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Seconda richiesta da parte dell'imputato

Nel documento Il ruolo delle parti nel patteggiamento (pagine 170-175)

Conversione dell'impugnativa. - 3. Il ricorso per cassazione. - 4. Revisione.

Come già sappiamo l'appello è il mezzo di impugnazione ordinario mediante il quale le parti che vi abbiano interesse e ritengano viziata, per motivi di fatto o di diritto, la decisione del Giudice di primo grado, chiedono, con riferimento a uno o più capi e punti del provvedimento, una decisione del Giudice di secondo grado.

Il ricorso per Cassazione, invece, è un mezzo di impugnazione ordinario mediante il quale le parti che ne hanno interesse chiedono alla Corte di Cassazione l'annullamento per motivi di diritto della decisione pronunciata, inappellabilmente o di secondo grado. La proposizione del ricorso impedisce il passaggio in giudicato della sentenza e non introduce un nuovo giudizio di merito, non avendo alcun effetto devolutivo; con esso si possono far valere solo motivi di diritto tassativamente indicati dalla legge secondo quanto disposto dall'art. 606 c.p.p. riguardanti sia gli errores in procedendo, ovvero vizi della procedura derivati dall'errata applicazione delle norme processuali, sia gli errores in iudicando, ovvero vizi derivati dall'errata applicazione del

diritto sostanziale e dall'errata motivazione dell'iter logico-giuridico seguito per pervenire alla decisione impugnata.

Infine la revisione costituisce un mezzo di impugnazione straordinario che prevede ex art. 629 c.p.p. l'ammissibilità “in ogni tempo a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge, la revisione delle sentenze di condanna o delle sentenze emesse ai sensi dell'art. 444, comma 2, o dei decreti penali di condanna, divenuti irrevocabili, anche se la pena è già stata eseguita o è estinta”. L'ammissibilità a tale rimedio è tassativamente circoscritta ai casi previsti dall'art. 630 c.p.p. riconducibili sinteticamente a diverse ipotesi:

a) di conflitto fra giudicati,

b) di pronunce di condanna basate su altra sentenza del Giudice civile o amministrativo successivamente revocata che abbia deciso una delle questioni pregiudiziali previste dall'art. 3 c.p.p. ovvero una delle questioni previste dall'art. 479 c.p.p.,

c) di sopravvenienza o scoperta di nuove prove successivamente all'intervenuta condanna idonea a dimostrare che il condannato deve essere prosciolto,

d) di acclarata condanna pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato.

Per concludere si deve quindi affermare che la disciplina delle impugnazioni riservata dall'ordinamento al patteggiamento, invece, evidenzia il chiaro intento del legislatore di deflazionare il carico della giustizia penale dal momento che il patteggiamento consente in teoria di evitare il dibattimento di primo grado e un grado di impugnazione. Infatti, a fronte dei benefici che

l'imputato può ottenere proprio con il patteggiamento, quest'ultimo perde la possibilità di impugnare la sentenza eventualmente emessa ricorrendo alla disciplina ordinaria prevista per le impugnazioni, dal momento che la sentenza emessa ex art. 444 c.p.p. non è appellabile, fatta salva l'ipotesi prevista dall'art. 448 c.p.p., ma solo ricorribile per cassazione; in via del tutto straordinaria è, infine, previsto dall'ordinamento il rimedio della revisione della sentenza di patteggiamento1.

1. Seconda richiesta da parte dell'imputato.

In tal caso dobbiamo fare riferimento a due diverse ipotesi: nella prima l'imputato può aver chiesto al Pubblico Ministero di patteggiare una determinata quantità di pena e quest'ultimo può aver negato il proprio consenso; nella seconda, invece, l'accordo stipulato tra imputato e pubblica accusa su una determinata quantità di pena può essere stato rigettato dal Giudice per una serie di motivi. In tali situazioni, il dissenso manifestato dal Pubblico Ministero o il rigetto del Giudice dell'udienza preliminare comportano l'obbligatorio proseguimento del rito tramite le forme ordinarie. Tuttavia l'imputato, in situazioni del genere, ha la facoltà di riproporre la richiesta prima dell'apertura del dibattimento di primo grado, ovvero può presentare richiesta identica o differente rispetto a quello procedente2.

Abbiamo quindi visto che ove il Pubblico Ministero abbia manifestato il

1 G. Brizi, Il patteggiamento, Giappichelli, Torino, 2008, p. 183.

2 P. Tonini, Manuale di procedura penale, Giuffrè, Milano 2015, sedicesima edizione, p. 804.

dissenso alla proposta dell'imputato, ovvero il Giudice per le indagini preliminari, o il Giudice per l'udienza preliminare, abbia rigettato la richiesta di accordo tra pubblica accusa e imputato, quest'ultimo avrà la facoltà, a norma dell'art. 448 c.p.p.3, di rinnovare la richiesta davanti al Giudice del dibattimento di primo grado e prima che questo dichiari l'apertura del dibattimento stesso; in questo caso laddove il Giudice ritenga fondata la richiesta di rinnovazione del patteggiamento, pronuncerà immediatamente sentenza di applicazione della pena.

L'ultima parte del 1° comma dell'art. 448 c.p.p4. statuisce inoltre che la richiesta non sia ulteriormente rinnovabile dinnanzi a un altro Giudice, con ciò implicando la chiusura definitiva del procedimento, atteso che la disposizione è volta a evitare la reiterazione della richiesta da parte dell'imputato che determinerebbe l'incompatibilità del Giudice che rigetti la richiesta.

Inoltre bisogna, infine, aggiungere che nel caso di rinnovazione della medesima richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, perché possa essere emessa la sentenza di patteggiamento, è sempre necessario che il Pubblico Ministero presti il consenso in precedenza negato, altrimenti l'accoglimento della richiesta, anche in assenza di tale consenso, si porrebbe in contrasto con la stessa struttura negoziale che caratterizza

3 “Nell'udienza prevista dall'art. 447, nell'udienza preliminare, nel giudizio

direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice, se ricorrono le condizioni per accogliere la richiesta prevista dall'art. 444, comma 1, pronuncia immediatamente sentenza. Nel caso di dissenso da parte del pubblico ministero o di rigetto della richiesta da parte del giudice per le indagini preliminari, l'imputato, prima della dichiarazione dell'apertura del dibattimento di primo grado, può rinnovare la richiesta e il giudice, se la ritiene fondata, pronuncia immediatamente sentenza.”

l'istituto di applicazione della pena, in quanto verrebbe ad espropriare il Pubblico Ministero del suo potere di concorrere, in condizione di parità con l'imputato, alla scelta del rito. Alla rinnovata richiesta dell'imputato deve, quindi, seguire una nuova rinegoziazione con il Pubblico Ministero, atteso che il precedente accordo va considerato ormai privo di efficacia se vi è stato un provvedimento di rigetto del Giudice dell'udienza preliminare5.

1.1. Il ruolo del Giudice e del Pubblico Ministero in dibattimento

Come visto anche nel paragrafo precedente, una volta che l'imputato abbia ripresentato la propria richiesta prima dell'apertura del dibattimento, se il Pubblico Ministero presente in udienza consente, il Giudice del dibattimento pronuncia immediatamente sentenza, come si evince anche nel 1° comma dell'art. 448 c.p.p. Tale disciplina da un lato consente il controllo sul precedente diniego o rigetto, dall'altra è ispirata a un'istanza di semplificazione poiché non impone di celebrare comunque il dibattimento al fine di valutare se la nuova richiesta sia fondata o meno. Occorre inoltre sottolineare come la previsione che il Giudice del dibattimento possa sindacare il rigetto del precedente Giudice, sembri trasformare il controllo in una nuova delibazione della richiesta effettuata, ancora una volta, allo stato degli atti, senza, quindi, il supporto delle istanze dibattimentali; in tal modo la rinnovazione della richiesta diviene una sorta di gravame sull'operato del Giudice dell'udienza preliminare.

Dobbiamo esaminare anche il caso in cui il magistrato del Pubblico Ministero, di fronte alla rinnovata richiesta da parte dell'imputato prima dell'apertura del dibattimento, neghi il proprio consenso; in tal caso il Giudice del dibattimento non può accogliere immediatamente la richiesta formulata dall'imputato poiché in tal modo sacrificherebbe il diritto alla prova spettante alla pubblica accusa6.

Il potere del Giudice di pronunciare sentenza di patteggiamento, malgrado il diniego del Pubblico Ministero, può essere esercitato solo dopo la chiusura del dibattimento, ovvero quando il Giudice stesso sarà in grado di valutare, alla luce delle prove raccolte nella sede ad esse deputata, se le ragioni del dissenso della pubblica accusa fossero giustificate7.

Nel documento Il ruolo delle parti nel patteggiamento (pagine 170-175)

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