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1. Introduzione

1.5. Scopo del presente lavoro

Il fenomeno dell’inquinamento atmosferico si sta rilevando sempre più grave e di difficile valutazione. Sebbene negli ultimi anni si sia registrata una sensibile riduzione di alcuni contaminanti gassosi notoriamente fito- e micotossici, come l’SO2, a seguito della progressiva metanizzazione degli impianti di riscaldamento civile, ciò non accade per quelli legati al traffico veicolare, come gli idrocarburi aromatici e gli inquinanti fotochimici quali NOx e O3; quest’ultimo, in particolare è riconosciuto come il più diffuso, ma anche più nocivo agente tossico dell’atmosfera. Mentre una vastissima letteratura scientifica è concorde sul fatto che l’SO2 sia stata la principale causa del declino dei licheni in passato, scarse e contraddittorie sono le conoscenze sugli effetti dell’O3 e degli NOx a carico di questi organismi (Calatayud et al., 2000; Cirimele et al., 2002), che sono una simbiosi tra funghi (micobionti) ed altri individui dotati di attività fotosintetica (fotobionti), quali alghe verdi e cianobatteri. Privi di organi di assorbimento e di regolazione degli scambi gassosi, tipici delle piante, essi sopravvivono a periodi di completa disidratazione per ripristinare le proprie attività metaboliche in seguito ad una veloce re-idratazione (Nash, 1996). Non possedendo particolari strutture di protezione, quali cuticole, l’aria diventa il primo veicolo del loro sostentamento, essendo anche privi di strutture radicali vere e proprie. Risultano quindi particolarmente esposti alla presenza di contaminanti, che interagiscono con entrambi i simbionti, danneggiando di volta in volta quello meno tollerante, con conseguenti gravi alterazioni dei delicati equilibri tra i due partner (Calatayud et al., 1999; Garty, 2001).

Dal punto di vista fisiopatologico, i principali effetti tossici causati dagli inquinanti fotochimici sono legati alla produzione di ROS a livello tissutale, per cui l’esposizione a O3 e NOx costituisce una fonte aggiuntiva di stress ossidativo per gli organismi aerobici e fotosintetici (Iriti e Faoro, 2008). Nel caso dei licheni, inoltre, alcuni importanti fattori possono influenzarne la risposta a questi inquinanti, come la loro differente resistenza alla disidratazione e il loro diverso grado di fotofilia, che

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potrebbero in qualche modo interferire, positivamente o negativamente, con i loro meccanismi di esclusione e/o di tolleranza del danno. Oltre alle piogge dirette, possono attivarsi anche in presenza di elevata umidità e con la rugiada mattutina, situazioni che si riscontrano solitamente nelle prime ore della giornata. Per quanto riguarda l’O3, è necessario sottolineare come la sua concentrazione massima venga raggiunta invece nelle ore centrali nelle quali questi organismi sono solitamente disidratati. Questi, potrebbero eventualmente comportarsi da avoidant, in quanto metabolicamente inattivi in sua presenza. Infatti, se disidratati, essi subiscono passivamente gli effetti dello stesso, mentre se sono idratati, possono beneficiare di alcuni meccanismi cellulari di protezione e riparazione che contrastano efficacemente la sua azione; quest’ultima sarebbe però intensificata, a causa dell’elevata solubilità di O3 in fase acquosa.

Le informazioni sul comportamento dei licheni in presenza degli inquinanti fotochimici rimangono comunque molto frammentarie e spesso contraddittorie (per gli NOx: van Herk, 2001; Davies et al., 2007; per l’O3: Scheidegger e Schroeter, 1995; Calatayud et al., 2000; Lorenzini et al., 2003). La lacuna conoscitiva sugli effetti degli inquinanti fotochimici deriva sopratutto dalla scarsa conoscenza dei meccanismi molecolari tramite cui agiscono NOx e O3 e dal fatto che la maggior parte degli studi è stata condotta sulle piante vascolari, che notoriamente possono differire nella risposta alla presenza di sostanze inquinanti.

Questa tesi si inserisce nell’ambito di un progetto PRIN 2008 dal titolo “Licheni come biomonitor di inquinanti fotochimici: meccanismi di risposta a livello molecolare, biochimico, fisiologico e morfo-strutturale” con lo scopo di caratterizzare le variazioni indotte da NOx e O3 sulla simbiosi lichenica in toto in tre condizioni sperimentali. Il progetto, elaborato da tre Unità di Ricerca: (Università degli Studi di Trieste, di Genova e di Pisa), con comprovata esperienza nel campo della patologia vegetale e della lichenologia, è stato concepito per approfondire le attuali conoscenze sugli effetti degli inquinanti fotochimici su organismi modello quali i licheni.

La ricerca, condotta per testare l’influenza del fattore “ecologia della specie” ha preso in esame tre licheni epifiti fogliosi a lobi larghi caratterizzati da diverso habitat elettivo di crescita ma in possesso dello stesso fotobionte, un’alga verde del

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genere Trebouxia: Parmotrema perlatum (Huds.) M.Choisy (molto sciafilo ed igrofilo), Flavoparmelia caperata (L.) Hale (moderatamente elio- e xerofilo), Xanthoria parietina (L.) Th.Fr. (molto eliofilo e xerofilo).

L’obiettivo di questo lavoro si è focalizzato sullo studio dei meccanismi di risposta del P. perlatum allo stress ossidativo imposto dall’O3. La scelta di questa specie, per l’analisi degli effetti che l’O3 esplica tramite esposizioni di campioni sottoposti a differenti regimi di idratazione all’interno di camere di fumigazione, è stata effettuata in base alla buona conoscenza della sua ecofisiologia e dal suo largo impiego in precedenti studi (cfr. Bidussi 2007; 2008). Essa è considerata particolarmente sensibile ad inquinanti come SO2 (Geebelen e Hoffmann, 2001) e NOx (Davies et al., 2007).

Lo scopo principale riguarda la definizione della risposta della simbiosi lichenica a livello morfologico e metabolico, con particolare attenzione al processo fotosintetico, al fine di verificare se questa specie epifita si comporti da “stress avoidant” o da “stress resistant” nei confronti dello stesso e per un possibile uso quale monitor ambientale per l’inquinamento da O3.

La valutazione degli effetti di O3 è stata eseguita su talli fumigati a concentrazioni note di inquinante (250 ppb 5 h d-1, per 14 giorni consecutivi), sottoposti a cicli successivi di idratazione e disidratazione e con un regime di umidità dell’80% tale da rendere attivo il lichene, per verificare cosi la risposta dose-effetto e l’importanza del contenuto idrico. La vitalità è stata stimata mediante misure di fluorescenza della clorofilla, affiancate alle analisi dei principali metaboliti ed enzimi coinvolti nel ciclo di Halliwell-Asada.

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