• Non ci sono risultati.

All‟interno di questo capitolo intendo concentrarmi prettamente sul saggio indirizzato all‟analisi beauvariana della condizione della donna e sulle posizioni che la scrittrice ha sviluppato durante la creazione dell‟opera. Sarà inoltre mio interesse porre l‟accento sulle critiche, positive e negative, che sono state rivolte alla scrittrice al momento della pubblicazione. Infine intendo analizzare quanto e come il presente saggio abbia contato per la sua stessa scrittrice nel suo successivo impegno concreto in favore delle donne.

II. 1 Pensiero

Nel 1949 Simone de Beauvoir pubblicò l‟imponente saggio Il Secondo sesso. Si trattava di un testo che suscitò grande scalpore all‟epoca, destinato a diventare una guida per il nuovo movimento femminista che si stava sviluppando. L‟opera, che nella più recente edizione italiana raggiunge le 700 pagine, può essere definita tranquillamente come una enciclopedia della vita femminile. Numerose furono le critiche rivolte all‟autrice e alle sue parole, ma tante furono anche le approvazioni, dato che il testo vedeva la luce a seguito della conclusione della Seconda guerra mondiale, periodo estremamente critico in Francia. In questo paese, infatti, le donne avevano ottenuto il diritto di voto da poco tempo, ma si trattava di una concessione effettuata solo dal punto di vista simbolico, poiché nella realtà quotidiana le donne rimanevano ancora sotto la tutela e il controllo dell‟uomo. La donna sposata, per esempio, era paragonabile ad una minorenne che sottostava all‟autorità del marito, il quale aveva ogni potere decisionale sulla cura dei figli, sulla scelta del domicilio, sul controllo del patrimonio della moglie nonché su ogni aspetto della vita privata, pubblica e sociale della sua consorte. Nonostante la scrittrice si fosse impegnata nell‟anticipare il tema del suo saggio pubblicandone degli estratti sulla rivista «Temps Modernes» di Gallimard, la stragrande maggioranza del popolo maschile rimase sconvolta. Una domanda però sorge spontanea: perché Simone de Beauvoir scrisse questo testo?

La risposta ce la offre la scrittrice stessa nella sua autobiografia. Già da tempo Beauvoir aveva avvertito la sua condizione come privilegiata rispetto alle sue colleghe e amiche. Fin dall‟infanzia aveva avvertito gli obblighi a cui era sottoposta la sua amica Zazà come un impedimento, come una imposizione da parte dei genitori che impedivano all‟amica di dedicarsi allo studio come avrebbe invece voluto. D‟altra parte, molte delle sue colleghe e compagne di studi si esaltavano all‟idea di un matrimonio imminente, gioiose e soddisfatte

93

all‟idea di abbandonare i libri per dedicarsi alla vita domestica. Lei invece, che fin da giovane era stata indirizzata alla cultura, aveva sempre saputo che non era destinata al matrimonio, perché, come il padre aveva avuto modo di ricordarle spesso, era priva di dote. Questa situazione però non le aveva mai pesato, conscia del fatto che mai avrebbe potuto sposare qualcuno che non le fosse stato perfettamente affine e, considerando la ricerca molto difficile, non vi aveva dedicato molto tempo. Il suo primo obbiettivo era quello di realizzarsi personalmente, far fruttare i suoi anni di studi e insegnare. Ovviamente la situazione mutò notevolmente quando conobbe Sartre e si innamorarono ma, come già sottolineato, la relazione che egli proponeva non era del tutto comune. Solo una volta il pensiero del matrimonio era scaturito fra i due: quando la scrittrice dovette trasferirsi a Marsiglia per insegnare, e la lontananza della coppia sembrava essere una minaccia all‟equilibrio di Beauvoir. A prescindere da tutto, la condizione di indipendenza che l‟intellettuale era riuscita a ritagliarsi le aveva dato sicuramente un grande privilegio, di cui però si rese conto solo successivamente. Nonostante il forte desiderio di parlare di sé, la scrittrice si accorse che prima di affrontare l‟enorme bagaglio di ricordi della sua vita passata, c‟era una domanda a cui dare una risposta:«che significato aveva avuto per me essere una donna?178», si chiese Beauvoir. Il semplice fatto di porsi questa domanda la mise in difficoltà, perché inizialmente pensò di poter rispondere in breve tempo e con poche parole. Ma la questione non era facile da liquidare. Di fronte a questo interrogativo fu lo stesso Sartre a sottolineare come, per quanto lei fosse stata avvantaggiata, le loro educazioni erano state diverse. Si trattò di una illuminazione per Beauvoir: improvvisamente si rese conto che il mondo, così come lo aveva sempre conosciuto, era maschile e che ogni singola affermazione riguardo la donna altro non era che un mito, un‟invenzione operata dal maschio. Il mondo era pieno di significati e sensi maschili e le donne sembravano essere state escluse da tutto. Come comprendere al meglio la situazione? Come ogni volta, di fronte a dubbi di questo genere, Beauvoir si recò in biblioteca alla ricerca di libri che avessero trattato «i miti della femminilità179».

Mentre lo studio del caso occupava le sue giornate e la filosofa si impegnava nel raccogliere il maggior numero di informazioni possibili, la situazione reale della condizione femminile diventava sempre più chiara. Spesso, quando il lettore scopre che Beauvoir ebbe questa illuminazione a quarant‟anni, la reazione comune è di sorpresa. Lei stessa si ritrovò più volte impegnata a spiegare questa rivelazione. Come affermò durante un‟intervista del 1975, il suo ritardo nel rendersi conto di una condizione nota, dipese anche dal fatto che la posizione che occupava all‟epoca come intellettuale era privilegiata. L‟insegnamento era già aperto ad

178 Cfr. S. DE BEAUVOIR, La forza delle cose, op. cit., p. 96. 179

94

entrambi i sessi, e sia durante gli anni di studio e successivamente nei primi anni di lavoro, non era presente fra maschi e femmine di quell‟ambito lavorativo una vera competitività. Inoltre, il fatto che abbia sempre rifiutato l‟idea del matrimonio e dei figli, le permise di non conoscere la vita umiliante e opprimente delle casalinghe. In questo modo la scoperta di questo vassallaggio femminile fu effettivamente tardo180.

Simone de Beauvoir si impegnò per ben due anni nello studio di questi argomenti. Iniziato il lavoro nell‟ottobre del 1946, frammezzato dal suo viaggio in America, la stesura del saggio si concluse nel giugno del 1949 con la pubblicazione del primo volume. Perché l‟opera, così imponente, è infatti divisa in più parti che hanno come scopo quello di analizzare la donna nella sua interezza. La prima parte si occupa di analizzare il ruolo della donna in generale, in riferimento alla realtà e alla storia così come è stata costruita dal pensiero prettamente maschile, ossia l‟insieme di miti, credenze e impressioni che gli uomini hanno inventato sulle donne senza concedere loro possibilità di replica. La seconda parte analizza invece la vita di ogni singola donna, a partire dalla sua infanzia fino alla maturità assoluta, dimostrando come ciascuna donna sia stata indotta a pensarsi come un essere fallace, mancante, un maschio non completo. Il saggio, nato inizialmente come un lavoro teorico e speculativo per mettere in luce l‟oppressione femminile, venne concluso con una nota positiva: la ricerca di una soluzione a questa schiavitù possibile solo con la comprensione e la cooperazione di tutti gli esseri umani, senza più distinzione di sesso.

Come già accennato precedentemente la ricezione del saggio, per quanto fosse stata già preannunciata dalla pubblicazione di estratti del testo, fu molto turbolenta. Per la prima volta una donna intellettuale aveva scritto nero su bianco che le donne erano vittime di un sistema maschilista e opprimente, la cui via di uscita era complicata, se non impossibile. Il testo ricevette numerose critiche ovviamente dai maschi, che allora come oggi, rappresentavano la maggior parte delle personalità di spicco i cui pareri potevano avere una certo eco. Ma anche le donne rimasero indispettite. Simone de Beauvoir, con il tempo, si ritrovò ad affermare che questo suo saggio sarebbe stato molto utile per ogni donna perché, anche se non avesse avuto un effetto concreto sulla vita femminile, in ogni modo era stato in grado di far sentire le donne accomunate da uno stesso destino di solitudine181.

Allo stesso modo sono proprio le donne a ricevere maggiore attenzione in questo senso: vittime di un sistema che le soffoca, che impedisce loro di servirsi dei mezzi necessari

180 Cfr. Intervista rilasciata da Simone de Beauvoir nel 1975 a Jean Louis Servan Schreiber per il programma televisivo “Questionnaire”. https://www.youtube.com/watch?v=VmEAB3ekkvU

181 Cfr. Intervista rilasciata da Simone de Beauvoir nel 1960 a Madeleine Chapsal in S. DE BEAUVOIR,

95

per pensare con la loro testa, sono vittime della malafede di matrice esistenzialista182. Questa malafede si manifesta con quei tipici atteggiamenti delle donne che mostrano la propria incapacità (perché private degli strumenti mentali adatti, ossia la capacità di considerazione di sé come un soggetto attivo e autentico) di cogliere la realtà della loro condizione: finché non ne prendono coscienza non fanno altro che perpetuare questo sistema di soggezione e schiavitù. Molte di loro, spesso, approfittano della situazione per rimanere nell‟inazione, consapevoli che il grande sforzo e sacrificio che viene chiesto loro, quello della maternità e della cura in generale, verrà ripagato con una sorta di riposo successivo. Beauvoir affermò quindi che, in questo caso, il peggior difetto di molte donne è che, paradossalmente, pensano troppo a loro stesse e non si dedicano ad altri progetti con la scusa che la famiglia e la casa richiede già troppe energie183.

L‟ostacolo maggiore per una emancipazione femminile viene però dall‟uomo. Da sempre è stata l‟azione maschile ad impedire alla donna di partecipare alla vita comune relegandola a quelle che altro non sono funzioni naturali. Essendo Simone de Beauvoir una grande esponente dell‟esistenzialismo, immediatamente riconobbe il problema per quel che era: l‟essere umano da sempre si vuole libero e indipendente ma alle origini, quando era la forza fisica a farla da padrone, gli uomini riuscivano a prevalere l‟uno sull‟altro sulla base di semplici dimostrazioni di forza. La donna, che naturalmente possedeva una resistenza meno potente dell‟uomo, venne immediatamente sottomessa. In questo modo se gli uomini hanno dovuto, per il bene comune e per la società, instaurare fra di loro un rapporto di uguaglianza e di riconoscimento, hanno escluso la donna, la quale non è mai stata considerata facente parte di questa relazione. La donna, in termini esistenzialisti, è sempre stata da allora l‟Altra per eccellenza. Ed ecco l‟importanza di questo saggio. Non solo rivela l‟oppressione che ogni giorno è resa nota ma anche velata dall‟abitudine, ma coglie anche la causa primordiale: un errato atteggiamento nella relazione del riconoscimento. Quindi Il Secondo sesso non deve essere inteso come libro per donne, ma come libro che, nella sua particolarità, si rivolge a tutti gli individui, invitandoli a superare un misconoscimento ormai per troppo tempo perpetrato.

E d‟altronde, che il saggio sia impregnato di filosofia non deve sorprendere. Già il titolo indica questo legame con la filosofia esistenzialista. Da tempo Beauvoir, in compagnia di Sartre e di altri colleghi e amici, rimase impegnata per molte settimane per effettuare la scelta del titolo più adatta. Le proposte furono varie e ovviamente la più quotata sarebbe stata

182

Nella filosofia esistenzialista di Simone de Beauvoir la malafede è il tipico atteggiamento dell‟individuo che, mentendo a se stesso, non riconosce l‟importanza del suo impegno come essere umano e rifiuta le sue responsabilità dell‟azione.

183 Cfr. Intervista rilasciata da Simone de Beauvoir nel 1960 a Maria Craipeau in S. DE BEAUVOIR, Quando

96

L’Autre, ma anche La Seconde. Si trattava però di scelte forse scontate, anche già utilizzate,

finché Bost, ex allievo di Sartre, collega per la rivista di entrambi gli intellettuali, amico e compagno di Olga, propose Le Deuxième sexe. L‟intestazione del saggio era così perfettamente esplicativa del contenuto che raccoglieva al suo interno: la donna, costantemente seconda, esclusa da ogni possibilità di replica, trova in questo libro la sua voce di protesta184.

Per comprendere la portata della novità introdotta dal saggio è però necessario immergersi al suo interno. Fin dall‟introduzione Simone de Beauvoir afferma che il soggetto di questa sua analisi è la donna, un soggetto «irritante185» tutto sommato, perché di femminismo si era già parlato abbastanza, anche se ovviamente non in questi termini. Nonostante l‟umanità sia composta da due varianti di sesso, maschi e femmine, le donne sembrano però nella vita quotidiana escluse da questa categorizzazione, il che rende l‟argomento ancora più interessante. Se le donne fanno parte, almeno in teoria, della popolazione umana, perché invece nella realtà sono escluse? Per rispondere a questa domanda bisogna quindi prima porsi un altro quesito: «che cos‟è una donna?186

» In questo saggio Beauvoir non intende dare adito a speculazioni relative all‟eterno femminino, quindi sarà importante trovare nuove vie per risolvere il dilemma. Emerge da sé che, mentre la domanda su cos‟è la donna possa apparire legittima, a nessun uomo verrebbe mai in mente di chiedersi cos‟è un uomo. Questo perché, da sempre, gli uomini sono stati abituati a pensarsi come il tutto: nei rapporti uomo e donna, infatti, l‟uomo è contemporaneamente positivo e negativo, mentre la donna sembra esclusa da questa reciprocità dei poli opposti. Lo dimostra anche il fatto che si utilizza da sempre, nel linguaggio comune, la definizione “gli uomini” per indicare l‟intera umanità. La donna, intesa dai maschi come l‟insieme di tutte le contraddizioni e gli aspetti negativi dell‟essere umano, è ridotta alla sua pura fisicità, pensata solo come un utero, un sistema di produzione di nuove vite, dimenticando che anch‟essi hanno ghiandole e organi riproduttivi. Trattandosi di una situazione diffusa da tempo immemore, la donna ha quindi un grosso problema esistenziale, poiché non riesce a concepirsi e a pensarsi, giacché tutto nel mondo è stato creato con schemi maschili. La donna, in termini esistenzialisti, è l‟altro per eccellenza, mentre l‟uomo incarna il soggetto, l‟assoluto. Ciò significa, e Simone de Beauvoir lo spiegherà successivamente in maniera più articolata, che nella relazione uomo-donna, quest‟ultima rappresenta quell‟elemento utile all‟uomo per la sua

184 Cfr. S. DE BEAUVOIR, La forza delle cose, op. cit., pp. 166 – 167.

185 Cfr. S. DE BEAUVOIR, Il Secondo sesso, Il Saggiatore, Milano, 2017, p. 19. 186

97

stessa conoscenza. La donna, invece, ridotta a semplice alterità, non pone mai l‟uomo come altro, poiché egli si è imposto come soggetto assoluto, come l‟unico pensabile e conoscibile. Se questa consapevolezza (anche abbastanza fastidiosa) è però presente nelle donne da tanto tempo, perché non si sono ribellate? Beauvoir paragona la condizione delle donne a diverse altre circostanze: nella storia è accaduto che gruppi più numerosi e forti abbiano preso il sopravvento su altri più piccoli, ma le donne non costituiscono una minoranza, anzi. Il punto è che le donne non sono riuscite a ribellarsi a questo sistema di oppressione perché non in grado di cogliersi come soggetti, come partecipi di una relazione, poiché non abituate a pensarsi come soggetti attivi. Tutto questo perché sono state escluse dal processo di formazione dei significati del mondo: sono prive di storia, di passato, di una religione. Simone de Beauvoir rifiuta anche il paragone della condizione di sottomissione delle donne a quella dei proletari: questi ultimi, infatti, hanno un passato comune e un sistema di valori condivisi con la borghesia, gruppo dominante che li sfrutta. Ma il punto principale è che i proletari, a differenza delle donne, si sentono parte di un gruppo. Le donne vivono la loro specificità biologica che le rende femmine invece che maschi, quasi come un mistero, come un segreto da nascondere, senza confidarsi con le altre, e soprattutto senza formare un fronte comune di sole donne. La donna è sempre stata ridotta a schiava dell‟uomo ma, lungi da esserci un riconoscimento come nella dialettica hegeliana della figura servo-padrone187, la donna è stata utilizzata come lo strumento di riconoscimento solo per l‟uomo. Non c‟è, in altre parole, reciprocità. Ecco perché, per rispondere ai quesiti sulla condizione ontologica della donna, è necessario capire come tutto questo processo di oppressione abbia avuto inizio, soprattutto visto che il problema ha ripreso vigore a seguito della rivoluzione industriale, quando anche le donne hanno voluto partecipare al sistema produttivo. Il che è contraddittorio: rinchiusa nella sua vita domestica, improvvisamente la donna, come i bambini, è divenuta importante forza lavoro da sfruttare. Questa improvvisa uguaglianza non ha però ricevuto conferme nella realtà: le donne ricevono tutt‟ora un salario inferiore e meno diritti dei loro colleghi maschi. Di certo hanno avuto il diritto di lavorare, cosa che sicuramente le nostre ave nel medioevo non potevano fare, ma la situazione è sempre complicata e soffocante. Per quanto siano stati

187 Nella Fenomenologia dello spirito, opera fondamentale del filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel, viene introdotta una nuova interpretazione dell‟autocoscienza, intesa come una coscienza consapevole e cosciente di sé, ma in rapporto ad altre autocoscienze tramite un confronto che assume un valore sociale e anche politico. La figura servo-padrone si realizza nel momento in cui questa relazione, invece che realizzarsi con sentimenti positivi e pacifici, si attua nel conflitto. Una delle due autocoscienze, utilizzando la forza, minaccia la vita dell‟altra autocoscienza che, pur di salvarsi, accetta la supremazia della prima. Si viene così ad instaurare una relazione di dipendenza che però ben presto si rovescia: il servo, infatti, ponendosi al servizio del padrone, diventa ben presto consapevole della sua importanza e della necessità che il padrone ha di lui. In altre parole, per quanto i ruoli rimangano gli stessi, si assiste ad un capovolgimento della relazione dove il padrone, dipendente dal servo, perde la sua potenza e preminenza, mentre il servo si emancipa tramite il suo lavoro che lo rende, appunto, indipendente.

98

fatti passi avanti, le donne vengono impegnate nel bene pubblico, modificando però questo stesso sistema: le donne vengono, in realtà, sfruttate per il bene di altri, ossia gli uomini. Per cercare di far luce quindi su questa situazione, Beauvoir sottolinea che non intende analizzare il problema della condizione femminile nei termini già trattati dai suoi predecessori, ma preferisce utilizzare il metodo filosofico dell‟esistenzialismo: se ogni soggetto è una trascendenza che cerca di realizzare progetti, ha necessità di una libertà tale per cui potrà prendersi la responsabilità delle sue azioni. Ecco quindi che uomini e donne sono esseri umani, entrambi responsabili di questa situazione: anche le donne, per quanto vittime del sistema, spesso non si ribellano, ma questo perché non abituate a cogliersi come soggetti attivi, pensanti, altrettanto liberi. In questo senso, il fine ultimo del saggio, sarà quello di analizzare la questione in termini di libertà188 e non di felicità, soddisfazione e bene comune. Resta il fatto che, prima di introdurre queste tesi, sarà bene dimostrare perché le vecchie spiegazioni biologiche, psicologiche e economiche, siano fallaci. Solo allora si potrà descrivere la realtà femminile come è stata costruita dagli uomini, con miti e leggende e come questa pseudo realtà sia stata assorbita e interiorizzata dalle donne in ogni singola azione, costringendole a portare avanti questo sistema oppressivo. Compreso ciò si potrà procedere verso la liberazione189.

Secondo molte correnti di pensiero la donna sarebbe vittima di un destino tracciato da alcuni aspetti della vita umana. Il primo compito della scrittrice è quindi quello di dimostrare che non esiste una realtà già scritta e che quindi l‟idea di un destino prestabilito è errata. Facendo ciò, arriva ad affermare, con l‟iconica frase, che «donna non si nasce, lo si

Documenti correlati