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Con il presente capitolo intendo analizzare il contesto storico in cui si colloca Il

Secondo sesso, per comprendere le motivazioni che spinsero Simone de Beauvoir a trattare il

soggetto femminile e valutare come si inserisce la sua opera all‟interno della storia del femminismo. Inoltre mi dedicherò a riscontrare come l‟opera beauvariana abbia ispirato altre filosofe e pensatrici femministe, per dimostrare l‟importanza del saggio all‟interno di questa corrente di pensiero. Infine sarà mia premura mostrare come l‟esistenzialismo di Simone de Beauvoir si discosta da quello di Jean-Paul Sartre, per evidenziare lo sviluppo nella pensatrice di quella che, personalmente, ritengo essere una sorta di morale femminista, già visibile all‟interno de Il Secondo sesso tramite il confronto con quella maschilista.

III. 1 Storia delle donne

Da sempre l‟umanità risulta composta da più varianti sessuali, ma nella storia solo gli uomini sono stati ricordati per il loro apporto alla realizzazione del mondo. Definire un momento iniziale per la nascita delle prime rivendicazioni delle donne è abbastanza complicato, ma sicuramente l‟Illuminismo diede i primi impulsi concreti perché uomini e donne iniziassero a concepire l‟uguaglianza fra i due sessi. Il discorso illuminato riguardava l‟uomo come genere umano, senza distinzioni di razza o sesso, ma all‟epoca in cui i rappresentanti di questa corrente di pensiero agivano sul mondo, si mantenevano inalterati molti pregiudizi sulle donne. Dal momento che l‟Illuminismo si fondava sul principio di uguaglianza come un valore politico naturale, non era però necessario che si traducesse obbligatoriamente ad un‟uguaglianza sociale e politica per tutti gli individui. Si trattava di qualcosa di paradossale dal momento che l‟Illuminismo combatteva contro qualsiasi opinione non fondata sulla ragione: se nella teoria la donna rappresentava un uguale all‟uomo, allo stesso modo non possedeva la stessa levatura morale del maschio per ottenere l‟uguaglianza. Innanzitutto i pensatori uomini dell‟Illuminismo nelle loro trattazioni, opponevano costantemente il “noi” dei maschi alla “loro” comunità di donne: parlando in prima persona dell‟umanità in generale, essi attuavano delle distinzioni specifiche fra i due sessi, anche se in certe circostanze non esitavano a concedere la parola a personaggi femminili, seppur sempre

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in un‟ottica prettamente maschile (ne sono esempi Montesquieu316

che, nelle Lettere Persiane, concede la parola a Roxane nel serraglio; oppure Rousseau317 che crea il personaggio di Julie ne La Nuova Eloisa). In questo periodo la corrente di pensiero dell‟Illuminismo prestava molta attenzione alla natura che, oggetto delle varie indagini, veniva considerata anche come un principio normativo; in questo senso si poneva agli illuministi la questione sulla natura femminile, per cercare di determinare l‟inferiorità femminile come un fatto naturale o come un fatto sociale. Ovviamente la sessualità femminile assicurava una serie di elementi che comportavano una debolezza a causa dei periodici impedimenti mensili, le gravidanze, l‟allattamento e la menopausa. Ciò comportava però anche un‟estensione di questa debolezza anche a livello razionale: dal momento che una prerogativa femminile era quella della bellezza e l‟intelletto doveva essere coltivato, la donna non aveva sufficiente tempo per dedicarsi ad entrambi. Era però necessario avere dei fatti che confermassero tali affermazioni. Dal momento che alle donne era concesso accedere alla letteratura e anche ad alcune scienze, il fatto che non erano mai state presenti delle donne di genio, relegava per alcuni pensatori la donna ad una inferiorità intellettuale che la rinchiudeva nell‟ambito della passione e dell‟immaginazione. Da tutto ciò deriva naturalmente l‟inferiorità femminile tramite la definizione della donna per il suo ruolo nella società. La donna doveva essere necessariamente sposa e madre e nella relazione matrimoniale doveva conservare uno stato di inferiorità perché, per rendere duratura questa unione, era necessario che una delle due parti rimanesse sottomessa. In un certo senso quindi la donna appariva costantemente schiava della sua natura e dei suoi obblighi femminili che la costringevano a dedicarsi alla cura dei figli e quindi anche alla loro educazione. Fra questi pensatori illuministi erano però presenti delle eccezioni. Per esempio Helvétius318 espresse la sua innovativa concezione dell‟uguaglianza degli individui sulla base di semplici affermazioni: in natura tutti gli individui possedevano le stesse capacità, ma a rendere differenti gli individui era la società che non concedeva alle donne le medesime possibilità maschili. Egli infatti ipotizzava l‟esistenza di un‟educazione pubblica che si rivolgesse ad entrambi i sessi. Di conseguenza se le affermazioni di Helvétius erano fondate su dei fatti così concreti, ciò significava che la donna, assumendo la sua uguaglianza all‟uomo, avrebbe dovuto ottenere anche diritti e doveri. Il primo diritto era quello della cittadinanza. Il primo filosofo che prese seriamente questa affermazione fu

316 Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu, fu filosofo, giurista, storico e intellettuale politico francese, che visse fra il 1689 e il 1755.

317 Jean-Jacques Rousseau fu filosofo, scrittore e musicista svizzero vissuto fra il 1712 e il 1778. 318

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Condorcet319 poiché si rese conto che se un solo individuo veniva privato dei suoi diritti il principio universale dell‟uguaglianza sarebbe crollato. Le motivazioni che spinsero Condorcet ad esporsi in questo senso, derivavano dal fatto che i filosofi, legislatori e pensatori che, in generale, avevano escluso la donna dal suo diritto come cittadina, avevano considerato la sua debolezza fisica come un dato rilevante; allo stesso tempo costoro ignoravano però la debolezza che, qualsiasi uomo, provava quando si ammalava. La donna, infatti, al pari degli schiavi di colore, era il frutto della tirannia irrazionale che non concedeva educazione a questi individui e fondava proprio su questa sua mancanza lo stato d‟inferiorità che imputava loro. In sostanza, per le donne, egli richiedeva un‟educazione al pari di quella maschile, dal momento che le donne avevano come compito essenziale l‟educazione dei bambini e, per garantire una società illuminata priva di opinioni errate e pregiudizi, era necessario che i nuovi nati crescessero con esempi di uguaglianza320.

Nel XVIII secolo il mondo fu sconvolto da una serie di rivoluzioni che crearono fratture sociali, politiche e ideologiche. In Francia la rivoluzione raggiunse livelli elevati permettendo di ricreare un nuovo spazio politico in cui il popolo poteva essere coinvolto. Le donne misero in discussione l‟universalismo maschile. Il 5 ottobre del 1789 le donne furono le prime a riunirsi per incitare la folla affinché marciasse su Versailles e ripeterono questo gesto in altre occasioni, fungendo molto spesso da «micce incendiarie321». D‟altronde solo pochi mesi prima era stata emanata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino322 e le donne protestavano per le strade brandendo il testo come una bandiera. Ma quando i movimenti rivoluzionari presero il sopravvento le donne vennero, ancora una volta, escluse. Non potendo prendere parte alle assemblee politiche come partecipanti al dibattito, le donne optarono per l‟occupazione delle tribune riservate al pubbliche esprimendo, di volta in volta, le proprie rimostranze. D‟altronde era l‟unico mezzo di partecipazione politica a loro concesso. Le donne appartenenti a ceti superiori, invece, potevano esprimere i loro pareri in alcuni salotti dall‟elevato livello intellettuale. Molte donne riuscirono ad esprimere il proprio parere tramite petizioni, testi e discorsi indirizzati al vasto pubblico: l‟intento era quello di ottenere la partecipazione alla vita politica, possedere i diritti civili e partecipare alla costruzione della nuova società. Per esempio nel 1792 trecento donne firmarono una petizione

319 Marie-Jean-Antoine-Nicolas de Caritat, marchese di Condorcet fu matematico, economista, filosofo e politico rivoluzionario francese, vissuto fra il 1743 e il 1794.

320 Cfr. M. CRAMPE-CASNABET, La donna nelle opera filosofiche del Settecento, in G. DUBY, M. PERROT,

Storia delle donne, dal rinascimento all’età moderna, Laterza, Roma-Bari, 1991, pp. 314 – 346.

321

Cfr. D. GODINEAU, Sulle due sponde dell’Atlantico, in G. DUBY, M. PERROT, Storia delle donne,

l’ottocento, Laterza, Roma-Bari, p. 16.

322 La «Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen» venne elaborata durante la Rivoluzione Francese tramite l‟influenza della Rivoluzione Americana ed emanata nel 1789. All‟interno del testo giuridico si ritrovano elencati i diritti fondamentali degli esseri umani in quanto cittadini di una nazione.

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per poter essere incluse nella guardia nazionale ma, il presidente dell‟Assemblea legislativa rifiutò tale richiesta per non sconvolgere l‟ordine naturale che portava le donne a svolgere altre mansioni. Il loro interesse era prevalentemente possedere i medesimi diritti degli uomini tanto che nel 1793, quando venne approvata la Costituzione posta poi a suffragio maschile, le donne, che erano ovviamente state escluse da ciò, si riunirono per mostrare comunque la propria adesione all‟atto costituzionale e per mostrare come la loro rivendicazione per l‟ottenimento di pari diritti non si fosse allentata. In sostanza, anche se la Rivoluzione Francese non concesse alla donna delle risposte alle sue rivendicazioni, permise una modifica all‟interno dei rapporti fra i sessi, mostrando come le donne avessero raggiunto il limite di sopportazione della propria schiavitù privata e politica323.

Uno dei problemi principali della Rivoluzione Francese fu che si rese conto della portata delle rivendicazioni femminili, e quindi della forza e del potere insito nelle donne, ma non riconobbe loro questo merito, escludendole probabilmente più per timore che per reali motivazioni politiche e sociali. I moti rivoluzionari permisero alle donne di percepirsi in maniera più attiva soprattutto dopo la pubblicazione della Dichiarazione che garantiva ad ogni essere umano, a prescindere dalla razza e dal sesso, pari diritti di libertà, proprietà e sicurezza. Nel 1792 però la donna ricevette nuovi riconoscimenti per il suo stato civile che, nubile o sposata, l‟avrebbero resa un soggetto capace di esprimere i suoi interessi maggiori. Tale legge, infatti, rendeva il matrimonio un contratto sociale senza un fine esterno, rompendo quindi con la tradizione religiosa che vedeva in ciò l‟unione eterna di due persone attua alla riproduzione. Il matrimonio, come contratto, divenne con questa legge uno strumento per la felicità individuale, permettendo quindi il divorzio come soluzione in caso di incompatibilità di carattere o accordo comune. La concessione di questi piccoli successi permisero alle donne di percepirsi come parte attiva dello stato. Come già affermato precedentemente però si trattava di una libertà e di diritti effimeri. Quando la Dichiarazione consentiva pari diritti a tutti gli individui numerosi uomini dell‟epoca storcevano il naso di fronte alla possibilità di estendere tali prerogative alle donne. La natura continuava a farla da padrone, apportando giustificazioni relative al giusto ruolo di una donna. Affinché si modificasse la sua situazione, alcuni intellettuali decisero di esprimere il proprio parere. Nel 1790 il già citato Condorcet espose il problema della‟esclusione della donna dalla cittadinanza come esempio di ineguaglianza latente in tutta Francia. In sostanza egli cercò di trovare una soluzione allo statuto giuridico delle donne poiché o nessun individuo godeva di veri diritti, oppure tutti avevano la stessa importanza e lo stesso rispetto da parte dello stato. Egli, tutto sommato,

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mostrò comunque comprensione: dal momento che in tutto il mondo esisteva una profonda diseguaglianza fra uomini e donne, era normale che i pensatori del tempo non si fossero ancora abituati a tale idea. Il punto è che lo stesso Condorcet mostrava un paradosso di fondo: utilizzando la scusa della donna egli sembrava più interessato al riconoscimento dei diritti per tutti gli uomini, relegando le prerogative femminili ad un livello teorico ma non pratico. Però almeno si pose il problema delle donne.

Durante la Rivoluzione francese si venne a creare un profondo ordinamento simbolico che assunse connotati differenti e particolari sulla base dell‟interpretazione dei soggetti interessati. Innanzitutto, ciò che si può osservare, è che nonostante il tentativo da parte delle donne di assumere su di sé diritti fino a quel momento concessi solo agli uomini, era però presente in molte di loro il desiderio di assumere la propria differenza e portarla avanti con orgoglio: per la prima volta iniziarono a percepirsi come soggetti non omologabili agli uomini ma particolari e differenti, pur reclamando per loro stesse l‟assunzione del diritto di cittadinanza. Non a caso, infatti, le donne che reclamavano l‟uguaglianza rispetto agli uomini, lottarono anche per l‟abolizione della schiavitù, basata anch‟essa su un pregiudizio dell‟ordine biologico. Malgrado ciò, spesso l‟impegno femminile concreto per l‟acquisizione del diritto della cittadinanza si mostrava tramite azioni volte a dimostrare la piena responsabilità e il possesso di certe virtù adatte all‟esercitazione di tali diritti desiderati324

.

Per esempio Olympe de Gouges325 che nel 1791, facendo eco alla Dichiarazione appena pubblicata, scrisse la Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne. In questo testo la pensatrice si impegnò nel riconoscere il ruolo politico della donna dando poca importanza all‟organizzazione sistematica di tale diritto, ma cercando di convincere tutte le donne a partecipare ad un fronte unico contro l‟uomo, colpevole di aver perpetrato le ingiustizie anche durante la Rivoluzione. Per lei, infatti, la tirannia esercitata dagli uomini sarebbe stata il fulcro di ogni diseguaglianza sociale nel mondo e la Rivoluzione stessa, invece che scardinare questi pregiudizi e dispotismi maschili, li avrebbe solo confermati concedendo il potere a tutti gli uomini maschi. Olympe de Gouges, infatti, invitò le donne a risvegliarsi e mobilitarsi per eliminare il dispotismo perché, esattamente come la donna poteva essere condannata a morte salendo sul patibolo, allo stesso modo doveva possedere il diritto di salire sulle tribune ed esprimere il suo parere. Nel 1792 intervenne invece Mary Wollstonecraft 326 pubblicando la Vindication of the Rights of Woman testo in cui espresse

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Cfr. V. FIORINO, Essere cittadine francesi: una riflessione sui principi dell’89, in G. BONACCHI, A. GROPPI ( a cura di), Il dilemma della cittadinanza, Laterza, Bari, 1993, pp. 59 – 68.

325 Olympe de Gouges, pseudonimo di Marie Gouze, fu una drammaturga e attivista francese che visse fra il 1748 e il 1793.

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l‟importanza sociale della donna. Secondo la pensatrice la donna sarebbe stata esclusa fin dal principio poiché l‟unico rappresentante del genere umano sarebbe l‟uomo, mentre le donne verrebbero ridotte alla loro femminilità, come se non fossero dotate di ragione. Le istituzioni che gli uomini crearono dal passato fino al suo presente rappresentavano quindi il tentativo di esclusione e disumanizzazione della donna. La Wollstonecraft quindi scrisse questa rivendicazione con l‟intento di descrivere una società, senza però pensare al risvolto militante di questa presa di coscienza femminile. Infatti la pensatrice espresse la sua opinione riguardo l‟indipendenza della donna, in grado di scegliere il suo ruolo politico e sociale, rispettando la natura della sua femminilità e mostrando ampio interesse per il rispetto della sua maternità. Nonostante il testo della Wollstonecraft apparve come arretrato rispetto alle posizioni di Olympe de Gouges, rimaneva il fatto che la pensatrice inglese poteva essere considerata come rivoluzionaria, grazie al suo ruolo imprescindibile nell‟aver reso possibile alla donna la comprensione del suo proprio essere come fondante un nuovo modo di relazionarsi al mondo. In altre parole, nel rispetto della femminilità e delle differenze rispetto all‟uomo, la donna avrebbe dovuto sviluppare una diversa forma di razionalità per approcciarsi al mondo senza perdere differenza femminile327. Infine andrebbe ricordato l‟apporto di Pierre Guyomar328 che in una requisitoria intitolata Le partisan de l’égalité politique entre les individus ou problème

très important de l’égalité en droits et de l’inégalité en fait, espresse l‟importanza di

assegnare alla donna il ruolo di cittadina. Più che rivolto alle rivendicazioni femministe precedenti, il suo fu un tentativo in favore della democrazia: dal momento che ciascuno era necessario perché la democrazia venisse realizzata, non si potevano escludere a priori le donne, poiché donne e uomini, quantitativamente parlando, avrebbero reso possibile la realizzazione di questo progetto. Nel 1793, lo stesso anno della rivendicazione di Guyomar, venne fondato il «Club des Citoyennes Révolutionnaires» in risposta al discorso del pensatore329.

Questi esempi fin qui citati mostrano l‟assunzione della femminilità come specificità da parte delle donne, quindi come un segno capace di distinguere la virtù femminile da quella maschile e, per questo, lottare per l‟ottenimento del riconoscimento come cittadine. Ma esistevano altre scuole di pensiero. Una delle maggiori figure dell‟epoca che tradusse in fatti

327

Cfr. E. G. SLEDZIEWSKI, Rivoluzione e rapporto fra i sessi, in G. DUBY, M. PERROT, Storia delle donne,

l’ottocento, op. cit., pp. 34 – 48.

328 Pierre Marie Augustin Guyomar fu uomo politico francese vissuto fra il 1757 e il 1826. Vissuto durante la Rivoluzione Francese diede il suo apporto politico come deputato montagnardo alla Convenzione Nazionale. 329

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concreti queste tendenze, fu Théroigne de Méricourt330. Di inclinazioni diverse rispetto ad Olympe de Gouges, Méricourt volle utilizzare la forza e la virilizzazione della donna per costituire la base di giustificazione per l‟ingresso femminile all‟interno della società politica. Ella costituì un corpo armato su ispirazione delle amazzoni e invitava le sue compagne a utilizzare la forza per essere riconosciute nei loro meriti e valori. Nella Francia rivoluzionaria del tempo però non c‟era abbastanza apertura per l‟accettazione di una donna che, tramite l‟assunzione di un atteggiamento virile, distruggeva gli ideali di femminilità, soprattutto perché facendo questo sembrava mettere da parte l‟importanza fertile e riproduttiva della donna. Il suo intento era proprio questo: rendere la donna un soggetto attivo tanto quanto l‟uomo e liberarla dalla sua condizione di essere necessitante cura e protezione. Questo femminismo di Méricourt cozzava con le tendenze delle altre pensatrici del tempo perché molte donne ritenevano la maternità come un potere femminile che permetteva alla donna di mostrare l‟adempimento del proprio ruolo all‟interno della società, e quindi automaticamente segnare la sua condizione di maturità per poter accedere alla cittadinanza. Molte fra le donne del tempo puntavano proprio alla maternità come elemento su cui fondare la specificità femminile e, in certi casi, addirittura la superiorità rispetto all‟uomo. Una madre, infatti, tramite la sua capacità di prendersi cura ed educare, svolge una funzione fondamentale per lo Stato, ma mostra immediatamente la sua capacità come cittadina di sapersi prendere cura dei bisogni dello Stato. Non a caso nell‟immaginario comune una donna anziana simboleggia la saggezza, la maturità e la pacatezza. Nell‟ottica della Rivoluzione e nel nuovo inizio dello Stato, il simbolismo legato alla maternità e alla donna sembrava accogliere le richieste della maggioranza del popolo affinché si realizzasse un rinnovamento totale331.

Nella Dichiarazione dell‟89, però, non si parlava di cittadinanza in senso stretto, ma di diritti naturali: tuttavia faceva riferimento all‟appartenenza di uno Stato o Nazione, quindi sotto un certo punto di vista il discorso sulla cittadinanza generale poteva aver luogo. In sostanza, ciò che emerge, è che durante la Rivoluzione si vennero a creare due filoni di pensiero sottostanti alla Dichiarazione, come possono mostrare anche le tendenze femminili del tempo spesso contrapposte. Nonostante l‟assenza di riferimenti al genere femminile, la Dichiarazione si rivolgeva all‟uomo e affrontava tematiche quali la libertà, l‟uguaglianza e la fratellanza. Ma le relazioni umane sottostavano alla natura, quindi la famiglia e il ruolo della donna erano poste in altre termini, ossia le donne non veniva riconosciute come individui

330 Théroigne de Méricourt, pseudonimo di Anne-Joseph Terwagne, fu politica e rivoluzionaria belga con tendenze femministe che si rese nota tramite i suoi interventi negli importanti eventi della Rivoluzione Francese. Visse fra il 1762 e il 1817.

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