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La scuola di Chicago

Nel documento La norma tra diritto e pedagogia (pagine 91-94)

CAPITOLO III: Forme di inosservanza della norma:

3.1. Il concetto di devianza: teorie a confronto

3.1.3. La scuola di Chicago

E’ solo all’inizio del XX secolo, e precisamente all’Università Statale di Chicago, che inizia il lavoro scientifico vero e proprio sulla relazione tra fattori sociali e delinquenza. Influenzati da Dewey, G. Mead e dalle tendenze riformiste affermatesi durante la fase dello sviluppo capitalistico selvaggio, un gruppo di sociologi si interessa ai problemi connessi all’industrializzazione, allo sviluppo e

forza-lavoro38. Si inaugura, con la scuola di Chicago, un’analisi teorica ed empirica i cui risultati hanno esercitato una profonda influenza sugli studi successivi; da quelli più propriamente urbanistici ed ecologici, a quelli demografici, sulle subculture, sino agli stili di vita deviante.

Una premessa sulla condizione storico-sociale americana d’inizio secolo è d’obbligo per comprendere la base di partenza dell’analisi sociologica degli studiosi della Scuola di Chicago. Negli anni Venti ed in quelli immediatamente successivi la crescita brutalmente rapida delle città rappresenta per gli Stati Uniti d’America un problema sociale e politico d’estrema importanza. La grande città diventa il punto di arrivo agognato di un flusso migratorio di vasta consistenza proveniente dall’Europa ma anche dalle piccole città e dalle zone rurali americane. La città di Chicago degli anni Venti diventa, così, il laboratorio ideale di ricerca per chi si occupa dei fenomeni di patologia urbana. La disoccupazione, la mancanza d’alloggio, il vizio, il crimine e la devianza caratterizzano la vita di questi giganteschi agglomerati di folle inquiete ed in continuo movimento39.

Il primo lavoro del gruppo di Chicago è quello firmato da Park, Burgess e McKenzie40 da cui traspare un dato di fatto: i legami che tengono unito il gruppo primario e che nella piccola comunità sono consolidati, si perdono nella grande città. L’allentarsi dei vincoli sociali e l’indebolirsi dell’influenza dei gruppi primari incoraggia l’aumento della “disorganizzazione sociale”41, della devianza e del crimine che non solo s’intensificano, ma acquistano una connotazione marcatamente urbana. Scrive Park “La natura generale di questi mutamenti è indicata dal fatto che lo sviluppo delle città è stato accompagnato dalla sostituzione di relazioni indirette e ‘secondarie’ alle relazioni dirette, immediate e ‘primarie’ nelle associazioni degli individui nella comunità (...). Sotto le influenze disgregatrici della vita cittadina, la maggior parte delle nostre istituzioni tradizionali – la chiesa, la scuola e la famiglia - si sono notevolmente modificate”42.

38 Cfr.: A. Dal Lago, La produzione della devianza, cit., pp. 90 e ss.

39 Cfr.: D. Melossi, Lezioni di sociologia del controllo sociale, cit., pp. 140-142 40 Cfr.: E. Burgess, R. McKenzie, R. Park, (trad. it.) La città, Milano, Comunità, 1999 41 A. Dal Lago, La produzione della devianza, cit., p.91

rappresentata dal tipo di indagine svolta. Il gruppo di Chicago propone un modello d’indagine delle aree urbane di tipo ecologico. Ritenendo che il comportamento assuma determinate regolarità entro precisi limiti o aree naturali caratterizzate da una popolazione simile per razza, occupazione e reddito, gli studiosi della Scuola di Chicago, analizzano le aree naturali servendosi d’analogie con la botanica i cui concetti ricorrenti sono, infatti, quelli di simbiosi e d’equilibrio biologico43. La vita delle grandi città viene immaginata, dal gruppo di Chicago, come un processo di simbiosi nel quale diverse specie di organismi, gli individui, convivono senza effettivamente interagire tra loro, ma tendono a raggrupparsi in aree che per le caratteristiche di isolamento svolgono su di loro un processo di omogeneizzazione che sfugge ad ogni controllo. I devianti e i delinquenti si concentrano in determinate aree unicamente per motivi di opportunità.

In sintesi, si può affermare che il modello sociologico della Scuola di Chicago sottolinea l’esistenza di un rapporto molto stretto tra criminalità e aree urbane, che si traduce, in tali realtà cittadine, in una situazione di assenza di norme morali, quindi di devianza.

La teoria della disorganizzazione sociale e l’assenza di norme sono i nodi centrali intorno ai quali ruota la Scuola di Chicago. Anche se già Shaw e McKay44 ritenevano che, nelle aree socialmente disgregate, potessero esistere modelli normativi diversi da quello corrente, sarà Sutherland a sostenere l’esistenza di diverse forme di consenso sociale.

Si profila, così, un deciso cambio di prospettiva rispetto allo stereotipo stesso di devianza. Sutherland rifiuta tutte le spiegazioni incentrate sulla povertà, la disgregazione familiare, l’abitare nel ghetto. I comportamenti devianti non sono più confinati agli strati più bassi della popolazione, ma si riscontrano anche tra persone e contesti considerati assolutamente non a rischio. Sutherland parla di

43 Cfr.: D. Melossi, Lezioni di sociologia del controllo sociale, cit., pp. 141-142

44 Shaw e McKay prendono le mosse da una serie di ricerche empiriche da loro realizzate fra gli

anni ‘20 e ’30. La loro opera consisteva nel tentativo di trovare una correlazione tra collocazione geografica e tipi di devianza, o tassi di criminalità. Sviluppano così la teoria della cosiddetta

comportamento appreso, che non concerne solo strati marginali e bassi della società. L’individuo, per l’autore, è un contenitore “vuoto” che si riempie attraverso le esperienze vissute all’interno della società; un “soggetto diventa deviante quando prendono il sopravvento le definizioni favorevoli alla violazione”46.

Il cambio di prospettiva, dal punto di vista sociologico, è importante, in quanto Sutherland ipotizza un modello fondato sulla diversità culturale. Infatti, mentre “alcune culture valorizzano la violazione delle norme di comportamento dominante, altre, attribuiscono importanza alla conformità ad esso. Il diventare deviante dipende dalla quantità di vita trascorsa nell’una o nell’altra cultura”47. Benché la teoria dell’associazione differenziale sia stata aspramente criticata, rimane il fatto che Sutherland apre la strada ad una nuova prospettiva nello studio del mondo deviante, teorizzando non più l’assenza di norme, ma l’esistenza di differenti codici normativi.

Mentre Sutherland aveva sostenuto l’esistenza di diverse culture nell’ambito della stessa società industriale, i funzionalisti, ed in particolare Cohen, ritengono che il modello culturale dei devianti sia in opposizione con quello dominante, in quanto creato in contrapposizione ad esso.

Nel documento La norma tra diritto e pedagogia (pagine 91-94)

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