senso geografico, allora per letteratura sovietica si intende un corpo di opere provenienti dalle molte repubbliche e regioni autonome dell’ex URSS?77

Molti scrittori non russofoni scrivono o traducono i loro lavori in russo, e la letteratura russa domina il canone e il discorso critico. Dobrenko78 caratterizza la letteratura sovietica come il risultato dalla distruzione dei gruppi letterari e dell’intellighenzia degli anni ’30, dal legame tra la cultura e il sistema produttivo, e dal livellamento della lingua letteraria fino al punto in cui ci originale e traduzione si assomiglino: scrive che non esiste una letteratura sovietica unitaria, a che ogni letteratura nazionale nell’URSS ha avuto il suo periodo sovietico.

Partiamo dal canone sovietico nella classificazione di Jurij Kašuk79, il quale distingue quattro categorie:

1) oficijal/oficioznaja: letteratura sovietica ufficiale, del e per il sistema;

2) letteratura anti-sovietica: di scrittori in conflitto col sistema, che mandano le proprie opere all’estero o le nascondono;

3) letteratura sovietica estera: di scrittori che vivono e pubblicano in altri Paesi, mantenendo però legami e attitudini dell’URSS;

4) letteratura alternativa: che si allontana da quella ufficiale, in contenuti, ideologie, estetica e processo letterario, ma rimane sempre influenzata da quella. L’aggettivo “sovietico” accanto a “letteratura” acquisisce un importante connotazione attitudinale e comportamentale, caratterizzandosi nel senso di rigido, intollerante, gerarchico, ed in cui le opere sono dette svoj o čužoj, nostro o alieno.

77 Per una descrizione del fenomeno: Perthé K., “What was Soviet Literature?”, The Slavic and East

European Journal, Vol. 38, No. 2., 1991, pp. 290-301

78 Dobrenko E., „Sovietskaja mnogonacioln’naja kak oblast’ semejnix tajn”, Literaturnoe obozrenie, No. 11, 1990, pp. 52-54

35 La più larga accezione di letteratura sovietica include qualsiasi cosa sia pubblicata come gosliteratura, cioè dall’editore di Stato ufficiale, o podcenzurnaja literatura, cioè scritti passati dai censori: questo punto di vista identifica la letteratura sovietica nel Realismo Socialista, così che “sovietico” assume un significato ideologico ed estetico. Nell’Unione si stampa ciò che è permesso, ma come Jurij Lotman e Boris Uspenskij notano, la rigidità costruisce un sistema culturale che ha non solo regole, ma anche “anomalie permesse”: queste anomalie fanno sì che la visione del canone non sia monolitica80.

C’è infatti tutta una varietà di letteratura sovietica post stalinista che si identifica in diversi sottotipi di prosa: giovanile, urbana, rurale, di guerra, confessionale, lirico- filosofica, e molte altre tematiche e categorie stilistiche, che non rientrano esattamente nei parametri fissati nel 1934, e tutto ciò contribuisce alla fine del Realismo Socialista.

A metà degli anni 1980 si inizia a riunificare il canone sovietico, spingendo il Realismo ancor più lontano dalle attenzioni dei critici e dei lettori: le saghe dei kolchoz e i romanzi sulle fabbriche non possono competere con la letteratura posti rivoluzionaria, e i critici iniziano a chiamare l’intero canone “letteratura russa del periodo sovietico”, intendendo con questo tutto ciò che è stato scritto in Russia dopo il 1917, e tutto il linguaggio russo post rivoluzionario, anche quello degli emigrati81.

Una attenta lettura del processo letterario nella Russia post-stalinista, e probabilmente in tutto l’arco del periodo sovietico, mette in luce un fatto importante per la nostra indagine sui samizdat: il ruolo del testo supera quello dell’autore. I testi letterari sono, con le parole di Puškin, nerukotvornij, monumenti non prodotti da mano umana; sono impersonali o supra-personali, cioè molto più della voce del singolo autore. Le opere del Realismo Socialista sono per definizione l’opera di “ingegneri dell’anima”, che rappresentano l’intero popolo sovietico, ma anche i lavori non realisti o underground rappresentano molto più che l’autore del testo in sé.

80 Lotman J. e Uspenskij B., “New aspects in the study of early Russian culture”, The semiotics of

Russian Culture, a cura di Shukman A. et al., University of Michigan, 1984, pp. 36-52

81 Groys B., The Total Art of Stalinism. Avant-Garde, Esthetic Dictatorship and Beyond, tr. Inglese a cura di C. Rougle, Princeton University Press, Princeton, 1992

36 Solženicyn, per esempio, più volte ha ricordato che parla a nome di tutti i prigionieri, soprattutto con la voce degli scrittori arrestati, come nel discorso di accettazione del Nobel82:

“Per raggiungere la sedia da cui si tiene il discorso del Nobel… non sono salito su tre o quattro gradini, ma su centinaia o forse migliaia gradini, coperti di ghiaccio, nel buio e nel freddo, dove ero destinato a sopravvivere, ma altri, forse più talentuosi e forti di me, sono morti…

E oggi sono accompagnato dalle ombre dei caduti, la mia testa si china per far passare avanti a me su questo palco altri valorosi molto più di me, oggi come posso immaginare ed esprimere ciò che loro avrebbero voluto che dicessi?”

Achmatova in Requiem è la voce di tutte le donne in attesa fuori dalla prigione, è una testimone di un destino comune, e Sinjavskij titola una delle opere Una voce dal coro.

Il Gosizdat, la letteratura ufficiale, passa attraverso molte mani prima di essere stampata, ed editori e comitati e censura lavorano per riscrivere e tagliare il testo, come parte del processo letterario, che diventa così comune; il testo non ufficiale in sé è un atto individuale, spesso raggiungimento eroico di un autore, specialmente quando questi sia imprigionato, o impossibilitato a scrivere.

La riproduzione e la memoria dei testi non ufficiali diventa però anch’essa un’impresa collettiva: il samizdat ha bisogno di energia, colleghi fidati, eserciti di volontari, cospiratori stranieri e materiale per scrivere. Quando il testo è finito, deve essere riprodotto e poi distribuito in patria e fuori: lettori ricordano di copie che ricevevano, dovevano leggere in una notte e poi andavano passate al lettore successivo, come una lunghissima catena umana in cui ognuno era consapevole di vivere un’esperienza collettiva; Solženicyn riceve lettere di russi che sostengono di aver letto i versi in pacchetti di sigarette, mentre una recente edizione di Achmatova contiene foto di un piccolissimo frammento di quaderno su cui un prigioniero aveva copiato una poesia, e l’aveva nascosta usandola come preghiera83.

82 Solženicyn A., Nobel Lecture, trad. inglese a cura di F.D. Reeve, Straus and Giroux, Farrar NY, 1974 83 Bayley J., “Anna of all the Russians”, The New York Review of Books, Vol. XL, No. 9, 1993, pp. 23-27

37 Nonostante il rischio di possedere testi non ufficiali, o il pericolo nel far parte della produzione e distribuzione di questi, leggere samizdat è una pratica diffusa: Solženicyn ricorda che dopo l’arresto di Sinjavskij e Daniel “tutta Mosca” era nel panico, correndo a nascondere e a portare di casa in casa i samizdat.84

I samizdat vengono spesso confiscati, o condannati: è il destino di Cuore di cane e dei Diari di Bulgakov nel 1926, ma anche di Vita e Destino di Grossman nel ’61, condannato a duecento anni di prigione, e dell’intero archivio di Solženicyn, tra cui il testo di Arcipelago Gulag, trasferito alla Lubjanka nel 1965.85

Molti documenti si sono semplicemente persi, e le perdite più significative sono proprio quelle dei testi che non sono mai stati scritti, come i Diari di Bulgakov, bruciati dall’autore stesso, anche se, come se la profezia de Il Maestro e Margherita, il “rukopisy ne gorjat”, si fosse avverata, questi sono stati pubblicati in anni più recenti, grazie alle copie fatte dalla polizia segreta nel 1926.86

Durante il periodo post-stalinista, e specialmente dopo l’ascesa di Gorbacëv, molti testi sono ricomparsi, come aveva predetto Solženicyn: “I nostri libri, conservati da fedeli ed ingegnosi amici, risorgeranno, ma non i nostri corpi: noi stessi saremo morti da tempo” (La Quercia e il Vitello, 1975). La Cvetaeva ha similarmente descritto il destino dei suoi libri in una poesia del 1913, Moim Stixam, che ha citato in un’intervista del ’31 chiamandola “la formula per il suo fato come scrittrice e come persona”, poi ripubblicata nel 1956 per l’almanacco Literaturnaja Moskava:

Razbrosannym v pily po magazinam (Gde ix nikto ne bral i beret!)

Moim stixam, kak dragocennym vinam, Nastanet svoj čered87

In effetti la coercizione e le punizioni non fermano il flusso di scrittura, lettura e scambio di samizdat: se gli autori che passano la censura vengono abbondantemente stampati e ristampati, anche con tiratura di 200.000 copie per

84 Koržavin N., “My ne rosxodilis’ s russkoj literaturoj”, Literaturnoe obozrenie, No. 5, 1993, pp. 17- 22

85 Perthé K., op. cit., p. 298

86 Curtis J.A., Manuscripts don’t burn. Mikhail Bulgakov, A Life in Letters and Diaries, The Overlook Press, Woodstock NY, 1992

87 Cit. in Perthé, op. cit., p. 298, nella traduzione inglese di J. King, “Tsvetaeva”, Handbook of Russian

Literature, ed. V. Terras, Yale University Press, New Haven, 1985, pp. 485-487: “Scattered in

bookstores, greyed by dust and time,/Unseen, unsought, unopened and unsold,/My poems will be savored as are the rarest wines-/When they are old”

38 opera, vedremo che anche la letteratura non ufficiale fiorisce in modo singolare nella Russia sovietica, al punto che alcuni parlano di un periodo di grafomania, e che questo si applica sia agli scrittori che ai critici.

Contro-sistema

La cultura dissidente è stata chiamata contro-sistema in Unione Sovietica, e polis parallela in Cecoslovacchia: questi termini indicano una tensione dialettica per la quale un individuo vive una doppia esistenza, di giorno conformandosi all’immagine di colui che lavora per e con il Partito, e di notte privato cittadino che attivamente persegue gli scopi dell’anti-mondo immanente dentro la realtà ufficiale.88

Biddulph89 definisce la controcultura come “contro-cultura politica” o “cultura politica dissidente”, cioè una comunità deviata in relazione al sistema di valori stabilito all’interno di un dato ordine sociale; almeno alcune delle norme basilari del sistema di valori vengono coscientemente rigettate o reinterpretate dai dissidenti, allo scopo di produrre un ordine morale e politico alternativo nella società.

Una controcultura politica, continua Biddulph, può presentarsi come dissenso fondamentale (ad esempio, laddove ci sia una ricostituzione importante di valori, ma senza uno spostamento totale del sistema) o come dissenso integrale, cioè una sostituzione totale dei valori: i dissidenti non hanno, per esempio, un unico giudizio morale sul fatto della Rivoluzione, ma rifiutano in toto l’escatologia morale del sistema di valori dominante.

Alcuni di loro, Solženicyn, Sinjavskij, Grossman, Gorskij, hanno un giudizio piuttosto negativo sia della Rivoluzione che dell’ordine socialista. Altri, come Medvedev, Jachimovič o Džjuba offrono una loro idea di Rivoluzione, un leninismo puro che è la base della critica della politica sovietica contemporanea. Nessuna scuola di pensiero dissidente ha, in ogni caso, confermato che l’esperienza

88 Sharlet R., “Dissent and Contra-system in the Soviet Union”, Proceedings of the Academy of

Political Sciences, Vol. 35, No. 3, The Soviet Union in the 1980s, 1984, pp. 135-146

89 Biddulph H., “Soviet Intellectual Dissent as a Political Counter-Culture, The Western Political

39 sovietica sia storicamente inevitabile, anzi la reazione è sempre di rigetto dei principi normativi dominanti, e di accoglienza della controcultura: ci sono enormi differenze in ideali e visioni del mondo tra i dissidenti, ma, come Biddulph sottolinea, i cuore della dissidenza è la perdita di fiducia nell’esperimento sovietico, che porta al rifiuto dell’escatologia come orientamento della condotta sociale. La moralità individuale non deve essere subordinata a dei valori collettivi proiettati nel futuro, né il presente e i comportamenti del singolo, ora, possono essere diretti al futuro: l’escatologia morale come orientamento della società, secondo i dissidenti, è stata snaturata dai leader sovietici, e, soprattutto, disumanizzata. La controcultura non vuole giustificare il potere, né cercare obiettivi collettivi: vuole subordinare il potere ai principi etici universali, rimettendo al centro il valore dell’individualità.

Come osserva Lewis Feuer, la controcultura tende all’eliminazione del relativismo storico, etico e dell’escatologia morale, a favore di una moralità universale che possa valere nel tempo, nelle società e nei sistemi politico sociali.90 Un esempio si trova nella lettera che Solženicyn ha scritto a tre studenti:

“Non c’è niente di relativo nella giustizia, e non c’è niente di relativo nella coscienza. Infatti, giustizia è coscienza, non una coscienza personale, ma la coscienza dell’intera umanità. In questo considero tutte le questioni, sociali e storiche ( se siamo coscienti di queste, non per sentito dire o dai libri, ma se ne siamo toccati spiritualmente), la giustizia suggerirà sempre il modo di agire, o giudicare, che non entrerà in conflitto con la nostra coscienza… e per favore, non ditemi che “ognuno ha la propria giustizia”. No! Possono urlare, possono prenderti per la gola, possono squarciarti il petto, ma le convinzioni basate sulla coscienza sono infallibili, come il ritmo del cuore… per esempio, sono sicuro che il migliore degli Arabi capisce che – secondo giustizia – Israele ha il diritto di esistere e vivere”91

La destalinizzazione operata da Kruscev è un ulteriore motivo di crisi per gli intellettuali: distruggendo il mito di Stalin, in effetti si distrugge il mito del Partito e della sua infallibilità; se l’efficacia dell’escatologia sociale e l’infallibilità del Partito sono messi in discussione, gli intellettuali cercano una risposta al problema

90 Lewis Feuer, "The Intelligentsia in Opposition," Problems of Communism, November December 1970, pp. 2, cit in Biddulph, op. cit., p. 525

91 L. Labedz, Solzhenitsyn: A documentary Record, Londra, 1970, p. 101, cit. in Biddulph, op. cit., p. 527

40 dell’esercizio del potere politico diventa urgente: di chi ci si può fidare? In che modo il socialismo può evolversi? Oppure, è necessaria una forma diversa di governo, e quale?

Amalrik nel Programma del Movimento Democratico, infatti, scrive, riferendosi ad

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