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3. Materiali e Metod

3.3. Analisi dei sottogruppi

3.3.5. Scompenso cardiaco

Nei pazienti dimessi con diagnosi di insufficienza cardiaca (sistolica, diastolica, destra, sinistra) è stata effettuata una rivalutazione della terapia domiciliare.

Tutti i pazienti arruolati sono stati sottoposti ad anamnesi, esame obiettivo, elettrocardiogramma, ecocolordoppler cardiaco, radiografia standard del torace, esame emocromocitometrico, degli elettroliti plasmatici, degli indici di funzionalità epatica e renale, ferritina e dei peptidi natriuretici (pro-BNP), al fine di confermare la diagnosi di scompenso cardiaco. (Tabb.12-15)

E‟ stata verificata l‟aderenza alle linee guida ESC pubblicate nel 2012 dalla European Society of Cardiology, in particolare riferimento alla somministrazione di ace-inibitori/sartanici, diuretici dell‟ansa, diuretici tiazidici, antialdosteronici, nitrati. (Fig.4) (Tabb.13-14)

In particolar modo è stata valutata l‟aderenza alle LG per quanto concerne la somministrazione di:

 aceinibitori (ACEi) o sartanici (ARB) indicati per tutti i pazienti

con una riduzione della FE<40%. Raccomandazione 1-A;

 antialdosteronici (MRA), indicati per tutti i pazienti in classe

NYHA II-IV con una riduzione della FE<35%. Raccomandazione 1-A;

 nitrati (H-ISDN), indicati nei pazienti con una FE<45% e un

ventricolo sinistro di dimensioni aumentate, oppure con una FE<35%, in presenza di una dispnea NYHA II-IV, nonostante il trattamento con farmaci ace inibitori, betabloccanti.

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3.3. Analisi dei sottogruppi

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3.3. Analisi dei sottogruppi

Fig. 4 – Opzioni terapeutiche per pazienti affetti da scompenso cardiaco sistolico.

NYHA=new york heart association; ARB=angiotensin receptor blocker; MR antagonist=mineralocorticoid receptor antagonist; LVEF= left ventricular ejection fraction; CRT-P/D= cardiac resynchronization therapy pacemaker/defibrillator; ICD=implantable cardioverter-defibrillator, H-ISDN=hydralazine and isosorbide dinitrate.

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3.3. Analisi dei sottogruppi

Tab. 13 – Raccomandazioni relative all’utilizzo di farmaci ACEi, sartanici (MRA) e

betabloccanti (McMurray et al., 2012).

Tab. 14 -Raccomandazioni relative all’utilizzo di nitrati (H-ISDN) (McMurray et al., 2012).

Reccomendations Class Level

An ACE inhibitor is recommended, in addition to a beta-blocker, for all patients with an EF ≤40% to reduce the risk of HF hospitalization and the risk of premature death.

I A

An MRA is recommended for all patients with persisting symptoms (NYHA class II-IV) and an EF ≤35%, despite treatment with an ACE inhibitor is not tolerated) and a beta-blocker, to reduce the risk of HF hospitalization and the risk of premature death.

I A

A beta-blocker is recommended, in addition to an ACE inhibitor (or ARB if ACE inhibitor not tolerated), for all patients with an EF ≤40% to reduce the risk of HF hospitalization and the risk of premature death.

I A

H-ISDN Class Level

May be considered to reduce the risk of HF hospitalization and the risk of premature death in patients with an EF ≤45% and dilated LV (or EF ≤35%) and persisting symptoms (NYHA class II-IV) despite treatment with a beta-blocker, ACE inhibitor (or ARB), and an MRA (or ARB).

II B

A beta-blocker is recommended, in addition to an ACE inhibitor (or ARB if ACE inhibitor not tolerated), for all patients with an EF ≤40% to reduce the risk of HF hospitalization and the risk of premature death.

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3.3. Analisi dei sottogruppi

Tab. 15 – Raccomandazioni per le indagini diagnostiche da effettuare in pazienti con

sospetto scompenso cardiaco. (McMurray et al., 2012).

Recommendations Class Level

Transthoracic echocardiography is recommended to evaluate cardiac structure and function, including diastolic function, and to measure LVEF to make the diagnosis of HF, assist in planning and monitoring of treatment, and to obtain prognostic information.

I C

A 12-lead ECG is recommended to determine heart rhythm, heart rate, QRS morphology, and QRS duration, and to detect other relevant abnormalities. This information also assists in planning treatment and is of prognostic importance. A completely normal ECG makes systolic HF unlikely.

I C

Measurement of blood chemistry (including sodium, potassium, calcium, urea/blood urea nitrogen, creatinine/estimated glomerular filtration rate, liver enzymes and bilirubin, ferritin/TIBC) and thyroid function is recommended to:

 evaluate patient suitability for diuretic, renin- angiotensin-aldosterone antagonist, and anticoagulant therapy (and monitor treatment

 Detect reversible/treatable causes of HF (e.g. hypocalcaemia, thyroid dysfunction) and co- morbidities (e.g. iron deficiency)

 Obtain prognostic information.

I C

A complete blood count is recommended to:

 detect anaemia, which may be alternative cause of the patient's symptoms and signs and may cause worsening of HF

 obtain prognostic information.

I C

Measurement of natriuretic peptide (BNP, NT-proBNP, or MR-proANP) should be considered to:

 Exclude alternative causes of dyspnoea (if the level is below the exclusion cut-point HF is very unlikely)

 Obtain prognostic information.

IIa C

A chest radiography (X-ray) should be considered to detect/exclude certain types of lung disease, e.g. cancer (does not exclude asthma/COPD). It may also identify pulmonary congestion/oedema and is more useful in patients with suspected HF in the acute setting.

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4. RISULTATI E DISCUSSIONE

4.1. Fibrillazione atriale

I pazienti affetti da Fibrillazione atriale nel triennio 2011-2013 sono stati 632, il 24% circa dei ricoveri totali del reparto; la media delle età è risultata di 82,6 anni (deviazione standard 8,3). (Fig.5)

Fig. 5 – Età dei pazienti affetti da Fibrillazione atriale. Tot pz 632, media 82,4 anni, deviazione

standard 8,25 anni.

Solo una parte dei pazienti affetti dall’aritmia assumeva regolarmente terapia anticoagulante orale (TAO) con Warfarin o nuovi anticoagulanti orali, il 58% (368 pz). (Fig. 6)

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4.1. Fibrillazione atriale

Fig. 6 - TAO nella FA. 368 pz, il 58% assumeva la TAO mentre 264 pz, il 42% non assumeva TAO

in presenza di indicazioni.

La distribuzione del CHADsVaSc nei pazienti che assumevano o meno la terapia anticoagulante è risultata omogenea: le classi più rappresentate sono state quelle corrispondenti ad un alto rischio trombo embolico (CHADsVaSc ≥2), sia nei pazienti con che in quelli senza terapia anticoagulante o antiaggregante (Fig. 7).

Ciò non sorprende, data la elevata prevalenza nel reparto di Medicina d’Urgenza di pazienti over 75 (media dell’età 82,6 anni), con pregressi eventi cerebrovascolari (ictus o TIA), malattia vascolare periferica, diabete mellito di tipo II, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco congestizio (Fig. 8).

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4.1. Fibrillazione atriale

Fig. 7 – Comorbidità dei pazienti con FA.

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4.1. Fibrillazione atriale

L’aspetto di più immediata evidenza e rilevanza ai fini del presente studio è il sottoutilizzo della terapia anticoagulante orale (TAO) nei pazienti che, secondo il CHA2DS2-VASc score, sono ad alto rischio tromboembolico: 264 dei 632 pazienti reclutati con CHA2DS2-VASc ≥2 non erano in terapia al momento del ricovero, quindi circa il 42% (Fig. 6).

Questo dato è in linea con quanto osservato in studi eseguiti su larga scala (De Caterina et al., 2014; Di Pasquale et al., 2013; Gensini et al., 2006) e mostra risultati simili a quelli di una meta-analisi condotta nel 2009, in cui i ricercatori valutarono la proporzione di pazienti con indicazione alla TAO che effettivamente faceva terapia, da cui risultò che solo il 48% riceveva il Warfarin (Baker, Cios, Sander, & Coleman, 2009). Già nel 1997, Whittle et al. evidenziavano come nei pazienti anziani il sottoutilizzo fosse ancora più spiccato (Whittle, Wickenheiser, & Venditti, 1997). In una systematic review del 2010, Ogilvie et al. hanno effettuato una ricerca in letteratura dal 1997 al 2008, includendo nella meta-analisi 54 studi che riportavano i livelli di rischio di stroke e la percentuale di pazienti trattati. Essi evidenziarono un sottoutilizzo della TAO (definito come un trattamento <70% dei pazienti ad alto rischio tromboembolico) nei pazienti con fibrillazione atriale nella maggioranza degli studi. Oltre due terzi degli studi che includevano pazienti con fibrillazione atriale e pregresso ictus o TIA riportavano livelli di trattamento inferiori al 60% (Ogilvie, Newton, Welner, Cowell, & Lip, 2010).

Una fotografia della situazione italiana proviene dallo studio multicentrico osservazionale ATA-AF (AntiThrombotic Agents in Atrial fibrillation), condotto dall’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) e dalla Federazione Associazioni Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI), che ha analizzato nel periodo compreso tra Maggio e Luglio 2010 la gestione di 7148 pazienti (età mediana 77 anni) con fibrillazione atriale afferenti a 164 reparti di Cardiologia e a 196 reparti di Medicina Interna, rappresentativi della realtà ospedaliera italiana. Tra i 4845 pazienti con fibrillazione atriale non

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4.1. Fibrillazione atriale

valvolare, gli anticoagulanti orali erano prescritti nel 55% dei casi; ancora una volta si evidenziava il sottoutilizzo: solo al 56.2% dei pazienti con CHADS2 score ≥2 era stata prescritta la TAO (Di Pasquale et al., 2013).

La TAO in range terapeutico risulta essere, nella profilassi del rischio trombo embolico del paziente con fibrillazione atriale non valvolare, maggiormente efficace rispetto alla terapia antiaggregante, specialmente nel paziente anziano. Nonostante ciò, la TAO risulta sottoprescritta rispetto alle indicazioni; dall’altro lato, la terapia antiaggregante è eccessivamente impiegata (addirittura in pazienti ad alto rischio emorragico): basti pensare che la sola terapia antiaggregante con Cardioaspirina, Clipidogrel o Ticlopidina è stata prescritta in una percentuale non trascurabile di pazienti (21%) con CHADsVaSc ≥2.(Fig 9)

Suddetti dati sono in linea con la letteratura recente, come lo studio di Lip et al 2014, in cui è stato valutato il trattamento antitrombotico nei pazienti con fibrillazione atriale. Tale studio arruolava 3119 pazienti da diversi paesi europei, in un periodo che andava dal Febbraio 2012 al Marzo 2013. Gli autori evidenziavano come la terapia antiaggregante piastrinica fosse ancora comunemente prescritta, con o senza TAO, ed in particolare nel paziente anziano, che risultava complessivamente sottotrattato con anticoagulanti orali (G. Lip et al., 2014).

La terapia antiaggregante era, inoltre, usata più spesso in pazienti con alto HAS-BLED 1, probabilmente a causa della percezione che l’aspirina fosse in

questo senso una sicura alternativa alla TAO, per quanto, come già ricordato, sia ormai chiaro che il rischio di sanguinamento maggiore non sia significativamente differente, soprattutto nell’anziano.

1 Hypertension, Abnormal renal/liver function, Stroke, Bleeding history or predisposition, Labile INR, Elderly (e.g. age .65, frailty, etc.), Drugs/alcohol concomitantly. (Pisters et al., 2010)

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4.1. Fibrillazione atriale

Fig. 9 - Terapia nella FA. Del 42% dei pazienti che non assumevano TAO la metà (21%) era trattata

con terapia antiaggregante (ASA o Clopidogrel), l’altra metà non assumeva né tp antiaggregante né anticoagulante.

Nello studio in oggetto, in particolare nella sottoclasse di pazienti che assumevano regolarmente dicumarolici, non è stata valutata l’adeguatezza della terapia anticoagulante, in particolare non sono stati considerati i valori degli INR (International Normalized Ratio), i quali solo se in range terapeutico garantiscono una protezione efficace dagli eventi tromboembolici (tra 2 e 3 nei pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare). E’ quindi verosimile che la percentuale del 58% dei pazienti in TAO sia una sovrastima del valore totale dei pazienti ammessi in reparto con una “protezione” probabilisticamente efficace contro eventi ischemici cerebrovascolari, la complicanza più temibile dell’aritmia non trattata.

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4.2. Eventi cerebrovascolari acuti

4.2. Eventi cerebrovascolari acuti

Dei 126 pazienti dimessi con diagnosi di Ictus ischemico nel triennio 2011- 2013 circa il 71% presentava indicazioni alla Profilassi antiaggregante con Cardioaspirina, antiaggreganti piastrinici o alla terapia anticoagulante orale in presenza di FA (89 pz, Fig. 10).

Di questi solo il 25% (32 pazienti) effettuava terapia antiaggregante come Profilassi Secondaria (pregressi episodi ischemici cerebrali -TIA o Ictus, diagnosi di vascolopatia ischemica cerebrale cronica) o anticoagulante in presenza di FA.(Fig. 10)

Quasi la metà (58 pz) dei pazienti che sono andati incontro alla complicanza ischemica non effettuava quindi alcuna terapia preventiva. (Fig. 10)

Fig. 10 – Pazienti con eventi cerebrovascolari acuti che avevano o meno indicazioni alla profilassi

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4.2. Eventi cerebrovascolari acuti

Da segnalare la elevata prevalenza nella popolazione oggetto di studio di ipertensione arteriosa (23%) e di vascolopatia ischemica cerebrale cronica (23%), Fibrillazione atriale non in terapia anticoagulante (18%), diabete mellito di tipo II (13%) che si configurano, insieme all’età avanzata e alla mancata profilassi antitromboembolica, come i principali predittori di evento ischemico cerebrale acuto. (Figg. 10-11)

Fig. 10 - Comorbidità nei pazienti con evento cerebrovascolare acuto.

In pazienti con una storia di TIA o ictus ischemico, non affetti da Fibrillazione atriale, il trattamento antiaggregante piastrinico per la prevenzione secondaria dell’ictus (non cardioembolico) deve essere prescritta ad eccezione di controindicazioni.

Sebbene la Cardioaspirina si sia dimostrata efficace nella prevenzione secondaria, il trattamento con Clopidogrel si è dimostrato superiore, così come l’associazione Cardioaspirina-Dipiridamolo.

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4.2. Eventi cerebrovascolari acuti

Diversi trials clinici randomizzati hanno dimostrato l’efficacia della terapia antiaggregante piastrinica nel ridurre le recidive di Ictus, di IMA (Infarto Miocardico Acuto) e la riduzione della mortalità, soprattutto nei pazienti ad alto

rischio cardiovascolare (Antiplatelet Trialists Collaboration, 1994;

Antithrombotic Trialists Collaboration, 2002; G. Y. H. Lip, Nieuwlaat, Pisters,

Lane, & Crijns, 2010) (Antithrombotic Trialists Collaboration,

2002)(Antithrombotic Trialists Collaboration, 2009).

Fig. 11 – Età dei pazienti con evento cerebrovascolare acuto

Quanto alla scelta dell’antiaggregante, c’è comune accordo sulla superiorità del Clopidogrel o dell’associazione ASA-Dipiridamolo rispetto alla sola ASA, non solo nelle patologie ischemiche cardiache (Waks et al., 2014), come nello studio denominato CAPRIE (CAPRIE Steering Committee, 1996) condotto su

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4.2. Eventi cerebrovascolari acuti

circa 19 000 pazienti colpiti da infarto o da ictus ischemico, in cui il gruppo trattato con Clopidogrel ha presentato rispetto a quello trattato con ASA una riduzione relativa del rischio del 9%; circa 10 pazienti su 1000 eviteranno un nuovo evento ischemico a distanza di due anni dall'inizio della terapia con Plavix rispetto a quelli trattati con aspirina.

Appare evidente, quindi, come nonostante le evidenze di efficacia e sicurezza della prevenzione primaria e secondaria della terapia antiaggregante, soprattutto nei pazienti ad alto rischio tromboembolico, si sia ancora in presenza di un sottoutilizzo della suddetta terapia soprattutto nei pazienti anziani; il sottoutilizzo in questo sottogruppo ha prodotto un effetto avverso rilevante, cioè l’ischemia cerebrale, che ha condotto il paziente al ricovero ospedaliero.

Si può dunque concludere che il 46% dei pazienti ammessi in reparto con ischemia cerebrale acuta avrebbe potuto beneficiare della terapia antiaggregante domiciliare e che tale terapia non solo avrebbe fatto risparmiare il ricovero in ospedale ma avrebbe presumibilmente cambiato il decorso e l’outcome del paziente anche a lungo termine, se pensiamo alle sequele neurologiche dell’Ictus ischemico.

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4.3. Eventi tromboembolici venosi

4.3. Eventi tromboembolici venosi

I pazienti dimessi con diagnosi di Trombosi venosa o Embolia polmonare sono stati rispettivamente 69 e 45, in totale circa l’8% dei ricoveri totali. Quasi la totalità di questi aveva una eteroplasia in fase attiva o pregressa (negli ultimi 5 anni) o un quadro clinico complesso con comorbilità e allettamento. (Fig. 13)

L’età media dei pazienti è di 72 anni.( Fig. 12).

Fig. 12 – Età dei pz con eventi trombombolici venosi.

Il 67% dei pazienti (77 pz) ricoverati con diagnosi TEV o EP era affetto da una neoplasia solida in fase attiva; il 25% (28 pz) era costituito da persone con mobilità molto ridotta o allettamento. (Fig. 13)

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4.3. Eventi tromboembolici venosi

Fig. 13 – Caratteristiche dei pazienti con tromboembolismo venoso L’8% dei pazienti non aveva

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4.3. Eventi tromboembolici venosi

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