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SISTEMI VASCOLAR

2.5 Calcestruzzo fibrorinforzato

2.5.1 Self-healing nei calcestruzzi fibrorinforzat

Nel 2012 Mihashi e Nishiwaki [4] hanno elaborato un interessante documento in cui si ripercorreva lo stato della ricerca, fino ad allora prodotta, riguardante la rigenerazione dei calcestruzzi fibrorinforzati. I primi studi relativi all’aggiunta di fibre metalliche e polimeriche iniziarono negli anni 80 e proseguirono nel corso del decennio in maniera sempre più attiva, dimostrando come il recupero di rigidezza nei composti fibrorinforzati fosse molto maggiore rispetto al calcestruzzo tradizionale. Altri studi verificarono come la presenza di fibre avvantaggiasse la riparazione spontanea delle fessure di piccola ampiezza [Li et al.,1998 [24]]. Studi condotti da Yang et al. (2005) e successivamente da Homma et al. nel biennio 2008- 2009 [25] hanno dimostrato come le fibre, in particolare quelle polimeriche, migliorassero la capacità di recupero e come la richiusura della fessura fosse da imputare principalmente alla cristallizzazione del carbonato di calcio. In particolare, lo studio condotta da Homma et al. ha osservato come le fibre plastiche agissero da ricettori di CaCO3 avviando più rapidamente la

cristallizzazione. Lo studio si è concentrato su provini di medesima geometria, ma differenziandosi per tipologia di fibra e matrice cementizia; i campioni sono stati sottoposti a prove di trazione con il fine di studiarne il recupero meccanico. Nella seguente figura si riportano le prescrizioni di ciascun mix.

Figura 2.43: Caratteristiche di ciascun mix. [Homma et al., 2008-2009]

Una volta che i provini sono stati fessurati con prove di trazione uniassiale, sono stati posti a riposare in acqua per 28 giorni per avviare l’auto-rigenerazione. Dopo il periodo di ricovero sono stati nuovamente testati con il fine di verificarne le percentuali di richiusura e il recupero di impermeabilità.

Figura 2.44: Spessore della cristallizzazione in rapporto alle dimensioni della fessura [Homma et al., 2008-2009]

Figura 2.45: Variazione della permeabilità in funzione dell’apertura [Homma et al., 2008-2009]

In relazione ai grafici di Figura 2.44si osserva come i campioni contenti fibre polietileniche (PE) abbiano sviluppato uno spessore di cristallizzazione decisamente superiore rispetto a composti con fibre metalliche (SC) e miste (SC+PE). Dai confronti fotografici in Figura 2.46 si può osservare come le fibre polietileniche hanno condotto alla completa richiusura della fessura. In Figura 2.45 è stata riporta la permeabilità in funzione della dimensione della fessura, notando come questa decresca esponenzialmente al diminuire dell’apertura, condizione che si verificò in tutte le tipologie di campioni. In generale è stato riscontrato come le prove di trazione eseguite dopo 28 giorni hanno mostrato un buon recupero della rigidezza, presentando tuttavia una rottura fragile con valori di picco più bassi per i campioni in solo fibre polimeriche. Al contrario le fibre metalliche hanno permesso di avere un comportamento

più duttile, presentando ancora il valore di picco inferiore rispetto alle prove eseguite su campioni intatti. La risposta migliore è stata raggiunta con il provino avente fibre miste, con comportamento simile a quello registrato il mese precedente; la differente lunghezza delle fibre, corta per le plastiche e lunga per le metalliche, ha permesso al campione di resistere meglio alle sollecitazioni di trazione.

Figura 2.46: Dettaglio dei prodotti di richiusura delle fessure per le diverse tipologie di mix, [Homma et al., 2008- 2009]

Studi sull’auto-rigenerazione del calcestruzzo in ambiente non controllato sono stati effettuati da Herbert & Li nel 2011 [26], i quali dimostrarono come la richiusura delle fessure esposte alle naturali condizioni ambientali erano più limitate rispetto alle condizioni da laboratorio. Uno studio di Ferrara et al. del 2015 [27] [28] si è concentrato sulle proprietà di auto- rigenerazione di un calcestruzzo UHPFRCC con 100kg/m3 di fibre di acciaio, esposto a diverse

condizioni ambientali. La peculiarità di tale ricerca è stata nell’avere considerato due diversi orientamenti delle fibre, uno nella direzione del getto e l’altro in direzione ortogonale (Figura 2.48), studiandone il comportamento post fessurativo e la qualità della richiusura. I campioni sono stati divisi per orientamento delle fibre e per tipologia di ambiente in cui sono stati esposti, prendendo in considerazione cinque scenari: asciutto, ambiente esterno, umido, ciclo asciutto/bagnato e immersione permanente. Sono estate effettuate prove a flessione su quattro punti con il fine di raggiungere una predeterminata deformazione residua, onde verificare poi le capacità di richiusura. In Figura 2.47, sono riportati i dosaggi delle componenti del calcestruzzo utilizzato nella campagna sperimentale.

Figura 2.47: Costituenti del mix utilizzato nella campagna sperimentali, [Ferrara et al.(2012)]

Figura 2.48: Orientamento delle fibre e schema di prova a flessione su quattro punti, [Ferrara et al.,2011] I provini con le fibre disposte lungo il proprio asse sono quelli che hanno manifestato un comportamento migliore, in cui la risposta post-fessurazione è stata caratterizzata da un ramo incrudente fino al valore di sforzo massimo, Figura 2.49. Il comportamento post-fessurativo incrudente è stato accompagnato da una multifessurazione, Figura 2.50(a), al contrario le fibre disposte ortogonalmente al getto sono state soggette a localizzazione, con propagazione instabile di una singola fessura, Figura 2.50(b). Le analisi svolte alla determinazione degli indici di recupero meccanico e di rigidezza, così come gli indici di recupero di duttilità e tenacità, hanno mostrato che i campioni posti in immersione perenne o sottoposti a cicli asciutto/bagnano hanno assicurato migliori riprese. Campioni integri sono stati esposti nelle medesime condizioni soprascritte, ancora una volta i provini posti a contatto diretto con acqua hanno mostrato un incremento delle proprietà meccaniche. La fessurazione è una situazione essenziale affinché l’acqua entri in contatto con le particelle ancora da idratare o avvii la cristallizzazione dell’idrossido di calcio. Fino a 6 mesi il processo di recupero continua a crescere rapidamente, superati i quali rallenta progressivamente a causa del consumo dei materiali alla base della rigenerazione (il lavoro ha verificato il recupero delle prestazioni fino a 24 mesi di esposizione). Nei campioni lasciati riposare in ambiente esterno o a umidità controllata, il recupero meccanico così come la richiusura è stato parziale, in particolare i provini lasciati all’esterno e in ambiente umido hanno avuti recuperi completi e superiori al 100% solo dopo periodi di riposo lunghi, pari a 6 o 24 mesi. I provini lasciati in ambiente secco hanno mostrato un recupero molto lento e comunque insoddisfacente.

Figura 2.49: Curve sforzo-allungamento: a) multifessurazione di un campione avente le fibre parallele all’asse, b) localizzazione della fessura su campione con le fibre ortogonali all’asse, [Ferrara et al.(2012)]

Al recupero di resistenza e rigidezza non è stata accompagnata un’altrettanta significativa ripresa di duttilità. Il motivo è stato ricondotto al fatto che i prodotti di idratazione o cristallizzazione sono rimasti confinati alla sola fessura richiusa, incidendo sulla distribuzione degli sforzi all’interno del campione. Infatti, ad una seconda prova di carico, le fessure si sono riaperte dove si erano cicatrizzate e non se ne svilupparono altre.

Figura 2.50: Distribuzione delle fessure, a) multifessurazione in campione con fibre parallele all’asse, b) localizzazione in campione con fibre ortogonali all’asse, [Ferrara et al.(2012)]

CAPITOLO 3

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