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Dai seisaku iinkai ai daihitto: franchise e accumulo di mondi possibili

Il declino dell'industria cinematografica giapponese, iniziato come in molte altre cinematografie nazionali per l'impatto e la diffusione della televisione, in particolare a partire dagli anni Sessanta, si è acuito dagli anni Settanta ed è esploso negli anni Ottanta. Se si consulta lo storico dei dati sullo stato dell'industria raccolto dalla Motion Picture Producers Association of Japan (一般社団法人日本映画製作者連盟, Ippan Shadanhōjin Nihon Eiga Seisakusha Renmei), nota come Eiren (映連, contrazione di 映画, eiga, “film”, e 連盟, renmei, “federazione”), si nota che il picco di ammissioni al cinema si è avuto nel 1958 con 1.127.452 presenze.1 Da quell'anno gli spettatori sono costantemente diminuiti, tanto che dieci anni dopo, nel 1968, erano 313.398, e nel 1978 166.042, una cifra che da allora fino al presente è rimasta sostanzialmente invariata, con solo lievi oscillazioni al rialzo o al ribasso a seconda degli anni. A parziale compensazione di questi dati, è da tenere presente l'aumento delle finestre distributive, che dagli anni Ottanta, oltre a sala cinematografica e televisione, comprendono anche il mercato dell'home video, che nel 1988 vale già 500 miliardi di yen, e quello delle televisioni satellitari e via cavo, a partire dal 1989.2 Nel 2001 il volume del mercato video nel suo complesso vale 4 triliardi di yen, ripartiti tra sale cinematografiche (5%), noleggio e vendita home video (11%), televisione a pagamento (8,6%), che comprende satellitari e servizi via cavo, e televisione free (75,4%).3 Per comprendere la portata complessiva del cambiamento, è utile guardare anche al numero di film locali prodotti e alla quota di mercato del cinema nazionale. Nel 1960, all'apice dello sforzo produttivo, sono stati distribuiti 547 film giapponesi contro 216 stranieri, con il controllo del 78,3% degli incassi, rispetto al 21,7% dei film d'importazione. La media dei film prodotti ogni anno scende intorno ai 400 nei primi anni Settanta, intorno ai 300 tra anni Settanta e Ottanta, fino al nadir del 1991 con 'solo' 230 film locali distribuiti – meno della metà rispetto al 1960. Andamento discendente analogo ha la quota di mercato: nel 1975 per la prima volta dal dopoguerra i film giapponesi scendono sotto il 50%, attestandosi al 44,4%. Il decennio successivo vede una lotta continua sopra e sotto la soglia, mentre dal 1986 in poi i film giapponesi rimangono costantemente bloccati sotto al 50%, tra il 49,6% del

1 Per questi dati e successivi, ove non diversamente indicato, cfr. http://www.eiren.org/statistics_e/index.html (ultimo accesso 20 ottobre 2016).

2 Cfr. Maeda Kosaku, Hosoi Koichi,

“日本映画におけるプロデューサーシステムの歴史的変遷に関する一考察─映画プロデューサーの再定義に向け ての試論─” (Nihon eiga ni okeru purodeyūsā shisutemu no rekishiteki hensen ni kansuru ichikōsatsu ─ Eeiga purodeyūsā no sai teigi ni mukete no shiron, tr.lett. Studio sui cambiamenti storici nel sistema di produzione di film giapponesi: verso la ridefinizione del produttore cinematografico), 2010, pp. 47-63.

3 Cfr. Sugaya Minoru, “The Policy Analysis of the Film and Video Market in Japan”, Keio Communications Review, vol. 26, 2004, pp. 3-16.

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1988 e il 30,2% del 1998, con un picco negativo nel 2002, al 27,1%. Una situazione di innegabile difficoltà che colpisce soprattutto le strutture tradizionali di produzione e distribuzione dei film, ovvero il sistema degli studio giapponesi: “Entro gli anni Settanta i maggiori studio avevano tagliato la loro produzione della metà rispetto a quella del 1958. Sia Nikkatsu che Shōchiku fallirono ripetutamente nel tenersi al passo con i trend giovanili durante gli anni Sessanta”.4

Una situazione che ha quindi radici negli anni Sessanta, ma si presenta in tutta la sua forza dirompente negli anni Settanta e diventa inarrestabile negli anni Ottanta:

Anche se l'industria cinematografica giapponese stava declinado fin dall'inizio degli anni Sessanta, la fine della produzione dei 'program picture' accelerò ulteriormente il declino negli anni Ottanta. (…) [L]a produzione sistematica dell'industria quasi scomparve negli anni Ottanta. Alla fine del decennio, gli studio più grandi come Shōchiku, Tōhō e Tōei producevano raramente i loro film, agendo in gran parte come distributori per film creati da piccole compagnie di produzione.5

In questi tre decenni, “l'intera industria cinematografica diventa gradualmente disfunzionale dal punto di vista finanziario (…). Questa trasformazione industriale crea un effetto domino”.6 Si entra così in una fase definita “condizione post-studio”.7

Il declino della quota di mercato dei film giapponesi è arginata dai grandi studio come Tōhō, Tōei e Shōchiku concentrandosi sulla distribuzione e la catena di cinema di loro proprietà, delegando la produzione a piccole compagnie di produzione esterne con minore potere contrattuale, costrette a lavorare con budget minori per poter rientrare nei costi. Questa situazione diminuisce l'appeal delle pellicole locali sul pubblico e di conseguenza a partire dagli anni Ottanta spinge i grandi studio a investire nei film hollywoodiani da distribuire nelle loro catene, acuendo ulteriormente il disequilibrio nelle quote di mercato.8

Il trend negativo subisce una parziale inversione di tendenza solo nel nuovo millennio. Mentre il numero annuale di spettatori rimane sostanzialmente invariato, con i consueti alti e bassi, dal 2006 il numero di film locali distribuiti sembra attestarsi sopra i 400 (con un picco nel 2014 a 615), mentre la quota di mercato torna stabilmente sopra il 50% (con un picco nel 2012 al 65,7%). In contemporanea, il numero di film d'importazione non è in declino, è anzi in crescita. Nonostante la crisi, in un anno vengono distribuiti nelle sale molti più film oggi rispetto al passato: nel 1960 erano 763, nel 2014 sono 1.184. Al contempo c'è stata anche una ridistribuzione del numero e tipo di sale cinematografiche: nel 1960 operavano 7.457 cinema a sala singola, un numero da allora in costante

4 Isolde Standish, A New History of Japanese Cinema. A Century of Narrative Films, Continuum, New York-London 2005, p. 268.

5 Mitsuyo Wada-Marciano, Japanese Cinema in the Digital Age, University of Hawaii Press, Honolulu 2012, p. 13. 6

Ivi, p. 51. 7 Ivi, p. 14.

8 Cfr. Okada Yutaka, 映画 創造のビジネス (Eiga sōzō no bijinesu, tr.lett. Il business creativo dei film), Chikuma Shobō, Tokyo 1991.

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calo, fino al minimo storico di 1.734 del 1993. Da questo punto di vista il 1993 rappresenta un anno importante, perché vede l'arrivo dei multiplex. Nell'aprile di quell'anno, nella provincia di Kanagawa apre infatti il primo multisala, gestito da Warner. Da quel momento in poi c'è una corsa a costruire cinema con più sale aggregate a centri commerciali polifunzionali, che in giapponese vengono ribattezzati shinekon (シネコン), abbreviazione di “cinema complex” (シネマコンプレックス, shinema konpurekkusu), tanto che il numero di schermi torna a crescere. In un primo momento i shinekon sono operati solo dai grandi studios hollywoodiani, ma a partire dal biennio 1996-1997 anche i principali studios giapponesi investono nella loro costruzione, fino a che dal 2003 procedono all'acquisizione dei rimanenti complessi ancora sotto controllo straniero.9 Nel 2015 si calcola siano attivi 3.437 schermi in tutto il Giappone, di cui 2.996 appartenenti a multiplex (l'87,2%). La diminuzione del numero di cinema è stata quindi parzialmente compensata dalla diffusione dei multisala, inizialmente controllati da operatori stranieri, oggi di proprietà dei maggiori distributori giapponesi.

Nel nuovo millennio si assiste così a una parziale ripresa del cinema giapponese, rispetto alla crisi di anni Settanta, Ottanta e Novanta. L'inizio dell'inversione di tendenza si può collocare qualche anno prima del fatidico 2006, in cui numero di film prodotti e quota di mercato ritornano a sorridere al cinema locale: “L'anno 1997 è stato celebrato come un punto di svolta per l'industria cinematografica giapponese”.10

È l'anno in cui Kitano Takeshi vince il Leone d'Oro alla Mostra del cinema di Venezia con Hana-bi – Fiori di fuoco (はなび, Hanabi), Imamura Shōhei vince la Palma d'Oro al Festival di Cannes con L'anguilla (うなぎ, Unagi)11 e Kawase Naomi si aggiudica al medesimo festival la Camera d'Oro per Suzaku (萌の朱雀, Moe no suzaku). È anche l'anno in cui il film d'animazione di Studio Ghibli La principessa Mononoke (もののけ姫, Mononoke hime) di Miyazaki Hayao sfonda al botteghino giapponese, arrivando quasi a doppiare il secondo in classifica, Indipendence Day (id., Roland Emmerich),12 mentre la commedia di Suo Masayuki Shall We Dance? (Shall We ダンス?, Shall we dansu?), prodotta l'anno precedente, ha un buon riscontro sul mercato statunitense.13 In televisione intanto inizia la trasmissione di una serie animata parte di un franchise transmediale destinata a penetrare il mercato globale – i Pokemon (ポケモン). Nel

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Cfr. Sasagawa Keiko, “日本映画の新しいかたち 邦画ブームはなぜ起こったのか?” (Nihon eiga no atarashī katachi: hōga būmu wa naze okotta no ka?, tr.lett. Una nuova forma di cinema giapponese: Come è avvenuto il boom dei film giapponesi?), Kansai Daigaku Bungaku Ronshū, vol. 57 n. 1, 2007, pp. 69-92.

10 Mitsuyo Wada-Marciano, Japanese Cinema in the Digital Age, cit., p. 12.

11 Il premio è assegnato pari merito con Il sapore della ciliegia di Abbas Kiarostami.

12 Cfr. http://www.eiren.org/toukei/1997.html (ultimo accesso 19 ottobre 2016). Indipendence Day è uscito nelle sale in Giappone il 6 dicembre 1996 e il suo incasso è quindi stato conteggiato per l'anno successivo.

13 Nonostante sul mercato statunitense il film abbia una distribuzione limitata a partire dall'11 luglio 1997, incassa 9 milioni e mezzo di dollari, cfr. Box Office Mojo, http://www.boxofficemojo.com/movies/?id=shallwedance97.htm

(ultimo accesso 19 ottobre 2016). Il successo è tale da spingere Miramax, che lo ha distribuito, ad acquisire i diritti per un remake (Shall We Dance?, 2004, Peter Chelsom).

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1997 incassi complessivi, pubblico e solidità del mercato sono ancora incerti, ma i segnali fuori e dentro i confini nazionali incentivano gli addetti ai lavori a uno sguardo positivo sull'industria creativa giapponese. “L'anno 1997 sembra essere stato un punto di svolta nel segnalare il crollo finale dello studio system” e l'approdo a un nuovo sistema:14

in realtà lo studio system era allora un ricordo già da almeno un decennio, ma senza dubbio l'enfasi sulla svolta rappresentata da quell'anno rende la percezione di cambiamento che rappresentò per il cinema giapponese. In effetti, è come se il cinema giapponese fosse “rinato” (生まれ変わった, umarekawatta): gli sforzi che da lì in poi si moltiplicano riescono progressivamente a invertire la percezione del pubblico locale da un'immagine negativa a una positiva dell'industria cinematografica nazionale.15 In particolare Hana-bi e Kitano Takeshi vengono visti come gli apripista di una nuova stagione, da Miyao Daisuke che equipara l'importanza del successo di Kitano a quello avuto da Rashomon (羅生門, Rashōmon, 1950) di Kurosawa Akira alla Mostra del cinema di Venezia del 1951 nell'internazionalizzazione del cinema giapponese,16 ad Adam Bingham, che fin dal titolo di un suo recente studio sul cinema giapponese contemporaneo gli riserva una posizione privilegiata, indicandolo come il trampolino per una nuova percezione del cinema giapponese sui mercati internazionali, più importante di un altro momento topico, il 1989, che pure aveva visto concentrarsi l'esordio nel lungometraggio di Tsukamoto Shinya, Sakamoto Junji e Kitano stesso.17

Il 1997 è però un anno di svolta anche per un motivo meno appariscente e meno indagato, eppure molto più centrale nella ripresa dell'industria creativa giapponese: dal 7 gennaio al 18 marzo Fuji Tv trasmette nello slot di prima serata alle 21 di martedì gli 11 episodi che compongono la serie Bayside Shakedown (踊る大捜査線, Odoru Daisōsasen), una commedia poliziesca ambientata a Tokyo nel distretto finzionale di Wangan della Tokyo Metropolitan Police Department (警視庁, Keishichō). A differenza di moltre altre serie procedurali, il racconto si concentra sugli aspetti burocratici e quotidiani di un dipartimento di polizia, proponendo un parallelismo tra la vita da impiegato in una qualsiasi azienda giapponese e quella degli ufficiali pubblici. Il protagonista, Aoshima Shunsaku, interpretato da Oda Yūji, che canta anche la sigla di chiusura, è in effetti un ex impiegato che a 29 anni decide di cambiare vita e diventare poliziotto, pensando idealisticamente a

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Jelena Stojkovic, “Alternative Japan”, in John Berra (a cura di), Directory of World Cinema: Japan, Intellect, Bristol 2010, p. 36.

15

Cfr. Mori Naoto, “日本発 映画ゼロ世代とは何か?” (Nihon hatsu. Eiga zero sedai to wa nanika?, tr.lett. Allontanarsi dal Giappone. Cos'è la generazione zero del cinema?), in Mori Naoto (a cura di), 日本発 映画ゼロ世代―新しいJムーヴィーの読み方 (Nihon hatsu. Eiga zero sedai – Atarashī J mūvī no yomikata, tr.lett. Allontanarsi dal Giappone. La generazione zero del cinema – Come leggere i nuovi J-Movie), Filmartsha, Tokyo 2006, pp. 6-8. Nel volume, il curatore e i suoi collaboratori analizzano una cinquantina di nuovi registi, nati tra gli anni Sessanta e i Settanta, che stanno mutando il cinema giapponese dall'interno.

16 Cfr. Miyao Daisuke, “Foreword”, in Abe Kasio, Beat Takeshi vs. Takeshi Kitano, Kaya Press, New York 2003, pp. 9-16.

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una vita di avventure in difesa dei cittadini, solo per scoprire che il nuovo lavoro non è poi così diverso da quello che ha lasciato. La serie ha buoni ascolti, con il 23,1% di share dell'ultimo episodio e una media del 18,2% a episodio, ma non epocali.18 Per fare un confronto, la serie più vista della storia della televisione giapponese è Oshin (おしん), trasmessa tra il 1983 e il 1984 da NHK in quasi trecento episodi nello slot del mattino da 15 minuti, e la puntata più seguita, andata in onda il 12 novembre 1983, ha raccolto uno share del 62,9%, ancora oggi tra i dieci maggiori ascolti di sempre in televisione;19 tra le serie più di successo degli ultimi anni c'è invece Hanzawa Naoki (半沢直樹), trasmessa nel 2013 da TBS in 10 episodi nello slot di prima serata delle 21, con la puntata finale del 22 settembre 2013 che ha raggiunto il 42,2% di share.20 Bayside Shakedown non ha riscosso un successo immediato così evidente, ma fin dall'inizio il produttore Kameyama Chihiro l'ha inteso come uno spettacolo interconnesso destinato a generare un franchise: alla trasmissione della serie originaria tra il 1997 e il 1998 sono seguiti tre speciali televisivi che presentavano diversi personaggi interni alla continuity dell'universo narrativo, a cui nel 1998 è stato affiancato il primo di quattro lungometraggi cinematografici, Bayside Shakedown: The Movie (踊る大捜査線 The Movie 湾岸署史上最悪の3日間!, Odoru Daisōsasen The Movie: Wangansho shijōsaiaku no mikkakan!, il cui sottotitolo recita “I tre giorni peggiori per la stazione Wangan!”).21

L'azione combinata di speciali televisivi e riprogrammazione della serie originale, intervallati da promo del film, ha garantito una visibilità che ha fatto da volano agli incassi. Bayside Shakedown: The Movie, diretto da Motohiro Katsuyuki, già regista di alcuni episodi della serie, è risultato il film giapponese più visto del 1998, al secondo posto solo dietro a Titanic (id., James Cameron).22 I film cinematografici successivi del franchise – usciti nel 2003, 2010 e 2012 – hanno consolidato la fama, tanto che Bayside Shakedown 2 (踊る大捜査線 The Movie 2 レインボーブリッジを封鎖せよ!, Odoru Daisōsasen The Movie 2: Reinbō burijji o fūsa seyo!, il cui sottotitolo recita “Rainbow Bridge, caso chiuso!”) con 17,35 miliardi di yen risulta essere il film giapponese dal vivo con il più alto incasso della storia del Giappone e il settimo in termini assoluti.23 Il cast ricorrente si è spostato da

18 Cfr. Miura Hirofumi, “「踊る大捜査線」の哲学 ―共に生きていく思想―” ('Odoru Daisōsasen' no tetsugaku: tomoni ikiteiku shisō, tr.lett. La filosofia di 'Bayside Shakedown': L'idea della simbiosi), Jissen Joshi Daigaku Tanki Daigakubu Kiyō, vol. 37, 2015, pp. 63-78.

19

Cfr. l'elenco dei 50 programmi più seguiti di sempre della televisione giapponese, Video Research Ltd.,

http://www.videor.co.jp/data/ratedata/all50.htm (ultimo accesso 15 ottobre 2016).

20 Cfr. Video Research Ltd., http://www.videor.co.jp/data/ratedata/junre/01drama.htm (ultimo accesso 15 ottobre 2016).

21

Cfr. Jonathan Clements, Tamamuro Motoko, The Dorama Encyclopedia. A Guide to Japanese TV Drama Since 1953, Stone Bridge, Berkeley 2003, in particolare pp. 18-20.

22 Cfr. http://www.eiren.org/toukei/1998.html (ultimo accesso 16 ottobre 2016). Titanic è uscito nelle sale in Giappone il 20 dicembre 1997 e per questo è conteggiato nei risultati dell'anno successivo.

23

Cfr. la classifica dei 100 maggiori incassi della storia nel mercato giapponese, aggiornata a ottobre 2016,

http://www.kogyotsushin.com/archives/alltime/. Il primo film del franchise è in 29ma posizione, il secondo, come si è detto, in 7ma, il terzo, Bayside Shakedown 3 (踊る大捜査線The Movie 3ヤツらを解放せよ!, Odoru Daisōsasen The Movie 3: Yatsura o kaihō seyo!, il cui sottotitolo recita “La liberazione di quei ragazzi!”) in 74ma. Il quarto

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televisione a cinema, per una saga durata quindici anni che oltre alla serie, ai film e agli speciali televisivi comprende un gran numero di spin-off che seguono personaggi secondari, tra cui i due film cinematografici e lo speciale televisivo usciti nel 2005, rispettivamente Negotiatior (交渉人真下正義, Kōshōnin: Mashita Masayoshi, distribuito il 7 maggio), The Suspect (容疑者室井慎次, Yōgisha: Muroi Shinji, distribuito il 27 agosto) e Tōbōsha: Kijima Jōichirō (逃亡者 木島丈一郎, trasmesso il 10 dicembre), oltre a un numero imprecisato di novelization, libri di accompagnamento, almeno una riduzione teatrale e, più di recente, alcuni brevi episodi pensati direttamente per il web e la visione mobile. Bayside Shakedown è diventato il modello di universo narrativo espanso che sfrutta la simbiosi tra televisione e cinema per massimizzare gli incassi, scompaginando i metodi tradizionali di produzione e promozione, tanto da poter considerare un “prima” e un “dopo” la sua uscita.24

Se le vittorie di Kitano, Imamura e Kawase hanno contribuito a dare nuova visibilità internazionale al cinema giapponese e gli incassi sorprendenti dello Studio Ghibli hanno corroborato la potenza del comparto dell'animazione, è il modello Bayside Shakedown, con l'alleanza strategica tra l'emittente Fuji Tv e lo studio cinematografico Tōhō, che ha illuminato un nuovo percorso produttivo di successo, in grado di riorientare le sorti dell'industria creativa giapponese. È un modello che ha origine negli anni Ottanta, si è strutturato nella seconda metà degli anni Novanta ed esploso dagli anni Duemila in poi – il seisaku iinkai hōshiki (製作委員会方式), “sistema dei comitati di produzione”, un termine che ha iniziato a essere usato “a partire dagli anni Ottanta, da quando le emittenti televisive iniziarono a essere coinvolte nella produzione dei film”.25 Oggi è molto utilizzata anche l'espressione “consorzio” (コンソーシアム, konsōshiamu), ormai diventata “convenzionale” (慣用的, kanyōteki) tra gli addetti ai lavori,26

ma il fulcro continua a risiedere nei “comitati di produzione” (製作委員会, seisaku iinkai) che riuniscono diverse compagnie nella gestione dei progetti narrativi di ampio respiro, cinematografici e di altro tipo.

Questi comitati sono “efficaci alleanze tra aziende che possono mettere in comune risorse (finanziarie e non) dalle compagnie associate; condividere i rischi; coordinare accordi interni che

capitolo cinematografico, Bayside Shakedown: The Final (踊る大捜査線The Final新たなる希望, Odoru Daisōsasen The Final: Aratanaru kibō, il cui sottotitolo recita “Una nuova speranza”), non è entrato nella classifica dei più visti della storia, ma risulta comunque essere il terzo film più visto nell'anno di uscita, il 2012, cfr.

http://www.eiren.org/boxoffice_e/2012.html (ultimo accesso 15 ottobre 2016).

24 Cfr. Nihon Eiga Senmon Channel (a cura di), 「踊る大捜査線」は日本映画の何を変えたのか (Odoru Daisōsasen ha Nihon eiga no nani wo kaetanoka?, tr.lett. Qual è stato l'impatto di Bayside Shakedown sul cinema giapponese?), Gentōsha, Tokyo 2010. Il libro è composto da dieci interventi di diverse personalità, tra cui lo storico del cinema Satō Tadao, lo sceneggiatore e regista anche teatrale Arai Haruhiko e il produttore di Fuji Tv Kameyama Chihiro, che analizzano l'impatto avuto dal franchise sull'industria creativa giapponese.

25

Takano Hiroyuki, “映像製作コンソーシアムに関する考察” (Eizō seisaku konsōshiamu ni kansuru kōsatsu, tr.lett. Studio sui consorzi di produzione video), Mita Shōgaku Kenkyū, vol. 48 n. 1, 2005, p. 201.

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riguardano l'uso dei contenuti attraverso media differenti; favorire opportunità di merchandising e sponsorship; e praticare la promozione cross-mediale del film che viene prodotto”.27 I vantaggi sono quindi principalmente quattro: 1) ripartizione dei costi di produzione; 2) suddivisione dei rischi legati alle possibili perdite se un prodotto non ha il successo sperato; 3) sfruttamento dei contenuti su più piattaforme nei diversi media afferenti alle compagnie partecipanti; 4) promozione cross-mediale. In genere sono impiegati nella produzione di grandi progetti commerciali e “sono gradualmente diventati la strategia di alleanza standard nell'industria cinematografica giapponese”.28

Queste alleanze hanno carattere temporaneo, variabile, non fissato nel tempo e in genere sono organizzate intorno a un progetto già delineato, non sono quindi “partnership a lungo