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e) segue: “locus commissi delicti” e i reati di pedo-pornografia a mezzo internet.

Capitolo II : Reati informatici e procedimenti penali.

2.1. e) segue: “locus commissi delicti” e i reati di pedo-pornografia a mezzo internet.

Questa soluzione interpretativa è rimasta sostanzialmente immutata nel tempo, pur con gli inevitabili “aggiustamenti” ed “adattamenti” dovuti ai sempre nuovi sistemi di comunicazione elettronica e telematica oggi disponibili (si pensi ad esempio al file sharing peer-to-peer) od alla complessità degli schemi relazionali sottesi alla commissione di delitti con il mezzo informatico.

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“(omissis)…la possibilità di dare applicazione alla legge penale italiana dipende essenzialmente dalla concreta formulazione delle singole norme incriminatrici, strutturate, di volta in volta, come reati commissivi od omissivi, di danno o di pericolo, di pura condotta o di evento, ecc.. La diffamazione…è un reato di evento, inteso quest'ultimo come avvenimento esterno all'agente e causalmente collegato al comportamento di costui. Si tratta di evento non fisico, ma per così dire, psicologico, consistente nella percezione da parte del terzo (rectius dei terzi) della espressione offensiva…(omissis)…in realtà la percezione è atto non certamente ascrivibile all'agente, ma a soggetto diverso, anche se - senza dubbio - essa è conseguenza dell'operato dell'agente. Il reato, dunque, si consuma non al momento della diffusione del messaggio offensivo, ma al momento della percezione dello stesso da parte di soggetti che siano "terzi" rispetto all'agente ed alla persona offesa….(omissis). Per di più, nel caso in cui l'offesa venga arrecata tramite internet, l'evento appare temporalmente, oltre che concettualmente, ben differenziato dalla condotta. Ed invero, in un primo momento, si avrà l'inserimento "in rete", da parte dell'agente, degli scritti offensivi e/o delle immagini denigratorie, e, solo in un secondo momento (a distanza di secondi, minuti, ore, giorni ecc.), i terzi, connettendosi con il "sito" e percependo il messaggio, consentiranno la verificazione dell'evento. Tanto ciò è vero che nel caso in esame sono ben immaginabili sia il tentativo (l'evento non si verifica perché, in ipotesi, per una qualsiasi ragione, nessuno "visita" quel "sito"), sia il reato impossibile (l'azione è inidonea, perché, ad esempio, l'agente fa uso di uno strumento difettoso, che solo apparentemente gli consente l'accesso ad uno spazio web, mentre in realtà il suo messaggio non è mai stato immesso" in rete"). Orbene, l'art. 6 C.P., al comma secondo, stabilisce che il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando su di esso si sia verificato, in tutto, ma anche in parte, l'azione o l'omissione, ovvero l'evento che ne sia conseguenza. La c.d. teoria della “ubiquità”, dunque, consente al giudice italiano di conoscere del fatto-reato, tanto nel caso in cui sul territorio nazionale si sia verificata la condotta, quanto in quello in cui su di esso si sia verificato l'evento. Pertanto, nel caso di un iter criminis iniziato all'estero e conclusosi (con l'evento) nel nostro paese, sussiste la potestà punitiva dello Stato italiano.”

Così in materia di divulgazione di materiale pedo-pornografico93, il dettato normativo

richiede per tutte le ipotesi enunciate nel citato art. 600 ter c.p., comma 3, la diffusione o divulgazione del materiale pornografico sicché, per la configurabilità del reato, non basta la cessione a singoli soggetti, ma occorre che l'agente propaghi il materiale interessando un numero indeterminato di persone; in un caso su cui ebbe a pronunciarsi la Corte di Cassazione, era stata attivata un'apposita cartella denominata "Pamela" dove l'indagato collocava il materiale pedo-pornografico che condivideva con tutti gli utenti che potevano accedere a quella cartella tramite un software condiviso denominato C6.

Il problema che si pone rispetto ai reati innanzi indicati consiste nell'individuare il confine esistente tra la condotta di divulgazione, diffusione e pubblicazione di materiale pedo-pornografico prevista dall'art. 600 ter c.p., comma 3, e quella di mera cessione del suddetto materiale prevista dal quarto comma del citato articolo. Generalmente i pedofili si servono di siti internet accessibili a chiunque conosca l'indirizzo elettronico di quel sito. Di conseguenza, colui che intende pubblicizzare il proprio materiale pedo-pornografico o stabilire un contatto con il mercato dei medesimi o comunque diffonderlo nella rete si serve solitamente di un sito web in grado, potenzialmente, di raggiungere una serie indeterminata di persone in casi del genere l'inserimento in siti web di foto o video pedo-pornografici integra gli estremi del reato di divulgazione a mezzo internet. Più arduo è il compito del giudice allorché il trasferimento di una foto o di un video pedopornografico avvenga attraverso una chat-line (sistema di comunicazione in tempo reale che permette agli utenti di scambiarsi messaggi e altre informazioni in formato digitale, e che è strutturato come uno spazio virtuale, suddiviso in tante stanze (canali) in cui diversi soggetti possono dialogare). Invero, se da un lato dietro un nick-name si può celare un unico cyber navigatore, dall'altro è pur sempre vero che spesso dietro lo scudo elettronico si celano una molteplicità di persone che, se in possesso di username e password, possono accedere alla chat line e quindi farsi trasmettere o trasmettere materiale pedo-pornografico. In casi del genere non si può ignorare l'ipotesi in cui l'apparente trasferimento da stazione a stazione di materiale pornografico infantile copra in realtà un preciso intento di non volere pubblicare su un sito web il materiale stesso, ma di volere ugualmente comunicarlo a molteplici destinatari che, conoscendo l'indirizzo e-mail comunicante ed il nickame del cyber navigatore ricevente, possono direttamente ottenere l'invio del materiale vietato. Tale ipotesi, volta a celare una

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Cass. Sez. 3, Sentenza n. 593 del 07/12/2006: “Commette il delitto di divulgazione via internet di

materiale pedo-pornografico previsto dal comma terzo dell'art. 600 ter cod. pen. e non quello di mera cessione dello stesso, prevista al comma quarto del medesimo articolo, non solo chi utilizzi programmi di "file-sharing peer to peer", ma anche chi impieghi una "chat line", spazio virtuale strutturato in canali, nella quale un solo "nickname", necessario ad accedere alla cartella-immagini o video, venga utilizzato da più persone alle quali siano state rese note l'"username" e la "password", le quali possono in tal modo ricevere e trasmettere materiale pedo-pornografico; tale sistema rende possibile trasferire il materiale pedo-pornografico a molteplici destinatari e non si differenzia perciò dalla divulgazione vera e propria, sempre che risulti provata in capo all'agente la volontà alla divulgazione, come nel caso in cui la trasmissione sia stata reiteratamente rivolta a più persone”[…..]. ”…il prevenuto aveva ammesso di avere utilizzato il software peer to peer per procurarsi e diffondere materiale pedo-pornografico…”

vera e propria attività divulgativa, non si differenzia dall'attività di divulgazione effettuata apertamente attraverso un sito accessibile a tutti e ciò perché, a condizione che si provi la volontà dell'agente di volere divulgare materiale pornografico infantile, la comunicazione singola ove reiterata a più persone integra gli estremi della condotta divulgativa prevista dal comma terzo dell'articolo 600 ter c.p. Ugualmente, allorché dietro il paravento della singola stazione ricevente si nascondano più persone che, in possesso di username e password, possono visitare le pagine in uso all'indirizzo, il singolo trasferimento di immagini pedo-pornografiche può assumere un valore indiziante di una vera e propria divulgazione via internet. Trattasi, ovviamente, di valutazione da effettuare caso per caso da parte del giudice del merito. In definitiva, anche la cessione di fotografie pornografiche minorili attraverso una chat-line può configurare il reato ipotizzato (divulgazione quindi e non la meno grave cessione).

2.1.f) Segue: locus commissi delicti. I reati posti in essere attraverso internet

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