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B) Una seconda determinante del favor si spiega invece in termini esattamente contrapposti a quelli che ho finito di illustrare,

NELLA RECENTE LEGISLAZIONE TRIBUTARIA (*)

A) Una prima determinante del favor per l’esodo societario e data dalla contestuale introduzione di una modifica, in senso più

4. B) Una seconda determinante del favor si spiega invece in termini esattamente contrapposti a quelli che ho finito di illustrare,

rispondendo essa allo schema moderno della finanza c.d. funzionale. L’agevolazione per la migrazione societaria è concessa a fine di in­ centivo per il conseguimento di un obiettivo metatributario, di po­ litica economica, che, nello specifico terreno societario, si identifica nella ottimale organizzazione strutturale delle imprese, ivi reputata meglio conseguibile.

L’agevolazione ha avuto per oggetto, in passato, essenzialmente la trasformazione societaria in qualunque senso, secondo la libera determinazione di opportunità dell’impresa, come pure la funzione so­ cietaria e la concentrazione aziendale.

Del fwvor beneficiano quindi le società funzionalmente interes­ sate da questa politica di incentivazione economica. Un esempio di attuazione di questo indirizzo è dato dalle agevolazioni di cui alla cit. legge n. 77 del 1965 e successive proroghe del 1968 e del 1970, dispo­ ste, nel quadro dei provvedimenti per la « ripresa economica », a fa­ vore di qualsiasi trasformazione societaria, nonché di fusione e con­ centrazione aziendale.

Questo orientamento legislativo ha conosciuto ulteriori fortune, per quanto concerne l’apporto di azienda in società, coi provvedimenti cit. n. 576 del 1975, n. 904 del 1977, n. 638 del 1983, e ne gode ancora a tutt’oggi con il cit. comma 16 art. 3 del provvedimento in esame.

Questa determinante, concepita in termini di attuazione di un in­ dirizzo di politica economica, esige pure che la legislazione civile e fiscale sia volta a negare il proprio favor nei confronti di strutture societarie non rispondenti funzionalmente ad effettive esigenze im­ prenditoriali. Un esempio attuativo, sul versante tributario, di questo orientamento è rimasto solo a livello di schema di disegno di legge. Mi riferisco alla nota disposizione che, in seno al progetto di riforma delle società commerciali del 1965 (art. 96), istituiva una sanzione fi­

scale a carico delle società di capitali che per un triennio non eser­ citassero alcuna attività imprenditoriale (7).

Concettualmente questo indirizzo legislativo non è contraddetto, ma anzi è potenziato, se contestualmente è contemplata la concessione di un temporaneo favor per l’esodo di siffatte « società non imprendi­ toriali ».

Proprio quest’ultimo profilo, isolato e privo di ogni concorrente misura sanzionatoria disposta, come avrebbe dovuto essere, « a re­ gime », ha invece trovato in passato parziale attuazione, con la con­ cessione temporanea del favor per lo scioglimento (o, in alternativa, per la trasformazione) delle società di capitali c.d. immobiliari ; tali essendo definite dalla stessa legge agevolativa quelle società che negli ultimi cinque esercizi « abbiano svolto una attività limitata esclusi­ vamente alla proprietà e alla gestione di beni immobili, anche se nell’atto costitutivo siano state previste operazioni di commercio » (art. unico L. 18 ottobre 1955, n. 930 cit.) (8). Meno raffinata nella delimitazione della nozione di « società immobiliare », ma più ampia nell’inquadramento tipologico, era stata la legislazione risalente che favoriva, agli effetti dell’imposta di registro, lo scioglimento e la liquidazione, come pure il recesso del socio di società, sia di persone che di capitali, « avente per oggetto unicamente l ’amministrazione o il commercio di beni immobili » (art. 5 L. 23 marzo 1940, n. 283 e successive proroghe di cui a L. 27 gennaio 1941, n. 204 e B.D. 15 luglio 1941, n. 647) (9).

La « anomala » figura della società immobiliare, così legislativa­ mente definita, rientra nel più vasto fenomeno, civilisticamente consi­ derato inammissibile da dottrina autorevole e comunque non effica­ * 8 9

ci) T a le d isp o sizio n e fa c e v a siste m a con l ’a r t. 1 d ello stesso progetto, a fferen te a lle s o c ie tà per a zio n i (esteso p u re a lle s o c ie tà a resp on sab ilità li­ m ita ta ) ch e con tem p lava com e c a u sa di scio g lim en to d ella so cietà il m an cato effettiv o ese r c iz io di « a tt iv it à econ om ich e o rg a n izza te a l fine d ella produzione 0 d ello scam bio di beni o d i s e r v iz i ». E ra così co ron ata la d u p lice esigen za c iv ilistic a e trib u ta ria d i elim in a zio n e d e lle so cietà d i com odo, quanto m eno dal-1 a m b ito d elle s o c ie tà di ca p ita li. I l te s to d e l p rogetto è rep erib ile in La riforma delle società di capitali in Italia. Progetti e documenti, (a cura d i) S c o r n - Ca m u z z i, M ilano, 1966.

(8) Q uesta sin g o la re d escrizion e d el fen om en o p rovien e d a lla precedente leg isla zio n e in tem a di im p osta stra o rd in a ria s u l p atrim on io (art. 71 lettera a)

D.L. 11 ottobre 1947, n. 1231, tr a s fu so poi n e ll’art. 78 le tte r a a) T.U . 9 m aggio 1950, n. 203).

(9) Q u este d isp o sizio n i trib u tarie, in s ie m e a q u elle cit. a lla n ota pre­ cedente, sono s t a te o g g etto d i m era v ig lia d a p a rte d e lla d ottrin a c iv ilis tic a per la stortu ra ch e ro rd in a m en to con tem p li, s ia pure a g li effe tti fiscali, l ’esisten za di « so cietà » siffa tte e ta lo ra le a g e v o li : cfr. Zaneuli E., La nozione di oggetto sociale, M ilano, 1962, p. 342, n o ta 195.

cemente represso, costituito dalle « società di solo godimento » o « di comodo » (10). Questa categoria coincide sostanzialmente, agli effetti della determinante in esame, con la nozione di « società non imprenditoriale » sopra illustrata.

L’indagine che porto avanti fa restare alla luce e con grande evi­ denza questo tema, essendo esso ben più profondamente attingibile nel terreno finitimo della terza determinante del favor che ora ana­ lizzo.

5. G) Una terza determinante è riscontrabile nel favor per l’e­ sodo societario. Essa ha una motivazione più particolaristica, questa volta schiettamente tributaria, e perciò più significativa, sotto questo profilo, rispetto alle precedenti in quanto interna all’orcio impositivo. Questa determinante è infatti funzionale rispetto ad uno degli scopi fondamentali del sistema tributario. Mi riferisco all’obiettivo di at­ tuare la perequazione tributaria anche in termini di efficienza, ri­ ducendo l’area della scorrettezza e dell’illecito nella ripartizione tra i consociati dei carichi pubblici.

Il principio di perequazione tributaria è di rango costituzionale fondandosi sull’art. 53 Cost. Questa disposizione postula appunto una funzione in senso ampio perequativa, che esige non solo una propor­ zionalità « interna », dovendo commisurarsi l’imposizione tributaria alla capacità contributiva del singolo, ma anche una proporziona­ lità « esterna », dovendo l’imposizione tener conto della diversa ca­ pacità contributiva degli altri soggetti in via comparativa (11).

L’attuazione del principio di perequazione tributaria impegna questo duplice profilo, concretandosi nella statuizione di una coe- I.

(10) Per l’identificazione in unica figura e nel senso netto e deciso della sua inammissibilità civilistica cfr. Galgano F., Le società in genere - Le società di persone, Milano, 2“ ed., 1982, p. 66. La dottrina è però divisa da tempo su questo tema. Una valorizzazione della prassi nel senso quanto meno della acquie­ scenza alla figura della società di godimento (immobliare) costituita allo scopo di « mimetizzarsi dinanzi al fisco » si rileva nel noto saggio di Sa n tin i G., Tra­ monto dello scopo lucrativo nelle società di capitali, in Riv. dir. oiv., 1973, I. p. 153. Trae poi spunto dalla mancata introduzione di una normativa civi­ lìstica che metta al bando tali «società», per affermarne l ’ammissibilità, D i Sabato F., Manuale delle società, Torino, 1984, p. 22. Un argomento siffatto non ha però pregio per quanto concerne l ’ordinamento tributario dove ha incidenza il principio di rango costituzionale della perequazione tributaria che informa il sistema nel senso dell’avversione alle « società di comodo », come illustro nel testo. Infine, per una prospettiva repressiva di carattere globale, cioè civilistico-tributaria, però de jure condendo, si veda Mabasà G., Le « so­ cietà » senza scopo di lucro, Milano, 1984, p. 626 ss.

(11) Questo profilo dell’art. 53 Cost. è finora poco valorizzato in dottrina e in giurisprudenza. Nel senso del testo cfr. *. Fanile P., Due Questioni di legittim ità costituzionale..., in Giur. it., 1978, III, pp. 2-3.

rente legislazione tributaria a ciò intesa, anche per quanto concerne la sua efficienza nella ripartizione effettiva delle spese pubbliche tra tutti gli obbligati.

In questa prospettiva si pone appunto la determinante in esame. Qui il favor dell’agevolazione per l’esodo societario può esser utilizzato come extrema ratio (incruenta) del sistema per provocare la dismissione di forme sociali assolutamente non desiderate fiscal­ mente perché meri strumenti di artificiosa alterazione della corretta perequazione tributaria. Non si pone quindi per tali società il dise­ gno alternativo della loro utile conservazione per la via della loro riduzione alla legalità mediante altre misure.

Quali sono le società fiscalmente indesiderate in via assoluta? L’analisi deve a questo punto connotarsi di estremo rigore espun­ gendo in primo luogo l’errore concettuale e poi metodologico, comune nella dottrina tributaristica acritica, di confondere, trattandole uni­ vocamente, le società c.d. « familiari » o « a ristretta base azionaria » con le « società di solo godimento » o « di comodo ».

a) Le prime, cioè le società c.d. « familiari » o « a ristretta base azionaria », sono comuni società imprenditoriali che si caratteriz­ zano in modo peculiare agli effetti fiscali unicamente in ragione della limitata compagine sociale, formata, di regola, da persone fisiche legate da rapporti di parentela, affinità o coniugio, o comunque da un ristretto numero di soci (12).

b) Le seconde, cioè le « società di solo godimento » o « di co­ modo » sono invece figure anomale di società le quali si connotano negativamente per essere « società » non imprenditoriali, cioè non produttive. Si tratta in buona sostanza di meri schermi per l’intesta­ zione di cespiti autonomamente produttivi (13).

La confusione tra le due figure deriva da un’affrettata analisi della prassi nella quale sovente si rinvengono « società di comodo »

(12) Per uno spunto in questo senso cfr. Forte F., Sulla politica fiscale nei confronti delle piccole società di capitali, in Tenui trib., 1959, p. 52. L’unico studio a carattere monografico sulle società «fam iliari» o «a ristretta base azionaria» è quello di Uckmab V., Il regime im positivo delle società - La società a ristretta base azionaria, Padova, 1966, che ne dà però una nozione non istituzionalmente distinta da quella di «società di comodo».

(13) Accolgo, ai fini di questo studio, una nozione ristretta di società « di comodo », comprendente praticamente le « società » immobiliari di comodo e le Holdings di comodo. È estranea alla loro problematica fiscale quella afferente alla c.d. « anonima di comodo » o società preordinata ad un unico socio. A questa figura non difetta infatti il requisito dell’imprenditorialità. Tributariamente essa rientra nell’area della problematica relativa alle società a ristretta base azionaria o familiari. Sottolinea la differenza civilistica tra le due figure Marasà G., op. cit., p. 614, nota 24.

a compagine familiare. Si tratta, però di una connotazione della « so­ cietà di comodo » che dal punto di vista concettuale è meramente accidentale. Manca infatti il requisito fondamentale della società « fa­ miliare » o « a ristretta base azionaria » in senso tecnico, costituito, come ho indicato, dalla sua inequivocabile imprenditorialità.

Entrambe comunque le figure sono fiscalmente indesiderate : però in grado ben diverso. E soprattutto differenti sono i settori dell ordi­ namento tributario in cui l’indesideratezza impinge. Del pari non è univoca la valutazione della loro nocività fiscale rispetto agli ambiti societari tipologicamente interessati dat rispettivi insediamenti.

É merito della migliore dottrina tributaristica avere da tempo avvertito la diversa valenza fiscale delle due figure (14).

a) Le prime, le società c.d. « familiari » o « a ristretta base azio­ naria », possono esser fiscalmente indesiderate, in certe condizioni strutturali del sistema tributario agli effetti dell’imposizione diret­ ta, in quanto nonostante la natura personalistica della ristretta com­ pagine sociale, assumono la veste delle società di capitali. In tal modo esse si sottraggono, in linea di diritto, alla regola della traspa­ renza fiscale dei redditi (c.d. partnership approach) vigenti per le società di persone. É data così la possibilità ai soci di evitare, in tutto o in parte, a discrezione, l’applicazione dell’imposizione personale progressiva sul reddito, mercè la non distribuzione oppure mediante la distribuzione solo parziale degli utili prodotti dalla società, che in tal caso resteranno accantonati presso di essa (15). Tale obiettivo, che sostanzia un fenomeno di elusione e non di evasione fiscale (16),

(14) Mi riferisco al contributo di Forte F ., scritto cit. In questo lavoro l’A. ripudia la nomenclatura di « società di comodo », per indicare le società produttive «fam iliari» che aveva usato nel suo precedente scritto: Alcune ri­ flessioni di teoria e di politica finanziaria a proposito della nuova imposta, sulle società di capitali, in questa Rivista, 1954, I, p. 247. Tale uso improprio pro­ veniva dai lavori preparatori della legge istitutiva dell’imposta sulle società: cfr. Relazione al Senato del Ministro delle Finanze paragr. 5 - Una remora alle società di comodo, che si può leggere in Lex, 1954, II, p. 18.

(15) Si apre così una erisi nell’assetto perequativo del sistema che va riportata al problema di grande importanza teorica, trattato da vastissima let­ teratura, riguardante i rapporti tra imposizione delle persone fisiche ed impo­ sizione degli enti collettivi, cfr. : Steve S., Lezioni di scienza delle finanze,

Padova, 7a ediz., 1976, p. 329. j n j i* •

(1 0) La differenza tra le due figure è un topos classico della dottrina tributaristica. Si vedano: Blttm en stein E., System des Steuerrechts Zmich, 1945 (Sistema del diritto delle imposte, traduz. it. di ForteF Milano, 1954),

He n s e l a Z-wr dogmatik des Begriffs « Steuerumgehung », Altenberg 1923, In. Steuerrecht, Berlin, 1933 (D iritto tributario, traduz. it di Ja^ ch D Milano, 1956Ì- Jaraoh D., E l hecho impomble, Buenos Aires, 1943, 1971 {Il ¿atto vm- poniÙte traduz. it. di Bra c c ìn i R.. Padova, 1981); An t o n in i E., Evasione ed, e l u s im di imposta, in Giur. it., 1959, IV, p. 97; In., Equivalenza di fattispecie

può essere in concreto raggiunto sia utilizzando società «fam iliari» o « a ristretta base azionaria » di capitali direttamente operative, sia per il tramite di una società « finanziaria », anche essa ovviamente di capitali, ad identica compagine, titolare delle partecipazioni nelle società operative, che intervenga imprenditorialmente nel reimpiego degli utili in nuovi investimenti, distribuendo ai soci solo quanto sia necessario per i loro consumi.

Le società « familiari » o « a ristretta base azionaria » possono in conclusione esser avversate fiscalmente, agli effetti dell’imposizione diretta, essenzialmente in quanto società di capitali (17). La loro indesideratezza è quindi solo relativa.

tributaria ed elusione di imposta, in questa Rivista, 1966, I, p. 167 ; DelahayeT., Le ohoix de la vaie la moins imposée, Bruxelles, 1977. Il fenomeno dell’evasione In seno alle società « familiari » si verifica invece quando esse procedono, illecitamente, ad un’occulta distribuzione degli utili ai soci. Su questo punto esiste copiosa dottrina risalente al tempo in cui fu introdotta l’imposta sulle società e poi protrattasi a considerare il dibattito giurisprudenziale sulla c.d. « presunzione di distribuzione di utili ai soci » da parte di società « familiari ». La querelle iniziò con uno scritto di Vezzoso G., Reddito delle società « fa­ m ilia ri» accertato induttivam ente ed im posta complementare, in Dir. prat. trih., 1958, II, p. 73, e vide poi, tra gli altri, gli interventi autorevoli di Ber-

l ir i A., La tassazione in complementare dei soci delle cosiddette società fa­ miliari, in Riv. tri-m. dir. proo. civ., 1958, p. 685 e di Mic h e l i G. A., Imposta complementare sui dividendi e società familiari, in Riv. dir. comm., 1965, II, p. 22. La questione è viva a tutt’oggi, pur sotto la nuova disciplina intro­ dotta dalla riforma tributaria del 1971-1973, come ci testimonia la Relazione sull’a ttività del servizio centrale degli ispettori tributari al 31 dicembre 1989, in Giur. imp., 1983, IV, p. 732. In giurisprudenza si veda : Cass., sez. I, 24 aprile 1979, n. 2328, in Giur. civ., 1979, I, p. 1400, relativa alla legislazione anteriore ma ancora significativa per quella odierna.

Questo fenomeno patologico deve trovare evidentemente il suo antidoto neU’affinamento delle tecniche di accertamento, nonché nell’inasprimento delle sanzioni, anche a livello societario, che scoraggino l’omertà « familiare » che oggi copre l’illecito

(17) Va però aggiunto che dopo l'abolizione del «cumulo dei redditi» si è manifestato un ulteriore fenomeno di elusione in seno alle società «fam i­ liari » (anche di persone) che dovrà esser superato nel quadro di un intervento legislativo volto a mettere ordine nella disciplina della tassazione dei redditi familiari. L’elusione si sostanzia in una attenuazione della imposta progressiva personale sul reddito conseguita mediante una opportuna suddivisione ad usum Fisci delle quote di partecipazione tra i soci, di talché la distribuzione degli utili giunga a realizzare, entro certi limiti, l'equivalente di uno splitting fa­ miliare. Il che la vigente legislazione —- è bene sottolineare — non consente di praticare alle altre famiglie i cui componenti siano titolari di redditi non deducibili in società (es. redditi di lavoro dipendente e, in linea di massima, redditi di lavoro autonomo). Questo aspetto del fenomeno delle società «fam i­ liari » non conosce finora avversione nella legislazione tributaria. Anzi il favor ora manifestato dal provvedimento c.d. Visentini, oggetto di questo studio, ri­ guardo al passaggio da impresa familiare a società di persone può in concreto, inavvertitamente, rafforzare vieppiù l ’illustrato fenomeno elusivo. Mi riferisco all’art. 3 comma 16 del provvedimento, su cui si veda oltre nel testo ed alle note 21 e 29.

b) Le seconde, le « società di solo godimento » o « di comodo », sono invece fiscalmente indesiderate in via assoluta, agli effetti dell’im­ posizione diretta, su tutta la scala dell’imposizione afferente al red­ dito d’impresa. Esse infatti, pur non avendo sostanza imprenditoria­ le, fruiscono incongruamente della disciplina (per taluni versi favo­ revole) propria del reddito d’impresa (18). Le « società » di comodo sono quindi osteggiate fiscalmente, sempre agli effetti dell’imposi­ zione diretta, in quanto costituite in uno qualsiasi dei tipi di società a forma commerciale, e perciò sia quali società di persone che quali società di capitali, essendo in ogni caso lo stesso loro insediamento societario da espungere in radice.

Un ordinamento tributario perequato è tenuto ad usare diverse misure di reazione nei confronti delle due figure che ho finito di il­ lustrare.

a) Le società « familiari » o « a ristretta base azionaria » non possono esser avversate in sé. Un favor dissolutorio rivolto nei con­ fronti di società imprenditorialmente produttive sarebbe per certo privo di ratio. Le insopprimibili esigenze della perequazione tributa­ ria devono trovare accoglimento nell’ammodernamento del sistema tributario.

Il riassesto del settore comporta però uno svecchiamento del­ l’impostazione tradizionale. Non si tratta più di escogitare uno sta­ tuto fiscale ad hoc per le società di capitali « a base personale », op­ pure di statuire la loro diretta assimilazione alle società di persone, secondo la tecnica del partnership approach (19). Il problema della elusione della imposta personale progressiva sul reddito sarà invero ridimensionato se per tutte le imprese, societarie o no, sarà legisla­

(18) Mi riferisco specificamente alla normativa in tema di deduzione degli interessi passivi e dei compensi corrisposti ai soci amministratori, valevole sia agli effetti Irpef (arti. 58 e 59 eomma D.P.R. n. 597 del 1973 cit.) che a quelli Irpeg (art 5 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 598). Riguardo agli interessi passivi assunti da società « aventi per scopo sociale la gestione di immobili » si veda la nota Min. fin. 3 giugno 1977 n. 9/903, che ha abbandonato il rigore del precedente rescriptum del 7 marzo 1977 n. 9/2086, lasciando così ampio spazio ai trucchi delle « società di comodo ».

(19) Cfr. al riguardo la proposta di assoggettare alla progressività gli utili non distribuiti dalle società di capitali « familiari », mediante un’impo­ sizione ausiliaria di quella personale, che a suo tempo formulò Vis e n t in i B., in Natura ed effetti economici di una im posta sulle società, Milano, 1955, p. 279. La legislazione fiscale degli USA e del Canada è orientata nel senso dell’assimilazione tout court delle corporations a ristretta base azionaria alle partnersMps. A favore della adozione di analoga soluzione nel nostro Paese contro le « società salvadanaio » si è pronunciato recentemente Va lia n i R., La tassazione disegnale, (a cura di) FNDAI, Roma, 2* ediz., s.d., p. 106.

tivamente contemplato un trattamento tributario differenziato del­ l’utile che sia destinato al reinvestimento produttivo, come è stato sperimentato in sistemi fiscali più progrediti, indipendentemente dal­ l’eventuale opzione (futuribile) per un sistema generale di imposi­ zione diretta sulla spesa che esenti il risparmio già a livello societa­ rio, secondo la nota proposta di riforma di Meade (20). Nella prima ipotesi resterebbe in discussione soltanto la sorte fiscale dell’utile tesaurizzato dalla società di capitali « a base personale », mentre nella seconda ipotesi anche questo diverrebbe tributariamente irri­ levante.

Fino a che però il nostro sistema resterà arretrato, il favor socie- tatis a livello tributario non potrà comunicarsi alle società in que­ stione. L’agevolazione potrà invece giungere a favorire l’insediamento delle medesime società « familiari » nell’area delle società di persone, mediante opportune migrazioni interne, come pure potrà incoraggiare la creazione di nuove limitatamente a tale ambito (21).

h) Le « società di solo godimento » o « di comodo », per con­ tro, sono le destinatarie elettive del favor per l’esodo, informato al­ l’unico obiettivo della loro espulsione, senza altra alternativa, dal­

(20) Cfr. Meade J. E., The Struoture and Reform of Direct Taxation, London, 1978. Il riferimento alla esperienza straniera in tema di reinvestimenti