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Scienza e mondo naturale

i. introDuzione.

Non appena nascono, le idee già si trasformano e le parole che noi scegliamo per rappresentarle dànno prova di tale processo. In Cina sono tre i termini in grado d’incarnare sia la concezione classica del mondo sia quelle forme di conoscenza associabili a quanto può essere definito «scienza cinese». Le espressioni qi e yin-yang sono ormai en-trate a far parte del lessico delle lingue occidentali moderne e, senza bisogno di essere tradotte, compaiono sia nei dibattiti sulla definizione dei concetti cinesi sia in quelli relativi a nozioni occidentali che della Cina hanno subito l’influenza. La terza nozione, wuxing, non ha an-cora raggiunto lo stesso grado di accettazione dei primi due concetti, al punto da richiedere una traduzione. Wuxing fa riferimento all’in-terazione costante tra i Cinque Elementi o Cinque Sostanze di base – Legno, Fuoco, Acqua, Terra, Metallo – (wucai); la resa piú corrente di wuxing è «Cinque Fasi» o «Cinque Processi», intendendo con «fa-se» il «processo» dinamico di «generazione» o «conquista» che lega tra loro gli elementi di base. Non vi è una traduzione ideale per il ter-mine xing cosí come figura all’interno del composto wuxing. In questo capitolo useremo il termine «agente» e l’espressione «Cinque Agen-ti», volendo cosí porre l’accento sull’aspetto materiale implicito nella teo ria wuxing, assente nelle traduzioni «fase» e «Cinque Fasi»: «agen-te» è qui inteso nel senso di «sostanza che causa cambiamento» (vedi

infra). I tre termini – qi, yin-yang e wuxing – saranno oggetto di una

trattazione estesa nel presente capitolo, che intende illustrare le prin-cipali nozioni scientifiche e le pratiche a esse connesse diffuse in Cina approssimativamente tra il v secolo a.C. e il ii secolo d.C., ovvero dal periodo degli Stati Combattenti (453-221 a.C.) fino alle dinastie Qin (221-206 a.C.) e Han (206 a.C. - 220 d.C.).

Durante l’esposizione delle argomentazioni affioreranno piú volte difficoltà nel determinare, dapprima, il periodo in cui particolari idee e le parole a esse associate raggiunsero piena accettazione, poi, il modo in cui tali idee interagirono per produrre le forme di conoscenza che

iden-tifichiamo con la scienza cinese antica e, infine, l’effetto che ebbero sui soggetti all’interno delle diverse comunità sociali.

Per quanto riguarda le espressioni qi, yin-yang e Cinque Agenti pro-pongo il i secolo d.C. come terminus post quem per il loro consolidamen-to all’interno di una concezione ampiamente condivisa della natura e dei suoi processi. I termini in sé sono piú antichi e, originariamente, i principî associati a ciascuno di essi furono inadeguati a esprimere una teoria ampia e coerente del mondo naturale. Giunti al i secolo, si affer-mò, invece, un generale consenso basato su una concezione integrata relativa a qi, yin-yang e Cinque Agenti. Recenti studi occidentali fanno spesso riferimento sia a tale concezione sia ai suoi prodromi, ricorrendo a espressioni quali «cosmologia correlativa» o «pensiero correlativo». Il consenso goduto da questa teoria intorno al i secolo è confermato da numerosi riscontri di carattere storico e testuale. Lo Shuowen jiezi (Spie-gazione dei caratteri semplici e analisi dei caratteri composti), il primo dizionario che identifica la struttura dei logogrammi cinesi, completato nel 100 d.C. da Xu Shen (c. 58-147), offre un esempio suggestivo dell’af-fermarsi di certe idee interrelate e della loro accettazione come forma di sapere comune. Vale la pena precisare che l’analisi di un logogramma cinese – un carattere che rappresenta una parola (logos) – non equivale all’etimologia della parola da esso rappresentata. Molte parole imparen-tate sono scritte, nella lingua cinese classica, ricorrendo a logogrammi marcatamente diversi, e somiglianze nell’aspetto dei logogrammi posso-no posso-non necessariamente indicare un’effettiva relazione etimologica tra le parole che quei logogrammi rappresentano. In qualità di erudito che intendeva rivelare la profonda identità tra il sistema di scrittura cinese e la struttura del mondo, Xu Shen faceva regolarmente riferimento a una concezione integrata tra qi, yin-yang e Cinque Agenti nelle proprie analisi delle grafie dei caratteri, cosí come nelle definizioni delle parole. Questi particolari aspetti del dizionario non sarebbero stati rilevanti nel v secolo a.C., quando gran parte dei caratteri, benché già in uso, non erano interpretati come tracce rivelatrici di una teoria piú ampia della natura. Giunti, tuttavia, al i secolo, la logica soggiacente al dizionario di Xu Shen era sia pertinente sia incontrastabile.

Nello Shuowen jiezi, il carattere associato alla parola di «terra» dà l’opportunità per un’esposizione in pillole della teoria cosmogonica (Xu Shen 1981, cap. 13B, p. 16a):

Appena il qi primordiale si separò, la sua componente leggera, chiara e yang for-mò il cielo; quella pesante, indistinta e yin forfor-mò la terra.

Le Cinque Sostanze di base sono tutte trattate come termini esem-plificativi della teoria dei Cinque Agenti (il loro ordine rispetta la

se-quenza dei diversi capitoli in cui occorrono nel dizionario). Lo stesso trattamento viene riservato ai colori associati agli agenti: Azzurro (Le-gno), Bianco (Metallo), Nero (Acqua), Rosso (Fuoco), Giallo (Terra). Ecco la voce del dizionario corrispondente al carattere che rappresenta

qing «Azzurro» (Xu Shen 1981, cap. 5B, p. 1b):

青 qing «Azzurro» evoca il colore dell’Est. Il Legno genera il Fuoco. [Il carattere] è composto da 生 sheng «generare» e 丹 dan «Rosso cinabro». La fondatezza della relazione tra il Rosso cinabro e l’Azzurro è tale da esprimere una verità invariabile. Per sintetizzare il contenuto della voce in esame, la sequenza del pro-cesso che coinvolge i Cinque Agenti prende avvio con il Legno che ge-nera il Fuoco, seguito dal Fuoco che gege-nera la Terra, la Terra il Metallo, il Metallo l’Acqua e l’Acqua il Legno in un ciclo continuo. Secondo Xu Shen, qing «Azzurro» stava per il colore corrispondente al «Legno che genera il Fuoco» e l’invariabile verità del ciclo che ha avuto inizio con il Legno è racchiusa nella grafia del carattere 青, la cui composizione deri-va dall’unione di 生 «generare» e 丹 «Rosso cinabro», ovvero «ciò che genera il Rosso cinabro (il Fuoco)». Ovviamente, nel v secolo a.C. sia l’interpretazione della composizione del carattere (del quale, in realtà, all’epoca erano attestate piú varianti), sia il significato della parola (ri-ferito all’azzurro o al verde proprio della vita del mondo vegetale) era-no ben diversi. Possiamo dunque affermare che, intorera-no all’anera-no 100, la nuova interpretazione rispecchiava di certo una visione del mondo già consolidata da tempo.

Un dizionario può rivelarsi una fonte non sempre obiettiva nell’ac-quisizione di informazioni riguardo le idee piú diffuse presso quanti fa-cevano uso di tale strumento. Nondimeno, Xu Shen avrebbe potuto be-nissimo evitare di ricorrere a qi, yin-yang e Cinque Agenti per spiegare caratteri e parole se non si fosse trattato di nozioni il cui significato era ampiamente accettato. Lo stesso vale per certi scritti di oggi sull’astro-logia, sul calendario o sulla medicina. Ciò che il dizionario di Xu Shen rivela è soprattutto l’impatto di una prospettiva esterna a campi speciali-stici della conoscenza, che conferma certi tratti teorici generali capaci di caratterizzare l’interpretazione della natura e di influenzare gli sviluppi sia all’interno di ambiti settoriali dello scibile umano sia nella società nel suo complesso. Seguendo T. S. Kuhn (1962) e altri storici della scienza moderni, il suddetto grado di conoscenza rappresenta un «paradigma» della Cina del i secolo. Da quando fu introdotta da Kuhn negli anni Ses-santa del secolo scorso, la nozione di paradigma in ambito scientifico è mutata ed è stata anche aspramente criticata. Tuttavia, nell’affrontare lo studio della storia della scienza presso un’antica civiltà, quello di pa-radigma risulta essere un concetto ancora utile per avviare l’indagine sui

molteplici fattori che dànno forma allo sviluppo delle idee. I paradigmi non sono proposizioni teoretiche astratte, né si riferiscono alle singole scoperte individuali. Un paradigma si forma quando certe idee raggiun-gono un punto in cui non venraggiun-gono piú messe in dubbio e diventano un mezzo per riferirsi ad altre questioni che si estendono a una piú ampia sfera d’indagine. Il paradigma emerge non solo da fattori sociali e cul-turali, ma anche dalla tradizione e dal passato. All’interno di un gruppo di esperti, l’esistenza di un paradigma fornisce un punto di riferimento comune che, al contempo, rinfranca e promuove la coesione all’interno del gruppo cosí come con altri gruppi che condividono quel paradigma.

Ho introdotto il concetto di paradigma come strumento euristico da tenere sullo sfondo della discussione sulle idee e sulle pratiche nella Cina antica che tratteremo in questo capitolo. Come appena proposto, nel i secolo esisteva una teoria del mondo naturale che sembra soddi-sfare il criterio di paradigma. Tuttavia, alla luce di riscontri piú antichi e persino stando a certe fonti del i e del ii secolo dell’èra volgare, è ne-cessario tenere a mente che il nostro obiettivo non è narrare la storia di tale paradigma come se esso fosse il risultato di un processo teleologico. L’evidenza è troppo ricca di elementi per dar luogo a un unico, mono-litico esito. Inoltre, il dato storico rilevante risiede nell’identificazione dei diversi gruppi di persone che ebbero motivo di nutrire un particola-re inteparticola-resse nei confronti della natura, nonché nella diversità delle idee che essi produssero. Questa narrazione storica parlerà, in prima istanza, di divinatori, astrologi, compilatori di calendari, di quanti erano versa-ti nell’arte medica e dei vari specialisversa-ti ed esperversa-ti dell’occulto – ovvero di tutti coloro che contribuirono allo sviluppo iniziale della conoscen-za del mondo naturale in modo ben piú determinante rispetto agli anti-chi filosofi, da Kongzi (Confucio, 551-479 a.C.), sul finire del vi seco-lo a.C., fino a Xunzi (c. 310-215 a.C.) e Han Feizi (280-233 a.C.) nel tardo iii secolo a.C.

Ripercorrere questa storia comporta anche un aggiustamento del-la nostra visione deldel-la scienza in quanto forma moderna di conoscenza teo retica e applicata, perché si concili con le prospettive culturali cine-si antiche.

La divinazione era alla base dello sviluppo di schemi sistematici per spiegare le configurazioni del mondo della natura, come nel caso degli esagrammi tipici della divinazione con l’achillea e del sistema dualistico

yin-yang. In medicina, le innovazioni nell’uso di medicamenti derivarono

prevalentemente dalla convinzione che questi fossero efficaci contro i demoni. Già durante il periodo degli Stati Combattenti alcuni pensatori rifletterono sulla distinzione tra mondo umano, mondo naturale e mondo

degli spiriti; in piú, in epoca Han, gli esperti di medicina che curarono la compilazione dello Huangdi neijing (Classico interno dell’Imperatore Giallo) intorno al i secolo a.C. abbracciavano in modo perentorio teo-rie prettamente «mediche» riguardo le cause naturali della malattia, re-spingendo fermamente sia elementi magico-religiosi sia l’intervento di demoni quali cause patogene. Ciò nonostante, durante tutto il periodo antico e anche in epoche relativamente piú tarde, certe distinzioni non furono mai assolute e non crearono i presupposti per una netta divisio-ne tra una categoria di conoscenza chiamata «scientifica» e un’altra che poteva dirsi «occulta» o «magico-religiosa». Pertanto, sebbene categorie come «scienza» e «occultismo» oppure «naturale» e «magico» siano ap-propriate dalla nostra prospettiva per individuare tutti quegli elementi rilevanti che concorrono a ricomporre la storia della scienza nella Cina antica, dobbiamo comunque riconoscere che tali contrapposizioni, pur agevolando la nostra comprensione, non riflettono effettive dicotomie esistenti nell’antichità cinese.

A quanto appena esposto si lega la questione relativa al ruolo della storia della scienza quale campo di studio affermatosi nella modernità. Dalla metà del XX secolo gli studi nel settore hanno ormai accantonato il problema legato a quali siano state le civiltà antiche a detenere idee e pratiche di base che possano essere collegate alla scienza in quanto for-ma moderna di conoscenza teoretica e applicata. In questa sede non è rilevante appurare se la rivoluzione scientifica moderna possa essere ri-condotta già all’antica Grecia, o se l’antica civiltà cinese, non avendo elaborato un sistema di teorie comparabile a quello del mondo ellenico, non contribuí allo sviluppo di una vera rivoluzione scientifica cinese. Piuttosto, la scienza stessa va intesa come un’attività insita nella socie-tà e nella cultura. Osservando i presupposti che determinano l’emergere della scienza tra i soggetti legati a una specifica cultura durante un par-ticolare periodo storico apprendiamo come i soggetti reagiscono al loro ambiente, ciò che della natura cattura la loro attenzione, il modo in cui le loro idee formano una concezione sistematica della natura e il livello in cui tale concezione si colloca all’interno di piú ampi modelli culturali.

La nostra trattazione della scienza nella Cina antica prende avvio dal v secolo a.C., che coincide con l’inizio del periodo noto come Stati Combattenti. Saremmo anche potuti partire da un punto piú indietro nel tempo, ma per una serie di valide ragioni questo secolo segna una fase di transizione decisiva nella civiltà cinese antica. Nel v secolo a.C., nella regione racchiusa tra il Fiume Giallo a nord e lo Yangzi a sud e delimi-tata a ovest dallo stato di Qin e, lungo la costa nord-orientale, da quello di Qi, la competizione per il potere politico tra i sovrani dei vari stati

stimolò la speculazione nelle piú disparate aree del sapere. Inoltre, all’e-poca vi era una fiorente cultura manoscritta e i testi divennero la forma privilegiata per definire un corpus di conoscenze all’interno di una socie-tà in cui l’alfabetizzazione e la produzione di manoscritti esprimevano valori altamente apprezzati. All’epoca circolavano, ovviamente, anche testi ereditati da epoche precedenti, ma scarse sono le informazioni re-lative alle nozioni sul mondo naturale e sulla scienza in essi custodite e, inoltre, la nostra comprensione delle teorie piú antiche dipende comun-que da una serie di letture e interpretazioni filtrate da pensatori del v secolo che riflettono, ovviamente, il punto di vista della cultura durante il periodo degli Stati Combattenti. Nel ii secolo i tratti distintivi delle forme di sapere legate alla scienza erano ormai stabiliti e avrebbero con-tinuato a influenzare le idee e le pratiche nei secoli a venire.

Il presente capitolo è diviso nelle seguenti sezioni: il ruolo degli esper-ti nelle aree piú importanesper-ti del sapere e i loro tesesper-ti; cosmogonia; cosmo-logia, astrologia e calendario; qi, yin-yang e Cinque Agenti; medicina.

ii. Gli esperti e i loro testi.

Coloro i quali sono stati riconosciuti come filosofi dagli storici del pensiero cinese antico appartengono a un gruppo di intellettuali che du-rante la dinastia Han fu retrospettivamente definito zhuzi («maestri»). Molti di loro vissero durante il periodo degli Stati Combattenti. Tale classificazione fu applicata in primo luogo per identificare gli scritti at-tribuiti ai maestri, che, insieme a tutte le altre fonti letterarie esistenti nel i secolo a.C., furono raccolti, rielaborati e classificati per disposi-zione dell’imperatore Cheng (r. 33-7 a.C.). Il catalogo della Biblioteca imperiale non è sopravvissuto, ma la classificazione delle opere e il con-tenuto essenziale del catalogo originale sono conservati nello Yiwen zhi (Trattato bibliografico) dello Hanshu (Storia della dinastia Han [Occi-dentale]) di Ban Gu (32-92), che classifica le opere dei maestri in die-ci sottogruppi, i quali, secondo un’opinione diffusa, costituirebbero la prova dell’esistenza di autentiche scuole filosofiche durante il periodo degli Stati Combattenti. In effetti, disponiamo di sufficienti riscontri dell’epoca che confermano la presenza di una comunità di seguaci de-gli insegnamenti associati a Kongzi e a Mozi (480-390 a.C.), ovvero i confuciani (o ru) e i moisti. Cosí come altre categorie di intellettuali che compaiono nello Yiwen zhi, anche i confuciani e i moisti sembrano

identificati principalmente secondo una classificazione a posteriori fatta in epoca Han per tipologie di testi, piuttosto che per gruppi sociali or-ganizzati durante la fase degli Stati Combattenti. Ciò nonostante, non v’è dubbio che quegli intellettuali che godevano del titolo onorifico di

zi («maestro») – come Mengzi (Mencio, 390-305 a.C.) e Zhuangzi

(365-290 a.C.) – fossero riconosciuti per le teorie a loro attribuite, ovvero idee principalmente imperniate su questioni relative all’esistenza umana, alla società, all’armonia nel mondo e alla politica. I sovrani e gli uomini di governo compaiono spesso nei testi dei maestri quali destinatari ideali dei loro insegnamenti. Con l’eccezione dei moisti seriori (attivi dal iv al iii secolo a.C.) – il cui interesse per la geometria, l’ottica e la mecca-nica era legato all’investigazione di dimostrazioni inerenti la logica e la retorica – la natura e i suoi molteplici fenomeni non coincidevano certo con gli interessi principali dei filosofi.

Per avere le prime tracce di una storia dell’investigazione sulla na-tura, dobbiamo rivolgerci innanzitutto agli astrologi e ai divinatori. Gli

shi «scribi-astrologi» (gli antichi shi assolvevano infatti molteplici

ruo-li) e i bu «divinatori» che operavano presso le corti dei vari stati rico-privano incarichi ereditari. Persino nel ii secolo a.C. le disposizioni del governo Han in merito all’educazione, al controllo e all’impiego di scri-bi-astrologi e divinatori nell’amministrazione imperiale prevedevano che tali incarichi fossero ereditari (eccezion fatta per figure dal talen-to straordinario) e che le attività di questi esperti fossero strettamente circoscritte all’interno del servizio allo stato. Nondimeno, le dinamiche culturali che determinarono la proliferazione di pensatori durante il pe-riodo degli Stati Combattenti e il fiorire di una prospera produzione te-stuale filosofica trasformarono le pratiche dell’astrologia, della divina-zione e di altre attività che richiedevano una precisa competenza. Tan-to quanTan-to i filosofi, gli esperti in astrologia e divinazione si sentivano parte di un insieme di attività molto ampio e condividevano un sapere fondato su precise tradizioni testuali. Questa nuova forma di letteratu-ra tecnico-specialistica che gletteratu-radualmente emerse divenne, pertanto, un presupposto fondamentale perché l’astrologia e la divinazione fossero riconosciute, al pari di altri settori, come campi di conoscenza specifi-ci, affrancando la trasmissione delle competenze dal solo vincolo eredi-tario e favorendo cosí la crescita di tradizioni specialistiche improntate all’acquisizione e all’apprendimento di nuovi saperi. L’aristocrazia del periodo degli Stati Combattenti accolse un crescente numero di esperti che, assieme ai filosofi, offriva, in cambio di patrocinio, idee e consi-gli preziosi; in piú, la circolazione dei testi incrementò la diffusione di queste forme di conoscenza tra le élite. Sviluppi simili sono

riscontra-bili nella definizione delle funzioni degli yi «medici, guaritori», i quali non solo man mano assunsero ruoli in passato loro preclusi ma, stando a stretto contatto con altri esperti del mondo della natura, offrirono un contributo decisivo stimolando in maniera determinante la produzione di una ricca letteratura medica.

Un celebre resoconto della malattia di un sovrano tratto dallo

Zuozhuan (Commentario di Zuo [alle «Primavere e Autunni»]) è

esem-plificativo di quanto avvenisse nelle corti durante il periodo degli Stati Combattenti. L’episodio, narrato in Zuozhuan, duca Zhao, anno 1, 7 Zuo, è datato al vi secolo a.C., ma l’insieme dei testi che costituisce lo Zuozhuan fu piú probabilmente composto nel v o nel iv secolo a.C. L’opera in questione riferisce che, nell’anno corrispondente al 541 a.C., Zichan (m. 522 a.C.) si recò presso il regno di Jin dopo aver appreso della malattia del sovrano del luogo. In piú occasioni lo Zuozhuan con-ferma la reputazione di uomo saggio di cui godeva «Zichan di Zheng». Ebbene, i divinatori di corte dello stato di Jin erano giunti a indivi-duare i nomi dei due spiriti responsabili del malanno del sovrano, ma gli scribi-astrologi non riuscirono a distinguere con precisione gli spi-riti in modo da celebrare i debiti sacrifici in loro favore. Zichan li ri-conobbe: il primo fu identificato con lo spirito stellare della casa lu-nare battezzata Shen («sistema stellare triplo», secondo il sistema dei ventotto xiu «case lunari» descritto piú avanti); l’altro era lo spirito del locale fiume Fen. A detta di Zichan, sia la casa lunare Shen sia il fiume Fen erano legati alle sorti dei sovrani di Jin. Zichan fu lodato e lautamente ricompensato per la competenza dimostrata. Tuttavia la malattia non era ancora stata debellata. Di lí a poco, un medico di no-me He fu inviato a Jin dal sovrano di Qin. Stavolta, la diagnosi

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