CAPITOLO 3: I CAS
3.1 Il caso L’Oréal
3.1.4 La selezione e la formazione
L’azienda francese adotta una procedura di selezione che rientra nella categoria definita da Vance e Yongsun “approccio esperienziale”; i dipendenti individuati quali potenziali candidati per un futuro incarico estero sono proposti dapprima dagli host country, come profili da tenere in considerazione per Parigi o per qualsiasi altra destinazione, e inseriti all’interno di una Talent Review. Questo primo passaggio rispecchia perfettamente il concetto di talent pool, il ‘serbatoio’ di talenti ritenuto in letteratura un proficuo investimento a lungo termine; la sua efficacia consiste nell’avere sempre a disposizione un gruppo di potenziali espatriati di successo da considerare quando si apre una posizione all’estero, senza dover affrontare ogni volta il primo screening.
In un secondo momento i direttori HR francesi conoscono di persona i soggetti che sono stati inseriti nella Talent Review, e tramite interviste stimano la bontà delle proposte pervenute dalle varie sedi: chi risulta idoneo dopo questa fase viene inserito in una lista definitiva per le nuove opportunità di incarico. Se in un primo momento perciò la selezione che avviene nelle varie sedi estere potrebbe sembrare non del tutto formalizzata, in quanto potenzialmente soggetta a preferenze o conoscenze personali, la seconda scrematura eseguita direttamente dalla casa madre serve proprio a cassare le eventuali segnalazioni ‘di favore’. Inoltre, al contrario di quanto ritiene la letteratura ed è stato confermato da sondaggi recenti, cioè che la fase di selezione è affidata al caso, l’iter appena descritto è quello di un processo formalizzato secondo una serie di step imposti dalla casa madre.
Un aspetto non altrettanto strutturato è la valutazione delle capacità di adattamento, dei tratti psicologici e delle conoscenze culturali pregresse degli interessati. Pur riconoscendo il potenziale dei test che stimano questi fattori, la valutazione dei candidati avviene di norma mediante il confronto delle opinioni espresse dai vari selezionatori, che, durante un’ultima cernita, analizzano le probabilità di successo dei singoli soggetti, ipotizzando il loro grado di adattabilità al luogo di destinazione e valutandone gli aspetti caratteriali, ma senza nessuna procedura formale. L’azienda quota i potenziali espatriati prevalentemente in base alle loro capacità tecniche od alla valutazione del lavoro svolto nella sede di provenienza od ancora in base agli esiti di precedenti incarichi esteri, reputando un riscontro positivo a questo tipo di indagine sufficiente a garantire una prestazione ottimale; questo tipo di approccio non sembra essere al passo con i tempi, in quanto non è altro che la trasposizione del processo di selezione usato per gli incarichi nazionali agli incarichi internazionali. Naturalmente l’efficacia della selezione è strettamente connessa all’efficacia del team di selezionatori: quanto più esperti e preparati saranno i suoi componenti, tanto più valida sarà la scelta effettuata, che sconterà comunque i rischi connessi all’assenza di un processo più articolato e formale.
Parimenti non vi è alcuna valutazione della situazione familiare del candidato, della quale l’azienda si occuperà solo in relazione ad alcune necessità che possono manifestarsi nel paese di destinazione (ad esempio l’educazione dei figli).
L’azienda ritiene infatti che nel momento in cui un dipendente si rende disponibile ad essere inserito come candidato in un programma di mobilità internazionale, le situazioni personali, che vanno dalle capacità di adattamento, alle vicende private, passando per i requisiti psico-comportamentali richiesti dall’incarico, non possono diventare un onere per l’azienda stessa, che reputa come un’assunzione di responsabilità del soggetto la disponibilità manifestata a trasferirsi per periodi di tempo anche prolungati, dando per scontata una autovalutazione di tutti gli elementi sopracitati.
La formazione che nel capitolo precedente è stata definita come culturale e che dovrebbe essere lo strumento chiave per favorire l’adattamento dell’espatriato e della sua famiglia, nel caso di L’Oréal è limitata alla sola formazione linguistica. Grande attenzione è invece riservata alla gestione della fase del trasferimento ed a tutti i supporti logistici richiesti dal nuovo ambiente in cui l’espatriato si troverà ad operare; ogni cosa è programmata e vengono fornite consulenza ed assistenza per la parte fiscale, per la ricerca delle soluzioni abitative, per il trasloco, per i temi di social security e l’adeguamento delle retribuzioni, così come per l’istruzione dei figli, ed in alcuni casi esiste anche un programma di aiuti per la ricollocazione professionale del partner.
3.1.5 Il rimpatrio
Solo dopo il rimpatrio si può valutare se un espatrio abbia avuto o meno successo; un espatriato che ha svolto efficacemente il suo compito all’estero ma che dopo il rientro a casa decida di abbandonare l’azienda perché non si sente sufficientemente gratificato e adeguatamente ricollocato è comunque una sconfitta per l’impresa, e non è pertanto possibile parlare di espatrio concluso con successo, dal momento che la risorsa è stata persa.
L’Oréal non conosce questo tipo di problematica, visto che quello del rimpatrio è un processo sempre scrupolosamente pianificato, e dato che l’azienda riconosce l’importanza degli incarichi internazionali e valorizza gli elementi che hanno concluso queste esperienze con esiti positivi mediante adeguati upgrade di carriera.
Nella lettera di distacco che viene firmata dalle due controparti prima della partenza, L’Oréal inserisce una clausola che prevede che la permanenza all’estero possa essere interrotta nel caso in cui nella sede di provenienza si rendesse disponibile una posizione “in linea” con il percorso professionale dell’espatriato, una posizione cioè che rappresenti un avanzamento di carriera o, che pur mantenendo lo stesso livello gerarchico, sia comunque più gratificante per lo stesso. Il rientro previsto in questo caso dimostra che anche gli espatriati godono delle medesime opportunità di cui possono beneficiare i dipendenti domestici.
Quando l’espatrio volge al termine si possono concretizzare varie opzioni: è possibile che al dipendente venga offerta una buona posizione presso la sua sede abituale, o che la filiale estera in cui ha svolto l’incarico richieda la prosecuzione del rapporto, o ancora che si profili un’altra esperienza di espatrio in un terzo paese. Naturalmente sono prese in considerazione le preferenze espresse dai
soggetti coinvolti; può accadere che alcune persone preferiscano prolungare la permanenza all’estero od assolvere più incarichi di seguito motivate dalle ricche indennità che i contratti di espatrio garantiscono, oppure che preferiscano rientrare a espatrio terminato. L’assegnazione e le modalità del nuovo incarico saranno concordate tra la sede di provenienza, Parigi e, se nel caso, la filiale in cui il dipendente ha appena concluso il mandato.
Date le molteplici combinazioni di interessi è essenziale che, per scongiurare la perdita del dipendente, si instauri un dialogo tra il dipartimento HR e l’espatriato: ad esempio se la sede di appartenenza offre un’ottima posizione, ma l’espatriato desidera restare nella sede estera, che a sua volta intende prolungare il rapporto di collaborazione, non accadrà mai che l’azienda imponga la sua decisione, ma si cercherà sempre di arrivare ad una scelta condivisa, che naturalmente non potrà avvenire se non in presenza di una funzione HR informata e collaborativa.
Le capacità dimostrate dall’espatriato durante la permanenza all’estero ovviamente giocano un ruolo determinante in questa fase di confronto; una persona che ha dimostrato abilità non comuni avrà a disposizione un ampio ventaglio di possibilità ed un’alta facoltà di scelta in base ai propri interessi, mentre performance di livello inferiore comporteranno il rientro presso la sede originaria. A tal punto sarà responsabilità di quest’ultima decidere la nuova collocazione del soggetto; si cercherà comunque di offrirgli una posizione di ordine superiore ma naturalmente, qualora le pretese del rimpatriato superassero l’offerta dell’azienda, potrebbe verificarsi l’abbandono da parte del dipendente, circostanza che si realizzerà solo dopo aver esperito diversi tentativi di conciliazione.
Un’ulteriore considerazione da fare è che essendo l’espatrio spesso parte del percorso di carriera dei giovani neoassunti, e rappresentando questi un investimento, è anche e soprattutto nell’interesse dell’azienda trattenere il dipendente al suo rientro offrendogli una posizione di grado superiore. Per le posizioni senior la sequenza espatrio-upgrade è praticamente automatica: una persona con un ruolo di spessore nella compagnia infatti in genere affronta l’espatrio con la consapevolezza che ad esso seguirà una promozione ad un ruolo superiore.
Non c’è altrettanta partecipazione da parte della società nella fase della permanenza all’estero, durante la quale avvengono solo contatti con cadenza annuale con il direttore HR della divisione, l’unica persona di riferimento che ha l’espatriato nella sua sede e che ha la sola responsabilità di informarsi in merito all’andamento dell’incarico. Ancora una volta infatti, proprio come detto in relazione alle fasi di selezione e formazione, si valutano le sole competenze tecniche e non si ravvisa la necessità di un mentore o tutor nella filiale estera, confidando semplicemente nella capacità dell’espatriato di risolvere autonomamente le eventuali difficoltà.
Ad oggi la sede italiana di L’Oréal accoglie e fornisce espatriati; la maggior parte degli espatriati in ingresso proviene dalla Francia, o comunque da nazioni con una struttura di business simile a quella nostrana. Di nazionalità francese è anche la maggior parte degli espatriati in tutto il mondo. Il paese a cui l’Italia fornisce più espatriati è la Francia, che ai fini formativi continua ad essere la sede migliore, ma sono presenti numerosi italiani anche nel resto d’Europa e nelle Americhe, prevalentemente
operanti nei settori di controllo gestionale e della supply chain, dato che la sede italiana ha operato nella logistica e nella gestione della catena di distribuzione in maniera più efficiente ed organica rispetto ad altri paesi europei, formando professionisti che ora sono richiesti all’estero per ottimizzare questi processi in altre sedi.
L’Oréal è caratterizzata da un forte spirito imprenditoriale ed è la multinazionale leader nel settore beauty; le persone che entrano a far parte del gruppo si fanno portavoce di un modello di business orientato alla soddisfazione del cliente, all’innovazione ed alla penetrazione capillare nei nuovi mercati. Non c’è da meravigliarsi dunque che a fronte degli ottimi risultati ottenuti e presumibilmente ottenibili in futuro, l’azienda non abbia ritenuto necessario dimostrarsi sensibile a temi meno business- oriented, quali possono essere la formazione culturale piuttosto che la selezione basata su test psicologici. Dato che il loro modello di espatrio si è dimostrato finora vincente, l’impresa non manifesta interesse a investire in nuovi strumenti di ricerca, reputando i processi di selezione adottati bastevoli per garantirsi espatri di successo. Di questo è convinto il direttore HR Italia: mandare all’estero solo le persone veramente dotate e preparate non può portare che alla riuscita della loro missione; inoltre le aspirazioni, la determinazione e la consapevolezza di far parte di un gruppo di primaria importanza sproneranno gli espatriati a superare eventuali difficoltà o fenomeni di demotivazione durante la permanenza all’estero e li spingeranno a dare sempre il massimo per scalare la gerarchia. Si punta dunque quasi esclusivamente sull’individuo, che dovrà essere già pienamente formato e dotato di un elevato grado di adattabilità, visto che l’azienda non reputa necessario intervenire nella formazione dello stesso né fornire particolari supporti durante la fase della sua permanenza all’estero, contando esclusivamente su fattori motivanti quali i riconoscimenti economici e gli avanzamenti di carriera. In tal modo aumentano naturalmente le responsabilità dell’espatriato, ed è pertanto importante che le esigenze dell’azienda incontrino quelle del manager; sono richieste figure in grado di gestire in prima persona un gran numero di situazioni, in grado di assumersi responsabilità e motivate prevalentemente dalle opportunità di carriera.
Figura 3.2: Riepilogo caratteristiche dei tre processi in L’Oréal
PROCESSO INTERESSE DA
PARTE
DELL’AZIENDA
ORIENTAMENTO CONTENUTO
Selezione Alto Formale e strutturato
(pool di candidati)
Analisi capacità tecniche
Formazione Nessuno Limitato alla parte
linguistica
Corso di lingua
Rimpatrio Alto Programmato in largo
anticipo
Proposte che prevedano un avanzamento di carriera