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Segue: L’elaborazione di nuove teorie sui rapporti tra ordinamento internazionale

9. La nascita del c.d “new world court order” e la prospettiva attuale dei rapporti tra

9.1. Segue: L’elaborazione di nuove teorie sui rapporti tra ordinamento internazionale

esecuzione interna delle sentenze dei tribunali internazionali.

Accanto alla nascita del New World Court Order, un settore maggioritario della moderna dottrina giuridica internazionalistica prefigura altresì l’instaurazione, sul versante delle relazioni internazionali, di nuovi rapporti tra ordinamento internazionale ed ordinamenti statali, miranti a consentire una più efficace attuazione delle sentenze emanate dai tribunali internazionali all’interno dei sistemi giuridici statali.

L’esecuzione, ad opera del tribunale interno dello Stato soccombente, della sentenza di condanna, dovrebbe rappresentare la strategia più semplice in grado di garantire una efficace osservanza delle sentenze emanate dai tribunali internazionali. In realtà, una simile esecuzione avviene assai raramente, soprattutto a causa delle omissioni, contenute negli accordi internazionali, in ordine ai meccanismi di implementazione degli obblighi nascenti dal diritto internazionale.

Una parte consistente della dottrina giuridica internazionalistica, in particolare statunitense, sottolineando l’importanza della interazione che dovrebbe costantemente sussistere tra tribunali internazionali e corti statali al fine di rafforzare la conformazione degli Stati al diritto internazionale, tende a descrivere la relazione intercorrente tra tribunali internazionali e corti statali muovendo da due differenti orientamenti.

Il primo è ispirato ad una visione liberal-internazionalista (c.d. «Internazionalismo Liberale»). Gli esponenti di questa corrente dottrinale teorizzano l’espansione del potere e della efficacia dei tribunali internazionali ed enfatizzano l’importanza della cooperazione internazionale mediante la creazione di strumenti formali come i trattati e le istituzioni internazionali. Essi invocano la formale incorporazione degli obblighi di diritto internazionale, come interpretati dai tribunali internazionali, senza dar peso agli impedimenti posti ad una simile incorporazione dalle previsioni costituzionali. Avendo specifico riguardo alle sentenze della Corte Internazionale di Giustizia, gli internazionalisti liberali hanno osservato che le sentenze, nonché gli ordini che prescrivono misure provvisorie, emessi da tale tribunale dovrebbero trovare diretta applicazione da parte delle corti statali. Nella prospettiva liberal-internazionalistica, le corti statali, da un lato, hanno il potere e l’obbligo di adottare le loro determinazioni in ordine agli effetti giuridici delle sentenze dei tribunali internazionali, finanche quando siano state destinatarie di precise direttive, da parte delle istituzioni politiche, di non procedere in tal senso. D’altro canto, sempre nella medesima ottica, le corti statali hanno il potere e l’obbligo, nel momento in cui adottano tali

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determinazioni, di prendere in considerazioni svariati fattori, quali le relazioni internazionali e la norma di diritto internazionale.

Il secondo approccio prende le mosse da una visione liberal-transnazionalista (c.d. «Internazionalismo Transnazionale»). Gli aderenti a questa corrente dottrinale auspicano la formazione di un sistema giuridico transnazionale che comprenda non soltanto gli Stati ma , attraverso la scissione dello Stato nei suoi elementi costitutivi essenziali, finanche gli individui, le agenzie governative, i tribunali, le istituzioni internazionali ed altri attori. Molti di loro sono fautori del dialogo che dovrebbe necessariamente instaurarsi tra due di questi cc. dd. «disaggregated actors»: le corti statali e i tribunali internazionali. Il corollario più significativo di un tale dialogo è la possibilità, per il tribunale statale, di dare esecuzione alla sentenza emanata dal tribunale internazionale, per una ragione di rispetto e deferenza verso quest’ultimo. Una versione, per così dire, più attivista ed operativa di questa dottrina, ha osservato questo dialogo dovrebbe essere strumentale ad incoraggiare e, talora, finanche, forzare lo Stato a conformarsi alla norme internazionali attraverso un processo giuridico transnazionale. Per molti esponenti della dottrina liberal-transnazionalista, il modello ideale di adattamento di un ordinamento statale al diritto internazionale è rappresentato dalla conformazione delle corti statali europee alle sentenze ed alle interpretazioni rese dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Le sentenze di tale ultimo tribunale, infatti, si configurano a guisa di interpretazioni autoritative e vincolanti del diritto dell’Unione Europea. Le decisioni rese dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea esplicano, dunque, effetti diretti nei sistemi giuridici dei Paesi dell’Unione Europea. I singoli individui sono abilitati ad invocare, dinanzi alle corti dei rispettivi Stati, il rispetto delle norme giuridiche europee e le corti, dal canto loro, devono predisporre appositi meccanismi giuridici che assicurino questo rispetto come se le norme fossero state emanate dal legislatore statale. La dottrina del c.d. «effetto diretto» postula che i Paesi che siano incorsi in violazioni degli obblighi comunitari non potranno far valer le loro azioni a livello internazionale ma dovranno proporre i propri ricorsi dinanzi alle corti nazionali, su richiesta di singoli individui, all’interno del loro ordinamento giuridico. HALFER e SLAUGHTER, due autorevoli esponenti della corrente liberal- transnazionalista, hanno argutamente osservato che proprio attraverso l’emancipazione dello Stato dalla sua presunta unitarietà, si viene a creare un rapporto immediato e diretto tra i tribunali e le varie istituzioni governative (come le corti, le agenzie amministrative o, ancora, i comitati legislativi) che conduce alla nascita di una comunità giuridica. Quest’ultima assume la configurazione di una sfera protetta dalle indebite intromissioni del mondo politico e all’interno della quale si verifica una costante interazione tra gli attori legali.

Il dialogo e la comunicazione tra tribunali internazionali e tribunali statali costituiscono, dunque, i capisaldi della filosofia liberal-transnazionalista. Sulla scorta di questi fondamentali presupposti, le corti statali sono indotte ad eseguire

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le sentenze dei tribunali internazionali essenzialmente per una ragione di rispetto e deferenza («comity»), sebbene dall’ordinamento non emerga con nitidezza un obbligo giuridicamente vincolante di procedere in tal senso. Sebbene i liberal- internazionalisti sottolineino che l’esecuzione giuridica interne delle sentenze dei tribunali internazionali debba essere indefettibilmente disposta per legge mentre ad avviso dei liberal-transnazionalisti questa dovrebbe essere devoluta alla decisione discrezionale delle corti statali, nondimeno entrambe le filosofie auspicano una intensa interazione tra tribunali internazionali e corti statali che possa inaugurare quello che è stato definito il «New World Court Order». Questo particolare contesto dovrebbe costituire l’ambiente ideale per lo sviluppo di un sistema giuridico internazionale, all’interno del quale regnino la cooperazione internazionale ed il rispetto del diritto internazionale70.

Una parte della dottrina ha inoltre affermato che, nell’applicazione del diritto internazionale nell’ambito degli ordinamenti giuridici statali, le corti statali sono mosse da una duplice finalità strategica: da un lato, esse cercano di preservare le istituzioni politiche interne dalle pressioni esterne dovute alla globalizzazione; dall’altro esse intendono affermare la loro piena autonomia e indipendenza. Le corti statali cercano di conseguire questi obiettivi instaurando un rapporto di collaborazione e cooperazione con le corti di altri sistemi giuridici e con i tribunali internazionali. L’adattamento alle decisioni internazionali avviene dunque all’interno di «fronte giuridico unito e coordinato».

Invero, un’altra parte della dottrina sostiene che uniformandosi alle decisioni dei tribunali internazionali, le corti statali non perseguono unicamente l’obiettivo di istituire un fronte giuridico coordinato. Esse seguono approcci differenti in ordine alla questione della implementazione delle decisioni internazionali, che non possono essere determinati esclusivamente da mere valutazioni strategiche. In realtà, si sostiene che la tendenza ad attribuire effetti diretti alle decisioni internazionali dipende anche dal riconoscimento della legittimazione delle autorità internazionali. Più in particolare, secondo questo filone dottrinale, le corti costituzionali fanno ricorso a tre differenti concetti, o paradigmi, di legittimazione quando affrontano la questione spinosa della applicazione delle decisioni rese da autorità internazionali nell’ambito degli ordinamenti giuridici statali: il paradigma della Sovranità Statale, il paradigma Internazionalista ed il paradigma della Cooperazione.

Quando le corti statali affrontano la questione della implementazione interna delle decisioni delle autorità internazionali facendo riferimento al c.d. «Paradigma della Sovranità Statale» («State Sovereignty Paradigm»), esse disconoscono, in modo pressochè assoluto, la legittimazione delle istituzioni internazionali. Questo

70 Per le riflessioni sulla nascita di nuovi approcci dottrinali in materia di adattamento alle sentenze dei tribunali

internazionali, inclusa la Corte Internazionale di Giustizia, ed in particolare sulla contrapposizione tra Internazionalismo Liberale ed Internazionalismo Transnazionale vedi, ivi, pp 135-141.

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approccio muove dall’assioma che la legittimazione sia indissolubilmente legata alla democrazia che a sua volta richiede, perché possa validamente essere esercitata all’interno dello Stato, la presenza del popolo. La democrazia assicura una efficace protezione della libertà individuale e dell’autodeterminazione e quest’ultima presuppone l’appartenenza ad una specifica comunità politica che normalmente si identifica nello Stato.

Le decisioni che sono assunte al di fuori di questa comunità politica non sono legittime perché, da un lato, i cittadini non hanno affatto partecipato al processo di formazione della decisione e, dall’altro, quest’ultima è stata, almeno in parte, influenzata in modo decisivo da coloro che cittadini non sono. L’autorità è dunque esercitata, almeno in parte, da attori stranieri.

Qualunque processo di formazione della decisione internazionale che non richiedesse il consenso di ogni singolo Stato sarebbe conseguentemente illegittimo. A causa di tale illegittimità, le decisioni dei tribunali e delle altre istituzioni internazionali non possono dispiegare effetti diretti nell’ambito dell’ordinamento giuridico statale. Tali pronunce possono assumere efficacia diretta nella sfera domestica solo se vengono trasformate in diritto statale dalle competenti istituzioni politiche del ramo legislativo o di quello esecutivo dello Stato. Attraverso un formale atto di trasformazione, le istituzioni nazionali recepiscono la decisione della istituzione internazionale e rendono legittima la sua applicazione da parte delle corti statali. La Corte Suprema degli Stati Uniti aderisce al paradigma della sovranità favorendo la formale recezione delle decisioni internazionali da parte del ramo legislativo statale.71

Gli aderenti al «Paradigma Internazionalista» («Internationalist Paradigm») sostengono che il concetto di legittimazione su cui si fonda il «Paradigma della Sovranità Statale» (imperniato sulla partecipazione, anche indiretta, dei cittadini al processo di formazione della decisione) non possa essere accolto senza introdurre dei correttivi. Più in particolare, gli internazionalisti non rivolgono la loro attenzione tanto alla circostanza se i cittadini abbiano partecipato al processo politico di formazione della decisione, quanto piuttosto ad accertare se quest’ultimo conduca all’adozione di una decisione che rispetti determinati standard qualitativi.

Nella prospettiva internazionalista, può accadere che gli attori politici si avvalgano dei loro poteri per soddisfare i loro interessi privati piuttosto che quelli della collettività, trascurando il bene comune. Nell’ambito dell’ordinamento statale, la comunità dei cittadini può scongiurare questo rischio determinando l’insorgenza, in capo agli attori politici, di una responsabilità, mediante il ricorso

71Per le riflessioni sul «Paradigma della Sovranità Statale», quale primo criterio per sostenere la tesi dell’applicazione,

da parte delle corti domestiche, delle sentenze dei tribunali internazionali ricorrendo al concetto di legittimazione, vedi, in particolare, N. PETERSEN, Determining the domestic effect of international law through the prism of

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al procedimento elettorale ed alla creazione di una organizzazione gerarchica della burocrazia. In questo modo, l’ omessa tutela dell’interesse pubblico da parte degli attori politici viene sanzionata dai cittadini non accordando loro il voto nelle successive elezioni mentre l’operato dei funzionari pubblici nel ramo esecutivo è soggetto alla supervisione dei loro superiori.

Sebbene questo schema non possa essere applicato al processo di formazione della decisione internazionale, dal momento che nel contesto internazionale non vi sono elezioni che consentano di designare gli attori politici, nondimeno su questi ultimi può egualmente ricadere un responsabilità da far valere mediante, ad esempio, l’irrogazione di sanzioni disciplinari.

Nella prospettiva internazionalista, inoltre, si può andare incontro al rischio che la decisione non rispetti determinati standards qualitativi. Ciò può accadere qualora la giurisprudenza dei tribunali internazionali non rispetti i principi fondamentali contenuti nelle carte costituzionali degli Stati (soprattutto i diritti umani fondamentali ed il principio di proporzionalità). Per ovviare a questa evenienza, il processo di formazione della decisione dovrebbe prevedere il ricorso a cc. dd. clausole di salvaguardia procedurale in grado di assicurare sia la responsabilità di coloro che sono coinvolti nella formazione della decisione sia il rispetto, da parte di quest’ultima, degli standards qualitativi. Le corti che aderiscono al paradigma internazionalista esaminano il processo di formazione della decisione seguito da una istituzione internazionale al fine di decidere se attribuire, o meno, alla pronuncia effetti diretti nell’ordinamento statale. Le decisioni assunte dal ramo legislativo ed esecutivo sono normalmente considerate legittime se il procedimento formativo da essi seguito contiene determinate clausole di salvaguardia che assicurano la responsabilità di coloro che adottano la decisione nonché una certa qualità sostanziale delle decisioni. Con riferimento alle decisioni giudiziarie, la responsabilità è difficile da individuare, stante l’indipendenza dei giudici come presupposto indefettibile del giudizio. Le corti statali, inoltre, effettuano abitualmente una revisione basata su standards qualitativi sostanziali, al fine di accertare se la giurisprudenza del tribunale internazionale si uniformi ai principi fondamentali della comunità statale contenuti nella carta costituzionale. Peraltro, la revisione sostanziale non investe ogni singola decisione. In questo consiste, propriamente, il concetto di legittimazione enunciato dai sostenitori del paradigma internazionalista. L’approccio seguito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea è coerente con il tale paradigma.72

Il c.d. «Paradigma della Coooperazione» si colloca a metà strada tra le due precedenti versioni.

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Anche per questo modello, come per quello incentrato sulla sovranità statale, la comunità politica rappresenta la sorgente della legittimazione della decisione politica, la quale è dunque attribuibile, in certa misura, al corpo elettorale. Rispetto al paradigma internazionalista, che valuta prevalentemente i processi di formazione della decisione internazionale in base ai risultati attesi, il paradigma della cooperazione presta attenzione soprattutto alla quota di partecipazione indiretta dei cittadini dello Stato. Più specificamente, l’esercizio di autorità è legittimo se è suscettibile di essere attribuito alla comunità statale attraverso cc. dd. catene formali di attribuzione. In altri termini, le decisioni internazionali possono essere imputate alla comunità statale attraverso un effettivo controllo parlamentare degli atti che delegano autorità sovrana alle istituzioni sovranazionali nonché attraverso la partecipazione di legittimi rappresentanti dello Stato ai processi di formazione della decisione internazionale. Questa impostazione, peraltro, vale solo con riferimento alle decisioni politica, ma non può essere applicata alle decisioni dei tribunali internazionali, perché, di norma, la legittimazione delle decisioni giudiziarie non dipende dalla partecipazione indiretta dei cittadini. Le corti statali, semmai, effettuano una revisione sostanziale di ogni singola sentenza dei tribunali internazionali per valutare se la decisione è conforme ai principi fondamentali che governano la comunità statale e che sono contenuti nella carta costituzionale. La Corte Costituzionale Federale Tedesca segue il paradigma della cooperazione73.

10. L’esecuzione nell’ordinamento statunitense della sentenza della

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