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IV. Evidenze materiali e fonti storiche per un atlante delle murature 89

IV.2. d San Baronto 136

Il monastero di San Baronto, secondo la tradizione di un racconto agiografico dell’XI secolo, era stato fondato da un monaco franco che lì poi morì alla fine del VII secolo.

240 Questa ipotesi è avvalorata anche da Morozzi (MOROZZI 1966 p. 37) e Redi (REDI 1991, p.

47); la cronaca settecentesca, da loro citata, parla della già citata distruzione della navata sinistra nel 1464 da parte di soldatesche lucchesi (evento privo di conferme documentarie), le quali distrussero la chiesa che era stata costruita trecento anni prima “abbandonando la vecchia tribuna”, cioè forse proprio accorciando una precedente struttura con l’eliminazione delle campate absidali

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Figura 81 – L’abbazia di San Baronto

Quel che invece è certo è che nel 1051 il vescovo di Pistoia fece traslare le spoglie di Baronto ed altri suoi compagni all’interno di una chiesa che era stata appena costruita241.

Negli Statuti pistoiesi di inizio XII secolo, la chiesa figura tra quelle di cui i consoli si impegnavano con solenne giuramento ad avere speciale protezione242. Questa struttura, che si trova nei pressi di uno dei principali valichi del Montalbano, proprio in virtù della sua posizione ebbe fin dalla sua fondazione anche funzione di ospitalità ed accoglienza per i viandanti.

La chiesa, come la vediamo oggi, è frutto di una sostanziale ricostruzione completatasi nel 1951, dopo che il 16 agosto del 1944 era stata bombardata e minata dalle truppe tedesche in ritirata. Si salvarono dalla distruzione soltanto poche parti, tra cui il braccio destro del transetto, la zona inferiore della facciata e buona parte della cripta. Per la ricostruzione vennero utilizzate tutte le pietre della struttura originaria che si erano mantenute integre.

241 Molti autori hanno riferito questo evento al 1018, data riportata nel documento, in quanto

non si erano resi conto che il sistema di datazione era a passione Domini, e che quindi l’evento andava posticipato di 33 anni, e quindi al 1051. Cfr. RAUTY 1988a, pp. 195-198

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Figura 82 – San Baronto. Veduta del complesso prima e dopo la ricostruzione post-bellica

La chiesa presenta una pianta a croce commissa e l'interno è a navata unica con transetto ed abside semicircolare affiancata da due cappelle rettangolari che si aprono sul transetto.

 

Figura 83 – San Baronto: pianta [da VIOLANTI 1983]

La copertura e' a capriate. Di particolare interesse è la cripta, alla quale si accede da due rampe di scale, di origine settecentesca, disposte lateralmente nella navata. Si tratta di una cripta abbastanza ampia che ripete lo schema della pianta a croce commissa della struttura sovrastante. Ha tre absidi (quella centrale è

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semicircolare, quelle laterali, più piccole, sono quadrangolari con un piccolo semicerchio ricavato nel nucleo della muratura della cripta) e numerose colonne che dividono l'aula e i due bracci del transetto in tre navatelle. Nelle absidi vi sono tre piccole monofore che danno un minimo di luce all’ambiente; in quella centrale è posto un grande sarcofago di marmo bianco e verde, che secondo la tradizione ospita le spoglie dei santi fondatori Baronto e Desiderio (che secondo la tradizione condivise con il primo la sua esperienza ascetica).

 

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Dieci colonne (due a sezione cruciforme, le altre cilindriche rastremate sia verso l’alto che verso il basso) sorreggono le volte a crociera della copertura. I capitelli presentano una decorazione con sequenze di archi concentrici sormontati da palmette o foglie a piuma di pavone e caulicoli bifidi e mostrano una chiara affinità con i capitelli della cripta della basilica di Aquileia e con quella della badia di San Salvatore all’Amiata (databile all’VIII-IX secolo). A quest’ultima l’accomuna anche l’impianto strutturale della cripta243. Per queste analogie, i capitelli sono verosimilmente reimpiegati nella cripta, provenienti da una precedente struttura antecedente l’anno Mille.

Stanti le condizioni della chiesa che abbiamo descritto, possiamo solo fare alcune considerazioni sui pochi paramenti murari originali conservatisi: la muratura è realizzata in conci di arenaria di colore grigio, di medie e grandi dimensioni (L 60-85 x H 40-45 cm), disposti in corsi orizzontali e paralleli. I conci sono perfettamente squadrati e la finitura superficiale della faccia a vista è spianata con strumenti a punta244. Si nota una certa alternanza tra corsi più alti (40-45 cm) e corsi più bassi (25 cm).

243 REDI 1991, p. 60; per il dibattito precedente circa la collocazione cronologica di questi

capitelli si veda anche TOESCA, Il Medioevo. Storia dell’Arte, Torino, 1927, p. 579 (che li

attribuisce al 1018), SALMI 1958, p. 11 e MOROZZI 1966, pp. 45-46 (che riconobbero le affinità con Aquileia senza però anticiparne la datazione), e RAUTY 1988a, pp. 195-199 (che ne anticipa la datazione al IX secolo)

244 È doveroso sottolineare la scarsa affidabilità dei dati relativi alle tracce di finitura vista

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Figura 85 – Abbazia di San Baronto: dettaglio del tipo murario TM1A.1

Giunti e letti sono mediamente sottili (≤ 1 cm) laddove si sono conservati integri, e piuttosto regolari; non si rileva la presenza di zeppe. La malta è difficilmente analizzabile in quanto appare dilavata. Pur tenendo conto dell’assenza (almeno in quanto visibile ancora oggi) di giunti trasversali e di uso di ascettino, si nota comunque una certa ‘parentela’ tra i paramenti di San Baronto e quelli di Sant’Ansano, tanto da poter ipotizzare l’appartenenza del primo al TM del secondo (TM1.A.1), magari con un distinto sottotipo.

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Figura 86 – Badia di Santa Maria a Montepiano [da REDI 1991]

Questa tipologia muraria (TM1A.1) la si può riscontrare anche nell’abside della

chiesetta di Santa Cristina a Montale (Pistoia), seppur con corsi di altezza omogenea, e soprattutto nella badia di Santa Maria a Montepiano, datata agli inizi dell’XI secolo per la presenza nell’architrave del portale in fase con la muratura della facciata di un’incisione recante la data 1005.