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PROFILI DI RESPONSABILITA’

CAPITOLO 6: CASI REAL

6.1 MILANO – SENTENZA n 13976 del 04.02

6.1.2 SENTENZA: COMUNE DI MILANO

La cooperazione colposa che il Comune di Milano ha effettuato nella vicenda contrattuale in questione non è stata sottovalutata. Si sono già evidenziate ed esaminate le ragioni storiche ed economiche che hanno indotto gli allora amministratori dell’ente locale ad affrontare il percorso di affidamento gara e di conseguente trattativa con le banche arrangers per la strutturazione del bond e, poi, dello swap allo stesso collegato, e si è già posta in evidenza la “fretta” con la quale i contraenti si sono dovuti confrontare nel corso della vicenda in questione, al fine di poter concludere il percorso iniziato entro e non oltre la fine di giugno del 2005 per poter “risparmiare” gli oltre 100 milioni di euro di interessi che, in caso contrario, il Comune avrebbe dovuto pagare alle banche creditrici,

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con tutte le conseguenze in termini di bilancio ed elettorali. E’ evidente notare che di tale “fretta” si è giovato il gruppo delle banche arrangers, il quale ha potuto strutturare un prodotto finanziario in modo tale da evitare qualsiasi controllo effettivo, da parte dell’altro contraente, sul valore finanziario dello stesso, sui suoi costi, occulti o meno che fossero, sulla convenienza dell’intera operazione. Ma è altrettanto evidente che tale “fretta” sia pesata in modo assai rilevante anche sull’operatività dei funzionari comunali che si sono occupati dell’intera operazione e che, in un certo senso, hanno dovuto fare salti mortali per chiudere in tempo tutta la vicenda iniziata. Non è stato rilevato alcun dubbio probatorio, perlomeno agli atti del processo, che il famoso calcolo di convenienza economico/finanziaria, ex art. 41 L. 448/01, sia stato fatto esclusivamente dalla banche arrangers, in più riprese e fino alla stipula dei contratti di swap, senza che di tale calcolo i funzionari comunali addetti all’operazione abbiano mai controllato la correttezza e la conformità alle norme di legge. Va peraltro rilevato che quand’anche tale controllo fosse stato effettuato (per esempio un controllo formale sui mutui oggetto di ristrutturazione e sulla concreta possibilità di inserirli nella fase di emissione del nond), esso non avrebbe mai potuto essere un controllo concreto e reale sui costi complessivi e sulla convenienza effettiva dell’intera operazione. Si conferma anche qui che quantomeno dei costi impliciti della prima e della seconda operazione non vi sia stata alcuna comunicazione da parte dei funzionari delle banche arrangers: quindi non si è visto come i funzionari comunali (ammesso e non concesso che fossero a conoscenza e praticassero con buona esperienza i concetti di valore finanziario, valore di mercato, mark to market, fair value) potessero rendersi conto della sconvenienza economica dell’operazione che si accingevano ad intraprende. Non vi è alcun elemento che possa far sospettare

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che all’interno del comune di Milano sia stato fatto un calcolo di convenienza economica diverso da quello che le banche arrangers avevano fornito. In questo senso va anche affermato con ragionevole chiarezza che la norma in questione richiede all’ente locale l’effettuazione di un calcolo di convenienza economico/finanziaria (ai fini del contenimento del debito complessivo comunale), ma non esclude che tale calcolo sia stato effettuato, per conto del Comune, da consulenti esterni che, nel caso, erano stati certamente individuati nelle banche arrangers. Va inoltre sottolineato il ruolo di formale (o finta) copertura che ha avuto il Comitato Comunale, che nulla ha controllato e ha fatto per tenere fede alla sua fama e al suo incarico. In sintesi, dopo un analisi fatta con occhi esterni e freddamente storici riguardo al complesso delle attività e delle esperienze che il Comune ha messo in campo nella vicenda, si è rimasti piuttosto sconcertati e perplessi: un Direttore Generale che spinge a fare in fretta (su input di parte politica) perché altrimenti il bilancio comunale avrebbe avuto un buco non facilmente giustificabile di fronte agli elettori che avrebbero dovuto, di lì a poco, giudicare l’operato della Giunta e del Consiglio con nuove elezioni; un gruppo di lavoro all’interno degli uffici comunali che non può permettersi abbonamenti a siti finanziari specializzati (come ad esempio Bloomberg) per verificare se i numeri forniti dalle banche fossero o meno corretti; un direttore centrale delle finanze (Elfo Butti) che non parla inglese e che è costretto a valutare, a Londra, la correttezza economica e finanziaria dell’operazione e a firmare contratti in lingua inglese (ISDA Master Agreements); un esperto finanziario nominato direttamente dal Sindaco Albertini due sere prima che a Londra si effettui il pricing dell’intera operazione e che, una volta trovatosi a Londra, si limita a fare battute sul fatto che le banche ci guadagnino (nella operazione stessa) al fine di contenere (a suo dire)

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i costi dell’operazione. In questo clima ed in questa drammatica situazione complessiva, è stato sottolineato però il ruolo avuto dall’unica persona qualificabile come “esperta” per il Comune di Milano, ossia la D.ssa Angela Casiraghi, che, per conto del Porta e del suo referente politico l’assessore al bilancio Talamona, ha gestito la totalità delle operazione effettuate con le banche arrangers dal maggio 2005 all’ottobre 2007. La Casiraghi, che aveva già maturato una buona esperienza professionale nel campo bilanci stico/economico per il Comune negli anni pregressi, gestendo anche operazioni non semplici di natura finanziaria, era certamente in grado di capire cosa il Comune stesse facendo con le banche arrangers e che tipo di rischi potesse affrontare. E’ stato comunque rilevato che la stessa Casiraghi (con ogni probabilità in buona fede) si è certamente fidata delle comunicazioni che le arrivavano dalle banche, in particolare dalla sua amica e conoscente Antonia Creanza, e che non ha avuto la disponibilità mentale e materiale di controllare se gli input finanziari che le arrivavano fossero o meno completi ed esaurienti. In ogni caso è stato escluso che la stessa sapesse dei costi impliciti e che, quindi, potesse controllare la effettiva sussistenza della convenienza economico finanziaria per il Comune della operazione che si stava effettuando. Non è invece stato escluso che, per quanto attiene ai costi del derivato UBI, la stessa Casiraghi abbia in qualche modo partecipato” all’accantonamento contrattuale ed economico che dello stesso hanno fatto concordemente i funzionari delle banche arrangers, per poi ricordarsene la presenza solo a prima operazione concluso. Qualora la Casiraghi, comunque, avesse partecipato alla “silenzia tura” del costo UBI, è stato ritenuto che tale compartecipazione (eventuale) non avesse spostato in modo rilevante la valutazione del comportamento dei funzionari delle banche arrangers. Quand’anche la Casiraghi avesse potuto

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essere un “cavallo di troia” delle banche all’interno del Comune, va ricordato che la truffa è stata effettuata ai danni dell’ente Comune di Milano, ente inteso come Consiglio Comunale e Giunta, e non ai danni di Casiraghi Angela o di chiunque abbia partecipato alle trattative. In ogni caso il comportamento complessivo della Casiraghi è stato considerato, al più, un comportamento gravemente colposo, dato che lei, a differenza di Mauri (che è arrivato a cose fatte) o di Porta (che nulla capiva di finanza) aveva, invece, tutte le capacità ed il tempo per capire cosa effettivamente stesse succedendo: se non lo ha fatto è stato, si è ritenuto, perché si è fidata troppo o perché ha voluto compiacere la parte politica di riferimento, facendo in modo che le cose andassero in porto nei tempi stabiliti senza indagare più di tanto sulle conseguenze.